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lunedì 30 dicembre 2019

194. ELENCO ARTICOLI 2019






Anche quest'anno è volato, tra nuovi album e duo che nascono o si sciolgono. Una buona parte di tutto questo ve lo abbiamo raccontato con i nostri articoli e, se ne avete perso qualcuno o avete piacere di rileggerne qualcun altro, ecco qui una bella guida ai 23 pubblicati nel corso del 2019: 7 presentazioni di nuovi duo, 4 aggiornamenti con 2-man band già di nostra conoscenza, 11 recensioni di album, un articolo per 1 video... Buona lettura, quindi, buona musica e Buone Feste!!!!


ELENCO ARTICOLI 2019

171) La nostalgia degli SDANG! 15.1.2019
Terzo appuntamento con i nostri amici bresciani Nicola Panteghini e Alessandro Pedretti. L'occasione è la pubblicazione del nuovo album, che esce a 5 anni di distanza dalla formazione del duo. Una proposta musicale originale, quella degli Sdang!, che con la loro versione di rock strumentale, tra il tecnico e il poetico, si distinguono nel panorama dei power duo nazionali. Musicisti professionisti, viaggiano in tour per l'Italia anche con un altro progetto che li vede suonare in trio con Colin Edwin dei Porcupine Tree. Tutto questo e altro nell'articolo-intervista di aggiornamento.

Dopo un Ep di avviamento e un full lenght, il 2018 segna l'uscita di una terza pubblicazione in studio per i nostri Sdang!, un concept album che li vede consolidare il proprio stile inconfondibile e che ci parla dell'importanza dei ricordi e di coltivare la memoria delle cose. Recensione a firma Mali Yea (Anice)

Eccoci alla prima presentazione dell'anno di un nuovo duo: loro sono Francesco Quanilli e Giuditta Cestari, due musicisti dalla grande esperienza musicale (Giudi -cantante e batterista del duo- è per esempio figlia d'arte, ha fondato band in giro per il mondo e suonato come tournista in Europa) che ci hanno positivamente incuriositi in merito alla loro proposta musicale: sano rock, anima soul e attitudine punk. Con questa formula incantano tutti, vengono compresi ed apprezzati da varie fasce d'età e i loro concerti in giro per il Triveneto non si contano più. Tanta sana allegria per questo duo che esordisce da subito con un full lenght e che vanta 4 ore di repertorio live grazie alle numerose cover ripresentate nel proprio stile.

Primo album per il giovane duo veronese che ci presenta però da subito un full lenght di ben 10 pezzi, recensiti per voi dal nostro collaboratorte Bob Cillo (Dirty Trainload). Se avete voglia di danzare e divertirvi, non perdetevi l'ascolto!

Siamo a Bologna con un duo rodigino che in questa storica città ha messo radici già dal 2013. Christian (Love in Elevator, Marnero, Graad) e Nicola, amici fin dall'infanzia, sviluppano in questo concept duo tutta la propria passione per la cinematografia di fantascienza musicando un proprio ipotetico racconto, che si snoda di album in album come se si trattasse di capitoli di un romanzo. La storia parla di un IperLupo, anima saggia di un pianeta di un'altra galassia, dove gli umani vivono in pace ed armonia. L'equilibrio però viene sconvolto da un'invasore e i due eroi della saga, impersonificazione dei nostri stessi musicisti, devono fuggire verso la Terra per chiedere l'aiuto degli umani che, grazie alla forza riparatrice e all'incommensurabile potere della musica, possono contribuire a risanare il pianeta Eiron. Interessante la versione metal del duo Hyperwulff che riesce con originalità a coniugare stoner, sludge, noise, doom, in una miscela del tutto personale.

Volume Two è il sequal naturale del Volume One, uscito già nel 2015. Con la guida del recensore Nicola Cigolini (Samcro), entriamo nella storia dell'IperLupo e di questi umani di un pianeta lontano. Interessanti gli adattamenti del metal del duo, a sottolineare i punti salienti della saga.

Siamo in Friuli, nelle fredde terre di confine della Carnia, e come nella più storica tradizione alla White Stripes, il chitarrista Alessandro De Cecco piazza un'ignara compagna, tale Jessica Bortoluzzi, dietro alle pelli per formare un duo scarno, immediato ma mordace, che con il suo punk alla Green Day furoreggia in tutto il Triveneto. I brani sono brevi e sono tanti, altrettanti i video, per lo più casalinghi, come buona tradizione Diy comanda. Simpatica intervista, tra argomenti di musica, gatti e attività nel sociale.

Un gelato al bar dà il via a una serie di brani che vengono raccolti in questo primo album, da subito un Long Play. Lisce proprio come un gelato che si scioglie, le canzoni si dipanano nei 25 minuti di ascolto, guidati dalla penna del nostro collaboratorte Mali Yea, del duo reggiano Anice.

Nadsat, Bologna 2015... è da allora che seguiamo Michele Malaguti e Cesare Balboni nelle loro evoluzioni sonore. Partiti in sordina con un Ep sci-fi, si evolvono da subito verso coordinate meno spaziali, più concrete e graffianti, tra schemi math e aggressività postcore. Influenzati da una scena bolognese a due molto attiva ed interessante, riescono col tempo a definire uno stile del tutto personale, che li eleva tra le 2-piece più attive e rinomate dello Stivale. Non potevamo saltare l'aggiornamento all'uscita del lor nuovo album.

I Nadsat amano evolversi e stupire. Con questa loro terza pubblicazione in studio, ci sbaragliano e stupiscono riuscendo ad introdurre le complesse poliritmie afro e ritmi latin, in quello che rimane un durissimo mathcore strumentale, con i dovuti abbellimenti. Recensione di Cesare Businaro, nostro unico collaboratore al di fuori di una 2-piece, ma grande seguace di Edp e fan della band di quest'oggi.

Anche dei San Leo abbiamo già scritto, fin dall'inizio della loro carriera (2013). Duo riminese formato da Marco Tabellini e Marco Migani, propongono sonorità del tutto particolari, sospese e dilatate, oscillanti tra momenti di calma e scoppi sonori. Lunghi titoli a descrivere lunghe composizioni strumentali, gloriose e potenti, che ci hanno fatto innamorare del duo.

Giunti al terzo album, i San Leo chiudono un'ipotetica trilogia incentrata sullo studio alchemico del Conte Cagliostro, che sulla rocca di San Leo venne appunto incarcerato. Medesime atmosfere di sempre che non ci fanno rimpiangere alcuna virata musicale. Il tutto recensito dal nostro Mali Yea (Anice) che con la sua etichetta indipendente metterà la firma al lavoro successivo del duo, uscito in questi ultimi mesi del 2019 e del quale avremo presto occasione di parlare.

I Milf sono un duo a intermittenza. Suonano, sono in tre con un personaggio dietro le quinte, poi spariscono, poi tornano, poi svaniscono di nuovo ed infine, ecco, adesso tornano in un formato a due che più duo non si può. Sono strumentali e sono cattivi, soprattutto irriverenti. Come da nome della band, seguono un concept incentrato sulla sessualità, o meglio sulla pornografia, che dilaga e pervade tutti gli strati della società. Invece di celare ciò che molti nascondono nell'armadio, ne parlano apertamente, con allegria e sfrontatezza, intessendo pure video a tema. Sebbene espliciti ma mai volgari, il primo pubblicato viene segnato dalla censura della rete. Pubblichiamo qui il secondo videoclip, casualmente più soft e conseguentemente sopravvisuto ai tagli del perbenismo, oltre che a farci una chiacchierata con Alejandro e Carlito sulla loro filosofia di base...

I nostri The Sarge and The Wülff continuano a sviluppare la colonna sonora di un ipotetico film sci-fi. Per questo Ep si soffermano nel momento straziante dell'abbandono del pianeta Erion, tra scenari di distruzione fisica e desolazione dell'anima. Interessante l'aggiunta e lo sviluppo di suoni sospesi grazie all'ampio utlizzo di vecchi synth analogici.

Conosciamo gli Hyperwülff come raffinati metallari che inseriscono certe sonorità elettroniche a sottolineare le atmosfere siderali del loro concept. In questo Ep sviluppano maggiormante questo aspetto, tralasciando fuzz e batteria per spostarsi alla consolle di guida della loro navicella spaziale, fatta di sintetizzatori, sampler e controller. Ciò che ne esce non fa più parte di un duo elettrico, ma non potevamo farci scappare questa piccola chicca, per un Ep che li vede comunque cavalcare i propri vecchi strumenti. C'è anche un video a sottolineare queste nuove atmosfere rarefatte di un mondo apparentemente distrutto.

The Cyborgs è stato un originalissimo duo per ben otto anni e centinaia di live in giro per il mondo. Non essendo prettamente chitarra-batteria, non li ho mai inseriti nella nostra Community. In realtà il chitarrista, un one-man band dalla formazione blues, aveva già militato per anni in un duo capitolino. Ora i cibernetici si dividono, l'uno mantenendo il nome e la formazione, l'altro lo stile. E questo altro, di cui non possiamo dire molto in quanto la mascheratura dei personaggi fa parte del concept fin dai suoi esordi, ha optato nuovamente per un set up chitarra-batteria. Il rock'n'roll, graffiante e coinvolgente, è quello che da sempre abbiamo amato.

I Cyborg Zero, come i precedenti The Cyborgs, sono sostanzialmente una live band: l'aspetto scenografico e l'abilità su palco non danno adito a dubbi. In attesa del primo album di questa nuova formazione esce quindi la registrazione di un loro live, nientemeno che alla mitica Darsena sul Trasimeno. 7 pezzi originali, di cui un paio ereditati dalla formazione precedente, ci fanno ricordare quanto sia glorioso danzare con la musica di questi Cibernetici, storici o nuovi che siano. Recensione ad opera di Mario Caruso (Samcro).

Nuovo duo per musicisti già navigati. I Reggiani Vincenzo Mellita e Luca Bajardi intessono un progetto interessante seppure estremo: tra math rock e violenze sonore di vario tipo, i due aggiungono campionamenti di dialoghi tratti da vecchi thriller, nell'ottica di sviluppare una specie di colonna sonora per film noir in bianco e nero. Sonorità surf, alt rock e latin jazz, servono a creare atmosfere precise, sospese e di tensione, come le emozioni che queste vecchie pellicole sapevano comunicare. A condimento del tutto, una serie di videoclip totalmente Diy (dai costumi alla scenografia) in tema con l'estetica del duo.

La penna di Nicola Cigolini ci conduce nei meandri di questo Ep ad alta tensione, tra la frenesia degli inseguimenti e i momenti di suspense caratteristici dei vecchi thriller da cineteca.

Le coordiante musicali cambiano con la presentazione di questo duo umbro, dove il rock e il metal prevalgono. 'Poca', ossia il fondatore Simone Matteucci (liutaio e insegnante di chitarra), è l'unico membro originario dei Craving for Caffeine, che da trio a duo con batteristi vari, giunge all'attuale line up con alle pelli Matteo Cavallaro. Un solido tappeto di elettronica, da avviare come base durante i live, è la loro soluzione alla mancanza delle freqeunze del basso.

Dopo un primo Ep d'avvio, ormai del 2013, seguono due album unificati nel concept dall'immagine di un coniglio in formato cartoon (la penna è di Lori Meyers), sempre più arrabbiato di disco in disco; una specie di rivalsa del più debole contro le angherie del mondo intero. Vi lasciamo entrare nei meandri dei dieci brani sotto la guida del nostro fidato Cesare Businaro.

Concludiamo in bellezza con l'ultima presentazione dell'anno, un giovane duo partenopeo che punta al futuro con uno sguardo decisamente rivolto al passato. Gli anni a cui si rifanno Antonio Scimonetti e Cristiano Del Gaudio precedono la loro infanzia e sono il decennio d'oro nientemeno del grunge, che i due sanno sapientemente miscelare con l'hard rock e un pizzico di condimento noise. Una formula ben riuscita che lascia ben sperare nelle nuove generazioni di 2-man bands. Il suono dei due è già in evoluzione, ma intanto noi ci godiamo questa ventata di nostalgica memoria musicale che farà impazzire tutti gli amanti delle camicie di flanella a quadretti...

L'omonimo Ep d'esordio dei Mushtooms è un 6 pezzi che ha mandato in fibrillazione il nostro recensore Cesare Businaro, tanto da strappargli di mano un bel dieci pieno, voto mai visto nella lunga storia delle recensioni di Edp. Ma del resto come dargli torto? Anche la Jestrai Records, etichetta di 'Mamma Verdena', molto attenta alle nuove proposte underground, non se li è voluti far scappare... Non perdetevi quindi l'ascolto di questo splendido album, tra echi di Mudhoney, Alice in Chains, Smashing Pumpkins, Melvins e molto altro.

194) ELENCO POST 2019 28.12.2019
Here we are... in attesa di ripartire con le nuove avventure a due del 2020! Buon anno a voi, fidi lettori e seguaci di Edp, ci faremo una bella compagnia... :)


Articolo ad opera di Giusy Elle

martedì 10 dicembre 2019

193. RECENSIONE67: The Mushrooms by The Mushrooms

LISTA RECENSIONI
LISTA RECENSORI



Vengono da Napoli ma hanno il cuore a Seattle, sono i MUSHROOMS partenopei ma non sono lisergici, loro sono i funghi della muffa, che in breve invaderanno il panorama sonoro dell'underground nazionale. Seppur molto giovani, sanno ricreare alla meraviglia l'atmosfera degli anni '90, dai Mudhoney agli Alice in Chains, con una freschezza moderna che non sa necessariamente di clonazione.
Escono con un Ep omonimo di 6 pezzi, pubblicato su Cd ma anche nella nostalgica versione tape, sulla cui copertina compare il logo Jestrai: una garanzia sotto tutti gli aspetti, che invita a non farsi perdere l'ascolto di questo gioiellino...

Qui a seguire la recensione del nostro fido Cesare Businaro; nell'articolo appena pubblicato (qui), tutto sulla genesi del duo, un paio di righe per presentare la Jestrai Records ed infine la piacevole chiacchierata con Antonio Scimonetti (chitarra e voce) e Cristiano Del Gaudio alla batteria.
Per tutti voi dalla camicia a quadretti in flanella, buon ascolto nostalgico!


Video
The Mushrooms - Full Of Dust (live at B studio) 
Youtube -ascolto "Why Am I So Angry With You?"
https://www.youtube.com/watch?v=9YN4a8qljow

Contatti Band:


The Mushrooms credits:
Composto ed eseguito da The Mushrooms: Antonio Scimonetti -Chitarra e voce e
Cristiano Del Gaudio -batteria (Batteria)
Ep d'esodio "The Mushrooms"
Pubblicato il 18 ottobre 2019
Formato: Cd, Audio tape, Digitale
Genere: grunge, stoner, sludge metal, noise rock
Mixato e masterizzato da Danilo Turco 'Danjlo'
Etichetta Jestrai Records 


Qui lo ascolti

The Mushrooms 2019
Jestrai

1. Why Am I So Angry With You?
2. Full Of Dust
3. CaAgbe
4. The Endless Melancholy Of My Mind
5.
Sprout
6. Fantasma


RECENSIONE
THE MUSHROOMS "The Mushrooms"
Ep 2019 Jestrai Records
Grunge, Sludge metal, Noise rock e Stoner
Ricevo un pacchetto dal formato insolito: sembra una di quelle palline di carta ricoperte di scotch, che si facevano alle elementari per giocare a calcio fra i banchi della classe durante la ricreazione… Sopra c’è attaccato un foglietto con il nome e il cognome del mittente, che non riconosco e sale la curiosità, anche perché questo pacchetto mi viene recapitato in ufficio (e sto parlando di uno studio legale…).

Mi aiuto con le forbici per tagliare lo strato di scotch (chi l’ha spedito avrà fatto fuori un rotolo...) ed apriti cielo: “Grande Giove!”, esclamo come un improbabile scienziato del secolo scorso, come se una Delorean alimentata da un vasetto di plutonio, toccate le 88 miglia orarie, mi avesse riportato a cavallo fra gli anni ‘80 e i ‘90, quando ricevetti l’oggetto che mi avrebbe accompagnato nella tasca dell’Invicta dalle superiori in poi, giorno dopo giorno, sui miei viaggi in autobus da casa a scuola, che ci fosse un’interrogazione o una manifestazione e così fino all’avvento del CD…

Sto parlando naturalmente del mio fedelissimo e - con mia sorpresa - ancora funzionante Walkman, perché ciò che fuoriesce dalla pallina rivestita di scotch è proprio lei: una cassetta! Apro la custodia e il colore della cassetta, viola trasparente, mi ricorda il case del terzo disco degli Alice in Chains, quello con il cane a tre zampe in copertina e scoprirò poi, ascoltando il nastro, che il collegamento ha un senso, almeno per me…

Estraggo la copertina, un semplice cartoncino nero, ripiegato in tre lembi, col disegno di un fiore sul lato frontale, un numero (#1) e il titolo dell’EP sul dorso e all’interno cinque titoli apparentemente scritti a mano, più un bonus, fra parentesi, intitolato “Fantasma”, evidentemente una ghost-track che più-ghost-non-è, in quanto svelata fin dai titoli di copertina, per l’appunto (mi ritroverò poi a riavvolgere in avanti il nastro, per ascoltarla…).

Quel mio “apparentemente scritti a mano”, non è tuttavia soltanto una questione grafica: ne ho il sospetto e il sospetto diventa (quasi) certezza, avvicinando il cartoncino al riflesso della lampada accesa sulla mia scrivania… Questa copertina sembra disegnata e compilata a mano! L’apprezzamento viene in parte smorzato quando mi accorgo peraltro che la stessa copertina è rovesciata, rispetto al senso di apertura della custodia, da destra a sinistra: un errore grossolano?
[N.d.t.: la cassetta recapitata era effettivamente handmade, inviata al recensore in attesa delle originali, quest'ultime con la copertina ovviamente stampata.]

So poco o niente della band in questione, ma una foto rapidamente cercata su Google mi fa supporre che i Mushrooms abbiano - come minimo - una decina d’anni in meno, rispetto al destinatario del pacchetto e così mi convinco che la cassetta possa essere la scelta stilistica di giovani neo-nerd, per non chiamarli Millennial, affascinati da un decennio musicale che non hanno vissuto (poveri loro…), tanto da “cannare” - per inesperienza (?) - il verso della copertina…

L’ascolto del nastro, rimuoverà peraltro qualsiasi dubbio: questi non recitano nessun copione, questi sanno il fatto loro e se non fossero di Napoli, ma della città più piovosa d’America e il loro EP d’esordio fosse uscito, indistintamente, il 1.10.1987, il 20.10.1988 o il 15.6.1989 e ancora, se a bordo della Delorean di cui sopra, impostassi il timer del flusso canalizzatore su ciascuna di quelle date, per poter tornare in uno di quei negozi reali (oggi chiusi per passare il testimone a quelli virtuali…), in cui la musica la compravo su cassetta, troverei senz’altro i Mushrooms sullo stesso scaffale dello Screaming Life EP dei Soundgarden, di Superfuzz Bigmuff dei Mudhoney o di Bleach dei Nirvana…

Il Seattle Sound è servito, dal lato A al lato B di questa cassetta, su un piatto d’argento, perché i Mushrooms me lo ricordano, eccome se me lo ricordano, ma senza affatto scadere in macchiette o in sicuri scarti della Sub Pop…

Dunque, la mia destinazione temporale è impostata e il flusso sta “flussando”, per cui inserisco il nastro, imposto il selettore normal/chrome, quasi fosse lo switch di una chitarra vintage e schiaccio play… Ci vuole un pochino, perché la bobina raggiunga l’inizio del primo pezzo, ma il silenzio “forzato”, com’era tipico delle cassette, per proteggere con un segmento “vergine” il nastro registrato, rende ancora più d’impatto l’incipit del primo pezzo, fra il leggero fruscio di una testina magnetica un po’ provata dagli anni…

Il brano di apertura (Why Am I So Angry With You?), mi rimanda istantaneamente ai già citati Mudhoney: suona infatti come la risposta dei Mushrooms alla loro “Touch Me I’m Sick” (o “Dick”, per chi non ricordasse l’originale, ma la versione cantata da Cliff - alias, Matt Dillon - con alcuni membri dei Pearl Jam, nel film che Cameron Crowe ha dedicato al Seattle Sound e che nel Belpaese fu distribuito con il titolo “L’amore è un gioco”). Come il celebre singolo di debutto dei Mudhoney, questo pezzo consiste in tre-accordi-su-tre, “zappati” con la stessa veemenza della band di Seattle, ad accompagnare una linea vocale in cui il cantante e chitarrista dei Mushrooms, ha come espliciti riferimenti uno “svogliato” Kurt Cobain sulla strofa e uno “spettinante” Mark Arm sul ritornello.

La seconda traccia (“Full Of Dust”), è la prima delle due strumentali presenti nell’EP: qui, il duo, dopo un’introduzione arpeggiata dalle tinte post/rock e uno “one-two-three-four”, presumibilmente urlato dal batterista, sterza verso il noise dei primissimi Tad, scandendolo con la pesantezza sludge/metal di un riff stoppato, prima di esplodere in una sequenza di “frustate” sonore, con “morelliani” colpi di (pedale) Whammy.

Il titolo del terzo brano (“CaAgbe”), parrebbe indicare una sequenza di power-chord o forse l’accordatura usata dal chitarrista, se non fosse che ho imbracciato la mia seicorde per verificarlo e il risultato non è proprio quello che si sente nel pezzo; ad ogni modo, dopo un’introduzione nuovamente incupita da un arpeggio in toni minori, il duo riprende la veemenza sludge/metal già anticipata in “Full Of Dust”, ma per accompagnare questa volta una linea vocale, nuovamente “cobainiana”, tanto che potrebbe trattarsi di un’out-take del già citato Bleach, se non fosse per il controcanto del ritornello, che mi si conficca in testa in un nanosecondo, dando un senso evidente al paragone di cui sopra, fra il colore di questa cassetta e quello del terzo CD degli Alice in Chains. Ciliegina sulla torta: un finale dissonante e distruttivo, di quelli su cui “qualcuno” dei già citati capostipiti del grunge, avrebbe ridotto a pezzi il suo strumento…

Giro il nastro e per il quarto brano (“The Endless Melancholy Of My Mind”), è stato amore al primo ascolto! Qui, la Delorean, per una sosta ai box di oltre 6 minuti (tanto dura quella che è la traccia più lunga dell’EP), fa rotta dal litorale di Seattle, fin verso il lago Michigan, bussando - anche per il titolo che ne ricorda l’epico doppio album - agli Smashing Pumpkins di “Porcelina Of The Vast Oceans”… Due sole parole per descrivere il brano: intensità e coinvolgimento, dalla prima all’ultima nota di questa mini-suite strumentale.

A seguire il quinto ed ultimo pezzo della playlist “ufficiale” (“Sprout”) e la successiva ghost-track (“Fantasma”, come detto): nella prima i Mushrooms ritornano sulle sonorità del già citato Bleach, con “lisergiche” sferzate sludge/metal, ad accompagnare urla “annichilenti”, mentre nella seconda si congedano con un riff rinforzato su due ottave, alternato a dissonanze “lancinanti” e bordate noise, che vanno ad aggiungere i roboanti Melvins (come se non bastasse…), al già “succulento” repertorio d’influenze del duo napoletano.

Il mio voto, manco a dirlo, è un 10 su 10 ed è il mio primo 10 da quando scrivo per Giusy Elle, ma tant’è: non saprei davvero cosa si possa migliorare in questo EP d’esordio, sia per l’autenticità con la quale i Mushrooms interpretano il genere proposto, quasi lo suonassero dalla nascita (loro e/o dello stesso genere), oltretutto in formazione ridotta all’osso (e senza evidenti stratagemmi per supplire alla mancanza di altri elementi, a parte il summenzionato pedale), sia per essere (sorprendentemente) la loro prima pubblicazione.

Li aspetto dal vivo, in camicia di flanella, non appena ritornato al futuro!

Cesare Businaro
10/10



Articolo ad opera di Giusy Elle
www.facebook.com/groups/ElectricDuoProject


192. Che bel viaggio con i MUSHROOMS


INTRO
Dopo la pubblicazione dell'articolo dedicato agli Umbri CRAVING FOR CAFFEINE (qui), restiamo ancora nel sano e bel rock con i giovanissimi THE MUSHROOMS, la cui terra natia è la Campania ma che potrebbero benissimo essere giunti direttamente dagli States... vediamo assieme perché. 

BIOGRAFIA
Il tempo scorre anche per i duo chitarra-batteria, tant'è che abbiamo a che fare con la generazione Z, parlando dei Mushrooms... Originari da Napoli, città che ci ha già nel tempo abituati a duo di una certa caratura (MESMERICO, PSYLOCIBE -guarda caso- e molti altri), i due fondatori appartengono infatti alla classe 1999 e sono Antonio Scimonetti alla chitarra e voce e Cristiano Del Gaudio alla batteria.

Iniziano a suonare assieme all'età di 14/15 anni restando il nucleo pulsante di tutta una serie di progetti e andirivieni di musicisti. Anche i Mushrooms nascono come trio, ma alla fine, il duo, risulta la soluzione più naturale. Siamo nel 2016 e il sound hard rock e grunge, con l'aggiunta di un doveroso noise, sono gli ingredienti base con i quali i due decidono di imbastire il proprio progetto musicale. L'Ep omonimo che ne esce, un 6 pezzi di recente pubblicazione, è il sunto di questa ricetta che li vede esordire con gran maturità: tutto è al posto giusto e nessun brano scade mai di livello. L'album viene pubblicato su Cd ma anche in formato audio-tape, in memoria degli anni d'oro ai quali il duo fa riferimento.

Un bell'assaggio, questa prima presentazione dei funghetti nostrani, tanto da smuovere la curiosità di casa Jestrai, la prestigiosa etichetta di famiglia Verdena, che pone la sua firma nella produzione dell'Ep. I sei brani della tracklist ci riportano a memorie precise: il grunge dei Mudhoney, il desert stoner, i riff di sabbathiana memoria, gli inconfondibili controcanti alla Alice in Chains, il noise... Spesso tutto questo non è amalgamato in un unico stile ma distribuito, seppur nella giusta misura, nei vari pezzi dell'Ep, rendendo i brani una personale interpretazione dei vari generi, uniformati da uno stile che inizia a definirsi all'interno del progetto. Dalla registrazione dell'album, Antonio e Cristiano hanno già evoluto il proprio sound, e come non diversamente, vista la loro giovane età! Sono convinta quindi che in breve i due sapranno amalgamare a dovere queste belle influenze in un marchio preciso che renderà i Mushrooms uno tra i più interessanti duo in circolazione. Intanto, sono decisamente una bella promessa, e la sicurezza che la line-up coltiva degni eredi.

A seguire una breve presentazione della Jestrai Records e un doveroso approfondimento del duo con l'intervista ai diretti interessati: ci aiuteranno a capire come le nuove generazioni di duo chitarra-batteria approcciano la line up e le sue sfide. Per ascoltare la bomba di oggi, nessun problema, troverete The Mushrooms su Spotify, iTunes, Pandora e tutte le altre piattaforme streaming. Qui invece la penna sempre interessante di Cesare Businaro che ci mostrerà, con la sua recensione, tutte le sfaccettature e le promesse di questo giovane duo. Il viaggio è iniziato, libero sfogo ai funghetti!

VideoThe Mushrooms - Full Of Dust (live at B studio)


LABELS
Jestrai Records http://www.jestrai.com/
Etichetta indipendente nata a Bergamo nel 2002 dall'iniziativa di Mariateresa Ragazzoni, madre di Alberto e Luca Ferrari dei Verdena, che l'anno precedente aveva fondato la Jestyrai Edizioni al fine di pubblicare i testi della band. In breve si dedica alla produzione di degni esponenti dell'underground tra i quali troviamo anche power duo chitarra batteria! Come i MAYBE I'M (2012 e 2014), i .CORA. (2009), e ancor prima i bergamaschi FIUB.
L'etichetta cura anche il booking dei propri gruppi promuovendo concerti: è' del 2001 il primo JestraiRock, evento che in breve diviene un Festival itinerante.
Nel 2013 il campo d'azione e di scouting si allarga, con la fondazione di una sotto etichetta, la Factum Est Records, dedicata a produzioni più sperimentali rispetto alla casa madre.



INTERVISTA
1. Un gran benvenuto a voi, Antonio e Cristiano. Siete nati a fine millennio ma la vostra musica attinge a piene mani dagli anni novanta indietro, quali sono stati i vostri ascolti ed influenze, fino ad oggi?
A: Le mie influenze oggi sono molto varie, vado dagli anni ’60 fino ad oggi su generi abbastanza
diversi. La prima influenza su tutte sono i White Stripes e Jack White (cosa molto palese), poi man
mano sono finito in generi più pesanti o sperimentali, come lo shoegaze e la dark wave tipo: A Place To Bury Strangers, My Bloody Valentine e Cure. Ovviamente l’EP ha avuto una forte influenza da parte dei Melvins, sia per i riff che per l’approccio musicale, altro gruppo degno di nota che ci ha influenzato entrambi sulla registrazione dell’EP sono i Verdena, questi sono alcuni dei gruppi che hanno influenzato me e Cristiano.
C: Le mie prime influenze sono stati gruppi rock classici come i Beatles e i Rolling Stones che mi
hanno aiutato a crescere musicalmente. Crescendo ho cominciato a variare approcciando generi e
gruppi molto diversi tra loro, come lo stoner, il noise, il grunge (Melvins, Sonic Youth, Mudhoney,
Nirvana, Soundgarden), ma anche altri generi come la new-wave di fine anni ’70 (Talking Heads,
Police, Blondie, Cure) e gruppi più moderni e validi come i Royal Blood, Slaves e altri ancora.

2. Il vostro duo, The Mushrooms, è nato per caso e per necessità, però quando avete deciso di restare in due, avevate già questa line come riferimento, quindi.
A&C: Sì, avevamo in mente i già citati White Stripes ma anche i Royal Blood e Black Keys.

3. Quali le vostre accortezze per ovviare alla carenza delle basse frequenze?
A: Per ovviare alla carenza del basso faccio passare il segnale della chitarra per vari pedali tra cui
un octaver polifonico che mi sdoppia il segnale mandandolo ad un ampli per chitarra e uno per
basso che riporta appunto l’ottava bassa; invece sul segnale dell’amplificatore per chitarra va il
digitech whammy 4 che mi da un’altra ottava così da ricreare una sorta di stereofonia di ottave live.

4. Siete un duo dei giorni nostri, raccontateci: c'è ancora qualcuno, tra il pubblico o i musicisti, che si meraviglia della mancanza del basso?
A&C: Si. Noooo! Dopo tutti questi decenni ancora la formazione a due nel rock non è sdoganata...

5. Napoli, città che in questo millennio ha dato i natali a ottimi duo chitarra-batteria. Conoscete, di nome o di fatto, alcuni dei vostri predecessori?
A&C: Conosciamo per lo più power duo che suonano tutt’oggi nella nostra scena, come i Ga-rage,
Alca Impenne, The Devils, Eloise D’Egidio (da poco “defunti”). Tra i vecchi duo che non sono più
fra noi ricordiamo i Arduo, Buddha Superoverdrive e i Mesmerico.

6. Cosa ci raccontate della scena musicale attuale del vostro territorio? C'è fermento o stasi? Quanto spazio c'è per suonare e per il divertimento dei giovani?
A&C: La scena musicale attuale qui a Napoli è in movimento ed è piena di gruppi (forti e non) ma i
posti scarseggiano di anno in anno; Il genere che ora “va forte” è l'emocore e l’hardcore, pieni di
finti punk che vivono in un ricordo idealizzato del punk anni ’70, senza rendersi conto che sono
solo una copia sbiadita di tutta quella scena, infatti il genere che suoniamo noi non è così diffuso e
molte volte abbiamo difficoltà ad inserirci tra questi “punk”. Per quanto riguarda i locali/spazi dove
suonare, scarseggiano sempre di più, non ospitano più serate live ma quizzettoni per famiglie o djset
improponibili o meglio gli stessi proprietari formano un gruppo per suonare hit classiche.
La musica underground ringrazia!

7. Al primo Ep siete già in accordo con la prestigiosa Jestrai Records: com'è nato il vostro rapporto? Cosa vi aspettate da una collaborazione di tale portata?
A: Semplicemente era una notte insonne e ho cominciato a contattare a raffica locali ed etichette,
fino a quando non mi sono ricordato della Jestrai (che provammo a contattare già anni prima senza
successo); ho inviato l’EP che fortunatamente è piaciuto moltissimo a Mariateresa Regazzoni che
oggi ci sta aiutando molto nella sponsorizzazione. Con la Jestrai quindi è una collaborazione
avvenuta dopo la realizzazione dell’EP (mix e mastering di Danilo Turco, in arte Danjlo).
Non abbiamo idea di cosa aspettarci con la Jestrai in futuro.

8. Oltre al Cd avete pubblicato in formato audio-tape. Com'è ricaduta la scelta sulle vecchie cassettine?
L'abbiamo fatto sotto consiglio del nostro produttore Danilo Turco, dato che stanno ritornando un po' i vecchi supporti come cassette e vinili. Inoltre pubblicare il nostro disco su cassetta, c'entra comunque con l'estetica generale e il sound del duo. Comunque lo sappiamo... siamo dei nostalgici di un'epoca che non ci appartiene hahahahah.

9. So che siete in ulteriore evoluzione sonora dopo la registrazione dell'Ep d'esordio. Siete quindi ancora alla ricerca della vostra identità musicale? In che direzione vi state muovendo? Tutto nasce spontaneamente, immagino, e non frutto di un disegno preciso...
A&C: Tutto nasce sempre in modo spontaneo ma questa volta cerchiamo di spingerci più in avanti
per sonorità nuove, il tutto sta prendendo una piega più shoegaze a tratti ma sempre con riff ciccioni
e massicci. Maggiormente sperimentiamo con nuove accordature, effetti o nuovi approcci alla
scrittura, variando anche certe volte le strutture dei brani.

10. I vostri progetti prossimi?
A&C: Fare un nuovo EP e andare in tour per toccare un po’ tutta la penisola e perché no anche
l’Europa!

Grazie mille per averci mostrato il vostro approccio al mondo delle two-man band, Antonio e Cristiano. Vi auguro una lunga e proficua carriera, come i presupposti lasciano immaginare, mentre qui vi lascio concludere con parole vostre.
Siamo i funghi e siamo nati dalla muffa, che si estenderà per tutto il territorio fino a conquistare il
mondo!

Link band


DISCOGRAFIA
THE MUSHROOMS 2019, Jestrai (grunge, stoner, sludge metal, noise rock)

1.Why am I so Angry with You? 2.Full of Dust 3.Caagbe
4.The Endless Melancholy of my Mind 5.Sprout 6.Fantasma



Qui lo ascolti
Qui la nostra recensione



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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle


martedì 12 novembre 2019

191. RECENSIONE66: The Rage of the Rabbit by Craving For Caffeine

LISTA RECENSIONI


I CRAVING FOR CAFFEINE (C4C) sono un duo umbro chitarra-batteria di matrice rock/metal, con l'espediente dell'elettronica a coprire le frequenze mancanti del basso. Nati da un trio mai decollato, vantano dal 2011 ad oggi un Ep e due full lenght, l'ultimo dei quali, The Rage of the Rabbit, è sotto i nostri riflettori quest'oggi.
Il coniglio del titolo (splendido artwork a firma Lori Meyers), campeggia sulla copertina e viene ereditato dall'album precedente, all'interno di un concept che si sta sviluppando nel tempo.
Per la retrospettiva della band e l'intervista con i suoi membri, Simone 'Poca' Matteucci e Matteo 'Cav' Cavallaro, rimando al nostro articolo appena pubblicato (qui) mentre procediamo in questa sede con qualche dato tecnico sull'album, ma soprattutto con l'esaustiva e colta recensione del nostro collaboratore Cesare Businaro.
Buona lettura e buon ascolto con il rock dei Craving for Caffeine!

Contatti Band:


The Rage of the rabbit credits:
Scritto, arrangiato e suonato da Craving For Caffeine (C4C)
I Craving For Caffeine sono: Simone 'Poca' Matteucci (chitarra,voce ed eletronica) e Matteo 'Cav' Cavallaro (Batteria ed elettronica)
Registrato @Dyne Engine Studio e @Burning Alien Studio
Mixato e Masterizzato @Dyne Engine Studio, Castelfidardo (AN)
Artwork: Lori Meyers
Graphic: RGB Multimedia
Photo: Riccardo Garzia
Pubblicato ad Aprile 2019
Full Lenght formato Cd


Qui lo ascolti

The Rage of the Rabbit 2019
Autoprodotto
(Rock, Metal, Elettronica)

1. The trust show
2. Overcome
3. Seas of Shame
4. Sad Land
5. Make it Real
6. Raven
7. Scream your Voice
8. Chatterers
9. Take my Money
10. The Blue Rain


RECENSIONE
CRAVING FOR CAFFEINE The Rage of the Rabbit
Lp 2019 Autoprodotto

Il duo perugino dei Craving for Caffeine ci propone anzitutto un CD confezionato “al bacio”: manca il bigliettino con la frase d’amore, ma in compenso lo ricevo con due adesivi del loro logo. Il dischetto alloggia nel classico (ma più resistente al tempo) jewel case trasparente e la copertina, un unico cartoncino ripiegato in due lembi per infilarsi nella custodia, ritrae il coniglio “arrabbiato” del titolo in versione fumettistica e “godzilliana”, nell’atto di distruggere con una zampata gigantesca tutto ciò che gli si para davanti, mentre si fa strada in mezzo ai grattacieli di una metropoli in stato di coprifuoco. La grafica, firmata Lori Meyers, è davvero pregevole e la testa del medesimo coniglio viene pure riprodotta sul lato superiore del CD. Inutile dire che anche l’occhio vuole la sua parte e che l’ascolto è ancor più invogliato da questi dettagli, che nell’era corrente dello streaming sono (purtroppo) sempre più trascurati.

Aprendo il pieghevole, da amante della “sei corde”, non posso non notare che il “Poca”, all’anagrafe Simone Matteucci, cantante/chitarrista dei Craving for Caffeine, mette in bella mostra una Washburn N4, modello di chitarra a firma del guitar hero degli Extreme, al secolo Nuno Bettencourt (se ci fosse bisogno di specificarlo). Escluderei a questo punto che gli autori del CD, a me sconosciuti (mea culpa) fino all’ascolto di questa loro (eppur già) terza pubblicazione, possano proporre musica lo-fi, mentre è decisamente più probabile (e sfoggiare uno strumento del genere in copertina è addirittura – se vogliamo – un atto di coraggio), che il genere proposto dai Craving for Caffeine sia un robustissimo hard’n’heavy con derive funk/metal, sulla scia della suddetta – e blasonata – formazione di Boston (sebbene nota ai più per la ballad delle ballad, ovvero “More Than Words”).

L’ascolto dell’opera non smentirà le mie previsioni: “The Rage of the Rabbit” è infatti una sequenza di brani (in tutto 10 su 37 minuti, che al termine del CD sembrano persino meno, tanto ne è scorrevole l’ascolto), sostanzialmente improntati a un hard’n’heavy di stampo decisamente chitarristico, nel senso che mette in evidenza soprattutto i virtuosismi (comunque mai fini a sé stessi) del “Poca”, presentandolo come un valido portavoce dello stesso verbo già divulgato dal guitar hero di cui sopra, in particolare per la vena funk/metal e il suo essere crossover, nel senso di arricchire il tappeto hard’n’heavy su cui si stende più o meno l’intero disco, con inserti di vario genere. Non è da meno, in ogni caso, il socio del “Poca”, il cavalier Matteo (“Cav”) Cavallaro, che suona come un metronomo, tirando dritto dall’inizio alla fine del platter, senza mai perdere un colpo e amalgamando – con una pulizia di suoni esemplare – le “variazioni sul tema” sciorinate dal “Poca”.

E così, facendo un breve track-by-track, allo slancio “funkeggiante” dell’opener song (“The Trust Show”), segue la follia “zappiana” (soprattutto nel comparto vocale, con uno stile narrante che non può non ricordare i Primus) del secondo pezzo (“Overcome”), mentre nella successiva “Seas of Shame” il riffing rimanda a quello dei già citati Extreme, con giri di chitarra che a tratti richiamano il muscoloso interludio della loro “Cupid’s Dead”; segue un quarto pezzo (“Sad Land”), in cui le premesse di cui sopra, in merito al crossover del “Poca”, sono particolarmente confermate da un efficacissimo mix di hard’n’heavy (qui più tendente – invero – al thrash, anche per la comparsa della doppia cassa), derive sludge (in quello che “battezzo” il miglior ritornello dell’album, con dei controcanti che strizzano perfino l’occhio agli Alice in Chains) e un imprevedibile (ma perfettamente inserito) interludio di chitarra flamenco; chiude la prima metà dell’album un brano (“Make It Real”), che rispetto ai precedenti è forse al di sotto della media, perlomeno al primo ascolto, ma che propone un ritornello molto catchy, facendo del “Poca” anche un valido songwriter, seppur si tratti – pacificamente e anzitutto – di un chitarrista.

Sotto quest’ultimo profilo, va detto infatti che si nota lungo tutto il disco uno scarto evidente fra il livello, estremamente tecnico, della sezione strumentale, a cui non si può fare oggettivamente alcuna critica e quello, decisamente migliorabile, del comparto vocale (attendo quindi – e sin d’ora – il loro quarto lavoro). Si apprezzano ugualmente gli spunti e le intenzioni già messe in risalto poco sopra, ma non si può certo dire che al virtuosismo chitarristico del “Poca”, rispondano capacità vocali di analoga caratura ed efficacia, complici – forse – anche una pronuncia dell’inglese non proprio “da madrelingua” e un mixaggio delle tracce vocali non sempre pienamente integrato con le basi.

Merita comunque d’essere sottolineato anche il fatto che il “Poca”, sul retrocopertina, firmi non solo le linee vocali e di chitarra, ma pure l’elettronica (questa, peraltro, in condivisione con il suo partner). E si tratta dell’espediente con cui il duo rinforza il proprio sound, integrandolo principalmente con le frequenze mancanti (quelle basse, in assenza di un bassista), piuttosto che impreziosendolo con transizioni “d’atmosfera” fra un pezzo e l’altro o fra più parti dello stesso pezzo (e a questo proposito, sarei curioso di verificare se ne facciano uso anche dal vivo e se utilizzino l’elettronica sottoforma di basi, su cui suonare a click, piuttosto che tramite l’attivazione di looper o sequencer, quando necessario).

Riprendendo il track-by-track, la seconda metà dell’album è decisamente più improntata all’hard rock, anche per la presenza più massiccia di assoli di chitarra nella sesta (“Raven”), settima (“Scream Your Voice”) e ottava traccia (“Chatterers”) e in particolare su quest’ultima (con il suo ritmo dance), in cui il “Poca” ci propone l’assolo più lungo, veloce e probabilmente più ostico sul piano tecnico: chapeau! Sulla stessa linea, sempre di matrice più spiccatamente hard rock, merita una menzione a parte la successiva “Take My Money”, introdotta da un riff che nessuno si stupirebbe di trovare in un disco dei primi Van Halen, mentre a chiudere le danze è il brano che forse, anche per il ritmo in half time, che immagino possa scatenare un bel salto collettivo, se proposto in sede live, stacca maggiormente dal resto del disco: “The Blue Rain 2.0” ci propone un suono decisamente più alternative, a cavallo di un killer riff, che nell’intenzione mi ha ricordato nientemeno che quello – di “navarriana” memoria – della “Just Because” dei Jane’s Addiction (lì in versione “2.0” pure loro).

Volendo esprimere un voto e ribadito – a mio personalissimo parere – lo scarto fra sezione strumentale e comparto vocale, opterei in questo caso per la media aritmetica fra i rispettivi punteggi (di 9 e 6 decimi).

Cesare Businaro
7,5/10



Articolo ad opera di Giusy Elle



190. CRAVING FOR CAFFEINE: attenzione a far arrabbiare il coniglio!



INTRO
Continua il nostro viaggio sulla scia dei duo elettrici nazionali. Passando di regione in regione e cavalcando tutti i generi musicali, la tappa di oggi ci porta in Umbria con i CRAVING FOR CAFFEINE e la loro proposta rock/metal venata di elettronica. Una posizione intermedia tra gli esperimenti più estremi dei corregionali GUERRRA (qui il nostro articolo) e MALATESTA (e qui) e il postpunk degli AUTUNNO o il progetto blouseggiante degli storici BLACK BEAUTY. Andiamo quindi a vedere cosa hanno da raccontarci i caffeinomani di oggi.

BIOGRAFIA
Il chitarrista e vocalist Simone Matteucci (1981), detto il 'Poca', è il fulcro di questo progetto nato già nel 2011. L'idea è di fondare un trio rock che fatica però a decollare: per motivi personali e di lavoro, prima lascia il batterista, sostituito da Francesco Spaggiari, e successivamente il bassista stesso. Si presentano quindi altre sfide per la band che, con l'arrivo del nuovo batterista acquisisce una potenza più metal ma che deve fare i conti anche con le frequenze mancanti del basso. A differenza di molti duo che ripiegano sul rafforzamento verso i bassi del suono della chitarra (drop tune, corde grosse, splittaggio del suono in un ampli per basso) i CRAVING FOR CAFFEINE si appoggiano all'elettronica, creando una base sulla quale lavorare live. Non si tratta quindi di un'invasione di campo, piuttosto di un arrangiamento che completa e lascia spazio all'espressione degli strumenti canonici.

Dopo questo inizio pieno di avversità, nel 2013 esce 1st Craving, il loro primo EP. Questo è il primo passo della band verso una nuova direzione che, dopo alcuni live, torna in studio per scrivere il primo, vero full lenght. Disturbing the Neighborhood esce nel 2015 per This Is Core Records, ed è caratterizzato da un suono più aggressivo rispetto alla produzione degli esordi.

Ma i problemi non finiscono qui! Il batterista Spaggiari è costretto a lasciare e Simone si ritrova all'ennesima caccia al collega mancante. Sarà Matteo “CAV” Cavallaro (classe 1991) a ricoprire il ruolo vacante alle pelli, aggiungendo un groove che si sposa perfettamente con la chitarra di Simone. L'attuale formazione prevede quindi Simone Matteucci, un chitarrista molto vario (studi accademici, specializzazione in fingerstyle, laurea di primo livello al London College of Music), liutaio e insegnante in una scuola musicale che pure dirige, e Matteo Cavallaro, un futuro ingegnere meccanico appassionato di batteria fin da bambino e che ha maturato esperienza in ogni tipo di band, sia di cover che inediti, con alle spalle tour nazionali ed estere.

The Rage of The Rabbit, il nuovo lavoro discografico del duo, uscito ad aprile di quest'anno con un sound rinnovato, segna quindi un altro nuovo inizio per i C4C (l'acronimo da cui il logo per bellissimi gadget) in quello che potremmo ormai definire un hard rock con forti contaminazioni elettroniche senza dimenticare le sue radici metallare. Un simpatico conigliettone dei fumetti campeggia sulla cover del disco in un'ipotetica città e sulle orme di un moderno King Kong, arrabbiato distruttore, ci rivela come anche il più umile dei personaggi possa ribellarsi, se portato al limite... anche nell'album precedente era un coniglio infuriato a disturbare il vicinato, nell'artwork di Lori Meyers... Chi sarà quindi questo personaggio dei fumetti? Cosa vogliono comunicare i C4C con la propria musica? E come gestiscono la strumentazione su palco, tra strumenti tradizionali ed elettronica? Scopriremo tutto questo nell'intervista a seguire mentre rimandiamo alle parole del nostro fedele e appassionato Cesare Businaro per la recensione al loro "Coniglio rabbioso"... (qui). Buona lettura e buon ascolto, amici, e... ricordatevi di non svegliare mai il coniglio che dorme, potrebbe mordere più del cane del proverbio originale!

Dove ascoltare The Rage of the Rabbit



INTERVISTA
1. Un saluto a voi, Simone e Matteo, e benvenuti nel nostro spazio Edp.
A differenza di molti duo che, per ovviare alle frequenze mancanti del basso, lavorano sul suono della chitarra, voi avete optato per 'riempire' con l'elettronica, che usate entrambi. Ci volete spiegare meglio la vostra soluzione, in che misura l'elettronica si approccia agli strumenti canonici e come gestite il tutto in fase live?
S. e M. Un saluto a tutti e grazie per lo spazio che ci avete dedicato.
S. L’idea di utilizzare l’elettronica nasce semplicemente da un’ esigenza. Agli inizi del progetto C4C eravamo un trio (chitarra, basso e batteria) e, nel momento in cui il bassista ha dovuto abbandonare il progetto per motivi personali, ci siamo trovati con un disco completamente arrangiato ma un elemento in meno. Piuttosto che stravolgere gli arrangiamenti e ricominciare da capo, abbiamo deciso di fare un tentativo tutto “sintetico” e la soluzione non ci è dispiaciuta per niente.
Le parti elettroniche nascono principalmente in studio, dove io e Matteo ci vediamo e lasciamo sfogare tutta la nostra creatività, vogliamo cercare di non limitarci a quello che potremmo eseguire dal vivo, cercando di integrare le frequenze mancanti con il suono giusto scelto a seconda del brano.
Poi però ci lasciamo prendere la mano e succede che una parte di synth possa diventare l’elemento portante, l’importante è che il tutto funzioni!
Il tutto viene poi caricato in un player multitraccia che manda simultaneamente le sequenze e il click.

2. La line up attuale dei C4C è frutto di un percorso travagliato che ha come risultato un power duo. Simone, dopo l'uscita del primo batterista del duo hai riconfermato la formazione con Matteo Cavallaro, ci credi molto quindi a questa soluzione! Quali secondo te i vantaggi e, consiglieresti una band simile ai tuoi studenti chitarristi?
S. Il vantaggio principale è la semplicità, siamo solo due teste da mettere d’accordo sia come impegni che come idee. Anche l’aspetto logistico è sicuramente semplificato, ci spostiamo con una macchina sola, volendo, e riusciamo a proporci anche in locali dove una band con formazione “standard” magari non riuscirebbe ad entrare.
Una formazione così minimale è sicuramente una scelta un po’ estrema che mi sento di consigliare dopo un po’ di esperienza in formazione più tradizionale, però perché no? è comunque una bella sfida riuscire a trovare un sound d’impatto e risolvere tutte quelle dinamiche che, normalmente, lasceresti ad un  altro componente della band.

3. E te Matteo, come hai dovuto adattarti con la mancanza di un basso nella band? Hai dovuto rimodellare il tuo concetto di suonare? Aggiungeresti dell'elettronica in futuro nel tuo kit? 
M. è vero che batteria e basso vanno spesso a braccetto, ma è altrettanto vero che l’assenza del basso non comporta nessun tipo di variazione nel modo di suonare, almeno per me. I riferimenti di cui ho bisogno sono comunque contenuti nelle sequenze e nel click, quindi, in realtà, non ne sento così tanto la mancanza durante le performance. 
Allo stato attuale non ho ancora integrato il mio set con pad elettronici quindi, come detto in precedenza, l’elettronica è studiata prima e non durante il live. Non è comunque escluso che magari in futuro questo possa succedere.

4. Ci raccontate un po' il percorso musicale che vi ha portati fino a qui? Cosa e quanto della vostra esperienza musicale precedente avete portato nel progetto Craving For Caffeine?
M. Entrambi veniamo da background musicali molto eterogenei in realtà, le nostre passate ed attuali esperienze musicali con formazioni che spaziano dal jazz al soul passando per il progressive, sicuramente trovano spazio nel sound dei C4C. Ci piace contaminare con le cose più disparate, fondamentalmente cerchiamo di non porci limiti.
Ogni esperienza ci ha arricchito in qualche modo, ecco perché nel nostro sound si possono trovare groove, riff pesanti, parti vocali strillate o armonizzate e, perché no, un po di sano rock ’n’ roll!

5. Craving For Caffeine... ci spiegate la nascita del nome? Anche se immagino ispirato a lunghe sessioni in sala prova...
S. Sicuramente le nottate in sala prove hanno contribuito, la realtà è che ci piaceva come suonava all’epoca, poi ci siamo affezionati e così è rimasto! 

6. Il coniglio uscito dalla penna di Lori Meyers è quasi un vostro simbolo, compare infatti sulla copertina di entrambi gli album pubblicati finora e sui gadget della band; non dico sia il vostro animale totemico ma si intuisce che fa parte di un concept. Nel suo atteggiamento di sfida e ribellione, lo vedo come una rivalsa dell'umile, l'espressione della rabbia degli oppressi. Come è nato il personaggio e che valenza gli date invece voi?
S. Un concept c’è, diciamo che c’è una storia parallela che si sviluppa sulle nostre copertine e di cui, come puoi immaginare, non vi daremo anticipazioni. ;) 
Per il resto lasciamo ognuno libero di interpretare come meglio crede il nostro messaggio, anche se devo dire che ti sei avvicinata molto!
Lori Meyers ha sicuramente saputo cogliere l’essenza dei Craving e per questo la ringraziamo molto, sia per le sue innegabili doti artistiche che per il supporto umano che ci ha dato.

7. Cosa desiderate comunicare invece con la musica e i testi? C'è un messaggio preciso da veicolare?
S. Il messaggio c’è come in ogni cosa, quello che personalmente mi piace promuovere è una presa di coscienza, ognuno dovrebbe guardare dentro di se e cercare di essere migliore, sia per se stessi che per tutto quello che ci circonda.
A volte possono essere esperienze personali, a volte semplici riflessioni, diciamo che la “storia” diventa un mezzo al servizio di un messaggio più ampio.

8. Per la pubblicazione di Disturbing the Neighborhood vi siete appoggiati a This is Core Records, una delle tante mirabili etichette indipendenti del nostro territorio nazionale. The Rage of the Rabbit esce invece autoprodotto: ci volete spiegare questo cambio di rotta?
M. Sicuramente non abbiamo litigato! Hahahaha! è stata una scelta ponderata e ben pensata, non è stata fatta a cuor leggero. Indubbiamente uscire con un’etichetta ha i suoi vantaggi, diciamo che, per questa release, abbiamo preferito gestire tutto in autonomia per poter indirizzare in maniera, secondo noi, più efficace il nostro messaggio. 
Ci piacerebbe riuscire a provare canali più coerenti per il nostro genere, per poter arrivare al pubblico giusto, con o senza etichetta.

9. Oltre a suonare live per spargere il verbo del 'coniglio incacchiato', quali i vostri progetti per il prossimo futuro?
M. Siamo sempre al lavoro con nuovo materiale, le idee non si fermano mai. Per ora non ci sono nuove release in vista, ci stiamo concentrando sulla promozione di The Rage of the Rabbit programmando live ed esibizioni su più palchi possibile.
Per tutte le news vi rimandiamo ai nostri canali facebook e instagram che sono costantemente aggiornati! 

Grazie mille a voi, Simone e Matteo, per averci mostrato il vostro punto di vista nel mondo dei duo chitarra-batteria. Vi auguro un buon proseguimento musicale e un po' di calma per il vostro Coniglio stressato... Ringraziamo. Un saluto a tutti voi di Edp, aspettandovi sotto il palco... ;)




DISCOGRAFIA
THE RAGE OF THE RABBIT 2019, Autoprodotto (Rock, Metal, Elettronica)

1.The trust show 2.Overcome 3.Seas of Shame 4.Sad Land
5.Make it Real 6.Raven 7.Scream your Voice 8.Chatterers 9.Take my Money 10.The Blue Rain


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Qui la nostra recensione


DISTURBING THE NEIGHBORHOOD 2015, This Is Core Records (Rock, Metal, Elettronica)

1.No Compromise 4  2.Early Reflections  3.Say Goodbye  4.Payback  5.Portrait 6.Love Killer  7.Growing  8.Electr_1

Qui lo ascolti





1ST CRAVING 2013, Autoprodotto (Rock, Metal, Elettronica)

1.The Sleepwalker 2.What I Want 3.Loosing Your Soul 4.The Shame 5.‘R’ U go Insane? 6.The Blue Rain 7.The Great Mistake







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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle