Magic Pandemonio è il terzo
album in nove anni del duo chitarra-batteria bresciano METEOR, una
bordata di 10 minuti furiosi e brevissimi. Noise ad alto giro di
bitmap e grind strumentale, presentato qui dalla penna di Mali Yea,
chitarrista del duo reggiano Anice. Per
conoscere la retrospettiva della band e cosa ci hanno raccontato
Andrea Cogno e Beppe Mondini in fase di intervista, passate poi
all'articolo di approfondimento a loro
dedicato.
Video:
“X” Live Luglio 2013 @CasaDelVento https://www.youtube.com/watch?v=BD7QtG1S78A
Contatti Band:
Magic Pandemonio
credits:
I Meteor sono: Andrea Cotogno (guitars)
e Giuseppe Mondini (drums, samplers)
Registrato al Lignum Studio da Giulio
"Ragno" Favero e Meteor (1-4.1.2017)
Mixato e masterizzato da da Giulio
"Ragno" Favero
Artwork: Marzia Dalfini
Disegni: Giuseppe Mondini
Qui
lo ascolti
Magic Pandemonio
2017
Wallace Rec, Villa Inferno
(SpeedNoise/Grind)
1. Rojko
2. Elonkorjaaja
3. Paratartalom
4. Pneuma
5. Pentatonico
6. Compocombo
7. Stereomix
8. Astrowomen
9. Glida
10. Montserrat
RECENSIONE
METEOR Magic
Pandemonio
Lp 2017 Wallace Rec, Villa Inferno
Magic Pandemonio è l'ultimo
lavoro dei METEOR, pubblicato nell'ottobre del 2017 a 4 anni di
distanza dal precedente 7 tracce intitolato Cò Còl e Raspe.
Un album emblematico, 10 brani per scelta velocissimi e concentrati,
composizioni per lo più strumentali che nella maggior parte dei casi
superano di poco il minuto. Normalmente non si è abituati a brani
così brevi ma questa, si intuisce fin da subito, è chiaramente la
loro cifra stilistica. Il duo chitarra-batteria bresciano, simposio
nato fra Andrea Cogno e Giuseppe Mo, riprende così il filo del
discorso lasciato in sospeso tenpo fa, miscelando con ironia il
proprio background musicale che strizza l'occhio verso disparati
generi come: noise, metal, punk, math rock e musica elettronica...
Nell'immediato l'ascolto non è dei più facili, i Meteor sono
chiassosi e rumorosi, frenetici, ma sicuramente bisogna riconoscere
ai ragazzi una genuinità intellettuale che non si piega ai cliché
del “già sentito”, punto di forza della loro atipica risposta.
Le voci telefoniche iniziali, disumanizzate, e i deliranti suoni
elettronici che condiscono una buona parte delle tracce, in una
qualche misura riescono a stemperare la crudità della chitarra
distorta e la batteria martellante, restituendo un'aria scherzosa e
paradossale a tutto il disco.
Se si approfondisce l'ascolto è
possibile trovare nelle pieghe delle trame compositive una lucida
follia, un guizzo creativo in grado di governare un caos
apparentemente disordinato.
D'interesse è la direzione intrapresa,
tutto sembra confluire verso una personale visione nichilista di
quello che potrebbe o dovrebbe essere la musica, probabile
conseguenza di un lavoro di sintesi mentale e stilistica che getta lo
sguardo al di là dello steccato. È difficile però, al contrario di
quello dichiarato dai due musicisti, percepire i luoghi che hanno
ispirato le composizioni: campagne, boschi, pianure afose e osterie
affollate; l’impresa è veramente ardua.
Malgrado l'album sia di fugace durata,
meno di un quarto d’ora in tutto, risulta sufficientemente
compiuto. Tuttavia considerando anche l’esordivo
“Anemici/Sangue dalle Rape” del 2010 e gettando uno sguardo globale sulla
discografia completa della band, purtroppo l’impressione generale
che si ha è che fino a questo momento non ci sia stato quell’atteso
“passaggio chiave”, nessun “cambio sostanziale di rotta”, gli
ingredienti della ricetta sembrano essere gli stessi, a differenza
delle parti elettroniche che forse risultavano più convincenti nelle
due precedenti pubblicazioni. Il rischio che si corre è quello
dell’autoreferenzialità. Ciò che poteva essere una interessante
intuizione 8 anni fa potrebbe non esserlo più oggi…
Mali Yea
Articolo ad opera
di Giusy Elle
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