INTRO
Anche in questo articolo presenteremo un duo
chitarra-batteria dall'Emilia Romagna, che come i precedenti
Marmo (
qui) è formato da strumentisti
non professionisti, gente che innanzitutto lavora nella vita, pur
avendo una forte passione per la musica. Passione trattenuta coi
denti, quindi, che passa in secondo piano soltanto per necessità. Ma
ciò non significa nulla... si può creare ottima musica senza
essere necessariamente dei professionisti... Questo è il caso dei
DOCTORS IN MEXICO di oggi, duo strumentale di alt-rock.
BIOGRAFIA
Siamo a Ferrara nel 2012 e due musicisti, tali Mattia Cenacchi
(chitarra, allora studente di ingegneria meccanica) e Carlo Calanchi
(batteria), entrambi classe 1989, si riuniscono assieme ad un amico
tastierista in una sala prove della propria città per avviare un
trio di musica propria. Passano solo poche settimane che il terzo
membro, addetto al synth, è costretto a lasciare... Da allora i
Doctors in Mexico restano in due per scelta, non soltanto per
necessità, così da limitare le decisioni creative e sforzarsi di
fare molto con poco. Peraltro senza voce... e senza basso, come in
trio.
Per il chitarrista si tratta della prima esperienza in band mentre
Carlo, il batterista, aveva già militato nella band ferrarese Il
Lamento del Bestiame, nella quale compariva il concittadino Margaret
Lee, cantautore punk anche lui successivamente in duo
chitarra-batteria. Nascono così brani strumentali, in un genere a
cavallo tra stoner, blues e noise, tanto per dare qualche coordinata
di genere, intitolati con una sola lettera, decisa dall'ordine
cronologico di composizione.
Nove brani finiscono nell'album d'esordio,
Bile,
autoprodotto e pubblicato a fine 2014: il risultato di una
composizione libera da vincoli e strutture. Sebbene si tratti di
brani strumentali i Doctors in Mexico hanno voluto dargli voce
aggiungendo dei testi che non sono però mai stati cantati.
All'interno del booklet dell'album ne possiamo avere visione:
"
Lyrics for Unsung Songs" sono
scritti in inglese da una serie di amici della band (due sono dei
Doctors stessi) e, come anticipa il titolo, mai cantati. Ciò non
significa che debbano restare per sempre su carta: la scelta
specifica della licenza Creative Commons permette ad ogni brano di
essere potenzialmente remixato e cantato, o comunque editato senza
infrazione alcuna. Da qui la scelta di alcuni loro brani per trailer
o video promozionali. Personalmente trovo bellissimo lo spirito di
lasciare in eredità la propria musica perché possa essere
ascoltata ma anche risuonata, reinterpetata e resa viva nel flusso
del divenire...
Grazie alla loro interessante proposta musicale i Doctors in
Mexico arrivano alla finale regionale di Arezzo Wave Love Festival
che li porta a suonare al Freakout di Bologna e ad essere notati da
Radio Città del Capo, dove vengono invitati a partecipare in veste
di ospiti al programma Area 51 e infine a figurare nella compilation
Vol. 7 del programma con il brano “M”. Da questo stesso brano è
stato ricavato un videoclip, diretto da Ares Brunelli e registrato da
Federico Viola, sempre nella sala prove e di registrazione Sonika
dove è nata la band. A seguire altri video tratti dalle prove in
sala.
Causa impegni con altri gruppi musicali, il progetto Doctors in
Mexico procede un po' a rilento per cui li ritroviamo nuovamente in
studio soltanto nell'Aprile 2016 per la registrazione di una session
improvvisativa di quasi sei minuti, intitolata
8pm Improvisation
(dall'orario della registrazione...). Ovviamente registrata in presa
diretta, è visibile
su youtube dove per
l'occasione è stato usato un film in bianco e nero del 1932
("Freaks").
Concludendo diciamo che nonostante l'approccio Diy del duo, i
risultati sono più che notevoli, dalla registrazione dell'album
(Samboela: Giorgio Canali, Le Luci della Centrale Elettrica), alla
cura con cui hanno definito l'artwork, il booklet, alla fine il
progetto intero. Per scendere nei particolari del disco vi rimandiamo
all'articolo specifico, con anche la sua recensione a cura del nostro
prolifico collaboratore Nicola Cigolini (
qui),
mentre noi andiamo ad approfondire il progetto ferrarese Doctors in
Mexico con i suoi fondatori Mattia Cenacchi e Carlo Calanchi.
“M”
https://www.youtube.com/watch?v=sJfxSyaRLeo&feature=youtu.be&hd=1
"E"
https://www.youtube.com/watch?v=s8olWLKDX
"8pm
Improvisation"
https://youtu.be/S-kaWzjRvMo
INTERVISTA
1.
Ciao Mattia e Carlo, è un piacere avervi ospiti qui all'Edp.
Raccontateci come avete iniziato a suonare i vostri strumenti e come
siete arrivati al duo.
M:
Ho iniziato a suonare la chitarra tardissimo, a 19 anni, con una
vecchia classica rubata a mia sorella. All’inizio cercavo di
imitare lo stile ritmico di gruppi punk come gli Against Me!.
Non mi sembrava possibile che potessero strummare così velocemente!
Dopo qualche mese di gavetta arrivò l’elettrica e da lì in poi
effetti, accordature strane, e i Doctors in Mexico. Il mio primo
gruppo, di fatto.
C:
Ho iniziato a suonare la batteria intorno ai 15 anni, quando
all’uscita della scuola mi trovavo nella cantina/sala prove di un
mio compagno di classe dove potevo usare la batteria di suo fratello
maggiore: da lì gli inizi e i primi gruppetti con amici.
Principalmente suonavamo cover di gruppi italiani e non (Afterhours,
Blur prima di tutto), passando poi a scrivere pezzi nostri. Come
“Doctors” siamo arrivati a suonare insieme grazie a un amico in
comune che suonava la tastiera midi come terzo componente. Quando
poco dopo ci lasciò in due, l’idea di continuare nella
configurazione chitarra e batteria ci è sembrata super naturale. E
così siamo rimasti. Era il 2012, o giù di lì.
2.
Da dove il nome della band?
M:
è una sequenza di parole prese fuori contesto da un'intervista di
non-ricordo-chi al Late Late Show di Craig Ferguson, di cui
ero un grande fan. Parlavano di dentisti messicani e quando l’ospite
ha detto “[…] bla bla bla doctors in mexico bla bla bla
[…]” ho drizzato le orecchie perché mi sembrava parlasse di una
band!
3.
Doctors in Mexico è un bel progetto a due, quali gli accorgimenti
tecnici per far funzionare il combo ridotto?
M:
Fin da subito ho cercato di stare fuori da sentieri già battuti
usando una variante di Open G come accordatura e sdoppiando il
segnale (spesso ottavato) tra un ampli da chitarra e uno da basso.
Per coprire più frequenze possibili in mancanza di altri strumenti e
voce. Come scrittura tendo a buttar giù sequenze quasi sempre
lineari, con temi A B C D E etc. che vengono sviluppati una sola
volta e raramente ritornano.
C: Dal mio punto di vista si tratta
di picchiare il più forte possibile, cercando sempre di proporre
qualcosa di non convenzionale, seguendo un’onda comune con i giri
di chitarra. Cerco di suonare una batteria che più che fare il
compitino prova a seguire le note e gli umori dei giri di chitarra.
Con un numero ridotto di fusti e piatti a disposizione.
4.
Se i Karma To Burn battezzano i loro brani con un numero voi l'avete
fatto con le lettere dell'alfabeto. Mi sembra molto onesto per brani
strumentali. Il titolo invece che significato ha nei confronti della
vostra musica?
M:
Sì, l’idea l’abbiamo “rubata” ai Karma To Burn (uno dei
nostri gruppi strumentali preferiti) che hanno titoli numerati. Per
il titolo del disco Bile ci sembrava adatto per le sensazioni
che evoca l’immagine di un liquido purulento e per il fatto che
anche in inglese spelling e significato coincidono con l’italiano.
C: La bile che facciamo venire quando si ascolta l’album!
5.
Ammiro e condivido la scelta di utilizzare i Common Credits al posto
della Siae. Nel vostro caso avete optato per una formula di libero
uso delle vostre basi, che possono essere remixate, editate, o
addirittura cantate con dei testi suggeriti, scritti da voi e altri
amici ("Lyrics for Unsung Songs").
Ci parlate della filosofia che sta alla base di questa vostra scelta?
C:
L’idea è di lasciare libera interpretazione tra il testo scritto
da noi o alcuni dei nostri fantasiosi amici e la musica. Facendoli
sentire parte del progetto per la vicinanza ed il supporto
dimostratoci e far sì che la loro costante presenza ai nostri live
potesse venire in un qualche modo ripagata.
M:
Ci sembrava divertente proporre nel booklet i cosiddetti testi per
canzoni mai cantate , un po’ per satira un po’ per offrire un
contesto narrativo che altrimenti mancherebbe. Il tutto senza
prendersi troppo sul serio.
I Creative Commons per tutti i nostri
brani sono una scelta secondo noi intelligente ai “nostri livelli”,
laddove un’iscrizione SIAE non avrebbe il minimo ritorno se non
quello di contribuire al funzionamento di una macchina obsoleta.
Finora i CC ci hanno dato ottime soddisfazioni, considerando che 4 o
5 dei nostri brani sono finiti in video promozionali, spot aziendali
sul web, fan video, trailer. Così la musica gira senza troppi
sbattimenti e costi per le parti coinvolte. Non ci sono guadagni ma
la soddisfazione di aver “aiutato” altri creativi è tanta.
6.
Da dove avete tratto l'immagine di copertina di Bile
e cosa sta a significare?
M/C:
La foto è del nostro ex terzo membro, Filippo Tumaini (aka Øffline
Frames su Facebook). È stata scattata nella città vecchia di
Tallin, in Estonia, durante un viaggio in Scandinavia che abbiamo
fatto poco prima dell’uscita del disco. È una scultura che secondo
noi rende giustizia al famoso detto da bar ferrarese: “al tròp
pensàr deriva dal pòc capìr” che credo non abbia bisogno di
traduzioni. In pratica un simbolo del cruccio dei nostri tempi,
l’overthinking estremo insomma. E in modo più auto-ironico
una metafora per la nostra musica alle volte (troppo?) ragionata o
matematica.
7.
Sono passati oltre due anni dalla pubblicazione dell'album di
esordio: state lavorando su nuovi pezzi? Avete in mente di registrare
un secondo capitolo della vostra carriera?
C:
Sì, stiamo lavorando su dei nuovi pezzi, non ci stiamo spostando
molto da quello che è il nostro istinto primordiale, solo
accorgimenti in più per quanto riguarda “l’elettronica” (basi,
loop etc.)
M:
Esatto, stiamo cercando modi per non ripeterci e costruire layer più
spessi rispetto al primo disco. Ma senza ricorrere a un terzo membro.
Vedremo se cambiare accordatura, ricorrere a un synth, usare un
looper. Oppure tutte le precedenti. Fra l’altro abbiamo ancora due
o tre brani mai editi da condividere (registrati in occasione del
live per AREA 51/Radio Città del Capo). Presto saranno su Bandcamp.
L’idea fondamentale per il prossimo disco è di scrivere qualcosa
che non richieda overdub in studio, per poter essere suonato
tale-e-quale dal vivo. Finora è sempre stato così: brani registrati
in diretta e senza sovra-incisioni.
8.
Avete suonato molto in giro, ci ricordate con quali altri duo avete
condiviso il palco?
M/C:
di concerti specifici per soli duo ricordiamo un live al Patchanka di
Ferrara con gli impareggiabili Mood. In generale tra i gruppi che ci
hanno lasciato a bocca aperta fra quelli con cui abbiamo suonato
figurano i Junkfood 4et!
9.
I vostri progetti per il futuro?
M/C:
Suonare di più, scrivere di più, registrare, creare, condividere. È
un periodo in cui procediamo un po’ a rilento a causa degli impegni
con altre bands, ma i Doctors vanno comunque a avanti.
Ottimo
ragazzi, ci si aggiorna, intanto grazie per la condivisione della
vostra esperienza. Concludete pure con parole vostre.
Grazie
a EDP per il supporto alla scena DUO italiana!
www.facebook.com/doctorsinmexico
www.doctorsinmexico.bandcamp.com
www.soundcloud.com/doctors-in-mexico
www.youtube.com/channel/UCYB_upYrPul_pmVecslxUSA/videos
doctorsinmexico@live.com
DISCOGRAFIA
BILE
2014, Autoprodotto (Altrock, Stoner, Noise)
1.L
2.I 3.B 4.G 5.F 6.E 7.C 8.A 9.D
8PM
IMPROVISATION 2016, Autoprodotto (Improvvisazione
strumentale)
1.
8pm Improvisation
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ad altre recensioni
Articolo
e intervista ad opera di Giusy Elle