INTRO
Oggi abbiamo
l'onore di presentarvi il duo più longevo d'Italia. Partito come
"baby duo", è l'unico che abbiamo mai trovato prima degli
anni 2000 ed è ancora esistente! Una doppia rarità che va
opportunamente segnalata e onorata.
I LUDMILLA SPLEEN non sono un duo
professionista, in tutti questi anni i loro fondatori hanno studiato,
lavorato, e ancora adesso lavorano part-time per poter però
dedicarsi il più possibile alla musica esprimendola in un personale
postcore che li contraddistingue sia nella florida e interessante
area marchigiana che nel panorama dei power duo italiani. Risultato
di un percorso di ricerca d'espressione strumentale e vocale che li
ha visti impegnati fino ad oggi e che è anche il frutto di
importanti incontri avvenuti durante la loro lunga carriera.
Andiamo quindi a fare un excursus storico del duo Ludmilla Spleen.
BIOGRAFIA
E' il 1996 e ci troviamo nelle Marche, in provincia di Ancona, nel
paese di Fabriano e ancor più in quel di Poggio San Romualdo, un
paesino di montagna di nemmeno trent'anime... Niki Fabiano Ruggeri
(classe '83) era qui residente mentre Filippo Brandi ('81) passava
nell'ameno villaggio di montagna le estati e i fine settimana nella
casa del nonno. In tale scenario ai confini del mondo civilizzato,
due adolescenti non potevano che incontrarsi e frequentarsi... Il
collante tra i due diventa la musica: Filippo studiava pianoforte fin
dalle elementari e decide di approcciare la chitarra mentre Niki
comincia con la batteria. Ecco il primo abbozzo di band, grazie anche
alla presenza, sebbene molto fatiscente, di un compagno bassista. Per
ben tre anni i ragazzi suonano quasi sempre in due, vista la sempre
maggior latitanza del compare alle corde basse, così alla fine si
rassegnano a questa line-up. Del resto la cosa funzionava, ci si
erano abituati, affezionati e adattati, quindi, perché no? Nel 1999
nascono così, consapevolmente e ufficialmente, i Ludmilla Spleen
come power duo... un duo che si protrae nel tempo, come si diceva, a
dispetto della lontananza creatasi dai due strumentisti che abitavano
ormai in città diverse. Nello stesso anno infatti Filippo raggiunge
la maturità classica e si trasferisce a Bologna per iscriversi alla
facoltà di giurisprudenza; qui ci abita tuttora e lavora con la
compagna Maria Ambra Silvi al progetto di soundscape/soundart e
performance Into the Eyes con il quale mescolano fotografia, musica,
performance e teatro. Girano principalmente in piccoli
studio-atelier, case di artisti e non, piccoli laboratori polivalenti
per espandere il concetto di arte, palco e performance nell'ambito
casalingo e di tutti i giorni (
qui una
delle performance).
A ruota Niki si diploma, lavora un po' a
Fabriano, quindi nel 2006 si trasferisce anche lui definitivamente a
Bologna per poter suonare più assiduamente nel duo ed iscriversi nel
contempo alla facoltà di lingue alla quale si laurea di recente.
Così nonostante siano entrambi provenienti dalla provincia di
Ancona, li troverete per questo motivo spesso nominati come power duo
bolognese...
Come abbiamo visto l'incontro artistico dei due avviene a Poggio
San Romualdo, una località pressappoco equidistante da Fabriano ma
anche da Jesi, località invece nota per la scena musicale
interessante sviluppatasi a partire dagli anni '90. Ne abbiamo
parlato in occasione dell'articolo dedicato agli A.N.O., giovane ed
irriverente band jesina di noise e math-rock, al quale rimandiamo per
ogni approfondimento (
qui).
Non essendoci una vera e propria scena musicale a Fabriano, i
Ludmilla si trovano necessariamente a bazzicare in quel di Jesi,
senza però mai sentirsi completamente parte della scena; ciò ha
fatto sì che, al di là dei rapporti umani, esteticamente risultino
molto "diversi" dalle sonorità della zona (qualcuno li ha
definiti perfino dei "Marziani"...). Per l'attitudine si
definiscono post-punk ma come stile musicale si rifanno alla
produzione sia statunitense che americana di fine anni '70. Amano
anche il Rock in Opposition (R.I.O.), il jazz, l'improvvisazione e da
tutto questo nasce quella miscellanea particolare che è la musica
dei Ludmilla Spleen, molto Noise, molto Core, molto Arty... insomma,
un Art-Core-Punk tutto da ascoltare a volumi a palla per chi adora
questo genere di sonorità...
La produzione artistica dei due parte nel 2001 con un full lenght
autoprodotto dal titolo sospeso di "Questo è" seguito da
tre Ep amatoriali, senza titolo, autoprodotti e usciti tra il 2002 e
il 2005. La loro svolta estetica avviene invece nel 2011 quando
pubblicano "Bassucks" (il primo Ep ufficiale), un vero e
proprio manifesto del nuovo sound proposto dai due e che li
contraddistingue fino ad oggi, il tutto grazie anche all'incontro con
Fabio Magistrali, amico ma soprattutto mitico produttore underground
(avete in mente gli album dei
Dirty Trainload???)
con il quale Filippo aveva già lavorato su tre dischi dei suoi
progetti solisti. Grazie a questo incontro i due formeranno con il
Magistrali alla voce (ex membro dei Weimar Gesang, A Short Apnea,
Orgasm Addiction Planning, (H)old (F)art (R)evolution) anche una punk
band "amatoriale" dall'irriverente nome di Ommemmerda, con
Alessio Compagnucci (Gerda, Sedia, Vel, Betulla) al basso. Infine è
del 30 dicembre 2014 l'Ep "Eeeeh?!?", uscito in vinile 12"
per Bloody Sound Fucktory, rinomata etichetta anconetana nata da un
progetto di Andrea Refi e Jonathan Iencinella che vanta parecchi
power duo in catalogo: dagli ANO ai recenti ZOLLE, dai basso/batteria
GERMANOTTA YOUTH e THE GREAT SAUNITES fino ai mitici CYBORGS, ma anche a dei
solisti che hanno comunque militato in alcuni power duo: penso ad
ABOVE THE TREE (poi con E-Side, con il quale sta recentemente
tornando a collaborare) o a ONE MAN 100% BLUEZ (il Davide Lipari del
duo romano, ormai inattivo, LO-TUNE).
Oltre
che con la prestigiosa etichetta BSF l'ep esce affiancato da "Artista
Anch'io", una label assolutamente minore e di confine fondata
dallo stesso Filippo e che sta vedendo forma con la pubblicazione
delle opere dei Ludmilla e di qualche amico musicista, con l'ottica
di scegliere materiale marginale e volutamente "sfuggente".
Per quanto riguarda "Eeeh?!"
diciamo che si tratta di un Ep di tre pezzi per un totale di ventun
minuti circa pubblicato in vinile formato 12" e cantato in
italiano, alla maniera Ludmilla Spleen. La voce risulta infatti
falsata, un declamato sofferente, misto tra rappresentazione teatrale
e angoscia esistenziale, frutto di un lungo lavoro di ricerca sulle
capacità di adattamento della lingua italiana a certi generi
musicali meno consoni. "Smembramento di parole e frasi, [...]
slangare la lingua italiana a proprio piacimento", come ci
rivelano in fase d'intervista, è il percorso da loro intrapreso.
