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martedì 12 novembre 2019

191. RECENSIONE66: The Rage of the Rabbit by Craving For Caffeine

LISTA RECENSIONI


I CRAVING FOR CAFFEINE (C4C) sono un duo umbro chitarra-batteria di matrice rock/metal, con l'espediente dell'elettronica a coprire le frequenze mancanti del basso. Nati da un trio mai decollato, vantano dal 2011 ad oggi un Ep e due full lenght, l'ultimo dei quali, The Rage of the Rabbit, è sotto i nostri riflettori quest'oggi.
Il coniglio del titolo (splendido artwork a firma Lori Meyers), campeggia sulla copertina e viene ereditato dall'album precedente, all'interno di un concept che si sta sviluppando nel tempo.
Per la retrospettiva della band e l'intervista con i suoi membri, Simone 'Poca' Matteucci e Matteo 'Cav' Cavallaro, rimando al nostro articolo appena pubblicato (qui) mentre procediamo in questa sede con qualche dato tecnico sull'album, ma soprattutto con l'esaustiva e colta recensione del nostro collaboratore Cesare Businaro.
Buona lettura e buon ascolto con il rock dei Craving for Caffeine!

Contatti Band:


The Rage of the rabbit credits:
Scritto, arrangiato e suonato da Craving For Caffeine (C4C)
I Craving For Caffeine sono: Simone 'Poca' Matteucci (chitarra,voce ed eletronica) e Matteo 'Cav' Cavallaro (Batteria ed elettronica)
Registrato @Dyne Engine Studio e @Burning Alien Studio
Mixato e Masterizzato @Dyne Engine Studio, Castelfidardo (AN)
Artwork: Lori Meyers
Graphic: RGB Multimedia
Photo: Riccardo Garzia
Pubblicato ad Aprile 2019
Full Lenght formato Cd


Qui lo ascolti

The Rage of the Rabbit 2019
Autoprodotto
(Rock, Metal, Elettronica)

1. The trust show
2. Overcome
3. Seas of Shame
4. Sad Land
5. Make it Real
6. Raven
7. Scream your Voice
8. Chatterers
9. Take my Money
10. The Blue Rain


RECENSIONE
CRAVING FOR CAFFEINE The Rage of the Rabbit
Lp 2019 Autoprodotto

Il duo perugino dei Craving for Caffeine ci propone anzitutto un CD confezionato “al bacio”: manca il bigliettino con la frase d’amore, ma in compenso lo ricevo con due adesivi del loro logo. Il dischetto alloggia nel classico (ma più resistente al tempo) jewel case trasparente e la copertina, un unico cartoncino ripiegato in due lembi per infilarsi nella custodia, ritrae il coniglio “arrabbiato” del titolo in versione fumettistica e “godzilliana”, nell’atto di distruggere con una zampata gigantesca tutto ciò che gli si para davanti, mentre si fa strada in mezzo ai grattacieli di una metropoli in stato di coprifuoco. La grafica, firmata Lori Meyers, è davvero pregevole e la testa del medesimo coniglio viene pure riprodotta sul lato superiore del CD. Inutile dire che anche l’occhio vuole la sua parte e che l’ascolto è ancor più invogliato da questi dettagli, che nell’era corrente dello streaming sono (purtroppo) sempre più trascurati.

Aprendo il pieghevole, da amante della “sei corde”, non posso non notare che il “Poca”, all’anagrafe Simone Matteucci, cantante/chitarrista dei Craving for Caffeine, mette in bella mostra una Washburn N4, modello di chitarra a firma del guitar hero degli Extreme, al secolo Nuno Bettencourt (se ci fosse bisogno di specificarlo). Escluderei a questo punto che gli autori del CD, a me sconosciuti (mea culpa) fino all’ascolto di questa loro (eppur già) terza pubblicazione, possano proporre musica lo-fi, mentre è decisamente più probabile (e sfoggiare uno strumento del genere in copertina è addirittura – se vogliamo – un atto di coraggio), che il genere proposto dai Craving for Caffeine sia un robustissimo hard’n’heavy con derive funk/metal, sulla scia della suddetta – e blasonata – formazione di Boston (sebbene nota ai più per la ballad delle ballad, ovvero “More Than Words”).

L’ascolto dell’opera non smentirà le mie previsioni: “The Rage of the Rabbit” è infatti una sequenza di brani (in tutto 10 su 37 minuti, che al termine del CD sembrano persino meno, tanto ne è scorrevole l’ascolto), sostanzialmente improntati a un hard’n’heavy di stampo decisamente chitarristico, nel senso che mette in evidenza soprattutto i virtuosismi (comunque mai fini a sé stessi) del “Poca”, presentandolo come un valido portavoce dello stesso verbo già divulgato dal guitar hero di cui sopra, in particolare per la vena funk/metal e il suo essere crossover, nel senso di arricchire il tappeto hard’n’heavy su cui si stende più o meno l’intero disco, con inserti di vario genere. Non è da meno, in ogni caso, il socio del “Poca”, il cavalier Matteo (“Cav”) Cavallaro, che suona come un metronomo, tirando dritto dall’inizio alla fine del platter, senza mai perdere un colpo e amalgamando – con una pulizia di suoni esemplare – le “variazioni sul tema” sciorinate dal “Poca”.

E così, facendo un breve track-by-track, allo slancio “funkeggiante” dell’opener song (“The Trust Show”), segue la follia “zappiana” (soprattutto nel comparto vocale, con uno stile narrante che non può non ricordare i Primus) del secondo pezzo (“Overcome”), mentre nella successiva “Seas of Shame” il riffing rimanda a quello dei già citati Extreme, con giri di chitarra che a tratti richiamano il muscoloso interludio della loro “Cupid’s Dead”; segue un quarto pezzo (“Sad Land”), in cui le premesse di cui sopra, in merito al crossover del “Poca”, sono particolarmente confermate da un efficacissimo mix di hard’n’heavy (qui più tendente – invero – al thrash, anche per la comparsa della doppia cassa), derive sludge (in quello che “battezzo” il miglior ritornello dell’album, con dei controcanti che strizzano perfino l’occhio agli Alice in Chains) e un imprevedibile (ma perfettamente inserito) interludio di chitarra flamenco; chiude la prima metà dell’album un brano (“Make It Real”), che rispetto ai precedenti è forse al di sotto della media, perlomeno al primo ascolto, ma che propone un ritornello molto catchy, facendo del “Poca” anche un valido songwriter, seppur si tratti – pacificamente e anzitutto – di un chitarrista.

Sotto quest’ultimo profilo, va detto infatti che si nota lungo tutto il disco uno scarto evidente fra il livello, estremamente tecnico, della sezione strumentale, a cui non si può fare oggettivamente alcuna critica e quello, decisamente migliorabile, del comparto vocale (attendo quindi – e sin d’ora – il loro quarto lavoro). Si apprezzano ugualmente gli spunti e le intenzioni già messe in risalto poco sopra, ma non si può certo dire che al virtuosismo chitarristico del “Poca”, rispondano capacità vocali di analoga caratura ed efficacia, complici – forse – anche una pronuncia dell’inglese non proprio “da madrelingua” e un mixaggio delle tracce vocali non sempre pienamente integrato con le basi.

Merita comunque d’essere sottolineato anche il fatto che il “Poca”, sul retrocopertina, firmi non solo le linee vocali e di chitarra, ma pure l’elettronica (questa, peraltro, in condivisione con il suo partner). E si tratta dell’espediente con cui il duo rinforza il proprio sound, integrandolo principalmente con le frequenze mancanti (quelle basse, in assenza di un bassista), piuttosto che impreziosendolo con transizioni “d’atmosfera” fra un pezzo e l’altro o fra più parti dello stesso pezzo (e a questo proposito, sarei curioso di verificare se ne facciano uso anche dal vivo e se utilizzino l’elettronica sottoforma di basi, su cui suonare a click, piuttosto che tramite l’attivazione di looper o sequencer, quando necessario).

Riprendendo il track-by-track, la seconda metà dell’album è decisamente più improntata all’hard rock, anche per la presenza più massiccia di assoli di chitarra nella sesta (“Raven”), settima (“Scream Your Voice”) e ottava traccia (“Chatterers”) e in particolare su quest’ultima (con il suo ritmo dance), in cui il “Poca” ci propone l’assolo più lungo, veloce e probabilmente più ostico sul piano tecnico: chapeau! Sulla stessa linea, sempre di matrice più spiccatamente hard rock, merita una menzione a parte la successiva “Take My Money”, introdotta da un riff che nessuno si stupirebbe di trovare in un disco dei primi Van Halen, mentre a chiudere le danze è il brano che forse, anche per il ritmo in half time, che immagino possa scatenare un bel salto collettivo, se proposto in sede live, stacca maggiormente dal resto del disco: “The Blue Rain 2.0” ci propone un suono decisamente più alternative, a cavallo di un killer riff, che nell’intenzione mi ha ricordato nientemeno che quello – di “navarriana” memoria – della “Just Because” dei Jane’s Addiction (lì in versione “2.0” pure loro).

Volendo esprimere un voto e ribadito – a mio personalissimo parere – lo scarto fra sezione strumentale e comparto vocale, opterei in questo caso per la media aritmetica fra i rispettivi punteggi (di 9 e 6 decimi).

Cesare Businaro
7,5/10



Articolo ad opera di Giusy Elle



190. CRAVING FOR CAFFEINE: attenzione a far arrabbiare il coniglio!



INTRO
Continua il nostro viaggio sulla scia dei duo elettrici nazionali. Passando di regione in regione e cavalcando tutti i generi musicali, la tappa di oggi ci porta in Umbria con i CRAVING FOR CAFFEINE e la loro proposta rock/metal venata di elettronica. Una posizione intermedia tra gli esperimenti più estremi dei corregionali GUERRRA (qui il nostro articolo) e MALATESTA (e qui) e il postpunk degli AUTUNNO o il progetto blouseggiante degli storici BLACK BEAUTY. Andiamo quindi a vedere cosa hanno da raccontarci i caffeinomani di oggi.

BIOGRAFIA
Il chitarrista e vocalist Simone Matteucci (1981), detto il 'Poca', è il fulcro di questo progetto nato già nel 2011. L'idea è di fondare un trio rock che fatica però a decollare: per motivi personali e di lavoro, prima lascia il batterista, sostituito da Francesco Spaggiari, e successivamente il bassista stesso. Si presentano quindi altre sfide per la band che, con l'arrivo del nuovo batterista acquisisce una potenza più metal ma che deve fare i conti anche con le frequenze mancanti del basso. A differenza di molti duo che ripiegano sul rafforzamento verso i bassi del suono della chitarra (drop tune, corde grosse, splittaggio del suono in un ampli per basso) i CRAVING FOR CAFFEINE si appoggiano all'elettronica, creando una base sulla quale lavorare live. Non si tratta quindi di un'invasione di campo, piuttosto di un arrangiamento che completa e lascia spazio all'espressione degli strumenti canonici.

Dopo questo inizio pieno di avversità, nel 2013 esce 1st Craving, il loro primo EP. Questo è il primo passo della band verso una nuova direzione che, dopo alcuni live, torna in studio per scrivere il primo, vero full lenght. Disturbing the Neighborhood esce nel 2015 per This Is Core Records, ed è caratterizzato da un suono più aggressivo rispetto alla produzione degli esordi.

Ma i problemi non finiscono qui! Il batterista Spaggiari è costretto a lasciare e Simone si ritrova all'ennesima caccia al collega mancante. Sarà Matteo “CAV” Cavallaro (classe 1991) a ricoprire il ruolo vacante alle pelli, aggiungendo un groove che si sposa perfettamente con la chitarra di Simone. L'attuale formazione prevede quindi Simone Matteucci, un chitarrista molto vario (studi accademici, specializzazione in fingerstyle, laurea di primo livello al London College of Music), liutaio e insegnante in una scuola musicale che pure dirige, e Matteo Cavallaro, un futuro ingegnere meccanico appassionato di batteria fin da bambino e che ha maturato esperienza in ogni tipo di band, sia di cover che inediti, con alle spalle tour nazionali ed estere.

The Rage of The Rabbit, il nuovo lavoro discografico del duo, uscito ad aprile di quest'anno con un sound rinnovato, segna quindi un altro nuovo inizio per i C4C (l'acronimo da cui il logo per bellissimi gadget) in quello che potremmo ormai definire un hard rock con forti contaminazioni elettroniche senza dimenticare le sue radici metallare. Un simpatico conigliettone dei fumetti campeggia sulla cover del disco in un'ipotetica città e sulle orme di un moderno King Kong, arrabbiato distruttore, ci rivela come anche il più umile dei personaggi possa ribellarsi, se portato al limite... anche nell'album precedente era un coniglio infuriato a disturbare il vicinato, nell'artwork di Lori Meyers... Chi sarà quindi questo personaggio dei fumetti? Cosa vogliono comunicare i C4C con la propria musica? E come gestiscono la strumentazione su palco, tra strumenti tradizionali ed elettronica? Scopriremo tutto questo nell'intervista a seguire mentre rimandiamo alle parole del nostro fedele e appassionato Cesare Businaro per la recensione al loro "Coniglio rabbioso"... (qui). Buona lettura e buon ascolto, amici, e... ricordatevi di non svegliare mai il coniglio che dorme, potrebbe mordere più del cane del proverbio originale!

Dove ascoltare The Rage of the Rabbit



INTERVISTA
1. Un saluto a voi, Simone e Matteo, e benvenuti nel nostro spazio Edp.
A differenza di molti duo che, per ovviare alle frequenze mancanti del basso, lavorano sul suono della chitarra, voi avete optato per 'riempire' con l'elettronica, che usate entrambi. Ci volete spiegare meglio la vostra soluzione, in che misura l'elettronica si approccia agli strumenti canonici e come gestite il tutto in fase live?
S. e M. Un saluto a tutti e grazie per lo spazio che ci avete dedicato.
S. L’idea di utilizzare l’elettronica nasce semplicemente da un’ esigenza. Agli inizi del progetto C4C eravamo un trio (chitarra, basso e batteria) e, nel momento in cui il bassista ha dovuto abbandonare il progetto per motivi personali, ci siamo trovati con un disco completamente arrangiato ma un elemento in meno. Piuttosto che stravolgere gli arrangiamenti e ricominciare da capo, abbiamo deciso di fare un tentativo tutto “sintetico” e la soluzione non ci è dispiaciuta per niente.
Le parti elettroniche nascono principalmente in studio, dove io e Matteo ci vediamo e lasciamo sfogare tutta la nostra creatività, vogliamo cercare di non limitarci a quello che potremmo eseguire dal vivo, cercando di integrare le frequenze mancanti con il suono giusto scelto a seconda del brano.
Poi però ci lasciamo prendere la mano e succede che una parte di synth possa diventare l’elemento portante, l’importante è che il tutto funzioni!
Il tutto viene poi caricato in un player multitraccia che manda simultaneamente le sequenze e il click.

2. La line up attuale dei C4C è frutto di un percorso travagliato che ha come risultato un power duo. Simone, dopo l'uscita del primo batterista del duo hai riconfermato la formazione con Matteo Cavallaro, ci credi molto quindi a questa soluzione! Quali secondo te i vantaggi e, consiglieresti una band simile ai tuoi studenti chitarristi?
S. Il vantaggio principale è la semplicità, siamo solo due teste da mettere d’accordo sia come impegni che come idee. Anche l’aspetto logistico è sicuramente semplificato, ci spostiamo con una macchina sola, volendo, e riusciamo a proporci anche in locali dove una band con formazione “standard” magari non riuscirebbe ad entrare.
Una formazione così minimale è sicuramente una scelta un po’ estrema che mi sento di consigliare dopo un po’ di esperienza in formazione più tradizionale, però perché no? è comunque una bella sfida riuscire a trovare un sound d’impatto e risolvere tutte quelle dinamiche che, normalmente, lasceresti ad un  altro componente della band.

3. E te Matteo, come hai dovuto adattarti con la mancanza di un basso nella band? Hai dovuto rimodellare il tuo concetto di suonare? Aggiungeresti dell'elettronica in futuro nel tuo kit? 
M. è vero che batteria e basso vanno spesso a braccetto, ma è altrettanto vero che l’assenza del basso non comporta nessun tipo di variazione nel modo di suonare, almeno per me. I riferimenti di cui ho bisogno sono comunque contenuti nelle sequenze e nel click, quindi, in realtà, non ne sento così tanto la mancanza durante le performance. 
Allo stato attuale non ho ancora integrato il mio set con pad elettronici quindi, come detto in precedenza, l’elettronica è studiata prima e non durante il live. Non è comunque escluso che magari in futuro questo possa succedere.

4. Ci raccontate un po' il percorso musicale che vi ha portati fino a qui? Cosa e quanto della vostra esperienza musicale precedente avete portato nel progetto Craving For Caffeine?
M. Entrambi veniamo da background musicali molto eterogenei in realtà, le nostre passate ed attuali esperienze musicali con formazioni che spaziano dal jazz al soul passando per il progressive, sicuramente trovano spazio nel sound dei C4C. Ci piace contaminare con le cose più disparate, fondamentalmente cerchiamo di non porci limiti.
Ogni esperienza ci ha arricchito in qualche modo, ecco perché nel nostro sound si possono trovare groove, riff pesanti, parti vocali strillate o armonizzate e, perché no, un po di sano rock ’n’ roll!

5. Craving For Caffeine... ci spiegate la nascita del nome? Anche se immagino ispirato a lunghe sessioni in sala prova...
S. Sicuramente le nottate in sala prove hanno contribuito, la realtà è che ci piaceva come suonava all’epoca, poi ci siamo affezionati e così è rimasto! 

6. Il coniglio uscito dalla penna di Lori Meyers è quasi un vostro simbolo, compare infatti sulla copertina di entrambi gli album pubblicati finora e sui gadget della band; non dico sia il vostro animale totemico ma si intuisce che fa parte di un concept. Nel suo atteggiamento di sfida e ribellione, lo vedo come una rivalsa dell'umile, l'espressione della rabbia degli oppressi. Come è nato il personaggio e che valenza gli date invece voi?
S. Un concept c’è, diciamo che c’è una storia parallela che si sviluppa sulle nostre copertine e di cui, come puoi immaginare, non vi daremo anticipazioni. ;) 
Per il resto lasciamo ognuno libero di interpretare come meglio crede il nostro messaggio, anche se devo dire che ti sei avvicinata molto!
Lori Meyers ha sicuramente saputo cogliere l’essenza dei Craving e per questo la ringraziamo molto, sia per le sue innegabili doti artistiche che per il supporto umano che ci ha dato.

7. Cosa desiderate comunicare invece con la musica e i testi? C'è un messaggio preciso da veicolare?
S. Il messaggio c’è come in ogni cosa, quello che personalmente mi piace promuovere è una presa di coscienza, ognuno dovrebbe guardare dentro di se e cercare di essere migliore, sia per se stessi che per tutto quello che ci circonda.
A volte possono essere esperienze personali, a volte semplici riflessioni, diciamo che la “storia” diventa un mezzo al servizio di un messaggio più ampio.

8. Per la pubblicazione di Disturbing the Neighborhood vi siete appoggiati a This is Core Records, una delle tante mirabili etichette indipendenti del nostro territorio nazionale. The Rage of the Rabbit esce invece autoprodotto: ci volete spiegare questo cambio di rotta?
M. Sicuramente non abbiamo litigato! Hahahaha! è stata una scelta ponderata e ben pensata, non è stata fatta a cuor leggero. Indubbiamente uscire con un’etichetta ha i suoi vantaggi, diciamo che, per questa release, abbiamo preferito gestire tutto in autonomia per poter indirizzare in maniera, secondo noi, più efficace il nostro messaggio. 
Ci piacerebbe riuscire a provare canali più coerenti per il nostro genere, per poter arrivare al pubblico giusto, con o senza etichetta.

9. Oltre a suonare live per spargere il verbo del 'coniglio incacchiato', quali i vostri progetti per il prossimo futuro?
M. Siamo sempre al lavoro con nuovo materiale, le idee non si fermano mai. Per ora non ci sono nuove release in vista, ci stiamo concentrando sulla promozione di The Rage of the Rabbit programmando live ed esibizioni su più palchi possibile.
Per tutte le news vi rimandiamo ai nostri canali facebook e instagram che sono costantemente aggiornati! 

Grazie mille a voi, Simone e Matteo, per averci mostrato il vostro punto di vista nel mondo dei duo chitarra-batteria. Vi auguro un buon proseguimento musicale e un po' di calma per il vostro Coniglio stressato... Ringraziamo. Un saluto a tutti voi di Edp, aspettandovi sotto il palco... ;)




DISCOGRAFIA
THE RAGE OF THE RABBIT 2019, Autoprodotto (Rock, Metal, Elettronica)

1.The trust show 2.Overcome 3.Seas of Shame 4.Sad Land
5.Make it Real 6.Raven 7.Scream your Voice 8.Chatterers 9.Take my Money 10.The Blue Rain


Lo ascolti su Spotify/Youtube
Qui la nostra recensione


DISTURBING THE NEIGHBORHOOD 2015, This Is Core Records (Rock, Metal, Elettronica)

1.No Compromise 4  2.Early Reflections  3.Say Goodbye  4.Payback  5.Portrait 6.Love Killer  7.Growing  8.Electr_1

Qui lo ascolti





1ST CRAVING 2013, Autoprodotto (Rock, Metal, Elettronica)

1.The Sleepwalker 2.What I Want 3.Loosing Your Soul 4.The Shame 5.‘R’ U go Insane? 6.The Blue Rain 7.The Great Mistake







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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle