INTRO
Dopo
l'aggiornamento discografico con i NADSAT (qui)
e gli ZOLLE (qui), eccoci alla prima
presentazione dell'anno di un nuovo duo, ovvero gli Umbri MALATESTA.
Una formazione che da subito mi ha incuriosita per l'originale
proposta: un mix sperimentale di generi che denota un'ampia
conoscenza musicale, da parte dei due, e che nella sua formula
personalizzata caratterizza in maniera inconfondibile la produzione
della band. Andiamo pure ad approfondire questa nuova e valida realtà
del mondo chitarra elettrica-batteria nazionale...
BIOGRAFIA
I
Malatesta esistono come duo da poco più di due anni ma i suoi
fondatori suonano da ben 25 e, se ascoltate la loro musica, ve ne
renderete subito conto. L'idea nasce a Perugia dal batterista Franco
Pellicani (classe 1989) che, dopo ben sette anni di progetti solisti,
decide di ampliare il più possibile i propri orizzonti musicali: per
farlo sceglie come partner Marco Polito ('85), un chitarrista della
zona che aveva seguito nella sua carriera musicale e per il quale
nutriva una grande stima professionale. Il primo incontro in sala
prove risulta soddisfacente e i due si imbarcano in questa nuova
avventura: era il settembre del 2015 quando nascono i Malatesta, nome
altisonante, di storica memoria, come i rinascimentali Signori di
Rimini...
Tra
le esperienze di spicco del passato ricordiamo la militanza del
chitarrista Polito nei Volvedo
postrock band in italiano che dal 2008 al 2013 era a sua volta un duo chitarra-batteria, mentre ora coltiva un side-project solista a nome Fuzzo Raimi, con il quale ha autoprodotto due album: uno
drone/ambient e l'altro dark folk (chitarra acustica e voce).
Franco
Pellicani è invece batterista dal 2003, con un passato da quasi
metallaro e un'infanzia ad ascoltare jazz e musica cubana; ha
comunque sempre preferito suonare musica inedita mentre con lo studio
si è fatto un'esperienza ampissima e diversa (rock, metal, jazz,
blues, progressive, folk, latin, funk...). La gavetta poi l'ha fatta
suonando molto per strada e in varie piccole formazioni, restando
l'esperienza più importante quella con gli Heavy Wood (2008-2015, una miscela di generi hard, arrangiamenti
variegati e sound folk acustico). Attualmente il mondo della musica è
il suo campo d'azione principale, insegnando da un lato e
approfondendo lo studio della batteria jazz presso il conservatorio
di Perugia dall'altro, lavorando come fonico e organizzando eventi,
ma sopratutto dedicandosi alla realtà delle jam session multistile
nella propria città, promuovendo l'incontro e la coesione tra i
musicisti di diversa estrazione musicale. Ecco, questo è il
background culturale che i due trasportano nei Malatesta... e che non
li fanno certo passare inosservati! Tra gli eventi importanti a cui
hanno partecipato ricordiamo Rockin' Umbria, Sonar Field Fest di Jesi
e Humus.
Dal
punto di vista discografico il duo debutta nel Gennaio 2017 con un
omonimo Ep, estremo e di non facile ascolto: una tirata sperimentale
di 14', tra improvvisazione e libera espressione di Polito
prevalentemente alle tastiere... Diverso l'album che viene
pubblicato, in maniera totalmente autoprodotta, nel Luglio dello
stesso anno, Entartete Kunst, dove invece la chitarra
campeggia. 30 minuti di ascolto che fanno dei Malatesta un duo unico
nel suo genere, anzi, nella miscellanea di generi, tutti ovviamente a
loro volta "degenerati"... come da scelta del titolo.
'Entartete Kunst, ossia 'Arte degenerata', era infatti quella epurata
dal regime nazista in quanto non espressione dei valori puri della
Germania dell'epoca. Marco e Franco ci sbattono così addosso sette
tracce molto varie, con momenti di calma che si alternano a furia
noise, e che miscelano un sacco di rimandi sonori: Psichedelia,
Kraut, Industrial, Math, Doom, Hardcore, Free... tutti generi che
fanno parte della mescola e dove unico denominatore resta l'amore per
i moduli ripetitivi, quasi mantrici... Un duo minimalista e
strumentale, potremmo dire, poichè la voce, quando c'è, è
strumento tra gli strumenti, spesso effettata e senza un reale
messaggio da convogliare tramite i testi oppure, se c'è, è molto
criptico: vedi la penultima traccia, con il testo cantato
all'incontrario...
Attualmente
i Malatesta sono al lavoro sul secondo album, che anzi uscirà a
breve, mentre noi vediamo di approfondire questo interessantissimo e
prolifico progetto a due con l'intervista di Marco Polito e Franco
Pellicani (che a quanto pare nel mondo dei duo avevano entrambi già fatto
qualche incursione), e con la recensione intanto di Entartete Kunst (in un articolo separato), ad opera
del nostro collaboratore Luca Sabata, sofisticato batterista di quel
duo sperimentale partenopeo, ormai concluso, che si chiamava
Karawane...
Link band
INTERVISTA
1.
Ciao Malatesta e benvenuti all'Edp. Vorrei partire con una domanda a
Franco, visto che è stata sua l'idea di formare un nuovo progetto
musicale. Tu da batterista, quando ti sei rivolto a Marco nella veste
di chitarrista e tastierista, avevi proprio in mente di realizzare un
duo oppure era solo la base per formare una full band?
F.
Sinceramente avevo voglia di suonare musica “dura” e Marco
sembrava adatto. Abbiamo provato una volta da soli, poi con un
bassista, ma abbiamo preferito l’agilità del duo.
M.
L’idea di formare il gruppo è stata corale, ci siamo visti in un
bar e Franco mi ha proposto una jam cercando di capire se potevamo
essere compatibili, così è stato e così sono venuti fuori I
Malatesta.
2.
Il vostro primo incontro è stato decisivo per constatare la resa in
due: come si è svolta quella prima sessione? Improvvisazione pura?
Noise o minimalismo?
M.
E' stata una lunga improvvisazione su idee più o meno già vaganti
in testa da cui poi tramite un lavoro di sintesi sono usciti i primi
brani che poi sono andati a finire nell’album.
F.
La prima session è stata molto improvvisativa, abbiamo testato
alcune idee che aveva Marco; in origine aveva dei testi che leggeva,
o urlava, poi abbiamo optato per dei loop vocali come ambiente per
alcune idee musicali. Abbiamo iniziato in maniera piuttosto
aggressiva, poi abbiamo ampliato molto il linguaggio.
3.
L'ep di debutto vede il chitarrista Marco prevalentemente alle
tastiere mentre nel full album di pochi mesi dopo è la chitarra a
predominare, tanto da considerarvi un duo chitarra-batteria. In quale
line-up vi siete assestati al momento? Quanto c'è di elettrico e
quanto di elettronico nel vostro set-up?
M.
Stiamo diventando sempre più aspri e minimali, fino ad arrivare a
composizioni strutturate attorno ad una sola nota, prevalentemente di
chitarra, diciamo che l’uso della tastiera è limitato a qualche
atmosfera. Nel prossimo lavoro rispetto al primo ci sarà forse una
presenza maggiore della mia voce.
F.
Di elettronico c’è ben poco per il momento, la tastiera non è un
sinth; è quasi un giocattolo, ma così effettata rende bene nel
sound complessivo. Siamo 80% un duo chitarra-batteria, con ausilio di
tastiera, ma abbiamo anche la voce di Marco, che è molto importante.
4.
Marco, tu uscivi già da esperienze in duo chitarra-batteria, quale sono i tuoi accorgimenti per un tale combo? In cosa consiste la
tua strumentazione e come hai ovviato alla mancanza di un basso? Ti
sei rifatto a soluzioni già adottate da tuoi colleghi?
M. In effetti la prima band che ho avuto, ovvero I Volvedo, nasceva come duo
chitarra/batteria quindi ero già “allenato” ad una struttura
simile. La mia strumentazione constiste in: un ampli carlsbro
valvolare da 120 watts collegato ad una cassa passiva 4x12 e un ampli
fender Bxr a transistor da 300 watts. Ho inoltre una chitarra
preparata con un’ accordatura specifica e una corda da basso,
diciamo che l’assenza del basso non si sente affatto in questo
caso. E’ un set up abbastanza personale, non credo di aver preso
spunto da qualcuno anche se probabilmente non sono l’unico ad avere
questo tipo di set up… credo...
5.
Franco, il tuo desiderio primo era proprio quello di arricchire il
tuo bagaglio culturale: cosa ti ha dato in più come batterista, e
musicista in generale, l'esperienza in un duo chitarra-batteria?
F.
La dimensione del duo non mi era nuova; ho collaborato molto con un
amico chitarrista di Cortona (Simone Lanari) negli anni passati, in
improvvisazione principalmente. Trovo il duo la dimensione ideale per
l’improvvisazione più estrema, e anche in composizione il processo
si fa più fluido rispetto a organici più ampi. Ho un altro duo,
orientato verso il prog/jazz, con cui sto solo componendo per ora,
poi pensiamo di ampliare e integrare idee. Come batterista mi ha dato
un certo grado di libertà e responsabilità musicale; sono più nudo
ma la cosa mi piace.
6.
Entartete Kunst è un ottimo disco,
una colta miscellanea di generi in una formula ben riuscita. Come
avete fatto a confluire in un unico stile il vostro ampio bagaglio
musicale?
M.
Non è un problema che ci siamo posti altrimenti sarebbe risultato
forzato, tutto ciò che suona bene nelle nostre orecchie vale la pena
di essere registrato, personalmente vengo anche da quei generi quindi
è stato tutto molto involontario, piacevole e senza sforzo.
F.
Sicuramente l’elemento unificante è il sound e il fatto che siamo
due persone. In ogni musicista convergono influenze diverse, a
seconda dell’apertura all’ascolto, poi sta a ognuno trovare la
mescola adatta, l’ethos di una specifica ricerca musicale.
7.
Nei vostri brani non ci sono veri e propri testi, per cui non si
rivela un messaggio specifico da questa fonte. Diversa la scelta del
titolo dell'album... 'Entartete Kunst', l' 'Arte degenerata',
richiama la censura e il periodo nero del nazismo in Germania: con
che valenza avete scelto questo appellattivo per definire la vostra
musica?
M.
I messaggi ci sono, sono ben celati dietro mantra ripetitivi, l’arte
deve essere un pericolo, dovrebbe avere il potere di mettere paura,
così fece anche con i nazisti che nella propria ignoranza relegarono
nella mostra “entartete kunst” gli artisti che in realtà si
rivelarono i più importanti e maggiori rappresentanti della
bellezza nel '900.
F.
I testi ci sono, ma sono veramente ridotti all’osso!
8.
In Umbria, specie a Perugia, esistono altre 2-piece
chitarra-elettrica e batteria, ho in mente gli Autunno, i
Craving4caffeine, gli storici Black Beauty (a proposito, anche il
loro chitarrista Alessio Faccendini organizza eventi in città...)
oltre che gli ottimi GueRRRa da Terni. Li conoscete, ci avete suonato
assieme, esiste una specie di rapporto di 'comunanza' tra i duo di
questa categoria, in regione? O sono le affinità di genere, più che
di formazione, ad avvicinare le band?
M.
conosco e aprezzo gli Autunno, anche i GueRRRa, pur essendo meno
affini ai miei ascolti.
F.
degli Autunno conosco, poco, il chitarrista, Filippo; il batterista
ancora meno.. sia loro che noi siamo ragazzi schivi. Il chitarrista
dei GueRRRa ci ha aiutato col suono al Cimarelli di Terni, e ci ha
fatto assaggiare il vino che produce a casa; ai Craving ho
fatto da fonico una volta… ecco non credo che
ci si interessi molto del discorso duo o non duo, un pò di più sì
al genere, ma ancora di più all’approccio alla musica, alla
creatività, e se vuoi, all’arte. E’ una questione di pelle, la
comunanza.
9.
Con che altri power duo avete condiviso il palco?
A
memoria con nessuno.
10.
Forti di una carriera ventennale e dell'attuale impegno nella vita
musicale locale (penso a Franco e al suo ruolo di organizzatore
d'eventi), avete l'esperienza per rispondere a questa domanda: come
descrivereste l'evoluzione dell'underground nella vostra Umbria e
come è cambiato, in generale, il lavoro di musicista?
F.
Girando un po' il resto dell’Italia ho notato come in Umbria il
livello di competenza e preparazione tecnica sia abbastanza alto; non
parlo di turnisti e tributari, ma di gente che crea e che interpreta
la musica come preferisce. Essendo una regione piccola e non così
ricca, pure collegata un po' male, si ha parecchio tempo e poche
distrazioni per far maturare se stessi e i propri progetti. Inoltre
non ci sono grandi torte da spartire, non è come Roma, quindi è più
naturale non preoccuparsi di piacere al pubblico per avere successo,
seguire questo o quel trend ecc. Il “lavoro” di musicista è come
nel resto d’Italia, solo con un po' meno opportunità che in altri
posti e con meno soldi, ma non è impossibile.
La
condizione dell’economia degli anni '90 e '00 ha dato la
possibilità a tante band di formarsi, crederci, produrre, andare a
suonare in giro per quasi tutta Italia, guadagnandoci pure; se da un
lato è stata un'esperienza bellissima (che io non ho vissuto perchè
ero troppo giovane), dall’altro ha distolto l’attenzione
dall’elemento territoriale. Finita l’ondata, è arrivata la
stagnazione economica, in parecchi si sono resi conto che stavano
ancora a casa, ma che non si erano mai dati tanto da fare nel creare
un bel tessuto sociale-musicale nella regione. Tutt’ora non c’è
l’abitudine per chi sta a Perugia di supportare chi sta a Foligno o
a Magione... inizia ad essere diverso adesso, ma io personalmente
sento ancora l’imprinting della “spartizione territoriale” che
esisteva tra le band, e tra le persone, in passato.
A
livello musicale comunque sono molto orgoglioso della mia regione, ci
sono eccellenze in molti campi, in generi diversi, e margine di
crescita. In generale, l’underground, quello degli under35, sta
recupernado consapevolezza di sé, dimostra più curiosità e aperura
a linguaggi diversi, c’è più collaborazione tra chi organizza
eventi e festival e più supporto reciproco fra le band.
11.
A breve uscirà il vostro secondo album, cosa ci dobbiamo aspettare?
Dall'ep di gennaio 2017 al full album di pochi mesi dopo, ci avete
quasi spiazzati, come vivere l'esperienza di una seconda band...
Questa tappa discografica sarà ancora qualcosa di diverso? C'è una
costante nel mondo dei Malatesta?
M.
Sicuramente sarà più “Malato” e con tratti di violenza Sonora
superiori al primo, stiamo esplorando un flusso dinamico, senza avere
la minima cognizione, né preoccupazione della tempistica che occorre
ad arrivare allo svolgimento vero e proprio del pezzo. Questo in
parte, ovviamente, altri episodi saranno diretti e totalmente dritti
al punto.
F.
Il minimalismo compositivo, la ricerca sonora, il lato terapeutico.
Esploreremo alcune cose che abbiamo toccato, probabilmente le
intensificheremo sotto alcuni aspetti, ad esempio minimizzando ancora
di più la composizione, o aumentando i colori o lo spessore del
tratto, o intricando il linguaggio, dipende dal brano... non siamo
ancora sicuri del trait d’union del prossimo disco, ma verrà
naturale.
12.
A proposito di Malatesta... ancora non vi ho chiesto l'origine del
nome!
M.
Il nome in parte deriva dal gioco di parole ovvio che porta con sé
questo nome. Dall’altra parte, quella più razionale, è ispirato a
Enrico Malatesta, teorico anarchico morto a Roma il 22 Luglio 1932 e
nato a Santa Maria Capua il 14 Dicembre 1853.
Grazie
Marco e Franco per la vostra compagnia e il cortese contributo.
Attendiamo con piacere la seconda prova sulla lunga distanza. Sono
convinta che ci farete ancora stupire positivamente...
Grazie
a te Giusy, apprezziamo davvero l’attenzione e la gentilezza che ci
hai dedicato. A presto.
DISCOGRAFIA
ENTARTETE
KUNST 2017, Autoprodotto (Sperimentale)
1.Blume
2.Boris 3.Ferro17 4.Muoia Sansone 5.Dun Dun Sun 6.Tu non sei un
cavallo 7.Under my Skin
Qui
lo ascolti https://malatesta1.bandcamp.com/album/entartete-kunst
Qui la nostra recensione
MALATESTA
2017, Autoprodotto (Sperimentale)
1.Malatesta
(14:00)
Qui
lo ascolti https://malatesta1.bandcamp.com
Link
ad altre recensioni
Articolo
e intervista ad opera di Giusy Elle
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