Musicalmente si sentono infine stilisticamente maturi concretizzando
la loro estetica in una serie di idee, micro mondi musicali separati
(ma non troppo) che come in un patchwork vanno a creare le canzoni
stesse. In calce lo streaming dell'ep (mentre restiamo in attesa del
nuovo album dei nostri Ludmilla, sul quale sono attualmente in
lavorazione) e nell'articolo a seguire la
recensione
ad opera del nostro collaboratore EDP Bob Cillo
Noi procediamo invece con
l'esaustiva intervista ai due: Filippo Brandi e Niki Ruggeri del
primissimo power duo chitarra-batteria italiano, i LUDMILLA SPLEEN,
che nel nome portano la malinconia decadente di Baudelaire e il mal
di vivere mentre con la loro musica, specie nei live, ci fanno
partecipi di tanta sana roboante energia!
Ascolto
di "Eeeh?!?" su youtube
LABELS
Etichetta indipendente
di Jesi (AN) della quale abbiamo ampiamente parlato
qui.
Aggiungiamo giusto una novità di quest'ultimo periodo, ossia
l'abbandono, dopo tantissimi anni, anche del secondo fondatore,
Jonathan Iencinella, ora alle prese con una propria agenzia di
booking, eventi e promozione, la BERMUDA promotion. Alle redini della BSK
restano così i soci più recenti, Ale e Nando, nello specifico
Alessandro Gentili e Daniele Luconi.
E' l'etichetta, marginalissima e di confine, con la quale Filippo
Brandi, chitarrista dei Ludmilla Spleen, desidera pubblicare le opere
del proprio duo e quelle di alcuni amici musicisti. E' ancora in fase
iniziale e tutta work-in-progress; di certo è che la scelta della
musica proposta ricade su materiale marginale che non trova spazio in
generi musicali definiti.
GENERI MUSICALI
TRATTATI NELL'ARTICOLO
Di molti generi
menzionati in questa sede abbiamo già avuto modo di trattare
(
Hardcore,
Rio)
mentre non abbiamo mai accennato all'ArtRock. Si tratta di
generi specifici di cui non sempre tutti hanno avuto modo di sentire
nominare, salvo spesso scoprire di conoscere benissimo le band di
maggior rappresentanza. Provvediamo quindi a dare una breve
descrizione di questo vocabolo.
Art Rock in
realtà non è un vero e proprio genere musicale quanto un
appellattivo dato a tutta una serie di sottogeneri rock anni '70 che,
per un motivo o per l'altro, si distinguevano dal rock tecnicamente
semplificato o dalla innata vocazione pop. La propulsione
dell'ArtRock era quella di dare nuova linfa al rock e di evolverlo in
una forma nuova e più raffinata. In tal senso si distinguono band
come i Pink Floyd, gli Who, i Jethro Tull e molti altri ancora. La
musica da ballare, di chiare origini rock'n'roll, si trasforma
nell'ArtRock in musica da ascoltare; un suo sinonimo potrebbe essere
quindi "rock serio" o "rock colto". Nel senso più
lato dell'attitudine molti grandi artisti successivi si cimentano
nell'avventura, basti pensare al jazz rock di Joni Mitchell, alle
sperimentazioni elettroniche di band del movimento KrautRock come i
Kraftwerk, alle contaminazioni etniche di Peter Gabriel o alla musica
ambient di Brian Eno e via dicendo.
INTERVISTA
1.
Ciao carissimi Filippo e Niki, insomma, pare siate proprio il duo più
"antico" d'Italia! Una puntata con voi, qui all'EDP, era
d'obbligo... So che siete partiti come comunissimo trio ma per via
della latitanza del bassista avete suonato praticamente in due fin
dall'inizio (era il 1996). Tre anni dopo decidete di ufficializzare
questa line-up: avevate all'epoca qualche power duo di riferimento?
Gli White Stripes erano da poco formati, e comunque non ancora così
famosi... altri duo chitarra-batteria c'erano comunque... anche
nell'ambito punk o hardcore?
F:
I Ludmilla nascono come power trio... due su tre (io e Niki) erano
lanciatissimi... il terzo era fuori gioco... mentalmente... non aveva
il nostro slancio e dopo un po' le sue scelte si sono cristallizzate
portandolo al di fuori delle connessioni con la band... è una
semplice questione di scelte... al contrario io e Niki abbiamo
vissuto l'intimità, le aspettative, le prove infinite ed estenuanti,
le analisi, i concerti, gli scazzi, il parlare all'infinito di musica
e tutto quel lavoro sporco e sublime che sta dietro la facciata di
ogni band... che è poi come nella vita, dietro ogni rapporto umano
intenso... tutto ciò, dice alla lunga chi sei veramente e dove vuoi
arrivare o almeno cosa sei, in rapporto alle scelte che hai fatto...
per me è tutto... altro che lavoro ben pagato o carriera in questa
nazione di mentecatti... tutto questo lavorìo accomunava solo Niki e
me... da qui quando la registrazione del nostro primo disco naufragò
penosamente in imbarazzanti velleità e si concluse con un disco nel
cassetto... passammo un periodo di latenza fatto di analisi e contro
analisi strazianti ma cominciammo con umiltà a capire cosa andava
fatto e soprattutto cosa fosse realmente una band e fare musica con
un'impostazione di partenza umile e coerente se vuoi col nostro
vissuto... molto più di una posa o di una simulazione, per noi è
quasi una sorta di religione pagana o come dice un mio caro amico è
come far parte di una gang.
Proseguimmo
in due scrivendo canzoni su canzoni e provando bassisti su
bassisti... senza mai trovare la scintilla, la voglia di o la
certezza di sapere che quella persona s'era palesata... dopo qualche
anno... nel 1999 la decisione definitiva di rimanere in due... che è
una bella differenza perché quando eravamo in due in cerca di una
bassista, eravamo in due ma pensavamo per tre, poi prove su prove
c'hanno portato a capire che due era il numero perfetto e non tre!
Cosa che in fin dei conti a quel punto non cambiò per nulla i nostri
equilibri.
In
tutto questo non abbiamo mai avuto un vero e proprio duo di
riferimento se non forse i Red Krayola in una delle sue innumerevoli
incarnazioni... una band che abbiamo sempre avuto nel cuore, aperta a
ogni tipo di sperimentazione... Soldier Talk rimane uno dei nostri
dischi preferiti... il basso è praticamente inesistente o un
fantasma dietro la chitarra... il cuore della faccenda è la chitarra
e la batteria... è nell'impossibilità o nell'esser monchi che uno
scopre nuovi spunti per dire di più... quindi ben venga ascoltare le
orchestre di mille elementi tradotte in duo.
N:
No, nessun duo per la verità, i White Stripes non mi sono mai
piaciuti, ci tengo a sottolineare che siamo un duo, sì per scelta,
ma anche per necessità, la maggior parte delle band che ascolto sono
formate da tre o più musicisti. I riferimenti sono vari, sono
cresciuto con due zii più grandi che mi hanno aperto al mondo della
musica, anni ’60 e ’70 soprattutto. Poi alle scuole medie sono
caduto (come la maggior parte dei ragazzini credo) nel grunge e
affini (purtroppo!!!). Non è durata tanto questa relazione, appena
sviluppato un po' di conoscenza musicale ho cominciato ad ascoltare
altro, incappando a volte in gruppi che tutt’ora ascolto, altre
volte in band di merda, ma penso sia un processo naturale di ricerca
e crescita musicale.
2.
In questi vent'anni di militanza nei Ludmilla Spleen avete mai
pensato di ingrandire il combo? Siete un duo convinto anche per il
futuro? Quali sono i punti di forza che riconoscete in una two-piece?
F:
Nel passare a duo abbiamo incontrato non poche difficoltà
espressive... chi ti dice che in due è meglio o chi lo pensa è un
illuso o un sognatore... io personalmente stimo molto i sognatori...
Niki dei due è quello che crede di più a questo aspetto... io col
tempo ho un po' cambiato idea... ma per ora fin quando non mi
sveglierò continuerò a sognare.
Punti
di forza non saprei... i guadagni si dividono per due, comunque noi
reinvestiamo tutto nella realizzazione di dischi e per suonare dal
vivo... poi il costo del disco si divide per due ed è una bella
mazzata... sul palco non si può mai abbassare la guardia perché in
due non puoi "riposarti" o "ritagliarti un momento"
durante una performance, non puoi "appoggiarti" sul basso o
sulla batteria, devi essere onnipresente e non è facile... quando mi
capita di suonare con altra gente in formazioni più numerose mi
rilasso molto e ho modo di trovare dialoghi con i singoli elementi
della band o con lo strumento stesso... noi poi lavoriamo il suono
come due solisti che divengono una sola cosa, quindi la
concentrazione richiesta è molta da parte di tutti e due, questa è
un po' la nostra forza e la nostra croce. Lo stesso essere doppi si
ripropone quando provi, idem quando decidi un arrangiamento o quando
litighi... non sono rose e fiori... io vedo la faccia di Niki e lui
la mia... a pensarci bene far parte di un duo è da fuori di testa!
hahaha!
Fonicamente
la chitarra deve assumersi, secondo me, le basse frequenze o
tantomeno reinventare un linguaggio armonico portante che assuma o
dimentichi, per quello che mi riguarda, la chitarra universalmente
ripetuta e tumulata dal rock, o che so altri mille strumenti senza
svilire sia la fisicità che la delicatezza dell'uso delle corde. A
me interessa ridarlo o super amplificato nella sua leggerezza o
frastornante cercando di evitare eccessive edulcorazioni attraverso
l'annessione di troppi effetti che tendono a mummificare e tradire le
sei corde. Da questo punto di vista la prospettiva è molto
intrigante ma poi nei fatti è molto difficile da gestire... noi
abbiamo preferito creare, almeno in questa nostra fase che
consideriamo conclusa, dei patchwork non troppo slegati tra loro,
uniti in una sorta di canzone kitch impazzita o incontrollabile,
quasi una satira di varie tipologie di song o di registri... il tutto
si materializza nell'ascolto in numerosissime micro song
ipercompresse tra loro legate in un unica canzone, di ciò abbiamo
fatto la nostra cifra estetica...
Poi
c'è il problema della batteria, delle percussioni che nel nostro
caso talvolta è talmente frammentata da ricordare la voce magari più
impostata e talvolta uno strumento a corda oltre ovviamente che la
batteria intesa in senso tradizionale... anche qui il rock ci sembra
piuttosto lacero come prospettiva e amiamo molto più il post
canterbury, il jazz, l'improvvisazione e l'elettronica. Infine c'è
la voce che per noi è soprattutto parola e scazzo del dire, quindi
non comunicazione facilmente fruibile o omogeneizzata almeno
esteticamente, la voce non è mai impostata anzi collide atrocemente
col cantato italiano ben impostato e pieno di fiato per deflagrare in
continui movimenti in quarti di tono dove nessuna frammentazione mai
si ripete... le nostre parti vocali starebbero benissimo da sole
anche scevre di musica ad accompagnarle... risulta sgraziata e
urticante, e non è propriamente un bel sentire, anche qui siamo in
piena satira di mille e mille voci o forse pensieri... chi lo vuole
sentire lo sente chi no vada a bere al bancone... Sicuramente non è
uno spettacolo che ti colpisce per schiettezza il nostro, o meglio è
una schiettezza poliversa, contraria all'idea di schiettezza... ma
quando ci capisci, capisci che più schietti di così si muore. E' un
pò come l'edera, solitamente si appoggia o sfrutta tutto per salire
o andare chissà dove, se non trova nulla ecco fatto un prato
d'edera, lei continua ad andare fregandosene di dove appoggiarsi.
I
Ludmilla Spleen si evolveranno come sempre hanno fatto e sempre
faranno... per ora non pensiamo di ingrandirci come formazione forse
resteremo sempre così... ci piace pensare che altrimenti non saremo
i Ludmilla... ma molto probabilmente cambieremo i ns strumenti, ne
aggiungeremo degli altri o forse no chissà... dipende da come ci
girerà di qui a breve... ora siamo concentrati sul nuovo disco che
sarà enormemente lungo e oscuro, una cosa nuovissima per noi... poi
si vedrà... non escludo che aggiungeremo nuovi elementi tra chitarra
e batteria... o che giocheremo di sottrazione non so...
N:
Sì ci abbiamo pensato. Il duo, al contrario di quel che si pensa in
genere, è pesante e spesso difficile da gestire. Nelle discussioni,
non avendo un terzo e un quarto che fa da arbitro, si rischia di
perdere tempo o trovare soluzioni intermedie che non funzionano o, in
casi estremi, "vent’anni di galera". Noi col tempo
abbiamo imparato a gestirci meglio e farci da parte, all’occorrenza,
in funzione della song.
3.
Oltre agli A.N.O., ZOLLE, GREAT SAUNITES, GERMANOTTA YOUTH, tutti
compari di etichetta, mi nominate qualche altro power duo
chitarra-batteria con cui avete suonato? Anche del passato
eventualmente, di quelli non più esistenti...
F:
Petula Clarck, Come Avvoltoi, Mood, Fulkanelli, God Damn, Hyperwulff,
Ollie Arson, Autunno, Cora che da poco si sono reinventati come duo.
Mi vengono in mente questi!
4.
Parlateci delle vostre origini musicali, dei gruppi che ascoltavate
all'inizio della vostra carriera e quelli che ascoltate adesso. Come
è nato e si è sviluppato il vostro sound particolare?
F:
Siamo cresciuti in pieno grunge... forse uno degli apici della
bruttezza e dello svilimento d'una intera generazione... per quello
che mi riguarda, rispetto ad altri periodi rappresenta il nulla più
totale a livello creativo... tutto ciò che è avvenuto prima è
molto più interessante. Il grunge mi fa schifo, ok c'ha messo una
chitarra elettrica in mano come accadde trent'anni prima col punk, ma
dietro quella chitarra c'era un farlocco paese dei balocchi, solo a
pensarci mi deprimo... pensare a gruppi come i Pearl Jam, i Nirvana,
i Soundgarden ma anche gli Smashing Pumpkins... ma anche quello che
succedeva in Italia in quel periodo, il fatto di essere cresciuto al
di sotto di questi idoli commerciali ed erigerli a un credo... magari
in buona fede senza sapere quanta paccottiglia si celasse dietro...
solo perché di moda... il fatto di averli creduti autentici... mi fa
veramente girare il cazzo... mi sento un idiota... forse come è
giusto che sia... ci siamo passati tutti in quella generazione... chi
più chi meno... magari con i Deftones, magari coi Korn o con certo
metal del cazzo. Tutto ciò c'ha fatto smarrire tutto il percorso...
da dove viene la voglia di esprimersi soprattutto... era tutto un
trend, orde di ragazzini entravano tirando il papà per la giacca per
comperare una chitarra come quella del loro idolo di plastica...
consunti noi e consunto il povero Cobain... tutta merce,
consumismo... non dico ad esempio che i Nirvana non abbiano avuto
un'autenticità... magari nel primo disco più che dopo, ma comunque
a livello creativo il grunge mi lascia piuttosto perplesso e
indifferente... in fin dei conti è stato sempre così i ragazzini o
le generazioni si acquistavano in blocchi e si è sempre loro detto
cosa ascoltare.
