I Cani dei
Portici sono attualmente uno dei duo postcore più
interessanti del panorama underground italiano. Claudio Adamo
(chitarra, saltuariamente voce) e Demetrio Sposato (batteria) sono
amici fin dall'adolescenza: entrambi calabresi e coscritti, giungono
a Bologna per motivi di studio e qui trovano la loro identità
definitiva, tanto musicale che di vita. I Cani dei Portici nascono
quindi a Bologna come trio nel 2010 e dopo un ottimo Ep d'esordio,
Cave Canem (2012), si assestano nella line-up a due.
Già in trio si delinea alla
perfezione la loro interessante formula sonora fatta di musica
strumentale, molto potente, nel genere HardCore condito con soluzioni
MathRock. Distorsioni estreme, stacchi, raddoppi e parentesi fatte di
piacevoli e struggenti melodie, li definiscono fin dall'esordio.
Primus, Melvins, Shellac e Jesus Lizard i riferimenti musicali del
passato.
Nel 2014 restano in due,
riarrangiano alcuni brani del primo Ep e si prestano a registrare un
secondo album che nulla perde in potenza e comunicazione anche senza
la presenza del basso. Le soluzioni per ovviare alla mancanza di tali
frequenze sono le medesime per tutti i duo chitarra-batteria, ormai
(splittaggio della chitarra in un ampli per basso e abbassamento dei
toni con un octaver) ma la maestria nel gestire il tutto è degna di
nota. Sia su palco che su disco non passa inosservata la pulizia dei
suoni sul muro di distorti mentre i passaggi dai puliti melodici ai
volumi a palla delle fasi più aggressive, scivola liscia senza
scossone alcuno. Del resto il chitarrista Claudio lavora come fonico
presso la Fonoprint di Bologna, il più noto studio di recording
della città che supporta in sala di registrazione quanto in fase
live artisti del calibro di Vasco Rossi e Zucchero Fornaciari, tanto
per nominarne qualcuno...
Due è il secondo lavoro in
studio di Claudio e Demetrio, molto simile nella sua struttura all'Ep
precedente. Sei tracce per una trentina di minuti d'ascolto, i brani iniziali tutto un alternarsi di cattiveria
calibrata e melodie di largo respiro, mentre in entrambi gli album
sono i due brani di chiusura a mostrare serenità e dolcezza con
piacevoli quanto inaspettate parentesi. Due si apre con un'intro
di onde del mare e si conclude con un brano dolce e pulito dove il
mare torna a farla da padrone (vedi la copertina in tema). Il titolo
della final track è infatti "Jonio", in memoria della
terra che li ha visti nascere e decollare verso il loro futuro di
musicisti a Bologna, città a cui restano sempre grati quanto alla
loro vecchia Crotone. I cani che di notte gironzolano sotto i portici
di entrambe le città sono il filo conduttore che le accomuna e per
questo ne hanno voluto elevare il nome a riconoscimento della propria
band.
La bravura tecnica e la bontà dei
loro cuori di cani non passa certo inosservata tanto che ormai i due
si esibiscono sui più rinomati palchi italiani (vedi il MEI)
condividendo gli spazi con nomi di punta dell'underground nazionale
quali Zu, Bachi da Pietra, Giorgio Canali, Bologna Violenta e molti
altri. Ma per una retrospettiva completa della band, una panoramica
sulle ben dieci etichette indipendenti che supportano l'album nonché
per l'interessante chiacchierata in fase d'intervista con i due,
rimando all'articolo specifico Edp,
precedentemente pubblicato.
Intanto vi lascio ai credits
dell'album e al tenebroso video, quanto il brano da cui prende
l'ispirazione, di "Cuore di Tenebra", ad opera della
giovane artista Sofia Braga. Come sempre
buon ascolto e buona lettura, o per concludere alla Cani dei Portici:
Cave Canem a tutti!
Teaser di “Due” https://www.youtube.com/watch?v=T6oUgQ267W0Ascolto integrale di "Due" https://canideiportici.bandcamp.com/album/due-2
Credits di "Due":
Edito il: 2 Maggio 2016
Registrato da: Caludio Adamo (Randagi
Recordings)
Mixato e masterizzato da: Claudio
Adamo ed Enrico Capalbo presso gli studi del Fonoprint di Bologna
Prodotto, distribuito e supportato da:
Dischi Bervisti, ToTeN ScHwAN records,
Vollmer Industries,
È un brutto posto
dove vivere, Santa Valvola Records,
Oh Dear! Records, L'Odio
Dischi, Effetti Collaterali, Longrail
Records, Koe Records low profile distro
Fotografia di copertina:
Francesco Gentile
Grafiche: Elena A. Servidio
Photo
Fotografia interna: Enrico
Sposato
Stampa: Shelve
Contatti della band:
Due
2016
(PostCore,
MathRock)
1.Intro
2.Cuore di tenebra
3.Vamonos
4.Buio
5.La gente deve capire
6. Jonio
RECENSIONE
CANI DEI PORTICI "Due"
Ep 2016 Dischi Bervisti
Cambio
di prospettive notevole rispetto al primo disco. Due dei Cani
dei Portici è una delicata mattonata sui denti dall'inizio alla
fine; dico "delicata" perché nonostante l'anima
orgogliosamente hardcore del duo chitarra/batteria bolognese c'è
sempre una vena di leggerezza che pervade tutto il disco. Parlo di
una leggerezza malinconica che accompagna la furia delirante che
trova sfogo lungo tutto il tortuoso procedere del disco, scuro e
duro, che segue un percorso lucidamente folle: Due sale e scende, si
dilata e si compatta, esplode ed evapora. Fondamentalmente fa quello
che gli pare e nonostante l'imprevedibilità compositiva dei Cani dei
Portici, tutto sembra essere esattamente dove dovrebbe e come
dovrebbe. I suoni ben studiati e curati, gli arrangiamenti
apparentemente semplici ma in realtà ricchi di dettagli, gli spazi
reciproci tra gli strumenti, i (rarefatti) testi.
Suona tutto come un apparente caotico, grezzo, potente, sfacciato miscuglio di irruenza e depravazione creativa, eppure traspare fascinosamente poco la presenza di qualcosa di più di tutto questo, una profondità che va oltre la furia schizoide del disco. A parer mio il disco è spaccato in due anime diverse: una hardcore che semplicemente fa paura e una più evanescente e introspettiva. La prima assicura la presa e l'efficacia del disco, la seconda lo avvolge di quel fascino inafferrabile che ti costringe a riascoltare fino all'odio tutto il disco da cima a fondo.
Giacomo Guidetti
7,5/10
Suona tutto come un apparente caotico, grezzo, potente, sfacciato miscuglio di irruenza e depravazione creativa, eppure traspare fascinosamente poco la presenza di qualcosa di più di tutto questo, una profondità che va oltre la furia schizoide del disco. A parer mio il disco è spaccato in due anime diverse: una hardcore che semplicemente fa paura e una più evanescente e introspettiva. La prima assicura la presa e l'efficacia del disco, la seconda lo avvolge di quel fascino inafferrabile che ti costringe a riascoltare fino all'odio tutto il disco da cima a fondo.
Giacomo Guidetti
7,5/10
Articolo ad opera
di Giusy Elle
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