martedì 6 marzo 2018

155. L' "Arte degenerata" dei MALATESTA


INTRO
Dopo l'aggiornamento discografico con i NADSAT (qui) e gli ZOLLE (qui), eccoci alla prima presentazione dell'anno di un nuovo duo, ovvero gli Umbri MALATESTA. Una formazione che da subito mi ha incuriosita per l'originale proposta: un mix sperimentale di generi che denota un'ampia conoscenza musicale, da parte dei due, e che nella sua formula personalizzata caratterizza in maniera inconfondibile la produzione della band. Andiamo pure ad approfondire questa nuova e valida realtà del mondo chitarra elettrica-batteria nazionale...


BIOGRAFIA
I Malatesta esistono come duo da poco più di due anni ma i suoi fondatori suonano da ben 25 e, se ascoltate la loro musica, ve ne renderete subito conto. L'idea nasce a Perugia dal batterista Franco Pellicani (classe 1989) che, dopo ben sette anni di progetti solisti, decide di ampliare il più possibile i propri orizzonti musicali: per farlo sceglie come partner Marco Polito ('85), un chitarrista della zona che aveva seguito nella sua carriera musicale e per il quale nutriva una grande stima professionale. Il primo incontro in sala prove risulta soddisfacente e i due si imbarcano in questa nuova avventura: era il settembre del 2015 quando nascono i Malatesta, nome altisonante, di storica memoria, come i rinascimentali Signori di Rimini...

Tra le esperienze di spicco del passato ricordiamo la militanza del chitarrista Polito nei Volvedo
postrock band in italiano che dal 2008 al 2013 era a sua volta un duo chitarra-batteria, mentre ora coltiva un side-project solista a nome Fuzzo Raimi, con il quale ha autoprodotto due album: uno drone/ambient e l'altro dark folk (chitarra acustica e voce).
Franco Pellicani è invece batterista dal 2003, con un passato da quasi metallaro e un'infanzia ad ascoltare jazz e musica cubana; ha comunque sempre preferito suonare musica inedita mentre con lo studio si è fatto un'esperienza ampissima e diversa (rock, metal, jazz, blues, progressive, folk, latin, funk...). La gavetta poi l'ha fatta suonando molto per strada e in varie piccole formazioni, restando l'esperienza più importante quella con gli Heavy Wood (2008-2015, una miscela di generi hard, arrangiamenti variegati e sound folk acustico). Attualmente il mondo della musica è il suo campo d'azione principale, insegnando da un lato e approfondendo lo studio della batteria jazz presso il conservatorio di Perugia dall'altro, lavorando come fonico e organizzando eventi, ma sopratutto dedicandosi alla realtà delle jam session multistile nella propria città, promuovendo l'incontro e la coesione tra i musicisti di diversa estrazione musicale. Ecco, questo è il background culturale che i due trasportano nei Malatesta... e che non li fanno certo passare inosservati! Tra gli eventi importanti a cui hanno partecipato ricordiamo Rockin' Umbria, Sonar Field Fest di Jesi e Humus.

Dal punto di vista discografico il duo debutta nel Gennaio 2017 con un omonimo Ep, estremo e di non facile ascolto: una tirata sperimentale di 14', tra improvvisazione e libera espressione di Polito prevalentemente alle tastiere... Diverso l'album che viene pubblicato, in maniera totalmente autoprodotta, nel Luglio dello stesso anno, Entartete Kunst, dove invece la chitarra campeggia. 30 minuti di ascolto che fanno dei Malatesta un duo unico nel suo genere, anzi, nella miscellanea di generi, tutti ovviamente a loro volta "degenerati"... come da scelta del titolo. 'Entartete Kunst, ossia 'Arte degenerata', era infatti quella epurata dal regime nazista in quanto non espressione dei valori puri della Germania dell'epoca. Marco e Franco ci sbattono così addosso sette tracce molto varie, con momenti di calma che si alternano a furia noise, e che miscelano un sacco di rimandi sonori: Psichedelia, Kraut, Industrial, Math, Doom, Hardcore, Free... tutti generi che fanno parte della mescola e dove unico denominatore resta l'amore per i moduli ripetitivi, quasi mantrici... Un duo minimalista e strumentale, potremmo dire, poichè la voce, quando c'è, è strumento tra gli strumenti, spesso effettata e senza un reale messaggio da convogliare tramite i testi oppure, se c'è, è molto criptico: vedi la penultima traccia, con il testo cantato all'incontrario...