Nascere
esteticamente in un periodo come quello in cui siamo nati noi è
infame... prendersi carico di un codice comunicativo come quella
musica, decodificarlo e poi capire che sei lontano anni luce da una
lettura se non altro affidabile, dover fare i conti con alfabeti
altri, con altre musiche magari più genuine appartenute a periodi
precedenti, dissezionarli e poi ribaltarli non è facile... è uno
sforzo mostruoso e non è certo sesso droga e rock and roll... quasi
un lavoro da ricercatore o forse è solo una perversione... anzi,
forse è solo questo. Quando trovi ciò in un musicista o una persona
che ha dei gusti musicali decenti, varrebbe una stima
incondizionata... ma la passione non è un hobby dopolavoristico ma
anzi è lei che ti lavora giorno dopo giorno, una missione e
soprattutto una chiamata dal basso... svegliarsi talvolta è
accessorio o forse un dono... prima della musica va capita la sua
storia... per sbarazzarsi della storia bisogna capire come si sono
susseguite le successioni... già perché di successioni si tratta...
successioni sia soniche che tecnologiche che estetiche... capire
quali band hanno alzato l'asticella e quali invece l'hanno abbassata
facendo dei gran danni nelle generazioni di giovani musicisti o chi
peggio ancora non se ne è minimamente fregato di quell'asticella...
chi si aggira sulla pedana in pantaloncini senza neanche sapere
perché è lì... capire ciò è significativo prima di parlare o
straparlare di musica... altrimenti va a finire come colle
superstizioni e tutto ciò non è che ci innalza molto... anzi...
visto dove siamo sia in politica che in musica... direi che ha vinto
Jimmy Page e Padre Pio... detesto entrambi.
Da
piccoli s'ascoltava il mainstream, e tutto era mainstream per uno
come me... non è che io ce l'abbia a priori col mainstream, saranno
gli studi che ho fatto ma io vedo politica e sociologia ovunque...
tutto non è esente dalla politica, anche l'acquisto di un disco...
quindi ascoltare il mainstream sarebbe come dire io bevo coca cola,
pur sapendo che rappresenta una multinazionale e che tu stai
finanziandola in tutta la sua rete capillare di "devianza"
sociale e politica, pur ingannandoti che è dissetante, tira su, è
un drink buono, gradevole, fresco, con uno spicchio di limone
acquista qualcosa in più, può persino servire per sturare un
lavandino! Invece no rappresenta un mondo e un modo di fare in cui
non credo, in cui si consuma per distruzione e distrazione, si
produce per alimentare ingiustizie e non certo io, beato ciuccio,
devo ripetere questo discorso logoro... questo è il mondo delle
grandi corporation, il mondo delle grandi corporation anche musicali
se vuoi... magari la musica non t'appare come un ogm o una
sostenitrice di guerra e di disboscamento ma alla fine se stringi, di
un altro tipo di disboscamento si tratta e di altro tipo di organismi
geneticamente modificati si tratta... un disco che so dei Queen of
the Stone Age o di etichette major non mi rappresentano, non
rappresentano il mio mondo e quindi non li ascolto neanche... magari
sono anche belli... per me è politica, non posso ascoltarli, non ce
la faccio... sono per la controcultura, per tutto ciò che non è
massificato... e quindi in questo sono oltranzista forse... poi
comunque è così semplice subirlo il mainstream... basta andare al
supermercato, invece ciò che è controculturale ha tutta una storia
radicale e radicata per cui uno deve andarselo a cercare, si creano
delle sinergie che sono incontrollabili per gli ingegneri sociali...
li spaventano... non sanno dove vanno a finire i tuoi soldi... non mi
illudo che ascoltando un certo disco mainstream sia solo una
questione di canzoni... io ci soffro e mi sento in colpa, sarò tutto
sbagliato, ma la mia sensibilità mi fa sentire così e per me ripeto
non è un trend ... preferisco pagare un artigiano piuttosto che
pagare un prodotto in serie uguale da qui a Tokyo.
Difficile
fare dei nomi ho cercato di straparlare per darti magari una
suggestione concettuale dove trovare le coordinate estetiche che
c'attraggono... in parole povere ci interessa e piace l'attitudine
dei gruppi post punk, kraut-rock e post canterburiani perché
sapevano essere liberi... avevano valorizzato un'attitudine
riempiendola e dandogli significato... cosa che il punk non aveva
fatto se non nell'innescare la miccia, spostare la sorgente dal
basso... certo la rivoluzione è stata epocale, ma non aveva ancora
messo a fuoco parecchie intuizioni... ecco dopo l'esplosione è
arrivato il post punk che ha deflagrato in mille estetiche diverse e
affascinanti unendo i campi più impensati e compiendo la
rivoluzione... breve ma immensa che durò sì e no 5 anni per stare
larghi... il tutto unito a un'urgenza comunicativa incredibile dove
sia la freschezza che la paranoia erano vivide raccontate da quei
gruppi. Non dimenticando che in quel periodo si è sviluppato il vero
lato doityourself del realizzare musica, sotto tutti gli aspetti
possibili, dal suonarla al registrarla al confezionarla. Al confronto
oggi questo aspetto sembra molto spesso musicoterapia per sub umani,
o un lusso o una moda da indossare come una maglietta, molta gente si
sbatte veramente ma c'è anche tantissimo rampantismo. Ecco da qui
puoi estrarre le coordinate delle band che ci rappresentano! Europa,
Stati Uniti d'America dal '75 all'82!
N:
Da bambino i miei, compresi i miei zii, mi facevano ascoltare
indirettamente svariati generi. Battisti, Queen, Pink Floyd, vagonate
di Doors, qualcosa dei Beatles, Beach Boys, Smiths, Marley, Battiato
e i primissimi Litfiba (ahimè!!!), Rem e altri. Alle scuole medie il
grunge (ho già accennato a questa triste storia, vero?!), poi altre
cose tipo Six dei Mansun, che ancora oggi ascolto… fino ai Pere
Ubu, che hanno scombinato tutte le carte del mazzo… da lì è
cominciata una ricerca a gruppi affini, soprattutto dell’era
post-punk e pre-punk, hardcore e post-hardcore, dub, noise…
insomma, per come la vedo io, un po’ di serie A, senza il bisogno
di fare nomi. Non disdegno la classica o Marvin Gaye, Matt Monro, o
tonando ai giorni nostri, Vessel.
5. Anche se
provenite da Fabriano, avete bazzicato molto in quel di Jesi, dove
negli anni si è sviluppata una bella scena underground musicale. Ce
ne volete disegnare i tratti? Com'è la "famiglia" Bloody
Sound Fucktory?
F: Che dire... siamo nati in provincia, io precisamente a Fabriano,
la città della carta e di uno degli indotti di elettrodomestici più
grandi d'Europa, un paesotto dove tutti si conoscono e dove tutti si
sono visti implodere nella crisi spaventosa degli ultimi anni. Ora è
il vuoto più totale... licenziati, cassa integrati, fallimenti,
suicidi e gente in esubero sono la maggior parte dei cittadini...
i nuovi giovani non stanno voltando le spalle alla loro città
come feci io... ma c'è una bella differenza... culturalmente ero
veramente assetato e Fabriano all'epoca non offriva nulla che
m'appassionasse né tanto meno che m'appagasse. Fosse stato per i
miei sarei invecchiato con una bella macchina una casa su cui
riversare i miei scampoli d'umanità e un posto fisso e grigio come
una malattia dal lungo decorso. Ho deciso di giocarmela... la vita,
come feci io lo stesso fece Niki.
I Ludmilla nacquero nel 1996 per necessità di cose da un gruppo di
amici d'infanzia, nel 1997 mi feci regalare un bel registratore a 4
piste e tanti saluti a tutti... cominciai a essere sempre più
asociale... la musica non m'ha mai tradito neanche e soprattutto
quando non avevo nulla da dirle... che dono! M'ha sempre svegliato...
aspettato... io ho sempre fatto lo scemo come dietro a una ragazza...
non capendola a pieno... non capendo quanto fosse bella e seria... è
un innamoramento come di quelli che ti fanno sentire le farfalle
nello stomaco, ma che dura da vent'anni.
Quando ho alzato la testa a Fabriano non c'era nessuno attorno a me,
i ragazzi erano troppo dietro a incensare le megastronzate mainstream
e il classico rock del cazzo... a Jesi c'era un atmosfera diversa...
ricordo che da ragazzini... avevamo appena sedici, diciassette anni,
facemmo un concerto in un cortile per la festa di compleanno del
nostro bassista... eravamo noi Ludmilla, i Junkie Shine che poi
divennero Raptus, poi Lleroy e i Crap Snots che divennero Gerda...
tutte queste band sono attualmente esistenti... sono grandi amici,
fratelli... ecco a Jesi c'era questo spirito di voler suonare con
fierezza e allo stesso tempo in modo serio ma spensierato con un
attitudine sana... senza menarsela troppo... queste bands sono ancora
presenti a ricordarlo a tutti, come una volta... la cosa ha preso
piede e si è diffusa in modo virale e benigno facendo crescere la
scena... sostenendola e ingrandendola come un vero e proprio
organismo... dopo i concerti sono arrivate un fottio di band, dj set,
locali e centri sociali e poi alcune etichette da fuori e poi dal di
dentro... ma forse è meglio che di queste cose ne parli uno di
Jesi... a noi piace quella scena... ci si conosce tutti da una
vita... ma per forza di cose siamo dei caproni di montagna, siamo da
un po' solitari.
Con Bloody ci sono stati parecchi concerti... poi quando abbiamo
finito di registrare Eeeh?!? glielo abbiamo spedito e a loro è
piaciuto subito... ci siamo trovati definitivamente... per noi è
stato molto importante... loro volevano noi e noi loro... il tutto è
molto bello... Bloody Sound Fucktory è un etichetta fatta
soprattutto di persone sane e con buoni propositi che si sbattono per
realizzare eventi che funzionano, festival, djset, realizzare dischi
su dischi e aiutare bands, nel suo rooster ci sono molte band coi
controcazzi. Farne parte ci inorgoglisce molto.
N: A dire la verità proveniamo da un paesino di montagna vicino
Fabriano, non distante da Jesi, ci tengo sempre a chiarirlo, non mi
sono mai sentito uno di Fabriano (e posso affermare che neanche
Filippo si è mai sentito parte della città).
Queste due piccole città potrebbero essere simili e in effetti lo
sono, in alcuni tratti, ma una (Fabriano) è il posto giusto per
morire, medioevale nei modi e nell’attitudine, dove l’estremismo
musicale massimo viene riconosciuto nei Radiohead e nei Pearl Jam…
e ho detto tutto!!! Qualcosa si sta smuovendo, grazie ad alcuni
ragazzi, ad esempio Icore e Corto Maltese o altri amici, ma è ancora
troppo poco, sono soli a predicare nel deserto degli aperitivi, delle
cenette aziendali, dell’eroina...
L’altra (Jesi), è agli antipodi, musicalmente parlando e non solo.
Negli anni si è creta una scena anche piuttosto importante a livello
nazionale, o meglio, l’hanno creata: ragazzi che si sbattono e non
stanno lì a lamentarsi del fatto che son nati nel posto sbagliato,
fanno quello che in ogni provincia andrebbe fatto, creare una cultura
non solo musicale. Oltre alle band, che sono di livello, ci sono
altre entità a supportare la scena jesina: il TNT, che ha portato
gruppi importanti con continuità, oltre a tutto il lavoro e le
normali attività di un centro sociale, il C.S.L. Fabbri,
BloodySoundFucktory, che non ha bisogno di presentazioni…
Forse è anche questione di geografia e la geografia è importante
per capire alcuni modi di fare e di essere. Fabriano è circondata
dalle montagne, pochi sbocchi stradali, mentalità ristretta, una
delle tante Twin Peaks italiane, mentre Jesi è in collina, ci si
muove meglio a livello stradale e questo crea più contatti e forse
un’apertura mentale maggiore rispetto ad altre situazioni, tipo
quella fabrianese.
Con Bloody ci sentiamo a casa… sono dei ragazzi splendidi e che si
danno molto da fare, pur avendo ognuno il proprio lavoro.
Semplicemente… ci volevano con loro e viceversa.
6. Fabio
Magistrali, noto produttore dell'underground, è un nome che compare
spesso, anche tra i duo: descriveteci al meglio la persona e il
personaggio, visto che lo conoscete bene, infatti oltre ad avervi
seguiti nella registrazione dei vostri Ep "Bassuck" e
"Eeeh?!?", aveva già lavorato con Filippo su tre dischi
dei suoi progetti solisti fin dal 2007, ed entrambi avete suonato con
lui negli Ommemmerda (a proposito, è una band ancora attiva?).
F: Guarda Fabio è una persona del grado 6 della scala Richter! E
dico tutto... io ho iniziato a lavorarci alle mie cose... avevo un
sacco di materiale cui volevo dare un'impronta decisa di missaggio e
post produzione e lui m'ha aiutato subito... all'inizio ero spiazzato
non poco, sia a livello umano che dall'enorme esperienza e perizia
tecnica che aveva, poi lavoro dopo lavoro e ore di telefonate dopo
siamo divenuti amici e ci siamo pure messi a suonare insieme... a
Fabio devo moltissimo... m'ha insegnato a capire che dietro ogni
disco c'è una storia sia personale che sociale... fatta di uomini e
dalle loro vite... m'ha insegnato a contenere la parola ego in un
disco, in tutta la sua lavorazione, a comprenderla e se necessario
neutralizzarla, il che è di importanza cruciale... a capire cosa
fosse antagonista e cosa no... m'ha insegnato ad assecondare il mio
non essere allineato... e in fine mi ha aiutato a non farmi sentire
solo e a portare avanti le cose che facevo col massimo della libertà.
Fare dischi con lui è una grandissima esperienza sotto molti punti
di vista... almeno per noi è stato così... è aperto a tutto quello
che può accadere... Fabio ci ha fatto approcciare al disco come a
qualcosa di non statico. Molti vanno a registrare avendo fatto prove
su prove e sapendo o illudendosi di sapere come vogliono realizzare
ogni aspetto del proprio materiale, il che è giustissimo ma la
componente umana è piuttosto imprecisa, bizzosa, instabile e molto
spesso c'è tanto caso fortuito e quello è difficile da gestire. Ad
esempio può capitare che se un ampli ti abbandona puoi trovare altre
mille soluzioni e vivere la forza perturbante di quella sospensione
generando ed ispirando visioni che mai avresti contemplato e che
danno nuova vita alle tue creazioni... una volta che sai gestire
questo aspetto è come imparare a nuotare... mi è capitato di
passare più tempo sul tetto di casa sua e portare a casa 4 take che
rimanere con un altro fonico una giornata intera a correggere un
fraseggio di 30 secondi... quella non è musica... non c'è vita in
quell'aspetto è solo un'immane rottura di coglioni! Il lato umano
che si sprigiona lavorando con Fabio è cruciale, senza quello i
dischi non prenderebbero letteralmente vita.
Per quanto riguarda gli Ommemerda, dopo un concerto dei Ludmilla in
provincia di Lecce... durante le registrazioni di Eeeh?!? eravamo per
forza di cose assieme per via delle registrazioni, avevamo un day-off
con un concerto e lui è venuto a vederci dal vivo per la prima
volta. Rimase molto colpito da come ci muovevamo... in realtà degli
idioti totali... lui la sera ci dice che vorrebbe fare da tanto un
gruppo punk vecchio stile visto che andare in giro da solo era una
forma che non voleva più battere per dire determinate cose... noi ci
siamo proposti subito e lui ci ha detto sì senza pensarci... poi
abbiamo trovato in Alessio, bassista dei Gerda, il quarto Ommemmerda.
Gli Ommemmerda sono una band punk amatoriale attraverso il quale
Fabio ha impresso le sue canzoni, per nulla banali, molto fresche e
vive sia musicalmente che per quello che riguarda i testi, è un
progetto che, al di là di tutto, trovo molto umano e intimo, una
sorta di testamento di un uomo e delle sue riflessioni su questo
mondo che sembra andarsene a fanculo sempre più ogni giorno che
passa, il tutto condito con l'onnipotenza di un bambino.
N: Fabio per noi non è solo il fonico e il produttore dei nostri
dischi, ma soprattutto un amico, nonché il terzo elemento del gruppo
in fase di registrazione e di mixaggio. Lavorare con lui ci ha fatto
crescere sotto molti punti di vista, tipo come risolvere alcune
situazioni intricate con facilità, velocità e cambio di direttive
del pezzo, ma non voglio entrare troppo nel dettaglio tecnico,
sarebbe noioso! È molto più interessante far capire come Fabio
lavori sulle persone, approfondendo al massimo la conoscenza di
queste. Certo, questo crea un legame vero e diretto che a volte
sfocia in tensioni e in litigi, ma tutto serve per “smuovere
energie” come dice il Magister appunto. Noi Ludmilla cercavamo
proprio questo tipo di situazione, sicuramente non un produttore
accondiscendente e muto che magari se ne sbatte del tuo disco, di chi
sei e aspetta solo di passare all’incasso.
Ommemmerda è stata un’esperienza bellissima, irripetibile in tutti
i sensi, dato che è nata come "snuff band" non credo che
per ora risorgerà, poi chissà…
7. Nonostante la
ventennale presenza sulla scena musicale, avete registrato poco
materiale e pubblicato nessun video ufficiale. Qual'è la vostra
strategia per promuovere al meglio i Ludmilla Spleen?
N: Non abbiamo nessuna strategia in particolare; suoni in giro,
conosci, allacci contatti con persone affini e stimolanti, o comunque
con umani che ti fanno sentire bene, in generale… non mi pare
invece il caso di legare con gente con cui non hai un cazzo da
spartire e che hanno un’attitudine musicale in cui non ti
riconosci, con i quali continui ad avere rapporti e leccare il culo
solo per il fatto che ha quell’etichetta o quel locale. In sunto,
essere intrallazzatori e pubblicitari, due categorie di cui
l’universo può fare decisamente a meno per quel che mi riguarda.
Il materiale pubblicato è poco, è vero rispetto a quello
registrato. Abbiamo tre dischi autoprodotti alle spalle prima di
Bassucks, non ci siamo mai sbattuti a dovere per promuoverli per
diversi motivi. Uno era passato, lo sentivamo troppo adolescenziale,
un altro non eravamo soddisfatti dei suoni e l’altro ancora non
ricordo neanche io il perché… avevano però un denominatore
comune: per diversi motivi la resa del live si discostava troppo dal
disco (che era pensato per più elementi), secondo noi non rendevano
come avrebbero dovuto, ora ce ne sbatteremmo i cosiddetti, ma al
tempo…
F: Guarda il materiale registrato dai Ludmilla in realtà è
variegato e pure parecchio, ma molto di ciò resta per il momento in
qualche cassetto... non abbiamo pubblicato molto perché quando
abbiamo iniziato c'erano realtà solo amatoriali e nient'altro...
nella maggioranza dei casi o ti facevi un bollino/etichetta fasullo
da solo o andavi a pagare dei bei soldoni a qualche simpaticone che
aveva un marchio e che immancabilmente ti prometteva mari e monti ma
che poi si realizzava in un nulla di fatto, un po' come accade con
gli scrittori emergenti... ma questo è un altro discorso... questa è
stata l'esperienza di alcuni nostri amici, a noi andava bene così,
abbiamo sempre continuato a suonare, scrivere e registrare il nostro
materiale o da soli o in studi a portata di mano o arrangiati... non
pensavamo di andare a finire su Mtv o altro come facevano molti che
poi nel giro di poco hanno completamente abbandonato la musica
suonata, noi abbiamo sempre fatto musica per davvero... vedere il
vicino che comprava i bollini siae o che spendeva migliaia di lire
per farsi un cd che poi serviva a riempire la sua cantina e basta c'è
sembrato subito una cosa patetica... io ho sempre preferito avere il
posto per le bottiglie di vino in cantina piuttosto che averla piena
di dischi inutili!
Non abbiamo strategie di comunicazione se non prenderci gioco di
certe forme di comunicazione in cui non ci riconosciamo... secondo me
stiamo attraversando una fase di fortissima sinestesia dei sensi e
c'è una grandissima confusione e una sovrapproduzione impressionante
il che vanifica un po' tutto... mentre prima solo pochi riuscivano a
suonare o a fare dischi ora il tutto si è semplificato, come in una
sorta di workshop aperto a tutto dove tutti hanno imparato a fare
dischi, scrivere canzoni, farsi copertine, cacciare soldi e tutto il
resto... se il mainstream è il baraccone alcune realtà, sempre che
di realtà effettive si possa parlare, che si vedono nell'underground
beh fanno dell'underground una baracchetta, una operazione nostalgia
o un revival di altre epoche... questa è la mia personalissima
visione... il che non vuol dire che siamo contro i diari pubblici, o
i mi piace o i video ma noi vorremmo attraverso questi dire o fare
cose diverse da quelle che fanno tutti... il che vale soprattutto per
i video... vorremmo vedere ciò che si vede difficilmente e non
invece scegliere tra varie alternative nel catalogo Ikea dei video,
in altre parole non abbiamo ancora trovato gente sotto questo aspetto
che abbia idee che c'abbiano coinvolto fino in fondo... chi vuole
massacrarsi a colpi di Ludmilla se li vada a cercare, per il resto ci
sono i concerti...
8.
Titolo dell'ultimo Ep e cover tutti da spiegare, che ne dite,
provvediamo? Inoltre, come mai la decisione di condividerlo da subito
in freedownload?
F: Ma guarda Eeh?!? vuol dire quello che vuol dire... è una
sospensione... è un fermare il tempo prima di capire ciò che è
accaduto... è quel lasso di tempo... è quello che abbiamo cercato
di fare con questo disco... che sarebbe come dire "chi c'è c'è,
chi non c'è non c'è" o sali a bordo o non salirai mai...
chiediamo molto a chi ci ascolta... quasi che sia attaccato col culo
sulla sedia pur volendolo muovere... nel momento che decidi di
muoverlo noi abbiamo cambiato beat e registro... una schizofrenia, un
impazzire seduto sorseggiando il te in silenzio... ecco forse cosa
vorrebbe significare il titolo...
L'immagine invece raffigura un momento del kanamaramatsuri, una festa
che si celebra in Giappone in onore della fertilità. Per noi è un
concetto molto vivido... quasi di onnipotenza riproduttiva e
orgasmica... anche qui c'è una certa sospensione... al contrario il
fallo gigante è una satira di ciò che ancora idolatrano alcuni
musicisti e che poi si ritrova in molta musica in generale, ovvero
una minchia gigante... sotto certi aspetti è una critica al machismo
che tutti s'aspettano dai testi, dalle songs, dai riffs etc... spesso
ci fa sentire soli... ecco il kanamaramatsuri che diviene immagine
triste e di pura solitudine... gli altri festeggiano una beata
minchia e tu vorresti dirglielo attraverso un'interiezione che dice e
non dice... forse è questo che significa foto e titolo o forse no e
sono solo associazioni, chi lo sa?!
Freedownload subito! Ormai l'unico modo di fruire la musica è
purtroppo scaricarla e ficcarsela sul portatile, sul cel o in una
chiavetta e mettersela in macchina... questa cosa per me non può
avere un prezzo vista la bassa qualità del suono... è come bere un
buon vino o sentirne solo l'odore o peggio ancora, sentirtelo
raccontare. Il download, a mio avviso, deve essere gratuito perché
si discosta molto dalla volontà dei musicisti e dalla fisicità del
disco... avere e ascoltare un disco è un esperienza fisica innanzi
tutto, e tutte le varie menate che non starò certo qui a ripetere
per la centomillesima volta... comunque per esperienza so che se una
band ti piace, sia che tu abbia scaricato il suo ultimo disco o visto
un concerto che t'ha preso, gli comprerai il disco, per me è così e
in realtà anche il nostro merchandise va in questa direzione.
9. Da sempre
componete testi in italiano, anche se, per via del genere proposto e
dello stile del cantato, non sempre si comprendono le parole... da
dove questa scelta?
N: Per i testi credo che Filippo possa rispondere in maniera più
esauriente di me, dato che li scrive lui. Posso solo dire che ci
teniamo molto e credo che leggendoli o ascoltandoli si possa capire.
Non sono sicuramente parole messe a caso per fare pendant con
la musicalità del pezzo (che per carità, è un aspetto
importantissimo per la funzionalità della song), ma possiedono anche
una loro fisionomia, un loro scheletro, che sta in piedi benissimo
anche nella sola forma scritta.
L’italiano è una lingua difficilissima da innestare in un genere
come il nostro, naturalmente ci siamo confrontati su questo punto: la
mancanza di slang, di parole tronche, la cattiva abitudine dei
cantanti italioti di forzare le parole all’interno di una frase
musicale ecc… Filippo al contrario, ha fatto un grandissimo lavoro,
molto naturale per il suo stile, di smembramento delle parole e delle
frasi, nello slangare la lingua italiana a proprio piacimento,
creando un’ellisse e allo stesso tempo una collisione tra la musica
e il testo, forzando, non per costrizione o mancanza d’idee, ma ad
libitum.
Concludo con una domanda priva di qualsiasi polemica, ma dalla
risposta non facile: perché i cantanti anglofoni, in particolar modo
gli americani, possono slengare e mangiarsi le parole ed essere
considerati geniali, mentre gli italiani no?
F: Per me è una scelta facile perché sono italiano e mi sento
italiano, penso in italiano, e volente o nolente sogno in italiano...
in inglese vuoi per via delle parole tronche e della sterminata
discografia a cui ogni musicista attinge... vuoi o non vuoi lo si
subisce... sino al punto da riprodurlo fedelmente o meno... comunque
al di là del fatto che c'è qualche italiano che canta in inglese in
modo veramente imbarazzante, lo trovo per l'estetica dei nostri testi
limitante e inappropriato...
Dal punto di vista del rock e del punk, ovvero della musica non
allineata, non certo a
Al bano e Romina, c'è un mondo ancora da visitare in Italia... per
quello che mi riguarda pochissimi hanno sviscerato le possibilità
che la lingua italiana offre e può offrire... c'è molto
pressappochismo, una dote tutta nostrana... siamo per certi versi
ancora all'inizio, peccato che ora è tutto un messaggio iper
testuale e che il novecento letterario è estinto da parecchio. Trovo
molto triste il lassismo con cui si trattino i testi rispetto magari
all'arrangiamento o alle sovrascritture pugnettare... ci sono dei
versi agghiaccianti in cui capita di imbattersi qua e là... il tutto
calato su una musica super suonata e super arrangiata e super missata
e curata... e poi a farla breve l'italiano che canta in inglese lo si
sgama sempre... anche se ha un'etichetta straniera o ha fatto mille
lavori all'estero... ogni cantante di origine italiana che canta in
inglese magari se è bravo te la dà a bere per 8 parole su 10 ma
magari su due parole lo senti pesantemente che non è anglofono. Amo
l'Inghilterra o gli USA ma non certo un'altra colonizzazione
culturale. La globalizzazione non altera il tessuto di cui sono
costituiti i miei sogni e il mio linguaggio interiore... che ne so
cosa e soprattutto come pensa nei momenti morti un americano o un
cileno... già se vai a duecento km da dove sei cambia tutto... mi
riconosco in un'Italia fatta di parole che hanno un senso, il resto è
tutta una presa in giro, un equivoco enorme! Ognuno c'abbocca perché
dio non fa più tanti proseliti tra i giovani, non è cool, o forse è
che magari si è mascherato meglio stavolta... tutte superstizioni...
la verità quei pochi che la sanno se la tengono stretta... che poi
in realtà è molto semplice.
Poi c'è un altro aspetto che a me personalmente interessa
enormemente... è la lingua italiana come mezzo d'espressione... si
ascoltano quintali di musica ma si leggono sì e no due poeti...
ovviamente italiani intendo... e nella poesia c'è già la musica
incorporata...e qui invece si è abituati a non sentirla... le nostre
linee vocali che a molti appaiono poco ortodosse e per nulla rock,
urticanti e inascoltabili... bè possiamo dire che starebbero come
son dette benissimo da sole... potrebbero essere ascoltate nude come
sono e in un certo senso funzionerebbero... amo poeti come Gozzano,
Campana, scrittori come Dossi, Pizzuto... dove la frammentazione è
una costante e le parole pesano come macigni, hanno un senso... e fa
essa stessa verso, contrappunto e pausa, in altre parole è già essa
stessa musica e quindi immagini... nel rock e nel punk invece per
come lo sente la stragrande maggioranza dei fruitori, e qui metto
anche i musicisti, vige una sorta di fascismo estetico che predilige
il grigio ai colori più accesi o sfumati... non si riesce a
sdoganare una via poetica o colta dello scrivere o cantare i testi,
cosa che invece accade nel suono... vale la pena ricordare che degli
etichettari da due soldi chiusero le porte persino a un mostro sacro
come David Thomas ad inizio carriera non capendo niente della sua
novità estetica... ora tutti sono lì a riconoscerlo come un
rivoluzionario o chissà cosa... già ma trent'anni dopo... in realtà
sembra che tutti vogliano una sicurezza da 4 soldi e tanto status
quo... i Led Zeppelin ancora sono vivissimi e vegetissimi... completa
necrofilia... In Italia o sei buffissimo e un mezzo fenomeno allora
ti trattano da macchietta sofisticata oppure evviva la sicurezza...
molto populismo... che ricorda tanta politicaccia che parla alla
pancia!
10. So che
nonostante la vostra grande passione per la musica e il progetto
artistico multimediale di Filippo, non vivete di sola musica. Il
lavoro part-time è ancora necessario per la sicurezza economica di
base dalla quale partire con i voli artistici, ai quali date la
priorità assoluta. Suonare in più band non potrebbe essere la
soluzione per vivere della sola vostra passione?
F: Nella vita quotidiana io e Niki lavoriamo part time... io ho
abbandonato ogni speranza o sogno di realizzarmi in questa società e
ho deciso di viverne ai margini... da outsider... l'unico modo che
riesco ad abitare e a vivere in questa Italia... faccio un lavoro
sottopagato e part-time che mi permette di dedicarmi alla musica in
modo semi massivo... magari riuscissi ad affrancarmene... ciò non
toglie i miei mille progetti di evasione. Suonare in più bands?
Forse! Comunque suonare già richiede un sacrificio e una costanza
enormi tra prove, arrangiamenti, scrittura, trasporti, viaggi, soldi,
pacche sulla schiena, sbronze e non sbronze, chilometri, cari stronzi
che ti mandano affanculo e vedere negli occhi di chi ti sta vicino,
dagli amici ai parenti, che non hanno minimamente in testa cosa tu
stia facendo e ti parlano di Zucchero Fornaciari o Vasco Rossi per
cercare di avvicinarsi al tuo mondo... sarebbe come portare del
mercurio cromo a un padre pio con le stimmati sanguinanti e in piena
estasi... che vuoi che ti dica è proprio un masochismo da stronzi...
se penso a tutto quello a cui uno rinuncia... allora è vero amore...
bè vedi avere più band sarebbe come avere le cose di cui mi
lamentavo sopra moltiplicato per numero band... quindi sì perché
no... hahaha... io ho la fortuna di avere una compagna e una famiglia
che ogni giorno mi stima e mi supporta in tutto... il che mi fa
sentire meno solo... questa è una grande fortuna.
N: Non so… per quello che mi riguarda, si rischia di diventare
delle puttane musichiere (passami il termine…), si perderebbe il
senso e il motivo per cui lo si sta facendo, non di meno l’attitudine
giusta (questa parola… tanto inflazionata quanto importante);
inizierei a pensare al guadagno con questo o con quel gruppo, alle
partite iva, alle banche (poi, ci sarebbe anche un altro discorso: se
l’Italia fosse una nazione decente, aiuterebbe con un sussidio
gente come noi, nel nord Europa avviene e funziona… ma lasciamo
stare…). In buona sostanza non mi sentirei più di appartenere ad
una famiglia o a qualcosa che mi rappresenti. Essere o diventare un
semplice turnista/gregario non è gratificante, per cui, forse è
meglio continuare a lavorare… Non potrei mai fare una band badando
al soldo e/o con persone che non stimo.
Arrivo al punto… se suono con Alessio e Fabio (Ommemmerda) e
soprattutto con Filippo, è perché non solo li amo come musicisti ma
anche come persone.
11.
Oltre alla musica siete attratti anche dal teatro, dalla poesia e
dalla letteratura più estrema e di confine: raccontateci come tutto
ciò influenza ed ispira la vostra musica. Già il nome LUDMILLA
SPLEEN si aggancia alla produzione letteraria di Baudelaire?
F: Ci interessano gli individui che hanno reinventato il linguaggio,
così come universalmente noto, che lo hanno scardinato o almeno
tentato di scardinarlo... per noi la gran parte di quello che gira è
nato morto o insignificante... ci piace tutto ciò in tutte le forme
di comunicazione dell'uomo e quindi sì dal teatro, al cinema, alla
poesia soprattutto e dalla letteratura... queste forme talvolta sono
più intriganti da rapportare alla musica che la musica stessa... è
una traduzione d'intenti che non sempre riesce o se riesce, riesce in
un modo completamente visionario e trasfigurato... da qui nasce e si
sviluppa un'unicità stilistica.
Potrei parlare per giorni di questo... in parole povere a noi ci
attrae chi ha confuso i sensi, il senso, il concetto di pubblico e di
arte.
In realtà Ludmilla era un personaggio di un romanzo di Italo Calvino
che si intitola "Se una notte d'inverno un viaggiatore" e
Spleen quando facevo il liceo da beato ciuccio mi piaceva come
suonava e il suo significato oscuro ed esistenziale... e comunque sì
si trattava di Baudelaire... ero un ragazzetto di sedici anni...
comunque il romanzo di Calvino che ora a ripensarci non mi dice più
nulla... c'ha tutto il gioco del giocare con stili diversi cosa che
poi nei Ludmilla è una costante satirica.
12.
Siete partiti tredicenni e ora avete superato la trentina: come avete
visto evolversi la musica underground italiana in questi due decenni?
Come sono cambiati, secondo la vostra esperienza personale, il
rapporto con i locali, con le etichette discografiche, con la
tecnologia?
N: Ora credo che ci sia più consapevolezza nei gruppi, ma
soprattutto più connessioni, grazie sì alla tecnologia, ma grazie
anche ai contatti che si generano tra band ed etichetta e tra
etichetta ed etichetta… prima non era così, almeno credo… le
etichette, che io sappia, erano pochissime, ed era forse tutto più
sporadico, non continuativo, anche nell’organizzazione dei concerti
o di iniziative attinenti. Ora sembra esserci un disegno, non
definito, ma c’è.
F: Se mi fai questa domanda mi fai sentire veramente molto antico...
non so se sono la persona più indicata a risponderti... magari posso
fare una riflessione del tutto personale e magari spararle pure
grosse così tanto per rimanere fedele alla nostra linea... Secondo
me da quando si è entrati nel post-post, dove quindi gli strumenti
tradizionali sono stati usati per qualsiasi esigenza o inettitudine
espressiva e purtroppo anche creativa le carte si sono nuovamente
rimescolate come è giusto che sia... per tutto il resto, per quanto
mi riguarda, il rock è letteralmente mineralogia... ossia
immobilismo che pretende d'esser mosso... per trasfigurare il Dylan
di like a Rolling Stone... quella pretesa è l'ostinazione umana...
c'è da dire che negli ultimi tempi questa ostinazione è diventata
sempre più ostinata, fasulla, un habit... il che unita in alcuni
casi a una certa attitudine data da un cieco super-sbattersi,
dall'internet e non so cos'altro ha creato dei mostri che stanno, per
numero, minando le basi del gusto estetico di molti e soprattutto
delle nuove generazioni... mi chiedo quale altro percorso tortuoso
intraprenderà quest'asse allineato, questo Reich n' Roll come
cantavano i Residents. Noi per conto nostro siamo già dei morti
viventi, degli aborti... siamo cresciuti in un brutto periodo dove i
contorni erano illusori o inesistenti... un deserto dei tartari dove
s'aspettava o si credeva che ci fosse qualcosa che in realtà era il
nulla.
"Il punk non è punk perché è diventato troppo codificato"
diceva Lester Bangs... tutto ciò che veniva fatto in modo cialtrone
e sconsiderato era punk ma ha retto qualche anno... ora per paradosso
l'aplomb da sfigato magari pure intellettuale è una posa che molti
assumono con nonchalanche... ora siamo stati letteralmente comperati
e divisi per settori e l'autenticità non è più dietro l'angolo ma
è svaporata e nascosta dallo smog... Molte delle band che incontro
hanno maschere e difficilmente parlano col cuore... quei pochi, e ce
ne sono, sono i veri rocker e punks e me li tengo stretti... li
amo... sono come una piccola tribù nomade... ci si riconosce da
certi segni come la massoneria... ma gli "anch'io" sono
troppi... ora è difficilissimo distinguere un vero disco da un disco
di plastica... ora è tutto così super doityourself e democratico
che la cosa più punk da fare è non suonare, scomparire o forse
morire... la mia definizione preferita di cos'è punk è: il punk è
mandare affanculo il punk! Ecco forse fare musica oggi è mandare
affanculo l'idea che si ha di fare musica oggi.
Ottimo Filippo e Niki, lieta della vostra
presenza qui all'EDP. Vi lascio concludere con parole vostre mentre a
voi, più che mai (anche se forse non servirebbe...) dico "Stay
duo!!!!" ...e non rispondetemi "Eeeh?!?", ahaha.
Ciao Giusy grazie mille di tutto, continua così, sei preziosa! Duo
it yourself!!!
DISCOGRAFIA
BASSUCKS
2011, Autoprodotto (PostPunk, Noise, ArtCore)
1.Bassuscks
2.Pinocchio 3.Sono un Fallibilista
Ascolto
e freedownload
EEEH?!?
2014, Bloody Sound Fucktory/Artista Anch'io (PostPunk, Noise,
ArtCore)
LATO
A 1.Gelato gusto puffo 2.Camion
LATO
B 3.Eeeh?!?
Ascolto
e freedownload
Link
ad altre recensioni:
Recensione di "Eeeh?!?" su Ondarock
Articolo
e intervista ad opera di Giusy Elle