INTRO
E BIOGRAFIA
I BETTIE BLUE sono un duo
AltRock/GarageBlues da Torino composto dagli amici Bettie alla
batteria e Blue alla chitarra e voce (all'anagrafe li ritroviamo come
Emanuela Consuelo Virone e Fabio Mascolo, entrambi classe '79).
I due si conoscono già da ragazzini ma in adolescenza si perdono
di vista: Blue si dedica ad attività musicali terapeutiche e Bettie
alla scultura. Poi, così come si erano persi, per puro caso si
ritrovano a trascorrere di nuovo molto tempo insieme: condividono
viaggi, case, animali, film, libri, dischi. Per puro gioco Bettie
inizia a picchiare le pelli della batteria e si ritrovano a
condividere anche la musica. Fabio aveva invece iniziato a
suonare la chitarra molti anni prima passando per svariate band;
ultima sua esperienza musicale un progetto da solista nel quale
proponeva inediti in italiano stile delta blues anni '30 ma con
reinterpretazione moderna e un po' psichedelica.
A primo acchito mi hanno ricordato molto un altro duo con i quali
condividono molte analogie: I-TAKI MAKI da Frosinone, duo del quale
abbiamo parlato da poco (qui). Questi
sono in realtà una coppia nella vita (Luca alla chitarra e voce e
Maria alla batteria) ma similmente lui musicista navigato mentre lei
alle prime esperienze alle pelli (percorso seguito anche dai So.Lo
o da I Cospiratori, per esempio); anche
il genere musicale si incastona in un filone simile, quello delle
sonorità western all'italiana, con eco delle colonne sonore
morriconiane, che I-Taki Maki hanno da poco abbandonato, ma non
proprio del tutto. Procediamo però con ordine per arrivare anche
allo stile proposto dal duo di oggi.
L'attività dei Bettie Blue inizia nel 2011 con il loro primo demo,
senza titolo, composto da 5 brani registrati autonomamente in presa
diretta in un paio d'ore. Segue un lungo e intenso periodo di gavetta
tra club e centri sociali torinesi e molto presto arrivano anche le
prime trasferte.
Nell’estate 2013 il sound è cambiato e i Bettie Blue si
registrano da soli con un TEAC 8 piste a bobina da 2 pollici e mixer
analogico anni ’70, presi in prestito da un amico. In due giorni
partoriscono “StoneSelvatique”, Ep composto da cinque brani in
lingua inglese. Le poche copie vengono esaurite rapidamente nei
concerti estivi dove il duo si trova a calcare palchi sempre più
impegnativi come Nofest!, Sisley Independent Tour, Spaziale Festival,
Paratissima, Frassibeer Festival, Sommergem Festival... La musica
proposta è un rock ruvido, di reminiscenze garage blues, ma con un
sapore di sottofondo che ricorda certi echi proprio da film
western...
Il nome gira tra i musicisti e gli addetti ai lavori e presto il
duo entra in contatto con Omid Jazi, musicista, produttore e
collaboratore dei Verdena nel tour del loro disco “Wow”. Omid ha
ascoltato con molto interesse “StoneSelvatique” e vorrebbe
sviluppare con i due del materiale inedito. Nella primavera del 2014
i Bettie Blue sbarcano quindi a Londra all’Hackney Road Studio di
Omid e in due giorni registrano le 8 tracce di “Yuma”, il loro
primo Lp, autoprodotto, uscito in Italia il 17 marzo 2015 e del quale
vi proponiamo la recensione, opera
prima, ad opera di Martino Vergnano del duo I Cospiratori,
concittadino dei Bettie Blue di quest oggi. Le riprese sono affidate
al sound engineer Shuta Shinoda (Primal Scream, My Bloody
Valentine, Hot Chip) mentre Omid Jazi cura produzione artistica, mix
e mastering e si esibisce al piano sulla traccia "No Doubts".
Le sonorità di "Yuma" si rivelano un logico continuum
dell'Ep precedente, sebbene qui compaiano anche testi in italiano, un
alternarsi nelle due lingue come spesso capita per i brani dello
stesso Omid. La voce acuta di Fabio non è mai predominante mentre
campeggia su tutto un bel chitarrone a grana grossa, così da
conferire all'insieme un sound roccioso seppur minimale. Oltre
l'immaginario western, che qui troviamo riproposto, compaiono anche
atmosfere psichedeliche a sottolineare i tormenti e i conflitti
umani, ai quali le tematiche dell'album tendono.
Yuma è una località desertica ai confini con il Messico come "Quel
treno per Yuma" è un mitico film western di Delmer Daves,
girato nel 1957 e interpretato da Glen Ford. Stranamente l'album non
vuole ispirarsi apertamente alle due fonti di cui sopra, eppure i
rimandi ne tradiscono l'ombra: il film si sviluppa a partire da un
conflitto tra i due protagonisti proprio durante l'attesa di quel
treno, e similmente lo Yuma dei Bettie Blue parla di conflitti e
sodalizi tra i due strumentisti, e, per usare le loro stesse parole,
"è una dimensione interiore in bilico tra il maschile e il
femminile"... tutti argomenti che andremo ad approfondire in
fase di intervista.
Dal primo estratto dell'album, la penultima traccia "Everything
but You", viene anche realizzato un'originalissimo video sempre
basato sul concetto di dualismo, ideato dal regista Nicola Martini e prodotto da Paolo Maria Pedullà; qui una
descrizione ad opera del regista stesso: «Il pezzo è una sorta di
"botta e risposta" e la cosa mi ha incuriosito: l'idea per
il video è nata subito dopo il primo ascolto: volevo un gioco, una
tecnica semplice da applicare ad un'idea altrettanto lineare. Poca
cura nei dettagli, fotografia praticamente assente. Massimizzare
l'attenzione sui loro comportamenti, sulle loro facce, sui vestiti:
sulle due situazioni interiori, specchiate poi in atmosfere
diverse. Loro sono stati perfettamente al gioco, e anzi, la cosa che
più mi affascina è non riuscire ancora a capire quale sia il loro
vero vestito».
Passiamo ora all'intervista con Bettie e Blue che, in maniera
corale, ci fanno dono della loro esperienza musicale con le risposte
alle nostre domande.
Dall'album Yuma, Official Video: "Everything but you"
Dall'Ep
StoneSelvatique: “Carl Gustav”
INTERVISTA
1.
Eccoci finalmente qui negli spazi EDP per questo incontro. Benvenuti
quindi Fabio ed Emanuela. Parlateci del percorso musicale che vi ha
portato fino ai Bettie Blue.
In
primo luogo ambedue siamo insaziabili di musica, sotto varie
fruizioni di essa, da sempre. E’ la benzina per anche il più
semplice approccio di quotidianità.
Arriviamo
da percorsi differenti; quello di Fabio prettamente musicale, con
progetti e ruoli differenti, mentre quello di Emanuela legato ad
altre espressioni artistiche quali la danza e la scultura su marmo.
Letteralmente
per un gioco pomeridiano ci siamo trovati a produrre suoni
congiuntamente, e quindi a comporre canzoni. Da li in avanti, Bettie
Blue.
2.
Fabio, so che ti sei anche dedicato ad attività musicali
terapeutiche, ce ne vuoi parlare? Quale il loro apporto, se
eventualmente c'è, nel tuo essere musicista in generale?
Non
sono o sono stato un musicoterapeuta (seppur dovrebbe essere davvero
un bel lavoro), lo inseriamo nella biografia ma per intendere quel
periodo della mia vita in cui ho lavorato dando lezioni di chitarra a
dei ragazzini... Diciamo che, come sopra, la musica per me è
effettivo carburante fondamentale a poter letteralmente approcciare
alla vita, o anche solo giustificare l’esistenza.
Nell’incipit
del celebre Moby Dick di Melville, Ismaele afferma:
“Ogni
volta che m'accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che
nell'anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni
volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle
agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che
incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte
in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di
scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il
cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare
al più presto”.
Ecco,
in un certo qual senso per me è lo stesso con la musica. Dà sempre
e sempre di più.
3.
Il sound dei Bettie Blue era un po' diverso agli inizi, all'epoca del
vostro primo demo. Ci raccontate come si è evoluto e ha acquisito
quella sfumatura western tanto tipica del vostro duo? Mi sembra che
in questo senso ci sia continuità tra "StoneSelvatique" e
"Yuma", è così?
Il
primissimo demo lo abbiamo registrato dopo un mese di attività (e
per Emanuela dopo un mese di approccio alla batteria), in presa
diretta in un paio d’ore.
Sono
5 brani istintivi, nervosi e viscerali; con la chitarra direttamente
all’ampli senza passare in alcun effetto. E tamburi primitivi.
Avevamo
voglia di ascoltare le nostre prime composizioni e null’altro.
Anche se è venuto meglio del previsto, e peraltro ci è stato molto
utile per tutto il primo anno di “svezzamento” live in
club/circoli/centri sociali.
Dopodiché
non è cambiato molto…nel senso che l’approccio compositivo è
comunque istintivo e viscerale. Con in più un po’ di maggior
ricerca relativa al suono che vogliamo ci contraddistingua.
Di
conseguenza si, “Stonselvatique” e “Yuma” hanno un filo
conduttore. Che comunque non manca nemmeno al primo demo. O a ciò
che in futuro verrà, se anche fosse completamente diverso.
4.
E' sempre difficile e limitante ridurre la sonorità di una band
all'interno di un genere specifico, però mentre nei Bettie Blue ci
sento un'anima blues, e un certo garage, stento a riconoscerci lo
stoner (uno dei miei generi preferiti...). Voi invece lo ponete al
primo posto nel descrivere la vostra musica; lo trovo un po'
fuorviante, credo che un più generico AltRock vi definisca meglio.
Da dove arriva questa vostra identificazione con lo stoner?
In
realtà tutto ciò che riguarda l’identificazione all’interno di
un genere è “farina del sacco” di amici/conoscenti/fan ai quali
noi stessi abbiamo chiesto (proprio per la difficoltà, soprattutto
in prima persona, di definire il genere di una band) l’opinione in
merito.
Credo
semplicemente che tutto ciò che venga richiamato (dal Blues, al
Garage, allo Stoner, ecc…) sia la restituzione di quei generi dei
quali, per la maggiore o per un periodo/i di tempo più ricorrente,
ci siamo nutriti.
Per
tale ragione, nel percorso di crescita, cerchiamo e cercheremo sempre
di più di tendere le orecchie a tipologie di generi e sonorità
molto differenti tra loro.
5.
Fabio, parlaci del suono che addotti nei Bettie Blue. Quella
chitarrona ruvida a grana grossa è proprio bella!
Grazie!
E’
il suono che avevo in testa e desideravo per quanto fatto fin’ora.
Nello
specifico poi non è altro che la mia telecaster in un combo
valvolare ed alcuni fuzz sporcaccioni+un octaver ;)
6.
Com'è stato l'incontro con Omid Jazi, cantante, produttore e
collaboratore dei Verdena? E la vostra esperienza londinese?
E’
stato un bell’incontro. Ancor prima di parlare di collaborazioni,
ecc... ci siamo trovati a livello umano; ed è una base fondamentale.
L’esperienza
a Londra intensa ed intensiva! Soli 2 giorni di registrazioni
serrati, dopodiché birre e perdersi per i quartieri in compagnia di
Omid.
7.
Dite che nel vostro album "Yuma" non si parla nè della
località americana che ne porta il nome, nè del film must "Quel
treno per Yuma": da dove quindi la scelta del titolo? Ne è
stato comunque ispirato?
Il
titolo della pellicola è un po’ emblema, innanzitutto, di
immaginari iconografici western. Immaginari che ci affascinano da
sempre.
Tale
fascino induce, quasi per un automatismo inconscio, il suono che
creiamo (pur non essendo sonorità Morriconiane, sacre) ad avere un
sapore che ha molti rimandi a tali immaginari.
Di
conseguenza Yuma era il titolo più rappresentativo. Senza escludere
la bellissima battaglia psicologica tra i due protagonisti del film,
il buono e il cattivo per eccellenza. Che ha un sapore di Yin e Yang.
8.
"Yuma" è inteso come un concept album, ma i testi sono
piuttosto criptici: ci volete guidare nell'interpretazione della sua
tematica? Quali sono il segno e il messaggio che volete lasciare con
quest'album?
In
realtà non ha la pretesa del concept album. Seppur legato dal filo
conduttore di cui sopra.
I
testi risultano criptici in quanto concepiti avvalendosi molto della
metafora. Ci piace però che per ora, a seconda di chi li
legga/ascolti, vengano interpretati in modo diverso, totalmente
personale, ma comunque sempre con una coerenza stretta rispetto
all’intima idea originale.
Più
che voler lasciare un messaggio vi è di base una necessità
esternativa, legata ad una ricerca personale e crescita
intellettuale; proprie di qualunque essere umano.
9.
Il video a presentazione dell'album, tratto dal brano "Everything
but You", è simpatico e originale, nella sua semplicità.
Parlatecene un po'...
E’
il nostro primo video. Volevamo appunto fosse semplice (e quindi
scelto un brano di Yuma, come primo singolo, altrettanto semplice
nella propria struttura), e abbiamo chiesto all’amico Nico Martini
di farsi venire un’idea carina. Il video ne è il risultato. Ed è
riuscito esattamente come lo abbiamo immaginato mentre lo studiavamo
assieme.
Abbiamo
già pronto un secondo video, del singolo “Un processo attento”
(è in via di definizione la data di uscita), che sarà invece
completamente diverso, con una sceneggiatura di base, e diretto e
girato a due passi dall’Atlantico….
10.
Dove vi possiamo trovare per ascoltare live il nuovo album? Siete in
tour nazionale? Avete qualche data all'estero?
Il
tour è in via di definizione; per ora ci sono date già chiuse il 15
Agosto a Livorno, il 22 a Leverano nel Salento, e il 28 in Serbia
(non mi chiedere il nome del paese ;)).
Stiamo
iniziando a collaborare con delle agenzie di booking, quindi è
auspicabile si definisca in un futuro prossimo un tour completo.
11.
Avete già progetti per il futuro post-Yuma?
Per
ora la progettualità post Yuma si delinea all’interno del suono
(da dove poi tutto parte). Nel senso che nei momenti di relax
facciamo comunque le prove, e stanno maturando già nuove idee; con
dei nostri capisaldi sonori ma nuovi elementi sperimentativi.
12.
Emanuela, mi piace sempre analizzare la vena creativa dei personaggi
che intervisto e so che tu hai coltivato anche la passione per la
scultura. Parlacene un po'!
L’idea
di imparare a scolpire arriva da una piccola testa di donna,
modellata con la creta da mia madre. Che era pittrice.
Mi
iscrissi così all’accademia, e in quegli anni di studio imparai a
disegnare dal vero, modellare la creta, scolpire la pietra - in
particolare il marmo - e ad eseguire stampi per metalli e gesso.
Studiai
l’anatomia artistica, la storia dell’arte moderna e
contemporanea, e fotografia (sviluppo in negativo e stampe in
monocromatico).
Per
motivi personali, nel momento in cui cominciavo ad entrare in questi
mondi fantastici, dovetti allontanarmi.
Ottimo,
direi che per questo incontro abbiamo finito. Avete qualcosa da
aggiungere in chiusura?
Noi
dell'EDP intanto vi auguriamo una felice carriera musicale, lunga
quanto... quel treno per Yuma! Grazie
a voi di EDP per il lavoro che svolgete, e la passione con la quale
lo fate!
DISCOGRAFIA
STONESELVATIQUE
2013, Ep Autoprodotto
1.Twist of Cold 2.D-devil 3.Right in the Middle 4.Carl Gustav
5.Lotus
Lo
ascolti su Soundcloud
YUMA
2015, Lp Autoprodotto
1.Un
processo attento 2.Il mio personale mostro di Lochness 3.La
persistenza della memoria 4.Mamba surf 5.No doubts 6.Opera tua
7.Everything but you 8.Yuma
Lo
ascolti su Spotify
QUI
la nostra recensione
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Articolo
e intervista ad opera di Giusy Elle
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