Attualmente i Malatesta sono al lavoro sul secondo album, che anzi uscirà a breve, mentre noi vediamo di approfondire questo interessantissimo e prolifico progetto a due con l'intervista di Marco Polito e Franco Pellicani (che a quanto pare nel mondo dei duo avevano entrambi già fatto qualche incursione), e con la recensione intanto di Entartete Kunst (in un articolo separato), ad opera del nostro collaboratore Luca Sabata, sofisticato batterista di quel duo sperimentale partenopeo, ormai concluso, che si chiamava Karawane...

Link band


INTERVISTA
1. Ciao Malatesta e benvenuti all'Edp. Vorrei partire con una domanda a Franco, visto che è stata sua l'idea di formare un nuovo progetto musicale. Tu da batterista, quando ti sei rivolto a Marco nella veste di chitarrista e tastierista, avevi proprio in mente di realizzare un duo oppure era solo la base per formare una full band?
F. Sinceramente avevo voglia di suonare musica “dura” e Marco sembrava adatto. Abbiamo provato una volta da soli, poi con un bassista, ma abbiamo preferito l’agilità del duo.
M. L’idea di formare il gruppo è stata corale, ci siamo visti in un bar e Franco mi ha proposto una jam cercando di capire se potevamo essere compatibili, così è stato e così sono venuti fuori I Malatesta.

2. Il vostro primo incontro è stato decisivo per constatare la resa in due: come si è svolta quella prima sessione? Improvvisazione pura? Noise o minimalismo?
M. E' stata una lunga improvvisazione su idee più o meno già vaganti in testa da cui poi tramite un lavoro di sintesi sono usciti i primi brani che poi sono andati a finire nell’album.
F. La prima session è stata molto improvvisativa, abbiamo testato alcune idee che aveva Marco; in origine aveva dei testi che leggeva, o urlava, poi abbiamo optato per dei loop vocali come ambiente per alcune idee musicali. Abbiamo iniziato in maniera piuttosto aggressiva, poi abbiamo ampliato molto il linguaggio.

3. L'ep di debutto vede il chitarrista Marco prevalentemente alle tastiere mentre nel full album di pochi mesi dopo è la chitarra a predominare, tanto da considerarvi un duo chitarra-batteria. In quale line-up vi siete assestati al momento? Quanto c'è di elettrico e quanto di elettronico nel vostro set-up?
M. Stiamo diventando sempre più aspri e minimali, fino ad arrivare a composizioni strutturate attorno ad una sola nota, prevalentemente di chitarra, diciamo che l’uso della tastiera è limitato a qualche atmosfera. Nel prossimo lavoro rispetto al primo ci sarà forse una presenza maggiore della mia voce.
F. Di elettronico c’è ben poco per il momento, la tastiera non è un sinth; è quasi un giocattolo, ma così effettata rende bene nel sound complessivo. Siamo 80% un duo chitarra-batteria, con ausilio di tastiera, ma abbiamo anche la voce di Marco, che è molto importante.

4. Marco, tu uscivi già da esperienze in duo chitarra-batteria, quale sono i tuoi accorgimenti per un tale combo? In cosa consiste la tua strumentazione e come hai ovviato alla mancanza di un basso? Ti sei rifatto a soluzioni già adottate da tuoi colleghi?
M. In effetti la prima band che ho avuto, ovvero I Volvedo, nasceva come duo chitarra/batteria quindi ero già “allenato” ad una struttura simile. La mia strumentazione constiste in: un ampli carlsbro valvolare da 120 watts collegato ad una cassa passiva 4x12 e un ampli fender Bxr a transistor da 300 watts. Ho inoltre una chitarra preparata con un’ accordatura specifica e una corda da basso, diciamo che l’assenza del basso non si sente affatto in questo caso. E’ un set up abbastanza personale, non credo di aver preso spunto da qualcuno anche se probabilmente non sono l’unico ad avere questo tipo di set up… credo...

5. Franco, il tuo desiderio primo era proprio quello di arricchire il tuo bagaglio culturale: cosa ti ha dato in più come batterista, e musicista in generale, l'esperienza in un duo chitarra-batteria?
F. La dimensione del duo non mi era nuova; ho collaborato molto con un amico chitarrista di Cortona (Simone Lanari) negli anni passati, in improvvisazione principalmente. Trovo il duo la dimensione ideale per l’improvvisazione più estrema, e anche in composizione il processo si fa più fluido rispetto a organici più ampi. Ho un altro duo, orientato verso il prog/jazz, con cui sto solo componendo per ora, poi pensiamo di ampliare e integrare idee. Come batterista mi ha dato un certo grado di libertà e responsabilità musicale; sono più nudo ma la cosa mi piace.

6. Entartete Kunst è un ottimo disco, una colta miscellanea di generi in una formula ben riuscita. Come avete fatto a confluire in un unico stile il vostro ampio bagaglio musicale?
M. Non è un problema che ci siamo posti altrimenti sarebbe risultato forzato, tutto ciò che suona bene nelle nostre orecchie vale la pena di essere registrato, personalmente vengo anche da quei generi quindi è stato tutto molto involontario, piacevole e senza sforzo.
F. Sicuramente l’elemento unificante è il sound e il fatto che siamo due persone. In ogni musicista convergono influenze diverse, a seconda dell’apertura all’ascolto, poi sta a ognuno trovare la mescola adatta, l’ethos di una specifica ricerca musicale.

7. Nei vostri brani non ci sono veri e propri testi, per cui non si rivela un messaggio specifico da questa fonte. Diversa la scelta del titolo dell'album... 'Entartete Kunst', l' 'Arte degenerata', richiama la censura e il periodo nero del nazismo in Germania: con che valenza avete scelto questo appellattivo per definire la vostra musica?
M. I messaggi ci sono, sono ben celati dietro mantra ripetitivi, l’arte deve essere un pericolo, dovrebbe avere il potere di mettere paura, così fece anche con i nazisti che nella propria ignoranza relegarono nella mostra “entartete kunst” gli artisti che in realtà si rivelarono i più importanti e maggiori rappresentanti della bellezza nel '900.
F. I testi ci sono, ma sono veramente ridotti all’osso!

8. In Umbria, specie a Perugia, esistono altre 2-piece chitarra-elettrica e batteria, ho in mente gli Autunno, i Craving4caffeine, gli storici Black Beauty (a proposito, anche il loro chitarrista Alessio Faccendini organizza eventi in città...) oltre che gli ottimi GueRRRa da Terni. Li conoscete, ci avete suonato assieme, esiste una specie di rapporto di 'comunanza' tra i duo di questa categoria, in regione? O sono le affinità di genere, più che di formazione, ad avvicinare le band?
M. conosco e aprezzo gli Autunno, anche i GueRRRa, pur essendo meno affini ai miei ascolti.
F. degli Autunno conosco, poco, il chitarrista, Filippo; il batterista ancora meno.. sia loro che noi siamo ragazzi schivi. Il chitarrista dei GueRRRa ci ha aiutato col suono al Cimarelli di Terni, e ci ha fatto assaggiare il vino che produce a casa; ai Craving ho fatto da fonico una volta… ecco non credo che ci si interessi molto del discorso duo o non duo, un pò di più sì al genere, ma ancora di più all’approccio alla musica, alla creatività, e se vuoi, all’arte. E’ una questione di pelle, la comunanza.

9. Con che altri power duo avete condiviso il palco?
A memoria con nessuno.

10. Forti di una carriera ventennale e dell'attuale impegno nella vita musicale locale (penso a Franco e al suo ruolo di organizzatore d'eventi), avete l'esperienza per rispondere a questa domanda: come descrivereste l'evoluzione dell'underground nella vostra Umbria e come è cambiato, in generale, il lavoro di musicista?
F. Girando un po' il resto dell’Italia ho notato come in Umbria il livello di competenza e preparazione tecnica sia abbastanza alto; non parlo di turnisti e tributari, ma di gente che crea e che interpreta la musica come preferisce. Essendo una regione piccola e non così ricca, pure collegata un po' male, si ha parecchio tempo e poche distrazioni per far maturare se stessi e i propri progetti. Inoltre non ci sono grandi torte da spartire, non è come Roma, quindi è più naturale non preoccuparsi di piacere al pubblico per avere successo, seguire questo o quel trend ecc. Il “lavoro” di musicista è come nel resto d’Italia, solo con un po' meno opportunità che in altri posti e con meno soldi, ma non è impossibile.
La condizione dell’economia degli anni '90 e '00 ha dato la possibilità a tante band di formarsi, crederci, produrre, andare a suonare in giro per quasi tutta Italia, guadagnandoci pure; se da un lato è stata un'esperienza bellissima (che io non ho vissuto perchè ero troppo giovane), dall’altro ha distolto l’attenzione dall’elemento territoriale. Finita l’ondata, è arrivata la stagnazione economica, in parecchi si sono resi conto che stavano ancora a casa, ma che non si erano mai dati tanto da fare nel creare un bel tessuto sociale-musicale nella regione. Tutt’ora non c’è l’abitudine per chi sta a Perugia di supportare chi sta a Foligno o a Magione... inizia ad essere diverso adesso, ma io personalmente sento ancora l’imprinting della “spartizione territoriale” che esisteva tra le band, e tra le persone, in passato.
A livello musicale comunque sono molto orgoglioso della mia regione, ci sono eccellenze in molti campi, in generi diversi, e margine di crescita. In generale, l’underground, quello degli under35, sta recupernado consapevolezza di sé, dimostra più curiosità e aperura a linguaggi diversi, c’è più collaborazione tra chi organizza eventi e festival e più supporto reciproco fra le band.

11. A breve uscirà il vostro secondo album, cosa ci dobbiamo aspettare? Dall'ep di gennaio 2017 al full album di pochi mesi dopo, ci avete quasi spiazzati, come vivere l'esperienza di una seconda band... Questa tappa discografica sarà ancora qualcosa di diverso? C'è una costante nel mondo dei Malatesta?
M. Sicuramente sarà più “Malato” e con tratti di violenza Sonora superiori al primo, stiamo esplorando un flusso dinamico, senza avere la minima cognizione, né preoccupazione della tempistica che occorre ad arrivare allo svolgimento vero e proprio del pezzo. Questo in parte, ovviamente, altri episodi saranno diretti e totalmente dritti al punto.
F. Il minimalismo compositivo, la ricerca sonora, il lato terapeutico. Esploreremo alcune cose che abbiamo toccato, probabilmente le intensificheremo sotto alcuni aspetti, ad esempio minimizzando ancora di più la composizione, o aumentando i colori o lo spessore del tratto, o intricando il linguaggio, dipende dal brano... non siamo ancora sicuri del trait d’union del prossimo disco, ma verrà naturale.

12. A proposito di Malatesta... ancora non vi ho chiesto l'origine del nome!
M. Il nome in parte deriva dal gioco di parole ovvio che porta con sé questo nome. Dall’altra parte, quella più razionale, è ispirato a Enrico Malatesta, teorico anarchico morto a Roma il 22 Luglio 1932 e nato a Santa Maria Capua il 14 Dicembre 1853.

Grazie Marco e Franco per la vostra compagnia e il cortese contributo. Attendiamo con piacere la seconda prova sulla lunga distanza. Sono convinta che ci farete ancora stupire positivamente...
Grazie a te Giusy, apprezziamo davvero l’attenzione e la gentilezza che ci hai dedicato. A presto.


DISCOGRAFIA
ENTARTETE KUNST 2017, Autoprodotto (Sperimentale)

1.Blume 2.Boris 3.Ferro17 4.Muoia Sansone 5.Dun Dun Sun 6.Tu non sei un cavallo 7.Under my Skin



Qui la nostra recensione


MALATESTA 2017, Autoprodotto (Sperimentale)

1.Malatesta (14:00)










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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle


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