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mercoledì 11 febbraio 2015

55. RECENSIONE 11: II by Karawane




   Dopo la presentazione del duo Karawane e l'intervista a loro dedicata (qui) passiamo ora ad analizzare il loro Primo Ep intitolato "II"... Ma contestualizziamolo un po'... Fabrizio d'Andrea (chitarra e voce) e il batterista Luca Sabata vivono a Napoli e provincia e dopo varie esperienze musicali approdano a fine 2012 al duo KARAWANE. Si tratta di due studenti universitari incontratisi in rete che in questo progetto strumentale esprimono il loro lato creativo in totale libertà, dando sfogo all'ispirazione del momento. Nel 2013 registrano una demo autoprodotta che non arriva però a mostrare al meglio la carica che i due esprimono su palco: i Karawane infatti possono rinchiudersi a lungo in sala prove, per elaborare il loro materiale, ma è in fase live che esprimono al meglio la potenza esplosiva che li contraddistingue. E' dell'ottobre di quest anno invece "II", il loro primo Ep, registrato grazie al primo premio di un contest locale che i nostri due hanno meritatamente vinto.
   "II" consta di cinque tracce, spesso molto varie tra loro, introdotte e sfumate da un Intro e un Outro ulteriormente diverse: queste sono le ultime create e ci svelano in anteprima il suono e lo stile che il duo sta acquisendo. Il viaggio sonoro dei Karawane è infatti un work in progress e dove li porterà non lo sanno nemmeno loro... sì perchè i due non amano fare progetti razionali per il futuro della propria musica, si lasciano da questa svelare e condurre, piuttosto... ragione per cui i brani dell'Ep sono capitoli a sè stanti, nati in situazioni e momenti diversi e come tali registrati su disco tanto in presa diretta quanto in multitraccia. Un percorso di registrazione insolito ed alternativo che ci porta dai suoni cupi, grevi e distorti di brani math prog di tiro a parti più melodiche e aperte, con dolci arpeggi della chitarra di Fabrizio; il tutto senza struttura fissa, come si conviene a una band sperimentale quali i Karawane sono. Un album strumentale da ascoltare per intero, quindi, se non vogliamo perderci nessuna delle molteplici sfumature musicali proposte da questo duo partenopeo e dello stile ricco e sofisticato del batterista Luca. Un progetto alla ricerca della sua identità definitiva e in quanto tale ancora un po' "acerbo", come loro stessi ammettono, ma che rivela un potenziale non indifferente: sicuramente un duo da seguire per vedere come le loro sonorità, varie ed imprevedibili, si possano evolvere nel tempo.
   Vi lascio finalmente all'ascolto integrale di "II" ai link qui a seguire e all'analisi più tecnica ed approfondita dell'album grazie alla recensione del nostro collaboratore Giac Drummer.



II Settembre 2014, Ep autoprodotto (Sperimentale, Strumentale)


Intro: Tema
1.AAW
2.Mass
3.Marte
4.Testa
5.Wilde
6.Sottovoce
Outro: Meta








RECENSIONE
KARAWANE "II" Ep 2014, Autoprodotto

Un duo avvolto nel mistero, che fa della semplicità ed essenzialità il suo punto di forza. Si definiscono, nella loro breve quanto concisa biografia, due “esseri umani che vivono sul pianeta terra. Ad uno piace far stridere cose, all'altro picchiare cose”.
E questo è fondamentalmente il contenuto del loro secondo lavoro, un e.p. , seguito ideale della demo omonima, registrata in autonomia in un garage e caratterizzato da un suono crudo e lo-fi.
Stavolta la formula si fa un po’ più consistente, la cifra stilistica e le loro idee vengono messe maggiormente a fuoco.
Alle presentazioni ci pensa un feedback lacerante, una chitarra distorta, che sembra quella del Jack White durante l’esibizione al Coachella del 2014. In “AAW”, i temi vengono sezionati, ritornano in andamenti suadenti e striscianti, che si tingono di venature stoner come nella successiva “Mass”, tra i momenti di maggior impatto emotivo del lotto, con un bel finale ambientale. Si prosegue nei medesimi territori tra scenari ossessivi “Marte”, gli arpeggi e le atmosfere post-rock di “Testa” e la saturazione pervasiva di “Sottovoce”.
Accattivanti ed efficaci nelle idee e meno nella realizzazione, spesso le ritmiche appaiono approssimative, particolarmente evidente nel brano “Wilde”. Un fattore poco accettabile in un duo scarno di math-core, che fa del minimalismo la sua forza e che dovrebbe giocare il tutto sull’incisività, la solidità ritmica e la continua (re)invenzione di “micro” soluzioni.
Le carte vengono scoperte ben presto, si utilizzano troppo spesso le medesime formule, stop and go, unisoni, e il suono volutamente lo-fi non aiuta nella ricerca di un suono composito.

6/10
Giac Drummer




Articolo ad opera di Giusy Elle


54. L'essenzialità e la sperimentazione dei KARAWANE


INTRO
   Con oggi parliamo di musica un po' particolare quale solo quella sperimentale può essere. Siamo al Sud, precisamente a Napoli, con il duo KARAWANE.
   La capitale partenopea è già usa ai power duo e assolutamente non estranea all'ambito sperimentale. Due sono le two-piece locali che ho seguito fin dal periodo di Myspace, e con i cui musicisti ho interagito per lungo tempo. Ricordiamo dapprima i MESMERICO, un trio nato nel 2001 che si trasforma in duo quattro anni dopo. Nel 2009 l'opera prima di Fabrizio Piccolo e Luca Bottigliero, l'album d'esordio "Magnete" (Octopus Rec), registrato in soli 2 giorni interamente in presa diretta al Blocco A di Padova da Giulio Favero del Teatro degli Orrori e che in una traccia vede anche la presenza al basso di Massimo Pupillo degli Zu. Una musica potente, connubio di vari generi (Hardcore, Metal, Noise) con l'occhio puntato all'Avant Music di Mike Patton. Una live band, più che da recording, tra le più interessanti realtà emergenti del panorama musicale napoletano dell'epoca, forte di un potente impatto scenico e sonoro: numerosi i palchi da loro condivisi con nomi illustri, dagli statunitensi No Mean No ai Cheval de Frise, da One Dimensional Band ai già citati Teatro degli Orrori e Zu. Purtroppo anche la loro un'esperienza conclusa per continuare il proprio viaggio in altre realtà musicali.
   Sulla falsa scia ecco comparire nel 2006 i PSYLOCIBE (anche loro nati qualche anno prima in trio), power duo dei fratelli Giovanni e Michele. Anche per loro un rock sperimentale di grande interesse.


BIOGRAFIA
   I KARAWANE sono invece un duo partenopeo di recente formazione risalendo la loro origine all'Ottobre del 2012; Fabrizio d'Andrea e Luca Sabata si incontrano in rete, grazie ai loro profili Soundcloud che all'epoca li vedevano impegnati in progetti di musica più elettronica e digitale. Provano da subito una certa affinità compositiva tanto da decidere di collaborare assieme on line, senonchè, dopo lo scambio di qualche mail, scoprono di abitare molto più vicini di quanto immaginassero! Fabrizio, il chitarrista, vive in città mentre Luca viene dalla provincia di Napoli, precisamente da Torre del Greco. Una volta in sala prove abbracciano strumenti più canonici e iniziano a "provare", provare generi e stili, esperimenti di vario tipo, in totale libertà dettata dall'ispirazione del momento. La musica che nasce da questo incontro, esclusivamente strumentale, è quindi molto varia e spesso ogni pezzo differisce parecchio dagli altri: la scelta di restare un duo, alla fine, è stata proprio a favore di questa grande libertà compositiva che li contraddistingue. Diciamo che l'unica costante della musica dei Karawane è una certa componente minimale che li caratterizza.
   Nel 2013 registrano una demo autoprodotta che però non trapela l'attitudine più energica che i due dimostrano in fase live. Molto più esplicativo del loro stile è invece "II", l'Ep ufficiale autoprodotto che vede la luce nell'Ottobre del 2014, registrato grazie al primo premio di un contest cittadino tenutosi al "Cellar Theory", un locale di riferimento per cultori che a Napoli promuove musica indipendente ed organizza parecchi eventi di spessore (alla direzione artistica, oltre allo storico proprietario Luciano, si è affiancato anche Marcello Giannini, chitarrista del duo Jazzcore ARDUO, e probabilmente è per questo che molti duo si sono esibiti su quel palco!). Tornando a "II", diciamo che si tratta di un 6 tracce con l'aggiunta di un'intro e un outro ad anticipazione della direzione futura che i due vorrebbero intraprendere, gli altri pezzi sono stati registrati sia in presa diretta ("nudi e crudi", a dimostrazione del sound minimalista dei due) che in multi-traccia con sovraincisioni. Volutamente vario, non segue per niente le linee guida in genere adottate a livello professionale: nella loro intenzione, infatti, l'album non doveva suonare "tutto uguale" dall'inizio alla fine ma ogni pezzo doveva avere il proprio suono, in quanto concepito in tempi e con intenzioni diverse. Anche in fase di recording un po' di sperimentazione non guasta! Quello che di sicuro possiamo dire dei Karawane è che si tratta di un duo purista, nel vero senso del termine, minimalista e sempre alla ricerca di nuove soluzioni sonore. La chitarra di Fabrizio è molto essenziale, i suoi spunti sono chiari e precisi e si muovono tra riff ed arpeggi, mentre il batterista Luca ama arricchire molto le composizioni, giocando sulle sfumature e sui continui cambi ritmici. Un'opera varia, come si diceva, sperimentale ma ancora melodica ed altamente fruibile. Un album originale del quale abbiamo il piacere di presentare la recensione (qui) ad opera del nostro collaboratore Giac Drummer.
   Fabrizio e Luca (classi '88 e '89) sono attualmente due studenti universitari (ingegneria edile/architettura l'uno, informatica l'altro) con interessi culturali di vario tipo e con alle spalle parecchi anni di gavetta in band dai generi più variegati: Fabrizio è passato da un primo gruppo strumentale alla classica cover band rock per poi sviluppare un progetto folk-acustico di inediti; attualmente suona la chitarra in un gruppo alternative-folk denominato Lamansarda. Luca invece si è mosso da una cover band dei System of a Down a un progetto reggae roots; da una banda da parata per feste di paese ad un quartetto di jazz standards, passando anche per gruppi da pub e innumerevoli, quanto inevitabili, progetti rock/metal. E' proprio quest'esperienza variegata ad aver arrichito il bagaglio musicale dei nostri due che ora hanno tutti gli strumenti per poter "giocare" a piacimento con i vari stili e sonorità. Il progetto Karawane è portato avanti in maniera assolutamente DIY (Do It Yourself) con autoproduzioni, poche presenze sui social network, nessuna agenzia di booking, di promozione o casa discografica per le loro pubblicazioni. Non curano l'immagine del duo tant'è che non avendo foto "ufficiali" di posa ne' scatti professionali dei loro live, questo articolo mantiene un profilo basso e minimale, ad eco della musica da loro proposta. Non ci sono rcensioni ai lavori dei Karawane ne' interviste ai due dedicate ma ci pensiamo noi dell'EDP a presentare debitamente questo duo! una valida band formata da due validi musicisti che hanno idee da sviluppare e maestria da vendere. Sono solo agli inizi della loro carriera e si stanno costruendo pian piano un suono e una miscela di generi del tutto personale, per cui teniamo pure sott'occhio Fabrizio e Luca perchè ce ne faranno ascoltare, di cose interessanti! Intanto parliamo di questo e altro con i diretti interessati nell'intervista a seguire mentre rimandiamo alla recensione dell'Ep "II" nell'articolo appositamente dedicato (qui).



INTERVISTA
1. Ciao Fabrizio e Luca, benvenuti nei nostri spazi EDP. Ci raccontate com'è iniziato il vostro percorso musicale personale? Come vi siete approcciati ai vostri strumenti?
Fabrizio: Ciao Giusy, ciao EDP. Io personalmente ho iniziato ad avvicinarmi alla chitarra sin da piccolo, quando a casa di mia nonna scovai una vecchia Eko Ranger 12 corde appartenente a mio zio. La cosa iniziò ad incuriosirmi, ma non sapendo suonare la usavo solo per giocare. Poi con il tempo e con l'aiuto di mio cugino, cantautore, iniziai ad imparare i primi accordi. Poi un po' di lezioni private con vari maestri e studio parallelo da autodidatta, che tuttora cerco di portare avanti.
Luca: Il mio approccio è stato tra i più banali possibili: alle superiori si stava formando la band di classe, mancava solo il batterista. Colsi l’occasione per avere una valvola di sfogo, ma in seguito scoprii di avere una vera passione per la musica. Per anni ho studiato con un grande maestro e mentore, mentre adesso continuo da solo, in tutte le direzioni possibili.

2. Quando vi siete conosciuti in rete stavate sviluppando delle idee di musica elettronica, com'è che uan volta incontrati "dal vivo" avete optato per una strumentazione più canonica?
F: Penso prima di tutto per un fatto di praticità. Poi personalmente io uscivo da una serie di gruppi fallimentari e avevo molta voglia di avviare qualcosa di serio e magari anche più personale, di diverso dalle solite cover band. E sin dal primo groove di Luca ho pensato che potesse nascere qualcosa di serio.
L: Per quanto siano grandi le potenzialità dei computer nella musica, non c’è davvero niente come il feeling degli strumenti tradizionali. Suonare insieme dal vivo avviene in primis così.

3. Karawane... da cosa è stata dettata la scelta del vostro nome? Una carovana fa pensare a una moltitudine di persone, non certo a un duo...
F: Sì, tradotto con Google, quello è il primo significato. Ma in realtà non ha un vero e proprio senso, anzi, karawane è un suono. Di per sè la parola deriva da una poesia dada di Hugo Ball, e a noi ci suonava molto "musicale".
L: Come l’omonimo poema, il nostro progetto non ha un’intenzione precisa: non c’è alcun senso né direzione prestabilita. Tutta questa libertà non è una scelta, ma un bisogno che ci nasceva da dentro: eravamo stufi di “comportarci” in un determinato modo o di fare “certe cose”. Per una volta volevamo suonare, punto e basta.

4. Come funzionano le vostre prove? Come nascono i brani targati Karawane?
F: Nascono da un vero flusso, da pura improvvisazione, quasi mai prepariamo cose a casa. Quello che facciamo di solito a casa è cercare di sistemare le registrazioni e riassumere il tutto. Poi torniamo in sala, risuoniamo le parti e cerchiamo di dare una struttura ai pezzi.
L: Il grande beneficio di registrarsi è che puoi sentire, oltre al cosa, come stai suonando: alle volte quello che in sala sembra grandioso, ad un ascolto più freddo non si rivela granché; altre volte troviamo piccole gemme che non credevamo così efficaci.

5. Mi sono sempre chiesta come si fa a dare dei titoli ai brani strumentali (a parte attingrndo al feeling che li ha ispirati)... nel vostro caso come scegliete i nomi per i vostri pezzi strumentali?
L: A caso, o anche solo per divertimento. Un pezzo si chiama Hic perché ci sembrava che suonasse a singhiozzi; Wilde si chiama così perché era in stile Into The Wild, ma un po’ cervellotico, dunque Wild → Wilde (Oscar). Alcuni sono solo indicativi (Tema), altri sono anagrammi (Meta), altri ancora anagrammi malriusciti, come Orsom Atlac, ispirato da Corso Malta, un futuro pezzo che dovrà essere più ingarbugliato dell’infernale tratto di tangenziale.
F: Un’altra cosa curiosa è legata a due brani, Marte e Pneumi, nati dal martello pneumatico che un paio di anni fa mi sono dovuto subire tutte le mattine a causa dei lavori al piano di sopra.


6. Fabrizio, in "II" hai un suono molto caldo e sempre scuro, nelle tonalità grevi: come intendi il suono della chitarra in una two-piece con batteria? Quale strumentazione usi?
Premesso che mi sono sempre considerato un chitarrista "ritmico" e non un "solista", sono sempre alla ricerca di un buon suono caldo e corposo che possa essere "presente" anche con poche e semplici note, cosa che in un contesto a due trovo fondamentale. La strumentazione che uso è abbastanza semplice, un overdrive, un octave, un fuzz e un delay per quello che riguarda i pedali, mentre quello di cui non posso fare a meno è l'utilizzo di due amplificatori, in stereo, di cui uno è per il basso. Credo che quel suono scuro a cui ti riferivi provenga proprio da lì. Una soluzione spesso usata dai duo chitarra e batteria puristi, in effetti...

7. Luca, tu hai alle spalle esperienze musicali molto diverse tra loro che ti hanno conferito un drumming vario e sofisticato. Come ti approcci, da batterista, alla chitarra di una line-up a due?
Adesso che ho piena libertà di suonare a modo mio, cerco di fare quello che "non si fa", ovvero evitare pattern fissi, andare controtempo, cambiare il timing, alternare dinamiche. E poi, se Fabrizio è il "ritmico" tra i due, io sono il "solista": tendo a suonare melodicamente, improvviso, faccio assoli. Il mio obiettivo è essere imprevedibile, cambiare le prospettive, cercare efficacia in nuovi metodi. Le mie più grandi influenze sono Bill Bruford, Jamie Muir e Rodney Holmes, mentre sono molto attratto dalla primordialità delle percussioni africane, che ho intenzione di introdurre nei pezzi futuri.

8. In questo vostro Ep avete aggiunto un Intro e un Outro ad anticipazione del percorso musicale che state prendendo. La musica dei Karawane è quindi in evoluzione e avete ben chiaro dove si sta dirigendo, volete descriverci questo percorso?
L: Dopo un primo approccio “sanguigno”, siamo pronti ad inglobare quelle sonorità attraverso le quali siamo entrati in contatto la prima volta, e che ci serviranno ad estremizzare ancora di più il nostro modo di suonare e la musica che ne può nascere. Personalmente non vedo l’ora!
F: Ora ci siamo procurati un po’ di strumentazione nuova sulla quale sfogare le nostre nuove idee, ma credo che sia difficile anticipare qualcosa, o cercare di definire un percorso.

9. La copertina del nuovo Ep "II" cosa rappresenta? Mi ricorda qualcosa di biologico visionato al microscopio...
L: Infatti. È una fotografia microscopica di bolle, risultato di chissà quale test. L’ho trovata per puro caso al lavoro, dimenticata in un vecchio NAS, e mi è subito piaciuta, specie per la composizione.
F: Per noi quell’immagine rappresenta qualcosa di minimale ed essenziale, ed è proprio quello a cui vorremo aspirare musicalmente. 

10. I vostri progetti futuri?
F: Riuscire a fare quanti più live possibili. Siamo comunque un gruppo emergente quindi vorremmo riuscire a farci conoscere e soprattutto a farci ascoltare. La dimensione live, per il tipo di musica che facciamo, è il modo più diretto per riuscire in questo.
L: Oltre a farci le ossa, suonare dal vivo serve a rafforzare l’intesa che c’è tra noi. Essere un duo in un contesto sperimentale richiede un livello ancora più alto di affiatamento. La cosa non è facile, ma ce la stiamo mettendo tutta.

11. Il vostro approccio di gestione del duo è tutto DIY: quali sono le finalità specifiche della vostra band, gli scopi che vi siete prefissati e che desiderate raggiungere?
F: Il DIY nasce per necessità: purtroppo oggi non si può pensare di poter fare semplicemente il musicista, quindi cerchiamo di fare di tutto un po', appunto in modo DIY. Cerchiamo di curare anche gli altri aspetti al di là della musica. Magari non ci riusciamo bene, ma almeno possiamo prendere decisioni autonomamente. Insomma ci prendiamo anche un po' di responsabilità così.
L: Con la cultura di Internet, del resto, non c’era altro modo per cominciare che autopromuoversi. Ma se ci pensi, è anche il punto forte della faccenda: chiunque può ascoltare i tuoi pezzi online, la tua musica si può diffondere liberamente e questo può farti conoscere nel mondo.

12. Mi pare di capire che apprezzate al meglio la formazione a due, ci volete dire quali sono per voi i punti di forza e le difficoltà di questa line-up?
F: Di sicuro un punto di forza è l'organizzazione, insomma non ci vuole molto a mettere d'accordo due teste, almeno fino ad ora ci siamo riusciti. Forse un punto debole potrebbe essere la mancanza di un basso o di una voce, ma abbiamo scelto di andare avanti così e per noi va bene e ci piace.
L: Cerchiamo di compensare gli strumenti “mancanti” con tutta l’energia di cui siamo capaci. E prossimamente anche con le nuove sonorità che vogliamo introdurre.

13. Avete suonato con altri power duo?
F: Purtroppo non abbiamo ancora avuto modo, ma qui a Napoli ci sono già altri duo all'attivo, sarebbe bello poter condividere lo stesso palco un giorno. Ma abbiamo ancora molta strada da fare.
L: In effetti, qui c’è gente davvero forte e noi ancora non siamo un duo veramente “power”. Ma è anche vero che il nostro progetto è ancora acerbo, sebbene in costante mutazione.

14. Com'è la scena musicale partenopea, al momento? Quali i generi musicali più diffusi e com'è la realtà dei locali cittadini che promuovono la musica udnerground?
F: Ora che stiamo suonando più frequentemente dal vivo siamo riusciti a conoscere altri musicisti molto validi. Forse l'unica pecca è che qui al Sud non è molto diffusa la musica strumentale. Sono pochi i gruppi strumentali, soprattutto quelli emergenti, ma siamo riusciti ad entrare in contatto con qualcuno di questi e speriamo di poter crescere assieme. Diciamo che per ora sono fiducioso. Per quanto riguarda i locali, noi siamo molto legati al Cellar Theory, che oltre ad averci battezzato musicalmente è uno, se non l'unico, locale capace di proporre musica interessante e sempre di altissimi livelli.
L: Riguardo al Cellar Theory, vorrei menzionare in particolare Luciano Labrano, Luca Paolella e Carlo Doino. Persone che, nonostante le mille difficoltà, hanno sin da subito avuto fiducia in noi, e ci sostengono da sempre. Ho dei bellissimi ricordi del contest tenutosi nella storica sede del locale in via Bonito, vicino la collina su cui sorge la certosa di San Martino. Quei luoghi rimarranno una parte indelebile della mia vita musicale, verso la quale il mio ricordo va ogni volta che suoniamo l’introduzione di Testa

Bene, siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata. Vi auguro di vivere ancora tante emozioni con la vostra musica e vi lascio concludere quest'intervista con parole vostre. Lunga vita al duo Karawane!
Fabrizio & Luca: Grazie mille del supporto! Ricambiamo il saluto, e lunga vita all'EDP! :)



DISCOGRAFIA
KARAWANE 2013, Demo autoprodotta

1. (Ansia di suonare)
 2.Kai
 3.Hic
 4.Anti
 5.Pneumi


Per ascolto: SoundCloud, Bandcamp

II 2014, Ep autoprodotto

Intro: Tema
1.Aaw
 2.Mass
 3.Marte
 4.Testa
 5.Wilde
Outro: Meta

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Qui la nostra recensione



Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle