Dimenticati
e Ritrovati è la prima prova
discografica dei vercellesi SONNY & THE STORK, formati nel
2014 da Diego Vermiglio e Giuseppe Pagnone. Un bell'album di 9 tracce
di intramontabile rock, cantato in italiano. I testi sono molto
importanti nelle canzoni dei due che ci lanciano un messaggio dalla
mente pensante del suo compositore, con il vecchio metodo dei
naufraghi della bottiglia gettata in mare. Tale infatti tutto il
concept a coronamento dell'album, a partire dalla grafica curata dal
Vermiglio stesso. La cura nei dettagli, nei particolari della cover,
nel ricco poster interno con descrizione dei testi (l'importante
messaggio di S.O.S. incluso nella bottiglia) ci svelano un duo
attento alla propria musica e a tutto ciò che vi ruota intorno.
Dimenticati e Ritrovati così,
nella sua duplice chiave di lettura ('Dimenticàti e ritrovàti' e
'Dimenticàti e ritrovàti'), è un invito "a guardare se
stessi da un punto di vista esterno distaccandosi momentaneamente
dalle proprie ansie e affrontandole in modo oggettivo, [...] a
riscoprire ciò che è veramente importante e tralasciare quello che
non ci permette di vivere pienamente [...]. Il messaggio generale non
vuole trovare una soluzione a tutto, ma [suggerire] un atteggiamento
che ci faccia affrontare al meglio i problemi che avremo sempre e
comunque" come ben spiegato nell'intervista appena
pubblicata in questi spazi a coronamento della retrospettiva del duo
(qui). Il ruolo etico e didattico
dell'arte viene con loro riproposto.
Ricchi di una filosofia di base ben
precisa, quindi, i Sonny and the Stork si sono espressi però nella
line up chitarra-batteria in maniera molto più semplice ed
istintiva, più diretta e minimalista, direi. Chitarra e batteria,
nulla più... tralasciando quegli accorgimenti ormai d'uso comune in
tale combo, ossia lo splittaggio dei suoni di chitarra anche
nell'ampli del basso, e l'uso dell'Octaver. Anche il proprio stile
personale pare fosse ancora da definire nella propria personalità...
Proprio in questi giorni di pubblicazione dell'articolo, Diego e
Beppe si trovano però in una fase evolutiva del loro percorso: sono
in sala prove sotto la direzione di Livio Magnini, chitarrista dei
Bluvertigo, per definire il nuovo sound e stile del duo. In attesa
di godere dei risultati, ci concentriamo oggi sull'album di debutto
del duo, autoprodotto e uscito a Luglio 2016, grazie all'analisi
attenta di Mario Caruso, chitarrista del duo aretino Samcro nonché
scrittore di romanzi.
Video:
Video promo dell'album
https://www.youtube.com/watch?v=r017Dlg5CZE
Come vengono realizzati i packaging
dell'album (video casalingo con l'aiuto di Letizia Beccio; come
sottofondo "Il secondo rinascimento")
https://www.youtube.com/watch?v=UAgbafDTWm8
Dal
Release Party
Musicazione a teatro
https://www.youtube.com/watch?v=Z2UITvU2yeE
Contatti Band:
Dimenticati e
ritrovati credits:
Brani scritti e composti da: Diego
Vermiglio (chitarra e voce) e Giuseppe Pagnone (batteria)
Registrato, mixato e masterizzato da:
Francesco Tambone @Studio S88live di Gattinara (VC)
Artwork: Diego Vermiglio
Etichetta: Autoprodotto
Rilasciato: il 31 Luglio 2016
Qui
lo ascolti
Dimenticati e
Ritrovati
Autoprodotto 2016
(Altrock)
1.Frammenti
2.Wilson
3.L'amor proprio
4.386
5.L'intermediario
6.Blush
7.Il secondo rinascimento
8.Karma dignità e classe
9. Ilario
RECENSIONE
SONNY & THE STORK "Dimenticati
e Ritrovati"
Lp 2016 Autoprodotto
La prima cosa che colpisce di
Dimenticati e Ritrovati (2016) è l’eleganza del supporto
fisico, che è molto importante, proprio come la copertina di un
libro. Anche il nome di questo power duo piemontese, soprattutto quel
“Sonny”, rimanda subito a una realtà extra-europea, precisamente
d’oltre oceano, a quel Sonny di A Bronx Tale, con una forte
risonanza italiana. Ed è quanto si sente nel disco infatti: sonorità
di un gradevole retrogusto americano che si mescolano a modelli
armonici e linee vocali più vicine alla musica italiana. Date queste
premesse, si creano delle aspettative piuttosto importanti. Ma non
vorrei cadere in contraddizione con il giudizio critico e complessivo
sul disco. Ho anticipato appunto il concetto di aspettativa: il primo
brano, Frammenti, rievoca pur vagamente la concezione di EXP, la
prima “traccia” dell’Axis: Bold as Love di Jimi Hendrix. Dopo
un gran solo di batteria di Beppe Pagnone, pensi subito: questo disco
sarà una bomba. Purtroppo devo ammettere – un po’ a malincuore –
che non è stato proprio così. Non dico che l’ascolto totale del
disco disattende le aspettative, piuttosto direi che in parte le
disorienta. Quel palm mute forsennato di Wilson fa virare subito il
disco su un territorio ormai trito e ritrito. Le sonorità, infatti,
da qui in poi, senza prendere in considerazione pezzo per pezzo, si
rimescolano nei canoni standard dell’hard rock americano, per
intendersi dagli ACDC degli ultimi album fino ai più moderni Mr Big,
passando per tutto il vario filone che ha caratterizzato per lo più
gli anni Ottanta, con qualche cenno di ballata ogni tanto. Queste
sonorità toccano a loro volta quelle di un rock più moderno,
alternative, in cui agisce un cantato in italiano che richiama qua e
là un po’ gli Afterhours e affini. Questa fusione a volte
funziona, a volte appare un po’ forzata, persino artificiosa.
L’idea di fondo c’è, si percepisce. Magari c’è anche una
ricercatezza, ma questa commistione rimane un po’ ibrida e tende a
non finalizzarsi. L’impressione che si ha è che il disco non sia
omogeneo da un punto di vista e di stile e di contenuti. Si
identifica meglio come un insieme di idee, una matassa in cui si
riesce a fatica a trovare il bandolo. È questo il principale difetto
di questo disco: ci si perde con facilità, non si riesce a
focalizzarlo a fondo. Il tutto di certo non è aiutato da un
missaggio che appare abbozzato, e da un master molto discutibile.
Dico che è un peccato, perché l’abilità tecnica dei musicisti è
notevole e gli arrangiamenti sono molto interessanti. Se si potesse
tornare indietro, avrei consigliato una disamina di tutti i brani,
come altresì una rielaborazione, una sorta di recensio dei pezzi e
delle idee per individuare davvero quelle forti, che avrebbero
conferito al disco compattezza, potenza e continuità. Ecco perché,
più che un disco vero e proprio, questo lavoro si configura più
come una demo, una demo anche convincente, dalla quale sarebbe potuto
nascere qualcosa di molto più esplosivo. Tuttavia la musica non è
fatta di “se” e di “ma”, il disco ormai c’è. I testi in
lingua italiana, a eccezione dell’ultimo brano, sono valorizzati in
modo molto esauriente; la voce del cantante e chitarrista Diego
Vermiglio risulta ben bilanciata e gode di ottime timbriche ed
espressività. I suoni delle chitarre, invece, li ho trovati un po’
disomogenei (occhio anche alle accordature!): consiglio di lavorare
su un carattere distintivo, cioè su un suono subito riconducibile ai
Sonny. So che è difficile, ma non è impossibile.
In conclusione, a Dimenticati e Ritrovati è mancata secondo me un pizzico di originalità, un’idea solida e comune che si sarebbe ottenuta, appunto, solo lavorando con un vero obiettivo da perseguire. È mancata a mio parere quella fase finale da “lente di ingrandimento”, con anche rinunce, aggiunte, rimaneggiamenti. Ora, se il gruppo si accontenta, questo disco potrebbe anche andare, perché nel suo complesso si ascolta. Ma per quel qualcosa in più che fa davvero la differenza, c’è ancora molta strada da fare.
In conclusione, a Dimenticati e Ritrovati è mancata secondo me un pizzico di originalità, un’idea solida e comune che si sarebbe ottenuta, appunto, solo lavorando con un vero obiettivo da perseguire. È mancata a mio parere quella fase finale da “lente di ingrandimento”, con anche rinunce, aggiunte, rimaneggiamenti. Ora, se il gruppo si accontenta, questo disco potrebbe anche andare, perché nel suo complesso si ascolta. Ma per quel qualcosa in più che fa davvero la differenza, c’è ancora molta strada da fare.
Mario Caruso
6,5/10
Articolo ad opera di Giusy Elle