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giovedì 27 dicembre 2018

170. ELENCO ARTICOLI 2018

ELENCO ARTICOLI Edp 2017


Anche il 2018 si è srotolato via, tra tante novità musicali, nuovi splendidi album, tour e festival estivi, ma anche duo che si sono formati, altri che hanno smesso per sempre, chissà... Noi di Edp abbiamo fornito il nostro contributo divulgativo presentando 4 duo per la prima volta (di cui anche basso-batteria! Di sicuro la novità dell'anno...) e 5 che invece abbiamo seguito nella loro carriera musicale. Di tutti abbiamo, come sempre, recensito gli album, grazie ai recensori Edp che si dedicano con passione alla causa. In totale quindi 9 recensioni di album oltre un live report. Un po' meno della media a cui eravamo abituati in altri tempi ma con una buona giustificazione...
In questi ultimi due anni ho avuto il piacere di organizzare e seguire "Quando l'Acqua incontra la Musica", una lunga rassegna musicale estiva in Valsugana (Trentino), al fronte del cui impegno ho dovuto sospendere l'attività Edp per ben 4 mesi estivi. Tenendo conto che questo stop mi ha dato però la possibilità di far suonare anche qualcuno dei nostri duo, o loro progetti paralleli, alla fine è tutto giustificato, vero?
Oggi, per tutti coloro che non hanno seguito regolarmente le nostre pubblicazioni, e come sempre in questo periodo di festività natalizie, vogliamo riassumere l'operato di un anno dandovi l'opportunità di aggiornarvi sul mondo dei duo elettrici. Cogliamo l'occasione di augurare a tutti una buona Festa di Capodanno e un 2019 pieno di tutta la splendida musica che ci fa emozionare, sognare e vivere in modo migliore.

ELENCO ARTICOLI 2018
I Nadsat (Michele Malaguti e Cesare Balboni) sono un duo strumentale bolognese con una parabola in costante ascesa. Usciti nel 2016 con un primo Ep d'ispirazione sci-fi, si sono in breve fatti influenzare da quella scena postcore e noise locale rappresentata al meglio dal combo chitarra-batteria Cani dei Portici. Con uno stile proprio, fatto di potenza e presenza scenica, si presentano ora maturi sui palchi nazionali ed europei nel corso di tutto il 2018 macinando chilometri di asfalto. Nella loro intervista parliamo dell'ultimo album, Crudo, uscito ad aprile dell'anno precedente, e della loro abilità nel miscelare sapientemente e con gran effetto violenza noisecore, metriche math e libertà jazzcore.
In attesa della pubblicazione del nuovo album, previsto per i primi mesi del 2019, rileggetevi intanto la loro storia e date un ascolto a quello che Crudo sapeva già offrire...
Ascolto e recensione a Crudo dei Nadsat, un disco molto grezzo e viscerale, come anticipato dal titolo, ma sapientemente architettato attorno a una complessa struttura personale fatta di un mix tra la violenza noisecore e le metriche dispari del math. Sul tutto s'infiltra un approccio free d'influenza jazzcore, dove dissonanze e mood totalmente libero si rivelano nei vari brani.
Recensione ad opera di Danilo 'Damage' Peccerella (Globetrotter) che ci conduce nei particolari del disco attraverso l'analisi delle 8 tracce.
Zolle, goliardico duo strumentale dalla provincia di Lodi (Marcello Bellina e Stefano Contardi). In questo secondo appuntamento parliamo del nuovo album, di tutti i video ad esso connessi che, in pieno stile Zolle, ci parlano del mondo di campagna, delle osterie e dei trattori... Un heavy metal/hard rock dall'incedere pesante e ripetitivo ma che assume nuova valenza nel corso dei loro live, un piccolo show che strappa il sorriso a tutti i presenti.
InFesta è il terzo lavoro discografico degli Zolle che, a cadenza biennale, dal 2012 ad oggi si presentano con un nuovo disco. Un incedere pesante per loro, senza essere doom, riff ripetitivi senza essere psych, musica quadrata senza essere necessariamente math... uno stile tutto personale, quello degli Zolle, che simpaticamente definiscono 'lard rock'... ci addentraimo nei meandri dell'album grazie alla presentazione di Giacomo Guidetti, bassita del duo bolognese Ka.
Interessante duo da Perugia (Marco Polito e Franco Pellicani), poco meno che strumentale. Mix di gran sonorità che ci presentano un combo maturo: momenti di calma alternati a furia noise, mentre Psichedelia, Kraut, Industrial, Math, Doom, Hardcoree Freejazz sono gli ingredienti che si mescolano come in un'interessante torta sonora... Alle soglie del nuovo album, li intervistiamo parlando intanto del loro 7 tracce pubblicato a luglio dello scorso anno.
Grazie alla penna di Luca Sabata (Karawane) entriamo nel complesso mondo musicale (seppur interpretato in maniera minimalista) dei Malatesta. Poche note ripetute, come in un mantra, ma con richiami colti, ci accompagnano per tutto l'album mentre urla, grida e rumori vocali sostituiscono la sezione del canto. 7 tracce che potrete ascoltare seguendo la recensione dettagliata del nostro collaboratore.
Cesare Businaro è uno dei pochissimi nostri collaboratori a non far parte di un duo. Anche lui chitarrista, è in realtà molto affascinato da questa line up tanto da rendersi disponibile per la causa. Interessante live report dei Nadsat che, in live nel milanese, vengono intervistati dal nostro Cesare il quale approfondisce in particolare il guitar rig di Michele Malaguti. Chicche per gli intenditori...
Duo strumentale da Pavia con un'interpretazione particolare della line-up chitarra-batteria. Suonano musica d'atmosfera, sospesa, mentre dipingono paesaggi sonori molto evocativi. Scoppi di energia intercalati a momenti di calma estatica, sullo stile dei Riminesi San Leo. Tristan da Cunha è l'isola abitata più remota al mondo e su questo concept i due costruiscono tutta la loro estetica.
Praia è il secondo album del duo, recensito qui dal nostro Giacomo Guidetti (bassista dei KA). Ascolto dell'album e accesso al video di presentazione.
Primo basso batteria presentato con dovizia di particolari qui all'Edp. In realtà lo strumento (a tre corde) è suonato come una chitarra e anche l'ampli usato da Robert Parker è stranamente di chitarra... lo studio particolare dei suoni è invece rivolto ad ottenere saturazione e distorsione fuzz senza usare alcun pedalino, soltanto con l'accurata scelta dei suoni... leggere per credere... e per approfondire i dettagli. Il duo da Bari è da sempre interessato alla fantascienza e ai generi cinematografici giapponesi dei supereroi da cui prendono il nome, tanto da incentrare tutta la filosofia del duo su questo concept. Molti videoclip lo-fi in tema da poter assaporare in questi spazi.
Mondo Faz è il secondo album del duo pugliese. Dieci pezzi di matrice stoner e psichedelica imparentati con i generi lo-fi, garage e noise, dove Jon Spencer Blues Explosion, The Monsters, Mc5, The Troggs e Kyuss si riconoscono tra i riferimenti più diretti. Tutto il concept ruota attorno alla fantascienza e ai super eroi, come da videoclip qui visionabili. Recensione approfondita, opera prima del nostro nuovo collaboratore Cesare Businaro.
Dopo 4 mesi di sosta con gli articoli Edp per seguire la programmazione di una rassegna musicale che ho curato in Valsugana, ripartiamo con un aggiornamento sulla carriera di questo duo ciociaro che da qualche anno si è trasferito in pianta stabile a Berlino. L'occasione è l'uscita del loro nuovo album dedicato alla tematica della migrazione.
Nuove sonorità per I-Taki Maki che si fanno ora più cupi, lenti e riflessivi. Complice la tematica di questo album, incentrata sui dolori, sofferenze ma soprattutto speranze dei migranti verso l'Europa, fenomeno sempre più critico di questi ultimi anni. Da queste riflessioni ne nasce anche un racconto ad opera della batterista Mimmi. Recensione prima per Mali Yea, chitarrista degli Anice.
Giacomo Guidetti è un nostro abile recensore mentre a livello strumentale suona il basso nel duo bolognese KA per cui in occasione dell'uscita de loro primo full lenght ho fatto il secondo strappo alla regola dell'anno, trattando nuovamente un duo basso-batteria...
Prima recensione in assoluto a Inerte (grazie alla penna di Nicola Cigolini, batterista degli ex duo Samcro) un album che segna una precisa evoluzione stilistica nel mondo a due degli abruzzesi Ka. Ormai parte integrante dell'underground bolognese, si sono fatti ispirare e influenzare dalla forte scena locale, anche di duo, incorporando elementi noisecore e drone per fonderli armonicamente alla già forte componente ambient del proprio sound: il risultato è un suono abrasivo e sporco al servizio di una musica dall'incedere lento e possente, pieno di basse frequenze e feedback.
Storico duo strumentale bresciano (con altri progetti a due paralleli) caratterizzato da un incedere schematico, velocissimo, forsennato e assolutamente conciso: noise e sludge sono le coordinate sulle quali si muovono Andrea Cogno (Nana Bang) e Beppe Mondini (Ottone Pesante).
Magic Pandemonio è il terzo album in dieci anni di carriera della band. Come negli esempi precedenti i brani sono brevissimi (un minuto di media) e velocissimi (anche 220bmp), freddi, schematici e sintetici. Come sempre compaiono i campionamenti di Davide Tidoni, artista sonoro ed amico di sempre, che aggiunge i suoi suoni spigolosi alle composizioni della band. Recensione a firma Mali Yea, chitarrista del duo reggiano Anice.
Ritornano i Marmo, duo strumentale da Forlì, che abbiamo già avuto modo di presentare in occasione del loro primo Ep. A distanza di due anni ecco uscire il secondo, intitolato La gravità del Buio, ad anticipazione delle nuove sonorità della band. Intervista a Campione Frizzino e Gianluca Piras, video del primo estratto e ascolto completo dell'album.
In questo Ep restiamo nel mondo del post-metal con ispirazione alle band culto degli anni '90 (Helemt, Melvins, Godflesh, Unsane), come da tradizione dei Marmo, ma con un incedere decisamente più lento e pesante, come anticipato dal titolo dell'album, ben approfondito dalla penna del nostro collaboratore Cesare Businaro.
170) ELENCO POST 2017
Eccoci qua...


Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle



martedì 18 dicembre 2018

169. RECENSIONE56: La Gravità del Buio by Marmo

LISTA RECENSIONI 


La Gravità del Buio è il secondo Ep del duo strumentale da Forlì MARMO, uscito a Marzo 2018, dopo due anni dal precedente Inside. Il post metal della band romagnola, ispirato alle sonorità anni '90 tipiche del genere, acquisisce ora venature hardcore e noise ma si arricchisce anche di una certa dose di melodia che non solo non guasta, ma dona un po' di leggerezza all'incedere pesante dell'album, come suggerito dal titolo stesso.
4 pezzi per poco più di 24 minuti d'ascolto che potrete ascoltare in versione integrale ed approfondire grazie alla penna minuziosa del nostro recensore Cesare Businaro. Per ogni approfondimento rimando all'articolo appena postato (qui) con tanto di intervista ai fondatori Campione Frizzino e Gianluca Piras. Non mi resta che augurarvi: buon ascolto e buona lettura!

Video:
Lilith” Official Video https://www.youtube.com/watch?v=qn9QopYve3A

Contatti Band:

La Gravità del Buio credits:
Registrato mixato masterizzato da Maicol Caggiano presso Soundscape Studio Forlì
Pubblicato Marzo 2018
Formato Cd e digitale

Lo ascolti QUI

La Gravità del Buio 2018
E' un brutto posto dove vivere
(PostMetal, NoiseCore)

1. Lilith
2. In my Room
3. Madre
4. Il Buio

RECENSIONE
MARMO "La Gravità del Buio"
Ep 2018 E' un brutto posto dove vivere

Avevo già ascoltato e apprezzato il lavoro precedente dei Marmo, “Inside”, scaricandolo dalla loro pagina su Bandcamp, immediatamente dopo aver letto biografia della band e intervista al “Faro”, il loro mentore, proprio su Edp: la lettura mi aveva particolarmente incuriosito, oltre che per la proposta di un genere normalmente caratterizzato da una stratificazione sonora difficilmente riproducibile con nient’altro che una chitarra e una batteria (noise/post-metal, come loro stessi si definiscono e si “taggano” su Bandcamp), anche e soprattutto per i loro espliciti riferimenti ad una delle mie band preferite di sempre, ovvero i seminali Helmet del “maestro” Page Hamilton.

Su queste premesse, quando Giusy mi ha chiesto di recensire il seguito, “La Gravità del Buio”, non me lo sono fatto ripetere due volte ed eccomi qua!

Ricevo il CD per posta direttamente dalla loro etichetta, “E’ un brutto posto dove vivere” e sia il formato, che il comparto grafico dell’album, rispecchiano, anzitutto, il minimalismo della band: la custodia è ancora più essenziale di un jewel case o di un digipack; il CD, tutto nero, senza alcuna scritta e con su stampato il logo del duo, una sorta di stella a sette punte, che mi chiedo se nasconda una qualche valenza esoterica, alloggia infatti in un semplice pieghevole, con un gommino centrale a sostenerlo. Sul lembo opposto, all’interno del pieghevole, campeggiano, circondati dallo stesso logo, i soli titoli delle 4 tracce del CD, lo studio di registrazione (il Soundscape di Forlì) e l’autore di artwork e layout (STRX, di cui scopro via Google la pagina su Facebook, perdendomi in una galleria d’illustrazioni semplicemente affascinanti e davvero indicate per copertine di album e manifesti di concerti, soprattutto in ambito stoner o doom-metal: complimenti ai Marmo per la scelta azzeccatissima!). Il valore aggiunto di un album strumentale è pure il suo prestarsi alla libera interpretazione di chi lo ascolta e a parte i titoli del CD e delle singole tracce, non dispongo di altre chiavi di lettura per così dire autentica, per poter intuire (o tirare a indovinare), il significato dell’immagine di copertina nelle possibili intenzioni della band, ma personalmente ci vedo una sorta di paesaggio lunare, vulcanico o spettrale, su cui s’innalza, nel lembo frontale del pieghevole, una specie di monolite di “kubrickiana” memoria e che, dal lembo posteriore, sembra minacciosamente preso di mira da un’entità mostruosa o nebulosa, forse il buio a cui allude il titolo dell’album…

In questo immaginario, inserisco quindi il CD nel mio lettore portatile, indosso le cuffie e premo il tasto play.

L’EP si compone, come anticipato, di 4 tracce e se fosse un vinile, sono certo che ce ne starebbero due per lato; la durata dei pezzi è infatti speculare: il primo e il terzo sforano i 4 minuti, il secondo e il quarto i 7 e l’album è per così dire idealmente suddiviso in due parti, anche dall’uso dell’italiano per i soli titoli delle ultime due tracce (“Madre” e “Il Buio”), laddove le prime due s’intitolano “Lilith” e “In My Room”.

La prima traccia viene introdotta dal soffio di un vento desertico, a fare da sfondo, dopo una manciata di secondi, a un blando ritmo di batteria, inizialmente scandito da un sonaglio e un malinconico arpeggio di chitarra, che sembrano voler anticipare l’evoluzione stilistica della band, rispetto al lavoro precedente. Se “Inside” partiva subito come uno schiacciasassi, con riff “droppati” e ritmi serrati di scuola “helmetiana”, saldati con la precisione chirurgica di quella pietra miliare che è stato “Meantime”, indiscusso e insuperato capolavoro della premiata ditta di Hamilton e soci, qui la band ci accompagna lentamente verso lidi più cupi, introspettivi e indemoniati. Non a caso, credo, il titolo del primo pezzo, “Lilith”, è il nome di un’antica divinità mesopotamica, più precisamente il demone femminile della tempesta, una tempesta qui preannunciata, appunto, dal rumore del vento. L’arpeggio iniziale lascia spazio, dopo qualche battuta, alla sua versione più tirata e distorta. Se la roboante saturazione della chitarra e la tonalità minore del riff rimandano al post-metal dei primi Pelican (o dei più recenti Telepathy), il ritmo, che si fa man mano più incalzante, orienta quasi il pezzo verso lo stoner dei primi Karma to Burn, finché non s’innesta, più o meno a metà della traccia, un repentino cambio di tempo, a riportare il duo sulle soluzioni ritmiche e lo spessore sonoro di “Inside”: è forse il passaggio, di tutto il disco, che meglio lega questo nuovo lavoro al suo predecessore e che apprezzo particolarmente per la capacità, appunto, di proiettare l’immediatezza del noise/crossover, già fatto proprio dai Marmo nell’EP di debutto, in una dimensione più ricercata. Dal punto di vista tecnico, pur nell’esplorazione di nuovi orizzonti sonori, il duo mantiene in ogni caso il minimalismo dell’esordio: i Marmo sono in due e non ricorrono ad alcun espediente o trucco che dir si voglia (over-dubbing, dual-amping, pitch-shifting, looper, sequencer, ecc.), per colmare l’assenza di un basso o comunque di altri strumenti nell’organico del gruppo. La chitarra di Frizzino è infatti abbastanza carica di frequenze da renderlo superfluo e l’imponente batteria di Piras, oltre a scandire la struttura dei pezzi, ne detta la dinamica, accentuando ulteriormente, quando occorre, la pressione sonora di una distorsione già spinta, di per sé, verso i massimi livelli di saturazione, se non oltre. In questo, escludendo comunque che ne siano stati influenzati, visto che si tratta di una formazione più o meno coeva e pressoché sconosciuta in Italia, i Marmo mi ricordano un altro duo, i bostoniani INTRCPTR, un side project di Larry Herweg, noto come batterista – guardacaso – dei già citati Pelican e di Ben Carr, già chitarrista dei 5ive (anche loro un duo). Ecco, se mai un fan degli INTRCPTR dovesse leggere questa recensione, è il primo a cui raccomanderei l’ascolto dei Marmo (si troverebbe certamente in famiglia).

Il secondo pezzo, “In My Room”, è forse un remake dell’omonima traccia che, leggendo una recensione ad “Inside”, scopro aver già fatto parte del primissimo demo dei Marmo. Non ne ho riscontro, in quanto non dispongo di copia del demo e non trovo in rete nemmeno uno streaming del pezzo, ma sarei curioso di confrontarli, se davvero si tratta dello stesso brano, per coglierne le differenze e valutare anche sotto tal profilo l’evoluzione della band. Ad ogni modo, dopo alcuni ascolti del CD, penso di poter dire che si tratti della mia traccia favorita. Una sorta di mini-suite in 4 atti, introdotta da una monolitica sequenza di accordi, la cui satura risonanza è arricchita dalla sovrapposizione di una specie di effetto rotatorio (forse un tremolo settato molto lento?), che ascoltando il brano in cuffia dà una sensazione di avvolgimento. Ho già menzionato i Pelican e il primo atto di questa suite mi rimanda, in effetti, al loro mitico e mastodontico “Australasia”: è l’incedere man mano più incalzante del ritmo, ad accompagnare il pezzo, quasi fosse una colata lavica o un movimento tellurico, verso gli atti successivi, sapientemente legati fra di loro, grazie a un’ottima progressione armonica, dai toni sempre più drammatici; il secondo e il terzo atto sono quelli più concitati, in cui la band esprime maggiormente la sua vena noise, prima di riallacciarsi, pur senza rallentare il tempo, al sapore più melodico dell’introduzione, mentre è decisamente più brusca la transizione verso l’atto finale; d’un tratto, la nave si ferma, come squarciata da un iceberg e affonda inesorabilmente in acque gelide, accompagnata da una sequenza di accordi e brevi cenni ad arpeggi tanto cupi e riverberati, da ricordarmi certo nautic-funeral/doom-metal di matrice teutonica (penso, per esempio, agli Ahab e alle loro immersioni sonore negli abissi marini).

Nel terzo pezzo riappare lo schiacciasassi: poco più di un minuto e mezzo per radere al suolo tutto ciò che gli si para davanti; qui i Marmo rendono merito alla pesantezza del loro nome. La conta dei cadaveri è affidata, subito dopo il passaggio della macchina da guerra, a una figura femminile, probabilmente la “Madre” che dà il titolo a questa traccia; a una chitarra pulita, che lentamente scandisce i sedicesimi di questo interludio dal sapore post-rock, si sovrappone quindi un monologo femminile in inglese, l’unico inserto vocale di tutto l’album: in mancanza di credits, come detto, nella custodia del CD, non so dire se si tratti di una linea vocale appositamente scritta e registrata per il pezzo o forse dell’audio di un film, che comunque non riconosco, facendo anche fatica, per la verità, a distinguerne le parole (il mixaggio la mantiene comunque bassa, rispetto alla base musicale). Ad ogni modo, il timbro di questa voce fuoricampo ben accentua i toni più introspettivi di tutto lo stacco, preparando all’esplosione finale: negli ultimi due minuti del brano, infatti, la chitarra si fa distorta, più riverberata e il post-rock dell’interludio si fa post-metal, proponendo uno dei passaggi più intensi e coinvolgenti dell’opera, che a tratti richiama il post-hardcore catartico dei Rosetta e il loro “metal per astronauti”, come gli stessi amano definirlo.

A chiudere questa seconda coppia di pezzi, specularmente ai primi due, è il quarto e ultimo brano: “Il Buio”. Si tratta ancora di una traccia strumentale, ma per come l’hanno chiamata, è facile presumere che la band abbia inteso attribuirle il ruolo di title track. A calarci nella penombra, è in questo caso un’avvolgente introduzione di batteria, dalle tinte tribali, che s’innesta su accordi resi eterei da un breve delay e un pizzico di flanger (o effetti simili), tanto morbidi da contribuire ad accentuare l’impatto invece devastante del riff, estremamente distorto, che ne seguirà dopo qualche istante. Anche in questo frangente, il duo non fa prigionieri e non c’è luce all’orizzonte, ma proprio per nessuno. Il brano è un’escalation di flagellante potenza sonora per tutta la sua prima metà, fino a quando cioè, esattamente a 3’38’’, una sequenza d’isolati colpi di grancassa e piatti, in perfetta sincronia con altrettanti powerchord, tanto serrati da suonare come colpi di grazia, introducono a un finale più lento, cadenzato, ma ugualmente distorto, in cui Frizzino sembra suonare contemporaneamente accompagnamento e melodia. Ai powerchord, fragorosi come non mai e che continuano a scandire il tempo via via più dilatato del pezzo, si sovrappongono infatti note lancinanti, più acute e dissonanti, che vanno a traghettare l’ascoltatore, come una sorta di nocchiero infernale, verso l’oscurità di una meta ignota. Degna chiusura di un lavoro che, in conclusione, ci propone una band evidentemente più matura che nel precedente “Inside” e ben più consapevole, sia delle sue capacità, che, se vogliamo, dei limiti di una formazione tanto ridotta, ma comunque in grado di trasformare quegli stessi limiti in punti di forza, mostrandosi, anche per questo, ormai pronta per il grande salto, ovvero un LP.

Il mio voto, ovviamente soggettivo, vuol essere in questo senso un incoraggiamento (e al contempo un augurio), perché “La Gravità del Buio” possa avere al più presto un seguito sulla lunga distanza.


Cesare Businaro
7/10


Articolo ad opera di Giusy Elle


168. La pesantezza del MARMO

Altri post correlati: 
Marmo1: Il post-metalgranitico dei MARMO (2017) 
Marmo3: MARMO e"Viceversa" (2020) 
Presenti nella nostra EMILY DUO COMPILATION  (2016)


AGGIORNAMENTI
Del duo strumentale metal MARMO (Forlì -ex Picea Conica), d'ispirazione anni '90, abbiamo già avuto modo di parlare un anno e mezzo fa per presentare il loro Ep Inside (qui). Un bel sound per i due romagnoli (Campione Frizzino alla chitarra e Gianluca Piras alle pelli) che si ispirano alle band famose con i cui ascolti sono cresciuti: Helmet, Melvins, Unsane, Godflesh...

Interessante l'apporto dietro le quinte di un terzo elemento, tale Paolo il Faro, grande amico di sempre, il cui contributo ha giovato non poco alla band grazie al suo operato in vari ambiti, dal songwriting al booking fino alla figura importante di manager. Uno strano connubio a tre che abbiamo però riscontrato in altri duo chitarra-batteria, dai MILF ai METEOR.

Il tempo è passato e la band è rientrata in studio di registrazione per sfornare un secondo Ep dai suoni grevi e cupi come anticipato dal titolo La Gravità del Buio. Un lavoro maturo, interessante, dove metal e noise rock sono virati in sperimentazioni post hardcore e sludge, tanto care ai duo chitarra-batteria strumentali di questo periodo. Non mancano suoni campionati, riff cadenzati e pesanti ma alternati a bagliori di melodia che alleggeriscono a tratti il paesaggio cupo dipinto dai due. Quattro brani per 24 minuti d'ascolto, che avremo modo di approfondire nell'intervista con i due musicisti e nella colta recensione a firma Cesare Businaro (qui).

La novità più importante è che finalmente i Marmo si sono appoggiati a quelle belle etichette indipendenti che ormai ruotano attorno al mondo dei duo e in questo caso hanno goduto della coproduzione di E' Un Brutto Posto Dove Vivere, realtà padovana gestita dal frizzante Fabio DjFloss. Ma andiamo a farci quattro chiacchiere con Frizzino e Gianluca per capire le novità intercorse dall'ultimo incontro Edp.

“Lilith” Official Video

Ascolto integrale di La Gravità del Buio


LABELS
Casa discografica e di distribuzione, la EUBPDV è stata fondata a Padova nel 2014 da Fabio Zanaga. Si tratta di una realtà incentrata sulla sottocultura Underground che non si dedica soltanto alla musica ma spazia anche tra le altre forme d'arte. E' un progetto indipendente, autoprodotto e no profit portato avanti con passione dall'unico fondatore, noto anche come DjFlass. Co-conduttore della web radio e omonima tapelabel Scaglie di Rumore (etichetta incentrata nella produzione e distribuzione di musica punkhardcore) fonda questa label nell'ottica di scoprire e proporre realtà sempre legate alla scena underground ma non trattate dalla già citata label.
EUBPDV non fa distinzioni di generi, propone ciò che gli piace e conta una ventina di uscite con gruppi da tutto lo Stivale con diversi suoni e diverse proposte. Nel nostro caso ricordiamo Due dei CANI DEI PORTICI, Crudo, il primo full lenght dei NADSAT, ma anche gli ultimi lavori dei TWO BIRDS ONE STONED, FOLIE A DEUX, KA (basso-batteria) e MARMO.
Esiste anche un blog dove vengono pubblicate interviste alle band ed ad altri artisti locali, articoli su festival, eventi ed altro ancora; non si tratta di una Booking Agency ma spesso vengono organizzati concerti per far festa con gli amici. Insomma, un tuttofare il nosro amico Fabio DjFlass!!!!
L'evoluzione per il futuro è quella di produrre anche libri, riviste o fanzine mentre finora è stato stampato Ragazzo in Vendita, fumetto post/porno realizzato da Punx666 & Delicatessen.


INTERVISTA
1. Carissimi Frizzino e Piras (nonché Paolo), bentornati nei nostri spazi virtuali. Mi fa molto piacere vedere che la produzione musicale procede con un'interessante svolta sonora, anche se non molto marcata e in linea con ciò che vi contraddistingue. Il passaggio dal metal anni '90 a certe specifiche hardcore come è avvenuto? Ascolti diversi? Ispirazione alla ricca discografia nel genere da parte di altri duo chitarra-batteria? Siete sempre e comunque una band post-metal... 
Marmo: Ciao Giusy, prima di tutto volevamo ringraziare te e lo staff dell'EDP per il supporto che in questi anni non è mai mancato... La Gravità del Buio è il nostro secondo Ep uscito in collaborazione con "E' un brutto posto dove vivere", etichetta gestita dal buon Fabio DjFlass. Rispetto al nostro primo Ep Inside qualcosa è cambiato. Siamo più introspettivi, abbiamo aggiunto campionamenti che secondo noi sono un valore aggiunto alle sonorità che volevamo e che cercavamo, senza stravolgere la nostra identità, sonorità che vanno sempre a pescare negli anni '90... ci mancherebbe altro...

2. L'atmosfera che si percepisce per prima con l'ascolto di questo nuovo album è indubbiamente densa e pesante, da cui il titolo La gravità del buio: è nato per primo lo spirito che pervade la vostra attuale produzione oppure il titolo ha suggerito un diverso incedere musicale? Come mai il buio vi ispira gravità? C'entra la fisica dei buchi neri?
Marmo: Nel nostro caso viene sempre prima la composizione. Poi quelle sensazioni ed emozioni che un brano ci trasmette finiscono per avere un titolo.
Quando il buio ti avvolge rischi di non vedere il fondo, la via di uscita, non vedi più nulla e la gravità intesa come il male ti annienta, ti avvolge, in ogni contesto che riguarda l’individuo, nelle vicissitudini della vita.

3. Personalmente ho apprezzato molto gli interventi melodici che alleggeriscono di tanto in tanto l'atmosfera cupa, seppur intrigante, del disco. Ritengo che la melodia faccia parte di un equilibrio universale e pertanto facilmente comprensibile da tutti, una specie di linguaggio dell'anima... pertanto ritengo che, anche se in minima quantità, dovrebbe riscontrarsi in ogni genere musicale. Qual è la vostra opinione in merito?
Frizzino: Melanconia = Melodia... quando poi dopo note alte arrivano note basse... fa molto male…

4. Passando all'artwork del disco... Il prisma che sorge da uno sfondo nebuloso cosa sta a significare?
Marmo: Volevamo fare le cose per bene, sempre in primis per nostra soddisfazione personale e ci siamo affidati a STRX, un esperto di copertine e poster di band underground, con uno stile incredibile! Quando abbiamo visto il monolite marmoreo avvolto da tentacoli in mezzo a un magma indefinito ci siamo subito convinti... infatti esprime appieno il sound di questo EP.


5. Non siete mai stati un duo molto attivo dal punto di vista dei live. Per l'occasione dell'uscita di La gravità del buio avete cambiato filosofia? Avete pensato a un tour estivo? Avete avuto modo di condividere il palco con qualche altra 2-man band?
Frizzino: A dire il vero non è una nostra scelta, è semplicemente difficile. Oppure la nostra proposta non piace e siamo antipatici ;)

6. So che state già lavorando su materiale nuovo e che il vostro sound sta cambiando ulteriormente. Su che lidi vi vedremo approdare in un prossimo futuro?
Marmo: Sì, abbiamo già parecchio su cui lavorare... stiamo cambiando un’altra pelle ancora e questo ci da un gran gusto!

Grazie a voi Frizzino e Piras per il vostro intervento, qui a Edp. Augurandovi una lunga carriera, attendo di vedervi live, un giorno! Marmo: Grazie Giusy, ci contiamo, a presto!


DISCOGRAFIA
LA GRAVITA' DEL BUIO 2018, E' un Brutto Posto dove Vivere (PostMetal, NoiseCore)

1.Lilith 2.In my Room 3.Madre 4.Il Buio








INSIDE 2016, Autoprodotto (PostMetal, Noise, Sludge)

1.Humanity 2.Expand the Hurt 3.The Dark Sheen 4.Rude 5.You 6.Demons (Evil)









Link ad altre recensioni


Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle