giovedì 16 maggio 2019

180. RECENSIONE61: Feral by Nadsat





Nadsat, duo strumentale chitarra-batteria da Bologna: forza, potenza, presenza scenica, pogamento, sperimentazione... questi i sostantivi che gli si possono abbinare... Al terzo album ci presentano un math rock venato di noise e jazzcore ma con ulteriori sperimentazioni latin e afro molto più azzardate: poliritmia tra chitarra e batteria (3 su 4), giochi di pattern tra battere e levare, un originale misto di noise e riffoni con deframmentazione e scansione del tempo, sopra strutture circolari... Michele Malaguti (chitarra) e Albeto Balboni (batteria) non cessano di stupirci. Ne hanno fatta di strada da Terminus, l'Ep di esordio del 2016! Crudo, dell'anno successivo, ne definisce l'estetica mentre Feral, quest'ultimo lavoro discografico, targato Subsound Records e pubblicato ad aprile 2019, porta ai confini della sperimentazione tutta la loro musicalità.

In calce potrete approfondire la natura dell'album con la recensione di Cesare Businaro, noto fan della band e gran cultore di Edp, mentre se desiderate conoscere qualcosa di più sulla formazione del duo, l'evoluzione dei loro suoni, oppure vi incuriosisce la loro esperienza live appena conclusasi in Russia, non mancate di leggere l'articolo Edp pubblicato su questi argoment (qui)i, con relativa intervista a Michele ed Alberto. Buona lettura, buona musica e tanto Nadsat a voi!



Contatti Band:





Feral credits:
Masterizzato da Claudio Adamo @Fonoprint
Artwork by Inserirefloppino
Prodotto da Subsound Records, Enrico Baraldi e NADSAT
I Nadsat usano NUDE guitars, Magnitude Labs, Cyclone Devices, Dron. ed EVO Drumsticks



Qui lo ascolti

Feral 2019
(Subsound Records/Goodfellas)
(Mathrock, Noise, Strumentale, Sperimentale)

1. Rhino
2. Golem
3. Ogun
4. Hooves
5. Brento
6. Vostok
7. Bateman
8. Furia
9. Corium
10. Rosengarten

RECENSIONE
NADSAT "Feral"
Lp 2019 Subsound Records

Ho già scritto dei Nadsat, a proposito del loro concerto all’Area di Carugate il 17.3.2018, quale tappa brianzola del tour – non solo nazionale – di supporto al loro disco di debutto sulla lunga distanza, “Crudo”, che ho apprezzato particolarmente per la capacità del duo di tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore, pur proponendo un genere, sostanzialmente Noise, per i più tutt’altro che appetibile e orecchiabile, a maggior ragione in veste strumentale e quindi ben lontano dalla “rassicurante” forma-canzone (impossibile non battere il piede o scuotere la testa sull’incalzante ritmo di “Novus”, tanto per fare un esempio della capacità di trascinamento della band). Ed alzi la mano, a questo proposito, chi – ormai qualche decennio fa – ha realmente consumato o comunque ascoltato senza alcuna difficoltà, i dischi dei precursori e forse capostipiti del genere, i Don Caballero, pacificamente ritenuti tali, soprattutto per l’originale miscela di Noise e (ciò che sarebbe stato successivamente classificato come) Math, analogamente riproposta dai Nadsat.

Se quello era dunque il pregio di “Crudo”, con il suo successore, “Feral” (che traduco – dall’inglese – in “ferino” o “selvaggio”), il duo bolognese cambia decisamente rotta, oltre all’etichetta (ora la Subsound Records, in coproduzione con gli stessi Nadsat e il loro tecnico di studio, Enrico Baraldi, presso i Sotto il Mare Recording Studios & Waiting Room Audio di Villafranca, già noto agli appassionati del genere, anche per suonare il basso e la chitarra baritona negli Ornaments).

