sabato 22 febbraio 2020

196. RECENSIONE68: Natural Extinctions by The Haunting Green

LISTA RECENSIONI


Natural Extinctions è l'album di esordio del duo friulano THE HAUNTING GREEN. Sebbene si siano formati già nel 2012 e il primo Ep risalga a due anni dopo, i tempi d'attesa hanno datto i loro bellissimi frutti, in questo album di marzo 2019, riconosciuto dalla critica del settore come un piccolo capolavoro. Del resto come poteva essere diversamente? All'incedere lento del doom e a certe sonorità cupe, il chitarrista e compositore Cristiano Perin aggiunge sempre atmosfere toccanti, dense di emozioni, un mix di anima e cuore che non può lasciare indifferente l'ascoltatore dei più svariati generi musicali.

La compagna d'avventura musicale è invece Chantal Fresco, ligure naturalizzata friulana, che con il suo drumming personale confeziona alla perfezione gli input musicali di Cristiano. Il risultato è un insieme di linguaggi sonori, ben amalgamati in uno stile personale, che partono dal black metal atmosferico, fino a coprire tutta la gamma del post-genere (-core, -rock, -metal); se poi ci aggiungiamo influenze drone e ambient, si intuisce che la miscela può essere più che vincente.

Il Cacciatore Verde, nella mitologia nordica, era un essere in grado di coprire il divario tra la Natura Selvaggia e l'uomo evoluto, riportando quest'ultimo alle sue origini primordiali. In Natural Extinctions, concept album sull'argomento, si approfondisce questa tematica, tra speranza di successo e constatazione di quanto l'Uomo si sia messo al di sopra di tutto e di tutti, perdendo, con la propria arroganza, ogni possibilità di recuperare il lato più puro e primordiale che c'è in lui. Le conclusioni a cui giungono i due, sono purtroppo pessimistiche e senza speranza, nonostante -o forse proprio per questo- la grande sensibilità e saggezza dei compositori.

Lalbum è dedicato a Black Mamba, il rottweiller di Chantal e la mascotte della band, un essere che nella sua purezza faceva ancora da ponte verso quella Natura Selvaggia tanto decantata dal duo. Da non perdere il toccante elogio che ne fa la stessa Chantal in fase d'intervista (qui).

Dalla main track "Where Nothing Grows", nasce infine un bel video, scritto e personificato dalla stessa batterista che in questo progetto ha condensato tutto il concept del duo. L'album esce quasi un anno fa, per la canadese Hypnotic Dirge Records, e vanta collaborazioni del calibro di Fabio Cuomo (outro nella versione album di "Where Nothing Grows") mentre la ricca e splendida copertina è opera della sensibilità di una cara amica della band, Jessica Rassi del The Giants Lab.

Per la biografia della band, la ricca ed interessante intervista a Cristiano e Chantal e la presentazione della Hypnotic Dirge, rimando al nostro articolo appena pubblicato, mentre qui vi lascio all'ascolto di questo splendido Natural Extinctions, descritto con dovizia di particolari dal nostro recensore di fiducia Cesare Businaro. Come sempre: buona lettura e buon ascolto!


Video:
"Where Nothing Grows" (2019) https://www.youtube.com/watch?v=q46pxzi8r1I
"Our Days in Silence" (2015) https://www.youtube.com/watch?v=6qf9pZHKTcg
"Blind Me now" Live@Spazio Zero https://www.youtube.com/watch?v=2luthyO7z4Y


Contatti Band:
Fb / Bandcamp / Spotify / Youtube Channel


Natural Extinctions credits:
Scritto e suonato da The Haunting Green: Cristiano Perin (Chitarra, voce e sintetizzatore) e Chantal Fresco (Batteria, percussioni e cori)
Registrato, masterizzato e mixato @El Fish Recording Studio (Genova) da Emanuele Cioncoloni
Chitarra e basso registrati al YourOhm Studio da Marco Verardo
Cover art: Jessica Rassi (The GiantsLab
Pubblicato il 5 Marzo 2019
Formato: Cd digipack e vinile
Etichetta: Hypnotic Dirge Records (Canada)


Qui lo ascolti

Natural Extinction 2019
Hypnotic Dirge Records
(Doom, Black Metal, Ambient)

1. Lazarus Taxon
2. Natural Extinctions
3. The Void Above
4. Litha
5. Where Nothing Grows
6. Rites of Passage
7. Luminous Lifeforms


RECENSIONE
THE HAUNTING GREEN "Natural Extinction"
Lp 2019 Hypnotic Dirge Records

A giudicare dal logo “spinoso”, tanto fitto e aggrovigliato da risultarmi indecifrabile, se il loro nome non fosse riportato in stampatello anche sul dorso della copertina, mi sarei aspettato, non avendo mai ascoltato il duo di Pordenone, prima di metter mano al loro ultimo CD (e mi perdonino per questa mia lacuna), dell’insano e gutturale Technical Death-Metal, ma vedo dalla loro pagina su Bandcamp che i The Haunting Green (al secolo, Cristiano Perin, voce, chitarra ed elettronica e Chantal Fresco, batteria e voce), si autodefiniscono, principalmente, un più sofisticato (e presumibilmente di più larghe vedute), gruppo Black, Doom, Post e Sludge-Metal.

Si tratta di stili e sottostili, che pur con tutte le riserve mentali che si possono fare, rispetto a qualsiasi tentativo di etichettatura, mi rimandano, volendo attingere dal mio catalogo di preferenze musicali, ad esponenti quali Mastodon, Pelican, Sleep e Russian Circles, tanto per citare i nomi (almeno per me) più blasonati e che più spesso si alternano nelle mie playlist, se non agli Ahab, ai Dreamarcher o agli Omega Massif, a voler scavare un po’ più in profondità, ma in ogni caso a formazioni ben più articolate di un mero duo di chitarra/voce e batteria, per cui mi accingo all’ascolto del platter con una certa dose di attenzione e curiosità, soprattutto per come possa una formazione a struttura minimale, interpretare un genere fortemente caratterizzato dalle dimensioni “ciclopiche” delle sue trame sonore.

In realtà, il disco si rivela, fin da subito, spiccatamente orientato, non solo alla commistione fra i suddetti generi e sottogeneri, di cui il duo, senza affatto deficitare in termini di decibel e aggressività, si dimostra dalla prima all’ultima traccia un profondo conoscitore (ragion per cui, Natural Extinctions non deluderà certamente chi è già avvezzo alla materia), bensì alla loro reinterpretazione in chiave, per così dire, “sciamanica” o “tantrica”, per l’uso “ambientale” di certi synth e droni, che vanno a stratificarne la proposta sonora ben oltre gli strumenti principali della band.

E così, la prima traccia (“Lazarus Taxon”), totalmente strumentale, introduce la “classica” e dinamica alternanza (alle mie orecchie tipicamente Post-Metal), fra power-chord “monolitici” e crescendo in tremolo-picking, con arpeggi dal sapore orientale (anche per un sitar o qualcosa di simile in sottofondo), intrecciati a percussioni tribali, che sembrano voler “iniziare” l’ascoltatore a una sorta di rituale esoterico (le prime battute mi riportano alla “The End” dei mitici The Doors).

La title-track, a seguire, suona invece più d’impatto, virando “mastodonticamente” verso un più truce Sludge-Metal e “arando” un terreno più fertile per quella che è la prima delle quattro prestazioni canore del chitarrista su tutto il disco, le cui urla in stile Black (o Death-Metal) scandinavo (cfr., per esempio, gli Amon Amarth), ben si conciliano con le liriche, inneggianti – da quel che resta di un campo di battaglia (“…after so many battles…”) – all’inesorabile destino di un’umanità dilaniata dai conflitti, se non da se stessa (“…a lack of empathy is dividing us…”, “…there’s no hope to survive this time…”, “…we are a natural extinction…”): quasi come quiete dopo la tempesta, un intreccio di chitarre pulite e riverberate, affonda peraltro la veemenza “bellica” del riffing iniziale verso la sordità degli abissi marini, tingendo la proposta Black/Doom del duo anche di certo Nautik Funeral Doom-Metal di matrice teutonica (vi ritrovo, infatti, la stessa ricerca sonora dei sopracitati Ahab, maestri nel riprodurre la rifrazione del suono nell’acqua, soprapponendo effetti di riverbero a cascata).

Il terzo pezzo (“The Void Above”), cantato come il precedente e non meno pessimista di quello, nel preannunciare – come un cataclisma – quanto si profili all’orizzonte umano (“…in the crypts of your eyes something irremediable is coming…”, “…time is devouring us…”, “…and nothing good is going to be left…”), è forse il brano in cui la vena Black/Doom della band, con l’arpeggio “sabbathiano” che lo introduce, spicca maggiormente e il suo fragore dà ancor più risalto, per contrasto, alle sonorità Ambient della quarta traccia (“Litha”), la seconda strumentale: qui, su un tappeto di percussioni e idiofoni (o synth programmati per riprodurli), la band va persino ad esplorare il Neo-Folk dei Wovenhand, espandendo ulteriormente la sua proposta musicale; la traccia suonerà, nel prosieguo dell’ascolto, come una sorta di spartiacque.

Infatti, i tre pezzi a seguire, l’ultimo dei quali nuovamente strumentale, mostrano una band, per così dire, più riflessiva, in cui le tinte più estreme (e metallare) del loro caleidoscopio sonoro, lasciano spazio alla sinuosità di un Post-Rock più melodico, che a tratti mi rimanda ai Pelican di “City of Echoes”, sfociando –in coda alla quinta traccia, “Where Nothing Grows”– in un finale al pianoforte (“cameo” dell’amico Fabio Cuomo), che va ad arricchire ulteriormente la “tavolozza” del duo e così a svelarne, in conclusione, lo spessore artistico e la capacità di cimentarsi in “partiture” più complesse, rispetto ai cliché dei generi e sottogeneri sopra citati.

Quanto alle liriche, il tema di questa parte del disco, nonostante la vena più melodica, è non meno pessimista e catastrofico di quello narrato nei primi testi (“…this land has no mercy on us…”) e così la penultima traccia (“Rites of Passage”), introdotta da un arpeggio stratificato con un rapido delay, che va ad accelerare sensibilmente il ritmo di base – più blando e cadenzato – finora mantenuto dalla band, ci racconta finalmente il “passaggio” evocato e minacciato in precedenza (“…burning my ghosts…”, “…and my heart lingers in the wonder while flames burn the paths where I came from…”).

L’ultima traccia (“Luminous Lifeforms”), la terza strumentale, va a chiudere il cerchio aperto con la prima, sostanzialmente ribadendo il gusto “atmosferico” del duo e riproducendo le soluzioni stilistiche dei brani immediatamente precedenti, quelli più tendenti al Post-Rock, ma con l’innesto di un malinconico assolo di chitarra.

Cesare Businaro
7,5/10



Articolo ad opera di Giusy Elle

195. La natura selvaggia e gloriosa dei THE HAUNTING GREEN


Foto by Riccardo Modena

INTRO
Chi segue con regolarità Edp, sa che abito in Trentino ma sono di origini friulane, per tale ragione questo duo è uno che ho seguito fin dagli albori (fantasticando a volte di aver potuto condividere i palchi, se restavo in regione...), pur non avendo ancora dedicato loro il doveroso approfondimento. Col tempo mi sono sempre più affezionata alle loro sonorità, scure ma sublimi, e alle personalità dei due componenti, come si delineavano dai post sui social e dalle interviste, fino a sviluppare una vera e propria empatia con il loro progetto. E' quindi con gran piacere che inauguro la stagione redazionale 2020 (anche se un po' in ritardo...) presentandovi i THE HAUNTING GREEN, duo dalle coordinate metal estreme ma con sonorità dilatate ambient-drone ed elettronica dark; il tutto, con signorina alle pelli...

BIOGRAFIA
THE HAUNTING GREEN nasce a Udine nel 2012 dallo scioglimento del quintetto post-hardcore A Cold Dead Body, del cui organico sopravvivono il chitarrista Cristiano e la batterista Chantal. Chantal Fresco, in realtà, nasce nel 1981 a Genova e, dopo la laurea triennale in D.A.M.S., trasloca in Friuli, nelle terre di origine della famiglia materna. Già in Liguria aveva suonato nella band Varusclis (il destino vuole fosse un duo basso-batteria...) per cui una volta trasferitasi nella nuova regione non ha avuto problemi ad inserirsi in un altro progetto musicale.


Il pordenonese Cristiano Perin, classe 1978, è invece un ingegnere edile che per molti anni ha lavorato a Udine nel ramo della bioedilizia, suonando anche la chitarra negli  Zune, storica band HC recentemente riformatasi. La musica è una vera passione per lui e in quegli anni inizia anche a collaborare come volontario e promoter con il circolo ArciCas’Aupa  di Udine dove organizza concerti, workshops e rassegne; ancora oggi fa parte del direttivo artistico. Nel frattempo è anche il socio fondatore dell’Associazione Sherpa, la quale ogni estate organizza un concorso per band emergenti e una serata di musica live allo scopo di raccogliere fondi per la ricerca e cura delle malattie cardiovascolari.

E' in quel periodo che conosce e contatta Chantal su Myspace per un side-project tra il dark e lo psichedelico, ma in realtà, di lì a breve, il batterista degli A Cold Dead Body lascia la band ed è su di lei che cade la scelta del sostituto, accantonando l'idea del progetto parallelo. Purtroppo non è mai facile far quadrare una band di molti elementi ed è così, che dopo un lungo periodo di agonia, all'uscita del primo, soffertissimo album, la band si scioglie definitivamente.

Chantal e Cristiano, forti di una solida amicizia e un'intesa quasi telepatica (nonostante questo e diversamente da quanto si possa immaginare non sono una coppia nella vita), decidono di continuare l'avventura musicale assieme fondando così gli Haunting Green. Siamo nel 2012 e Cristiano riarrangerà per una sola chitarra il materiale migliore dell'album mentre con Chantal si preparano a creare nuovi pezzi che prendono sempre più le coordinate post metal, attingendo a piene mani dagli ascolti black di Cristiano e aggiungendo una vena poetica, del tutto personale, che rende la musica del duo molto riconoscibile e assolutamente incantevole. Amplificatore da basso e sintetizzatore, sono gli strumenti aggiuntivi per raggiungere tale risultato; batteria elegante a confezionare il tutto; qualche abbellimento nell'album ma nessuna base in fase live.

Il 2014 è l'anno in cui si inaugura la discografia della band, pubblicando dapprima un Ep omonimo, (in tiratura limitata e ormai esaurito), un 5 pezzi dove la scrittura di Cristiano già rivela la sua predisposizione per la melodia struggente di nordica memoria e il canto (quando c'è) si esprime in un growling sofferto. A fine anno è invece il turno di un'insolito split album con quel genio della sperimentazione che è il bolzanino Claudio Rocchetti, parte di una serie limitata di split edita dalla Final Muzik di Gianfranco Santoro (qui un video live)

A parte la speciale incursione in una compilation dedicata al locale fiume Tagliamento (Tiliaventum, Final Muzik 2017), dobbiamo attendere l'inizio del 2019 per un nuovo lavoro in studio, ma ne vale proprio la pena. Natural Extinctions raccoglie 7 brani per una cinquantina di minuti d'ascolto durante i quali ci si può perdere e incantare. Molto spazio è dedicato agli strumenti che, tra chitarra ed elettronica, costruiscono atmosfere sospese e melodie struggenti, il tutto in una maniera assolutamente ben rifinita e curata in ogni suo dettaglio.

Mi piace sottolineare la speciale collaborazione con due cari amici di Chantal: il compositore e polistrumentista genovese Fabio Cuomo, intervenuto con un delicatissimo outro di synth e pianoforte in "Where Nothing Grows", il pezzo chiave del disco, e la sua compagna, l'illustratrice Jessica Rassi (TheGiant's Lab), che ha contribuito a questo bel lavoro interpretando al meglio il lato forte e selvaggio della natura, nella cover del disco, come da concept base dell'intero progetto Haunting Green. Dalla carcassa di un animale selvatico, sboccia e impera la natura in forma di fiori lussureggianti. 

In Natural Extinctions la natura viene vista e interpretata come la fonte prima da dove proveniamo e dalla quale, nel nome dell'evoluzione, ci siamo sempre più allontanati, fino a considerarla qualcosa di estraneo, di cui approfittare e depredare. Un percorso di lontananza che prevede anche l'abbandono dell'istinto, dell'innocenza del fanciullo; estinzione naturale come metafora del disconoscimento dello Spirito Puro che dimora in ognuno di noi. 
La natura selvaggia del Friuli la ricordo bene, ed è quella che ha incantato Chantal e dato forma al Cacciatore Verde, la figura mitologica il cui compito è di ricondurre l'uomo alla sua primordiale e gloriosa natura, e che negli Haunting Green usa le note magiche di Cristiano per riportare ogni anima travagliata alla sua originaria dimora di pace. Musica elegiaca e messaggi profondi per un duo dalla sensibilità inusuale... A proposito di questo: l'album è dedicato a Black Mamba, una bella Rottweiler ormai scomparsa che più che la mascotte della band, era proprio da considerarsi il terzo membro segreto del duo, e che sempre li ha seguiti in sala prove, ai concerti e nelle trasferte dei tour. Un animale che seppur nella sua dolcezza era il ponte d'unione tra i musicisti e la natura pura e selvaggia di cui decantano, una specie di inconsapevole musa ispiratrice a cui rendere, così, degno onore.

A rappresentanza di tutte queste tematiche, ecco il videoclip della seconda traccia, "Where Nothing Grows", uscito ad anticipazione dell'album stesso. Un'esperienza che vede Chantal nella figura di attrice e sceneggiatrice, in un bucolico paesaggio fatto di verdi colline e torrenti cristallini, tra cavalli e l'antica e nobile arte della falconeria. 

Cosa dire ancora di questo splendido duo? Che la loro musica e il messaggio correlato si stanno divulgando a livello nazionale grazie ai molti live che li vedono impegnati, ma anche internazionale grazie alla collaborazione con l'etichetta indipendente canadese Hypnotic Dirge Records. Numerose sono per esempio le recensioni per webzine Statunitensi, Canadesi e Spagnole... Una scelta fatta non solo per comune estetica musicale ma anche per i valori che stanno alla base dell'etichetta stessa, come da breve approfondimento qui a seguire. Procederemo poi con i dettagli di tutte queste tematiche grazie all'intervista con i diretti interessati: Chantal Fresco e Cristiano Perin del duo elettrico friulano The Haunting Green, mentre nel post successivo lasciamo spazio al nostro fido collaboratore Cesare Businaro che, con la sua recensione, vi condurrà, in maniera colta, tra tutti i risvolti di Natural Extinctions. Buona lettura, buon ascolto, e che sia un viaggio illuminante per tutti voi, verso il ritorno sacro e naturale delle nostre radici più selvagge. Prima che sia troppo tardi e che l'estinzione divenga l'unico panorama possibile.

Link video:
"Where Nothing Grows" (2019) https://www.youtube.com/watch?v=q46pxzi8r1I
"Our Days in Silence" (2015) https://www.youtube.com/watch?v=6qf9pZHKTcg
"Blind Me now" Live@Spazio Zero https://www.youtube.com/watch?v=2luthyO7z4Y


LABELS
Hypnotic Dirge Records http://hypnoticdirgerecords.com
HDR è un'etichetta indipendente di Black e Doom Metal fondata nel 2008 a Esquimalt (Canada). Nicolas Skog ne è stato il fondatore e attorno a lui, ad oggi, si è raccolto un piccolo team di lavoro, distribuito nelle due sedi di Saskatchewan e Quebec.
La filosofia dell'etichetta è molto interessante, basata su valori di equalità e collaborazione, prima ancora che economici. Pubblicano musica di band underground da tutto il mondo purchè questa sia genuina, viscerale e che abbia un forte aspetto emozionale; da questo punto di vista il genere è riduttivo e in catalogo troviamo infatti anche generi che esulano dal metal. Il rapporto con gli artisti prodotti è paritario e non si impone mai una filosofia di mercato: lasciano alle band totale autonomia sulle decisioni finali affiancandosi soltanto come partner con esperienza. Notevole la strategia di mercato della Hypnotic Dirge che, nel rispetto del fruitore finale ma anche dell'artista, rilascia tutto il proprio catalogo su Bandcamp in forma di free download. Gratuito o a piccola donazione, il meccanismo si è rivelato vincente: il numero dei download, e di conseguenza della circolazione della musica, è aumentata notevolmente mentre la somma delle donazioni spontanee alla fine ha raggiunto se non superato il circolo di affari del download a prezzo imposto. Ma non si tratta di una mera questione di affari, i valori dell'Hypnotic Dirge sono più profondi: "The internet is meant to be free. Files are meant to be shared. Open-source is the future. Mutual respect and voluntary support is the best way to forge non-coercive values". L'etichetta inoltre pubblica periodicamente compilation con i brani dei propri artisti e nel tempo si è anche organizzata nella distribuzione per il Nord America di altre etichette metal: Solitude Productions (Russia), Throats Productions (Messico), Vendetta Records (Germania) e Les Acteurs de l'ombre (Francia). https://hypnoticdirgerecords.bandcamp.com/



INTERVISTA
1. Un cordiale saluto, cari Cristiano e Chantal, e benvenuti negli spazi virtuali dell'Electric Duo Project. Del duo, di come è iniziato e si è evoluto, abbiamo già parlato nell'articolo di presentazione, vediamo qui di approfondire la nostra conoscenza: Chantal, come è iniziata la tua passione per la batteria e come sei arrivata al tuo personalissimo drumming?
CH: Ciao a tutti, è un piacere!
Sono una di quelle bimbe cresciute negli anni '80 a cui non hanno comprato la batteria di Topolino, nonostante gli innumerevoli appelli. La mia passione per la batteria tornò all'epoca del liceo, poco prima del rientro a scuola dopo le vacanze estive che trascorrevo come da tradizione in Friuli. Un amico batterista mi invitò ad assistere alle prove: rimasi affascinata dal suono della batteria, e gli chiesi di farmi provare. Ricordo che mi insegnò un tempo in levare, cosa non proprio da principianti, ma ci riuscii! Dopo pochi giorni sarei rientrata a Genova, e il primo giorno di scuola la disperazione da rientro fu mitigata dalla presenza di un ragazzo che distribuiva all'entrata volantini di una scuola di musica, che includeva corsi di batteria. Diciamo che è come se il colpo di fulmine per questo strumento avesse acceso un lume dentro di me, rendendomi visibile alle occasioni che la vita pone innanzi ai nostri occhi: a noi tocca il compito di saperle cogliere.
Dopo circa un anno di demotivazione da solfeggio cantato arrivò la mia prima batteria (una Ludwig Rocker nera), e armata di Walkman e cassette (!) iniziai finalmente a suonare provando nello scantinato andando a orecchio. Il primo gruppo è arrivato molto dopo, e facevamo schifo, tanto da riascoltarmelo tutt'oggi per ridere a crepapelle! Di batteristi ne ammiro moltissimi ma non mi ispiro a nessuno: piuttosto assimilo ciò che mi piace e lo lascio emergere.

2. In Liguria avevi già suonato in un duo, nello specifico basso-batteria (Varusclis): come mai quella line-up e quali le differenze con uno con la chitarra? 
CH: Appena iniziata l'università iniziai a suonare in alcuni gruppi. I Varusclis nacquero dalla voglia di sperimentare, divertirsi, e fare tanto casino senza particolari aspirazioni. L'approccio era molto punk e finalizzato a suonare dal vivo: basso suonato a caso e batteria che dà senso a tutto...
The Haunting Green è un progetto serio e ben più articolata è la materia sonora. Oltre a suonare la chitarra, Cris gestisce l'elettronica, e canta. Io da dietro le pelli suono anche il synth tramite un sample pad: questo permette di ampliare la gamma di sonorità nei nostri arrangiamenti.
Alle nostre sonorità dedichiamo un'attenzione puntualissima, e dietro a ogni nota c'è una ricerca, delle idee, e una scelta consapevole.

3. Cosa ti ha spinta a trasferirti in Friuli, nelle terre di origine di tua madre? Le memorabili vacanze dai nonni hanno lasciato il segno della Terra d'Origine?
CH: Io sento di appartenere a questi luoghi da sempre. Non mi sono mai sentita a casa a Genova, e fin da piccola ogni rientro dalle vacanze, a settembre, era un momento di disperazione. Mi attendevano mesi di reclusione lontana dai miei inseparabili amici: i grandi spazi circondati da quei monti, quei fiumi, quei boschi, quei panorami, quei silenzi, quei temporali e quei tramonti. Nessun luogo ha mai avuto un'influenza così benefica, antalgica, come dove ho scelto di vivere.
Ho sempre avuto un legame speciale e profondo con la Natura e un rapporto empatico con gli animali, oltre che un bisogno viscerale di solitudine e introspezione, necessaria a disintossicarmi dalle brutture (soprattutto umane). Amo contemplare la bellezza essenziale della natura, che ha sempre ragione, e trova sempre il modo per insegnarti qualcosa di saggio. Ciò che alcuni definiscono“il nulla” per me era, è stato ed è “il tutto”.

4. Ciao Cristiano, devo ammettere che il tuo writing mi ha profondamente coinvolta, ci sento molta anima, dentro. Immagino che tu non viva la musica come uno sfogo o semplice divertimento, c'è molto di più in tutto questo. Ci vuoi spiegare la valenza che dai alla musica e come si sviluppa il tuo processo creativo e compositivo?
CR: Non vivo di musica, ma essa è per me un rifugio, un luogo dove evadere dalla quotidianità, e visto che la quotidianità fa schifo, puoi immaginare quanto sia importante per me la musica. A volte è tutto quello che ho. A volte mi ha salvato.
Il processo creativo è una cosa che andrebbe allenata ogni giorno. Purtroppo non ho sempre il tempo di farlo. Capita spesso però che le idee mi vengano dopo che in qualche modo sono stato colpito da qualcosa di forte: può essere anche la visione di un film, una qualsiasi opera d’arte o anche un luogo. Tecnicamente mi trovo bene a comporre avvalendomi dell’ausilio di una daw che mi permetta di arrangiare subito tutti gli strumenti e ascoltarne subito il risultato, avendo così più facilmente una visione globale del pezzo. Credo che ciò aiuti anche ad essere il più possibile obiettivi riguardo la propria creazione, avendo da subito la possibilità di concentrarsi sull'ascolto del risultato più che sull'esecuzione. Non sono un fan delle lunghe jam session.

5. I suoni dell'album sono articolati e c'è anche una traccia di basso: come vi comportate durante i live?
CR: Su disco ho voluto incidere anche una traccia di basso, ma solo per una questione di qualità sonora e per la maggiore facilità di gestione in fase di mixaggio. Dal punto di vista dell’arrangiamento quello che c’è su disco non si discosta quasi mai da ciò che poi suono dal vivo con la chitarra, splittando il segnale processato con un octaver in amplificatore da basso.

6. Ho letto in un'intervista che al momento di affrontare la sfida che un duo comportava, avevi pochi modelli a cui fare riferimento (Dark Castle, Urfaust...); ovviamente per quanto riguarda il tuo genere musicale... eppure un po' tutti i generi hanno ormai adottato soluzioni simili. Come sei arrivato a costruire il tuo suono? L'elettronica aiuta molto, direi, soprattutto nel creare atmosfere.
CR: Sbattendoci la testa contro e commettendo molti errori all'inizio. Dal vivo non volevamo adottare delle basi preregistrate, come fanno molte bands. Nel primo EP non ce ne sono proprio, mentre per quest’ultimo disco ce ne sono giusto un paio e tutt’ora le parti di synth sono suonate live direttamente da Chantal con l’ausilio di un pad per batteria. Tieni poi conto che molte parti “atmosferiche” che senti su disco sono in realtà ottenute con la chitarra.

7. Considero il vostro ultimo album, Natural Extinctions, un prodotto maturo, frutto di uno studio meticoloso dei particolari. Parlateci un po' della sua genesi e del suo sviluppo, durato parecchi anni.
CR: Ha avuto sicuramente una genesi travagliata. Le idee erano praticamente già pronte da anni, ma poi, nella nostra sfera privata, ci sono state un sacco di difficoltà, cambiamenti, imprevisti e dolori che ci hanno più volte costretto a rallentare e mettere da parte la musica per un po’.
CH: Siamo stati entrambi pazienti, e l'attesa non si è rivelata tempo sprecato, perché abbiamo potuto lavorare maggiormente sui particolari. Sono soddisfatta su tutti gli aspetti, dalla produzione di @El Fish Studio di Genova curata egregiamente da Emi Cioncoloni, all'intervento di @Fabio Cuomo al piano e synth nel finale di Where Nothing Grows, alle grafiche di @Jj at the Giant's Lab, anche lei di Genova. Fabio e Jessica sono cari amici che conoscono bene The Haunting Green sia come persone che come musicisti, sanno cosa c'è dietro a questo album e hanno fatto un lavoro eccellente: spero che si senta, e che si veda!

8. La scelta dell'etichetta con la quale rilasciare l'album è ricaduta su una label straniera. Cosa vi aspettate da questa collaborazione con la canadese Hypnotic Dirge Records? Per il momento ci vedo l'internazionalità del messaggio, per esempio avete ricevuto delle belle recensioni da riviste spagnole, statunitensi, canadesi ovviamente...
CH: Hypnotic Dirge Records (Canada) è sicuramente l'etichetta più adatta al suono di The Haunting Green, inoltre abbiamo apprezzato la velocità con cui si sono proposti di far uscire il disco. C'è un bel dialogo tra noi e tutto è gestito in un clima sereno, nonostante la distanza non ci abbia permesso ancora di conoscerci di persona. Condividiamo anche il principio di permettere di scaricare a offerta libera l'intero catalogo.

9. E' nota la vostra attrazione per la Natura e il mondo selvaggio, tutto il concept del duo ruota attorno a questo argomento. Com'è nato il nome della band? A me ha sempre ricordato la figura del Green Man, l'Uomo Verde emblema del legame tra Uomo e Natura, il "Jack in the Green" dei Jathro Tull; oppure richiamato alla memoria il Cavaliere Verde della Tavola Rotonda e la mitologia che ci sta dietro, fino al Cacciatore Selvaggio, in grado di ristabilire la connessione interrotta tra Uomo evoluto e Natura primordiale. Il vostro nome è un richiamo a tutto questo bagaglio simbolico?
CR: Letteralmente “il verde infestante” è una metafora per indicare la capacità della natura di risorgere (in noi) e riappropriarsi di ciò che le è stato sottratto. E’ anche un augurio a riconciliarsi col lato più puro e primordiale che c’è in noi. Ne abbiamo sempre più bisogno.

10. L'Estinzione Naturale rientra invece in un contesto diverso, è sì il distacco dal nostro essere primordiale per vivere in un mondo che ci siamo costruiti (bellissimo l'epilogo di 'Where Nothing Grows': "We used to nurture what cannot last and keep on sowing where nothing grows"), ma mi pare di capire sia anche il possibile destino del genere umano se persiste nel suo percorso di allontanamento dalla Natura, una vera e propria estinzione della razza ("there's no hope to survive this time / we are a natural extinction"). Una specie di rivalsa della Natura sulla follia e presunzione dell'Uomo, se vogliamo, ma anche il fallimento della missione equilibrante del Cacciatore Selvaggio, in questo caso... Quanto c'è di speranzoso e quanto di fatalmente irrecuperabile, nella vostra visione del mondo, dell'Uomo e del suo rapporto con la Natura?
CH: L'estinzione di cui parliamo non è intesa in senso squisitamente ambientalistico, ma investe anche gli aspetti dell'interiorità umana. Ci stiamo suicidando lentamente da anni. Siamo corresponsabili della distruzione dell'habitat di miliardi di esseri viventi, inclusi esseri umani, e solo per la nostra abitudine a sfamare appetiti consumistici indotti dal capitalismo, mascherati da necessità.
Ormai è difficilissimo compiere gesti quotidiani responsabili nei confronti dell'ambiente e del prossimo, perché la nostra coscienza civile e ambientale è frammentata, perché non abbiamo abbastanza tempo o soldi, e per l'inerzia dei governi criminali che non forniscono risposte adeguate né concrete ai problemi ambientali, a quelli sociali umanitari da esso generati: a loro interessa che consumiamo e che non ci informiamo. A cosa serve sapere quando puoi riceverlo direttamente a casa? Viviamo nella società del “vabbé, per una volta una succede niente”, e del “se non si vede non succede”.
Basta pensare da chi gli italiani hanno scelto di farsi rappresentare per comprendere che l'evoluzione ce la siamo fatta scappare per sempre. Si è tornati a scambiare l'aggressività e la prevaricazione con la forza, a credere che alzare la voce, le mani o le armi sia accettabile, persino giustificabile. Il leader in natura è il più valido e sano esemplare del branco, che il rispetto se lo guadagna poiché si dimostra in grado di gestire il benessere comune. Anche in questo andiamo contro natura, e per vedere le conseguenze basta un click.
Osservare a che vergognoso livello è arrivato nel 2020 l'essere umano rende concreta nonché ottimistica la prospettiva di estinzione. Non ce lo meritiamo questo pianeta. A mio avviso nulla è recuperabile, possiamo solo smettere di fare la guerra alla vita e al prossimo nel tentativo di arginare i danni.

11. Cristiano, da ingegnere che operi nella bioedilizia, qual è invece il tuo parere professionale sull'argomento? Riuscirà l'Uomo a trovare un equilibrio tra la propria esistenza e quella del pianeta che lo ospita?
CR: Non la vedo per niente bene. Purtroppo lo sforzo di pochi è continuamente vanificato dall'indifferenza degli altri. Ci siamo già mossi troppo in ritardo e la situazione è già molto compromessa. C’è la necessità di prendere a livello politico delle decisioni che sarebbero per forza molto impopolari, perché ci costringerebbero a ridurre il nostro tenore di vita, che al momento è totalmente incompatibile con un vivere in equilibrio con la natura e con le risorse a disposizione. Un sistema capitalistico incentrato sulla crescita continua già per propria natura rema contro, e inoltre purtroppo sappiamo bene che ciò che interessa alla politica è il consenso, quindi dubito che ci sarà nell'immediato qualcuno che avrà il coraggio di muoversi con forza in questa direzione.

12. Chantal, il videoclip di 'Where Nothing Grows' è svolto sulle colline e pedemontana del pordenonese e ti vede operare nei ruoli sia di attrice che sceneggiatrice. Ti vediamo a cavallo mentre pratichi l'antica arte venatoria della falconeria: ci parli di queste tue passioni e di come è nato e si è svolta la realizzazione del video?
CH: E' stata scelta Where Nothing Grows ché è il pezzo chiave dell'album, nonostante sia stato necessario ridurne il minutaggio sacrificando il bellissimo outro di Fabio Cuomo. Il videoclip è un'opera autobiografica scritta da me, che ho realizzato con l'aiuto prezioso di alcuni amici e conoscenti. Ho deciso di ambientarlo nei luoghi prediletti dei The Haunting Green, primo di tutti il Tagliamento, ultimo fiume europeo allo stato selvaggio -minacciato dagli speculatori- nonché una sorta di tempio che amiamo frequentare.
Il videoclip nasce da un bisogno interiore di piantare i semi di un'esperienza personale, di cui l'album Natural Extinctions si è rivelato la colonna sonora. Avevo da poco dovuto dire addio alla mia adorabile compagna di vita, a cui abbiamo dedicato il disco. Black Mamba era una splendida ed esuberante Rottweiler, vivevo da sola con lei da 12 anni ed era sempre con me. Di conseguenza faceva un po' parte anche lei del progetto The Haunting Green: ci rubava la “scena”, e ci ricordava di non prenderci MAI sul serio!
Una notte a Novembre, poco prima che firmassimo per Hypnotic Dirge, stette improvvisamente e irreversibilmente molto male, e non ci fu nulla da fare che prepararmi a separarci. Vissi intensamente ogni istante del tempo che ci restava per onorare la nostra unione, più che piangere una separazione imminente: quest'ultima non era ancora avvenuta, e nel qui e ora eravamo insieme. Chi sta per morire non merita altri dolori oltre a quello che già lo affligge. Io, avrei avuto tutto il resto della vita per sentire la sua mancanza, e il dolore per la sua perdita ha trovato la pace proprio il giorno dell'uscita del video, che ho voluto coincidesse con il primo anniversario dalla sua sepoltura, sigillando e onorando la memoria di questi anni. Su quella terra ho piantato un Loropetalum, cespuglio sempreverde dalle foglie nere, che le somiglia moltissimo.
Arriva un momento per tutti in cui la sola strada che possiamo percorrere è dire addio, e noi umani ne soffriamo terribilmente perché siamo tendenzialmente attaccati al passato, alla materia e ai condizionamenti più che al presente. E' difficile accettare che qualcosa possa finire, cambiare o esaurirsi, però è anche l'unica certezza che abbiamo, è la cosa più naturale che possiamo aspettarci.
Da qui la scelta di esprimere visivamente incontro, separazione e solitudine come fasi necessarie in un cammino interiore. Per questo trovo una cavalla (la Quarter Hot Negrita) che mi accompagnerà fino a che sarà disponibile a farlo. Per la Falca Sacra ho contattato un amico falconiere: ho tratto ispirazione da una leggenda Sioux che narra di due innamorati desiderosi di amarsi in eterno, a cui uno sciamano chiederà di legare un falco e un'aquila per una zampa. I due ragazzi assisteranno a ciò che li aspetta se non saranno in grado di lasciar libero l'altro, e capiranno che andare contro natura è qualcosa di distruttivo, che con l'amore non ha nulla a che fare. Capiranno che cosa non è l'amore.
Nel videoclip anche il rapace mi abbandonerà, e io proseguirò da sola, serenamente per i miei luoghi esattamente come ho iniziato, fino a che non troverò il posto adatto a mettere a dimora quel cespuglio sempreverde dalle foglie nere che mi porto dietro, per lasciarlo finalmente andare. Quel luogo è il greto del Tagliamento in secca, dove nulla cresce.
L'ispirazione viene dall'inarrivabile Il Cavallo di Torino di Béla Tarr. C'è una scena in cui la ragazza implora al cavallo di mangiare, ma egli non ha più neppure la forza: lei si rassegna all'evidenza che la fine sta arrivando, chiude la porta della scuderia, proiettando ombra sulla stanza. La cavalla sparisce nell'ombra, lei si ritira tra le mura della sua impotenza ad aspettare la fine mentre un forte vento di distruzione affligge il mondo.
E noi, siamo in grado di riconoscere quando è arrivato il momento di lasciare andare? Siamo in grado di agire in armonia con la natura? Siamo in grado di ascoltarla e di ascoltarci?
Spero che qualcosa di quanto volevo esprimere arrivi a chi guarderà il videoclip. Il cambiamento deve partire da noi, il cammino non deve arrestarsi: a questo ci penserà l'Estinzione.

13. Dopo tutta questa intensità di sentimenti ed emozioni, quali i progetti dei The Haunting Green per il prossimo futuro?
CR: Scrivere nuovi pezzi.

Grazie della vostra preziosa partecipazione alle interviste dell'Edp, Cristiano e Chantal. Tra messaggi di speranza e constatazione di una misera realtà, The Haunting Green è un duo che ha sicuramente molto da dire: quali le vostre considerazioni per concludere?
CH: Grazie a voi per lo spazio dedicatoci su EDP! Supportate la musica e l'arte, andate ai concerti se volete tenere in vita quel variegato sottobosco di progetti indipendenti validissimi che ci sono in Italia: aiutiamoci a rendere questo mondo più tollerabile.


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DISCOGRAFIA
NATURAL EXTINCTIONS 2019, Psychedelic Dirge Records (Doom, Black Metal, Ambient)

1.Lazarus Taxon 2.Natural Extinctions 3.The Void Above 4.Litha 5.Where Nothing Grows 6.Rites of Passage 7.Luminous Lifeforms

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CLAUDIO ROCCHETTI / THE HAUNTING GREEN Split Album 2014, Collana "Cd singles Club" by Final Muzik

1.Freedom Day
2. Blind me, Night

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THE HAUNTING GREEN Ep 2014, Autoprodotto (Doom, Black Metal, Ambient)

1.The Mournful Sons 2.Our Days in Silence 3.Eradicate
4.IIII 5.V

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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle