Fedelissimi ai precetti hard core, non
scendono a compromessi, e il loro disco, pur di materializzare l'idea
di suoni ed emozioni che avevano in mente, subisce ritardi a partire dalla
ri-registrazione delle chitarre: viene pubblicato infine a fine
febbraio 2020, in un giorno che capita soltanto ogni 4 anni... Gli
interventi di elettronica e il theremin di Valeria Sturba (nella
terza traccia) vengono al momento registrati in una base che
accompagna i loro live, ma presto saranno avviati all'occorrenza da
un pad di batteria. Una batteria originale, tribale, in continua
rincorsa di sé stessa, a sostenere con furia i riff e le melodie del
collega chitarrista.
Qui a seguire i dettagli tecnici
dell'album e la sua recensione ad opera di Cesare Businaro, mentre
nel nostro articolo appena pubblicato,
troverete tutto sulla band e un approfondimento di molte tematiche
grazie all'intervista con il chitarrista Fabio Silvestri. Buon
viaggio sonoro a tutti, nel mondo oltre la Crepa...
Video:
Contatti Band:
Crepa!
credits:
Scritto e suonato da Raìse: Fabio
Silvestri (chitarra baritona) Luca Brunello (batteria)
Synth: a cura di A. Charlie Di Carlo
Synth: a cura di A. Charlie Di Carlo
Batteria: registrata da Enrico Baraldo
@Vacuum Studio (BO) 2018
Chitarra: registrata da A. Charlie Di
Carlo @Haunted Studio, Castelgomberto (VI) 2019
Prodotto, mixato e masterizzato da A.
Charlie Di Carlo @Haunted Studio
Special guest: Valeria
Sturba, theremin in Ond/tA
Artwork: Nicola Stradiotto
Formato: Cd, digitale
Etichetta: Autoprodotto
Etichetta: Autoprodotto
Pubblicato il 29 Febbraio 2020
Qui
lo ascolti
CREPA! 2020
Autoprodotto
(PostCore, Experimental,
Metal)
1.Driepapegaaien
2.Se(a)rch)o(
3.Ond/tA
4.Crepa!
5.Commuovelalegge
6.Colmare
RECENSIONE
RAI'SE Crepa!
Lp 2020 Autoprodotto
Ho ricevuto il CD dei RAìSE in
ufficio, con l’entrata in vigore del DPCM “#IoRestoaCasa”. Mi
fosse arrivato il giorno dopo, non starei scrivendo questa
recensione, perché quel giorno ho giusto raccolto dalla mia
scrivania quanto necessario per poter lavorare - dall’oggi al
domani - fra le mura domestiche e da allora non ci sono più tornato.
Aperta la busta, confesso che il titolo
dell’album (e della quarta traccia, “Crepa!”), in piena
emergenza da Coronavirus, mi ha provocato qualche toccata
scaramantica (“a carne”, come direbbe il dr. Fuxas di Verdone in
“Perdiamoci di vista”). In realtà, nella condizione di “clausura
forzata”, in cui avrei - di lì a breve - ascoltato (e riascoltato)
il CD, non potevo ricevere miglior regalo. Il platter è infatti una
catartica e liberatoria scarica di adrenalina, dal primo all’ultimo
brano.
In materia di post-hardcore, termine
fin troppo abusato - forse - e con cui si descrivono gli stessi
RAìSE, personalmente continuo - da quasi trent’anni a questa parte
- a professare il mio “monoteismo”, adorando un solo Dio nei
Quicksand. Il loro “Slip”, nell’ormai lontano 1993, è stato
seminale e non solo per il post-hardcore cantato, vista la presenza
di una traccia strumentale, che probabilmente ha dato il “La”
anche ad altre forme di post-generi musicali.
Premesse quindi tali coordinate, scopro
con piacere di non doverle reimpostare, per orientarmi nell’approccio
con il duo vicentino, che vede - più precisamente - Luca Brunello ai
“ritmi” (catturati da Enrico Baraldi - già al banco mixer di
entrambi i lavori dei Nadsat, ben noti su questo blog - al Vacuum
Studio di Bologna) e Fabio Silvestri ai “suoni” (ripresi invece
dal produttore, A. Charlie Di Carlo, presso l’Haunted Studio di
Castelgomberto), il tutto con una gestazione di due anni fra le
sessioni di Luca (2018) e quelle di Fabio (2019).
L’ascolto dell’album mi è
decisamente familiare e i suoi 43 minuti ed 8 secondi su 6 tracce (le
prime tre dai nomi incomprensibili, se non impronunciabili, le altre
tre intitolate in italiano, quasi a voler dividere l’opera in due
atti), mi scorrono lisci, come se nel mio lettore non stesse girando
un LP, ma un più conciso EP, tant’è che alla fine del primo giro
lo rimetto subito in play.
Ci ritrovo infatti esattamente quello
che mi aspetto da chi mastica post-hardcore, a cominciare dalla prima
traccia, che ne ripropone tutti i tratti somatici: energici
power-chord, incalzati da compatte sequenze in palm-muting e scanditi
da granitici stop’n’go, che ne accentuano le bastonate sonore,
lungo progressioni armoniche minimali, ma a loro modo orecchiabili e
perciò coinvolgenti ed emozionali, pur in mancanza di una guida
vocale.
In tutto ciò, si apprezzano gli
innesti sperimentali di musica drone ed ambient, che vanno ad
arricchire la tavolozza sonora della band, rompendo gli schemi di cui
sopra e dipingendo le scenografie sullo sfondo delle quali il
power-duo recita a soggetto, modulando a più livelli e con esaltanti
crescendo, la dinamica della sua formula di post-harcore (a tratti
post-metal, anche per l’uso, comunque moderato, di stacchi in
tremolo picking).
Il disco suona compatto ed uniforme,
esprimendo la coerenza di una band a cui piace definirsi “senza
compromessi”, per cui non mi soffermerò sulle singole tracce, ma
su alcuni dettagli, come l’introduzione fuzzosa e tiratissima del
secondo pezzo (a dir poco devastante, sullo stile dei QOTSA),
l’atmosfera fantascientifica e orbitale di quello successivo, dove
s’inserisce una melodia inquietante, dal timbro corale e umanoide,
che le note di copertina mi confermano essere riprodotte da un
theremin (con Valeria Sturba ad integrare in questo ruolo il duo) e
la sovraincisione di campioni del discorso
pronunciato dall’anarchico Bartolomeo Vanzetti, nella trasposizione
cinematografica - con un immenso Gian Maria Volonté - del processo
che lo vide condannato alla pena capitale dagli Stati Uniti nel 1927,
insieme a Nicola Sacco, per poi essere riabilitato cinquant’anni
dopo; è questa la traccia più lunga e forse - per la band - più
significativa del disco (“commuovelalegge”), vista la citazione
di una frase del medesimo discorso anche all’interno del digipack
(peraltro con un refuso, se non si tratta di una “licenza poetica”
dei RAìSE: scrivono “…se voi aveste il potere di ammazzarVI…”,
anziché “ammazzarMI”).
Menzione a parte per l’epilogo
(“colmare”), forse il mio pezzo preferito, con quella sequenza di
accordi, tanto semplice e solare, quanto ipnotica, nel suo riproporsi
come un refrain e col mare - appunto - in coda, che va a restituire
all’ascoltatore un senso di pace, dopo i fragorosi 3/4 d’ora
precedenti.
Li aspetto dal vivo, quando finalmente
si potrà tornare a veder concerti.
Andrà tutto bene!
Voto:
8/10
Articolo ad opera
di Giusy Elle
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