Un cambio di rotta, dicevo, all’insegna anzitutto dell’inasprimento dei suoni e di una netta accelerazione della velocità di crociera della band, che si cimenta in soluzioni ritmiche sempre più complesse (qui più Math, che Noise), complice l’innalzamento evidente del livello tecnico e dell’intesa fra i due, a suon di date accumulate pure all’estero per la promozione di “Crudo”. Una crescita, questa, testimoniata anche dall’ingresso di Michele Malaguti, il chitarrista, nella rosa di endorser di un marchio di chitarre artigianali, la fiorentina Nude Guitars, con il suo stravagante e innovativo catalogo di strumenti dal manico in alluminio, specificamente progettato per aumentarne la risonanza.

Soprattutto sul piano ritmico, “Feral” si propone quindi fin dal primo ascolto come un disco molto più complicato e spigoloso di “Crudo”, un disco – per dirla in parole povere – che mette alla prova, ma che al contempo – complice forse la sua breve durata, come in “Crudo” al di sotto dei 40 minuti – continua a tenere in sospeso l’ascoltatore, accompagnandolo rapidamente dall’inizio alla fine del platter e in questo caso proiettandolo, per così dire, in una sequenza di ambienti sonori, che sia per la “ferocia” delle distorsioni (ancor più spesse e rumorose che in “Crudo”), sia per l’ossessivo ripetersi di certi fraseggi (cito, per esempio, le due note su due, che vanno ad introdurre convulsamente la seconda traccia, “Golem”), sembrano costringerlo a uno stato di fuga, dirigendolo e incalzandolo verso un orizzonte che mai raggiungerà, di traccia in traccia ed anzi gli sprofonderà sotto i piedi – anche con la saturazione totale dei volumi nella reprise in coda all’ultimo pezzo, “Rosengarten” – fino al definitivo annichilimento sonoro: così mi piace interpretare pure l’immagine di copertina del CD, che mi giunge in formato digipack e nella quale intravedo la sagoma di un volto trasfigurato, in mezzo a dei frammenti di carta stracciata con primitiva violenza, mentre la tracklist – composta, come già in “Crudo”, da titoli curiosi o di non facile comprensione – sembra evocare una serie di entità o divinità mostruose, a completare questo scenario distruttivo (“Rhino”, “Golem”, “Ogun”).

La complessità ritmica, che certamente mette in particolare risalto il tentacolare stile del batterista, Alberto Balboni, si snoda prevalentemente in sequenze sincopate, tempi dispari e in levare, per certi versi riconducibili all’Industrial dei Therapy? in “Nurse” (vd. “Ogun”) o al Crossover dei Primus in “Pork Soda” (vd. “Brento”), se mi è concesso utilizzare etichette più consone al mio decennio di formazione musicale (ovviamente gli anni ‘90), anziché i tag con cui gli stessi Nadsat classificano la loro proposta (Experimental, Noise, Math, Jazzcore); il tutto va a scandire un assalto sonoro – a tratti di helmetiana memoria (vd. “Bateman”) – più o meno costante per l’intera durata del platter, salvo alcuni intervalli più atmosferici e di tregua “apparente”, accompagnati dall’uso di Droni e Synth sullo sfondo (vd. “Hooves”), dal “congelamento” di armonici lancinanti con un sound retainer (vd. “Rhino”, già anticipata dal vivo a Carugate e in cui Michele ripropone il suo pedale Freeze, ormai un marchio di fabbrica) o persino di silenzio, a suo modo comunque assordante (vd. l’interludio a metà della già citata “Golem”: un minuto scarso di rumore sordo ed isolati colpi di batteria talmente riverberati, da risuonare come l’eco di passi inquietanti in un ambiente confinante a quello in cui il fuggitivo di cui sopra, ha forse cercato un momentaneo riparo, prima d’essere nuovamente sorpreso dal suo predatore, qui con sembianze “gollumiane”).

E’ tuttavia difficile un esame track-by-track (e qualsiasi giudizio, a maggior ragione un voto, suonerebbe prematuro), perlomeno dopo una manciata di ascolti a caldo, in cui pezzi come “Vostok” e “Furia”, peraltro i più frenetici e Hardcore del disco, forse non spiccano immediatamente rispetto agli altri, riproponendo schemi già tracciati nella prima metà del platter, ma a conferma del suo spessore, la sensazione è che ascolto dopo ascolto il livello di gradimento dell’album possa soltanto crescere e in misura esponenziale. A un primo approccio, l’alto tasso di sperimentazione, sia a livello ritmico, che nel saper “domare” musicalmente rumori e dissonanze pur portati all’estremo, sembra voler proporre in “Feral” anche un disco di possibile transizione, verso un album che sappia coniugare gli indubbi pregi tecnici del duo (che spero di poter al più presto riassaporare in concerto), con la “crudezza” dell’opera precedente (che rimane a mio parere di più facile accostamento), magari approfondendo pure quella dose di melodia, di cui solo per un catartico frangente (in “Hooves”, a 2’35’’), i Nadsat ci concedono un assaggio (e che assaggio…), svelando d’essere ancor più immensi, di quanto già non appaiano (e va ricordato che stiamo parlando di un gruppo di due soli elementi…).

Questo vuol essere soprattutto un sincero augurio, per una band che ha comunque più di un motivo per sentirsi, per così dire, già “appagata” da un’impresa del livello di “Feral”, autodefinendola – nel press kit giratomi da Giusy – come “la massima espressione di ciò che sono i Nadsat al momento attuale” e solo in questa prospettiva – a richiesta del Blog – concludo esprimendo un voto.

Noise Matters!

Cesare Businaro
9/10


Articolo ad opera di Giusy Elle



179. Le nuove sperimentazioni latin e afro nel postmetal dei NADSAT

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INTRO E AGGIORNAMENTO
I NADSAT sono un duo della Bassa Bolognese che abbiamo avuto il piacere di seguire fin dai suoi esordi (2015), in occasione del primo ep Terminus. Con piacere li abbiamo visti evolversi fino ad afermarsi come uno dei più interessanti power duo chitarra-batteria della regione -e non solo- con uno stile proprio, inconfondibile, anche se in sottile mutazione. Dallo sci-fi degli esordi si sono subito assestati in un post-metal ibridato di noise, math rock e divagazioni jazzcore. Crudo, il secondo album del duo, ne definisce la figura stilistica.

A distanza di due anni Michele Malaguti (chitarra) e Alberto Balboni (batteria) si ripropongono con un nuovo full lenght, Feral, dalle inaspettate frange sonore. Mentre un bel sound di base fa pogare il pubblico sotto il palco, i due si sono divertiti a complicarsi l'esistenza introducendo incastri poliritmici tra chitarra e batteria (3 su 4), giochi di pattern tra battere e levare, sonorità latin su tappeto metal che, miracolosamente, ci sta alla perfezione; insomma, un originale misto di noise e riffoni con deframmentazione e scansione del tempo, sopra strutture circolari... Un lavoro complesso ma raffinato, quest'ultimo album dei Nadsat, che ci fa apprezzare ancor di più il percorso stilistico del duo.

Un paio di mesi prima dell'uscita del disco ho avuto il piacere di ascoltare in anteprima dal vivo una carrellata di 4 pezzi che, come un termometro, servivano per testare la reazione del pubblico. Ricordo che mi son detta: "Se questo è il preludio, ci sono buone aspettative...". Sì perchè dopo la voluta "crudezza" raggiunta con l'album precedente (Crudo, 2017), ora Michele e Alberto possono rilassarsi ed abbellire, iniziare a decorare e costruire sulle solidi basi della propria musica. La formula sottostante, infatti, è quella di sempre: riff veloci e ripetitivi, stacchi all'unisono, potenza all'ennesima potenza -inevitabile il gioco di parole-, ma è come se avessero preso il meglio di Crudo per svilupparne il potenziale: il risultato è qualcosa di coinvolgente che induce il pubblico a pogare con maggior facilità. Per il resto, il "solito" spettacolo, e dici poco! Balboni, dall'alto della sua mole, non serve che prenda la rincorsa per picchiare con potenza sulle pelli, mentre il collega alle sei corde brandisce lo strumento come una vera e propria ascia: tra stazza, attitudine e folta barba rossa, pare uno storico guerriero vichingo appena sbarcato dalla sua nave.

La musica dei Nadsat è quindi interessante ma, nel suo rigore, squadratura e quasi freddezza, a volte, sicuramente si apprezza di più in fase live dove i due danno il meglio di sè. Hanno presenza scenica, imponenza scenica, direi quasi, pur essendo solo in due, difatti i live e i tour non mancano di certo nel programma del duo. Ad oggi il numero delle esibizioni non si contano, visto che si sono esibiti in tutta Italia, più volte in Europa e, meraviglie delle meraviglie, dopo il debutto di Feral al Freakout Club di Bologna e un mini tour nazionale -che però ha toccato l'intero Stivale-, hanno persino organizzato un tour in Russia! I due omaccioni non hanno paura di nulla e tra la prestanza fisica e una musica sicuramente più in linea con il sentire rock e metal dell'Est Europa, questa esperienza è indubbiamente alla loro portata.

Li becchiamo così al rientro da questo tour, per parlare con Michele e Alberto delle soluzioni musicali originali adottate nel nuovo disco ma, ovviamente, anche di quest'ultima, insolita esperienza. Non mancheremo di chiedere della nuova scelta di etichetta, che dopo la cordata dell'album precedente, unione di forze tra le più rinominate labels dell'underground nazionale, si assesta sulla più storica Subsound Records. Goodfellas per la distribuzione. Riconfermata invece la presenza di Claudio Amato (Cani dei Portici) al master e l'artwork ad opera di Inserirefloppino, ossia il batterista ipnotico del duo riminese San Leo.
Nell'articolo a seguire approfondiremo al meglio tutti gli aspetti tecnici di Feral con l'aggiunta di una ricca recensione ad opera del loro fan, e nostro abile collaboratore, Cesare Businaro (qui). Come sempre, buon ascolto e buona lettura.


LABELS
Subsound Records www.subsoundrecords.it
Si tratta di una storica etichetta indipendente nata a Roma nel 2005 (ex Produzione Deflore) dall'idea del fondatore, Davide Cantone. Nomi bellissimi nel suo eclettico roster dove troviamo produzioni dai generi molto vari, dall'Industrial allo Sperimentale, dal Metal al Jazzcore, dal Grind all'Afrogrind, dalla Musica d'Avanguardia al Drone... è proprio l'ecletticità il marchio distintivo della label. Tra gli artisti citiamo giusto i Mombu, gli Inferno ma anche Surgical Beat Bros, Osso, Lili Refrain... Zolle sono il primo duo chitarra elettrica e batteria a sfondare le porte della label (con il loro terzo album InFesta) www.facebook.com/subsoudrecords

Narcotica nasce come agenzia stampa e promozione di Subsound Records ma ora i servizi sono allargati anche ad altre etichette o artisti. Ricopre anche il ruolo di Publishing gestendo i diritti discografici di molte bands. Dal 2010 è anche etichetta di distribuzione e fanzine.

Goodefellas (label, distro e promo) https://www.facebook.com/goodfellasdistribuzione/
Nata nel 2000 dall'incontro di addetti ai lavori con numerose esperienza alle spalle, Goodfellas si impone da subito per l'accuratezza e la qualità delle sue proposte fino a diventare, oggi, tra le più rispettate realtà indipendenti internazionali.
Le attività di distribuzione esclusiva e promozione -oltre al lavoro di scouting sul territorio nazionale come etichetta discografica- ne caratterizzano l'operato.
Ad oggi, il grosso del lavoro è rappresentato ancora dalla vendita dei Cd con il download digitale in continua ascesa ed il vinile come zoccolo duro; grande attenzione, infatti, è sempre stata rivolta nel corso degli anni al formato vinile, rilanciato anche attraverso un puntuale programma di ristampe di titoli classici e non.
Goodfellas è impegnata parallelamente anche nel lavoro di sincronizzazione, valorizzando alcuni degli artisti in catalogo ed introducendoli allo sterminato mondo della cinematografia e della pubblicità. Più di ogni altro cenno biografico parlano però i titoli in catalogo e le prestigiose realtà indipendenti con cui da anni collaborano.


INTERVISTA
1. Bentrovati Michele e Alberto, tra vita reale e virtuale capita spesso di incontrarci e ciò non può che farmi piacere. Questa volta parliamo ovviamente del vostro nuovo album, Feral. Cosa avevate in mente di ottenere con questo nuovo prodotto? Continuità ma anche evoluzione, mi pare...
A. Ciao Giusy e grazie per la chiacchierata, è sempre un piacere. Con “Feral” non avevamo un’idea precisa di quello che avremmo potuto ottenere, abbiamo cercato di mescolare ciò che ci piace di più suonare e ciò che ci diverte di più, con qualche cono in più, con qualche bacchetta rotta in più. Probabilmente siamo arrivati all'estremizzazione di ciò che siamo ora, di quel sound nato con “Crudo”.

2. Con Feral avete osato... aggiungendo strutture circolari su quadrature math, poliritmia con riffoni metal e cose del genere... immagino non sia stato facile trovare un equilibrio tra queste sonorità diverse e culture lontane tra loro. Come vi è venuta l'idea di sperimentare tali soluzioni e com'è stato l'approccio e il percorso per arrivare alla mirabile fusione da voi ottenuta? Avevate dei riferimenti precisi in mente o è stata pura ricerca personale?
A. Mi fa piacere che tu abbia colto il particolare delle strutture circolari. Nel contesto di un suono così ricco di tempi dispari, riffoni e violenza sonora, abbiamo cercato di far quadrare tutto utilizzando le strutture più dirette ed immediate, a volte con parti che si ripetono o che ritornano. Niente riferimenti precisi in mente, solo istinto.

3. Dopo la cordata di etichette per Crudo, per Feral vi siete accasati con la storica Subsound Records. Coem siete giunti a questa scelta?
A. E’ stata una sorpresa per noi, dopo una ricerca di etichette disponibili a distribuire il disco, è arrivata la risposta da parte di Subsound con piani ben precisi per noi. Abbiamo valutato e siamo arrivati a decidere di affidarci a Davide (titolare della label) e provare questa soluzione diversa rispetto alla cordata di etichette.

4. Michele, sei anche endorser di tutta la tua strumentazione: chitarra, ampli, effetti per pedali. Ci parli del tuo equipaggiamento e di come sono nate queste collaborazioni?
M. Utilizzo una chitarra artigianale con manico in alluminio, la “Nude #026". È costruita da Gabriele Fabbri di Nude Guitars a Prato. Gabriele costruisce questi strumenti incredibili e la chitarra che ha realizzato per me ha davvero svoltato il mio suono. Non esiste altro strumento che mi dia le stesse sensazioni e lo stesso feeling. Per quanto riguarda le casse utilizzo due cabinets artigianali da chitarra Magnitude Labs, costruite da Gianluca Turrini. Anche qui la scelta è stata dettata dalla compatibilità con la mia idea di suono, quelle costruite da Gainluca sono semplicemente le casse migliori che abbia mai sentito. Per il suono “basso” utilizzo una Ampeg 810, il classico “frigo", ma chissà magari in futuro potrei optare per un'altra Magnitude. Per quanto riguarda i pedali mi affido a Dron (Mattia Capozzolo) e Cyclone Devices (Diego). Costruiscono pedali fantastici, dai semplici fuzz alle più assurde noise boxes. Davvero bravi.
Alberto utilizza bacchette EVO Drumsticks (da Torino). Sono molto ben fatte e si trova davvero bene. 

5. Ed ora arriviamo all'originalissimo tour in Russia. Di chi è stata l'idea di spingere i Nadsat e le loro sonorità così lontano? Come è stato l'impatto con questa nuova realtà? Visto la maggior familairità del pubblico dell'Est Europa con certe sonorità più estreme, non fatico ad immaginare una ricezione immediata della vostra musica e un'accoglienza al di fuori del comune. E' stato così? Andate pure con le prime considerazioni a freddo...
A. Ad Andrey Efimenko e a Loud Sound Booking Russia dobbiamo la meravigliosa riuscita di questo viaggio in questa grande terra. Abbiamo ricevuto un’e-mail, con tutti i dettagli per poter portare un po’ di noise in Russia e sapendo che lo stesso aveva curato il tour russo dei Viscera ed altre band non potevamo lasciarci scappare questa occasione. L’impatto è stato chiaro fin dall’inizio: “Siamo qui, vediamo cos’avete in serbo per noi” e noi non abbiamo fatto altro che alzare il volume degli ampli e picchiare il più forte possibile su pelli ed. Le realtà interessanti ci sono e il feedback è stato positivo, ci vorrebbero solo più Andrey o promoter come i regaz dell’Ohm Collective di San Pietroburgo per farla vivere più forte. Con i loro balli, pogo sfrenato, urla di delirio e abbracci a fine concerto ci hanno dato il benvenuto; condividiamo le stesse emozioni, abbiamo tutti voglia di muovere la testa e fare balotta, geografia a parte siamo così lontani ma così vicini.

6. Avete raccolto qualche aneddoto durante il vostro viaggio?
M. A Volgograd (ex Stalingrado) abbiamo avuto la fortuna di vedere l’unico edificio rimasto in piedi dopo la fine della Guerra, è stato emozionante.
A. I villaggi in mezzo al niente, strade vittime di qualche pioggia di meteoriti, le bellissime chiese con cappelle dorate. Il karaoke scattato a Cheboksary sulle note di “Fat Bottom Girl”, “Highway to Hell” e “Without Me” di Eminem insieme ad Artiom, il preservativo usato (?) sul palco del Rebel Pub di Zelenograd ed infine il mega party con i regaz dell’Ohm Collective di San Pietroburgo, tutto stupefacente.

7. Quali i progetti per l'immediato futuro, adesso?
A. Quest’estate suoneremo in qualche festival nella Penisola, siamo sempre alla ricerca di date e spazi dove suonare, ci stiamo già muovendo per un tour europeo previsto per l’inizio del 2020. Vediamo cosa salterà fuori, di sicuro continueremo a provare, variare il sound e cercare nuove soluzioni perla resa live del disco.

In attesa di un nuovo concerto dove incontrarvi di persona, vi lascio chiudere l'intervista con una vostra considerazione. Buon proseguimento a voi, Michele e Alberto! Speriamo di vederci presto e... con tanto rumore!

Link band:


DISCOGRAFIA
FERAL 19.4.2019, Subsound Records (Mathrock, Noise, Strumentale, Sperimentale)


1.Rhino 2.Golem 3.Ogun 4.Hooves 5.Brento 6.Vostok 7.Bateman 8.Furia 9.Corium 10.Rosengarten




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CRUDO 12.4.2017, Toten Schwan, Upupa Produzioni, Vollmer Industries, E' un brutto posto dove vivere, Koe Records, Oh! Dear Records (Mathrock, Noise, Strumentale, Sperimentale)

1.Mesozoic 2.Atp 3.Novus 4.Carcharodon 5.Umhlaba 6.Sivik 7.Droid 8.Dolomite



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TERMINUS EP 2016, Kaspar House (Sci-fi, Mathrock, Noise, Strumentale, Sperimentale)

1.Kepler-452B 2.Landing 3.Ares3 4.R.Romina 5.Eta Carinae





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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle