I MALATESTA sono
un duo nato a fine 2015 dalla maestria di due validi musicisti
perugini, (Marco Polito alla chitarra e voce e Franco Pellicani alla
batteria) i cui background vari e colti, espressi dapprima in jam
session, sfociano infine in una serie di brani multistile. Nel loro
Entartete Kunst, Lp dell'estate 2017, potrete trovare
rimembranze di Kraut e Industrial, Hardcore e approccio Free, Doom e
quadrature Math, il tutto venato di Psichedelia e interventi noise.
Del resto la jam multistile è una passione per il batterista
Pellicani, tanto da organizzare, nella sua Perugia, serate a tema.
Il minimalismo è però ciò che
contraddistingue maggiormente questo duo, non soltanto nella scelta
della formazione o nella grafica che li rappresenta ma anche e
soprattutto nell'approccio stilistico: le note sono poche, tutto
ruota attorno a riff mantricamente ripetuti mentre l'effetto
psichedelico è assicurato. Il minimalismo stilistico è una qualità
che intendono incentivare, come svelato nell'intervista Edp appena
pubblicata (qui), visto che il nuovo
disco, di prossima pubblicazione, volge ulteriormente in questo
senso. Diversa era invece l'atmosfera del primissimo Ep dove un'unica
lunga traccia li ritraeva in una ricca jam con il chitarrista alle
tastiere.
Vi lasciamo all'ascolto di Entartete
Kunst, una chicca per esperti, e alla sua approfondita recensione
da parte del nostro collaboratore Luca Sabata, batterista dell'ex duo
sperimentale partenopeo Karawane. Buon ascolto e buona lettura da noi
dell'Edp.
Contatti Band:
Entartete
Kunst
credits:
Composto e suonato da Marco Polito
(Chitarra, voce, tastiere) e Franco Pellicani (Batteria)
Registrato presso Rokkaforte Studio di
Castiglione del Lago (PG) da Matteo Burico e Enrico Giovagnola
(Ottobre 2016)
Mixaggio: Malatesta, Matteo Burico e
Enrico Giovagnola
Mastering: Franco Pellicani
Foto e Artwork: Ilaria Catrana
Pubblicazione: 21 Luglio 2017
Formato: Cd e digitale
Qui
lo ascolti
ENTARTETE KUNST
2017
Autoprodotto
(Sperimentale, Psichedelia, Noise)
1. Blume
2. Boris
3. Ferro17
4. Muoia Sansone
5. Dun Dun Sun
6. Tu non sei un cavallo
7. Under my
Skin
RECENSIONE
MALATESTA
"Entaretete Kunst"
Lp 2017
Autoprodotto
È
difficile recensire un disco come questo, dove la dimensione duo si
espande in una forma di dualismo che contrappone l’apparenza di un
minimalismo spinto ad un quasi impercettibile ermetismo. Se ne ha una
prima sensazione a partire dalla copertina: un edificio che taglia a
metà lo sguardo. Due parti speculari nella struttura, ma con delle
subdole differenze nella composizione.
Il
primo pezzo, Blume, è tutto un gioco di intenzioni: sullo
sfondo di un riverbero metallico, la chitarra prosegue all’infinito
sullo stesso accordo, che viene raddoppiato, arricchito, sporcato,
fermato e poi rilanciato. Ci sono tanti piccoli elementi che
introducono a/estromettono da le sezioni, più evidenti nella parte
di batteria, praticamente quasi sommersi dal riff principale nella
parte di chitarra. Blume, parola tedesca che significa “fiore”, è
anche il titolo di un pezzo degli Einstürzende
Neubauten, il cui testo è pieno di metafore e allegorie. In questa
analogia, probabilmente, i Malatesta vogliono renderci noti gli
elementi principali della loro ragion d’essere:
essenzialità, ripetizione, brutalismo.
Il
secondo pezzo, Boris,
rallenta il tempo, aggiunge degli oscillatori che creano un’atmosfera
psichedelica, e contiene il mantra: monkey
see, monkey do.
Gli urli (di esasperazione?) sono efficaci, ma il finale, specie nel
rientro, risulta prevedibile.
Il
terzo pezzo, Ferro
17,
è un breve garage/stoner d’impatto, costruito su un loop di
Carmelo Bene: non
si scappa mai dalla catena di montaggio, non si sfugge da alla
macchina.
Il pezzo è falsamente veloce, in realtà quel che salta all'orecchio
è il ritmo monotòno e scattante di un ingranaggio. Venendo al
quarto pezzo, Muoia
Sansone,
ritroviamo di nuovo la stessa ricetta, anche se qui il loop va a fare
da disturbo/rumore di sottofondo. Il pezzo è più grezzo (in tutti i
sensi) e sembra fatto per “fare casino” e basta. Si sente qua e
là qualche urlo che fa da malta al suono e gli switch dei pedali che
cliccano. Messi uno dopo l’altro, Ferro 17 e Muoia Sansone
risultano un po’ ridondanti, magari una diversa disposizione
sarebbe stata più efficace.
Il
quinto pezzo, Dun
Dun Sun,
abbandona le strutture minimali e si presenta in perfetta forma
canzone, pertanto risulta meno cervellotico e più godibile, in
particolare nella parte centrale.
Il
sesto pezzo, Tu
Non sei un cavallo,
comincia con un estratto di un monologo (in reverse) di Gian Maria
Volontè dal celeberrimo film Indagine
su un cittadino al di sopra di ogni sospetto,
ed infatti il titolo ne rappresenta la sua citazione più famosa. Il
pezzo esplode con cowbell, sestine, muri di suono, controtempi,
psichedelia, noise. La vera e propria killer
track
del disco.
In
finale, Under
my skin,
cover di I've
Got You Under My Skin,
scritta da Cole Porter e resa famosa da Frank Sinatra, è tra tutti
il pezzo che più rappresenta la degenerazione
a
cui fa riferimento il titolo del disco. Mantenendo l’energia del
pezzo precedente, la foga messa in questa cover si trasforma in suoni
erosi, pattern timpano-cassa martellanti, riverberi che sfumano in
lontananza e vengono infine violentemente interrotti.
Entartete
Kunst comincia
imponendo variazioni di intenzione, più che variazioni tematiche, e
termina con tre pezzi uno più viscerale dell’altro. La direzione
individuata è interessante, quel che manca è una sezione di canto
che indugi meno su urli e mantra scontati ed eviti di ricorrere a
citazioni colte messe in loop.
Pezzi
preferiti: Tu
non sei un cavallo,
Under
my skin
Luca Sabata
8/10
Articolo ad opera
di Giusy Elle
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