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giovedì 29 novembre 2018

167. RECENSIONE55: Magic Pandemonio by Meteor





Magic Pandemonio è il terzo album in nove anni del duo chitarra-batteria bresciano METEOR, una bordata di 10 minuti furiosi e brevissimi. Noise ad alto giro di bitmap e grind strumentale, presentato qui dalla penna di Mali Yea, chitarrista del duo reggiano Anice. Per conoscere la retrospettiva della band e cosa ci hanno raccontato Andrea Cogno e Beppe Mondini in fase di intervista, passate poi all'articolo di approfondimento a loro dedicato.


Video:
X” Live Luglio 2013 @CasaDelVento https://www.youtube.com/watch?v=BD7QtG1S78A


Contatti Band:


Magic Pandemonio credits:
I Meteor sono: Andrea Cotogno (guitars) e Giuseppe Mondini (drums, samplers)
Registrato al Lignum Studio da Giulio "Ragno" Favero e Meteor (1-4.1.2017)
Mixato e masterizzato da da Giulio "Ragno" Favero
Artwork: Marzia Dalfini
Disegni: Giuseppe Mondini


Qui lo ascolti

Magic Pandemonio 2017
Wallace Rec, Villa Inferno
(SpeedNoise/Grind)

1. Rojko
2. Elonkorjaaja
3. Paratartalom
4. Pneuma
5. Pentatonico
6. Compocombo
7. Stereomix
8. Astrowomen
9. Glida
10. Montserrat


RECENSIONE
METEOR Magic Pandemonio
Lp 2017 Wallace Rec, Villa Inferno

Magic Pandemonio è l'ultimo lavoro dei METEOR, pubblicato nell'ottobre del 2017 a 4 anni di distanza dal precedente 7 tracce intitolato Cò Còl e Raspe. Un album emblematico, 10 brani per scelta velocissimi e concentrati, composizioni per lo più strumentali che nella maggior parte dei casi superano di poco il minuto. Normalmente non si è abituati a brani così brevi ma questa, si intuisce fin da subito, è chiaramente la loro cifra stilistica. Il duo chitarra-batteria bresciano, simposio nato fra Andrea Cogno e Giuseppe Mo, riprende così il filo del discorso lasciato in sospeso tenpo fa, miscelando con ironia il proprio background musicale che strizza l'occhio verso disparati generi come: noise, metal, punk, math rock e musica elettronica... Nell'immediato l'ascolto non è dei più facili, i Meteor sono chiassosi e rumorosi, frenetici, ma sicuramente bisogna riconoscere ai ragazzi una genuinità intellettuale che non si piega ai cliché del “già sentito”, punto di forza della loro atipica risposta. Le voci telefoniche iniziali, disumanizzate, e i deliranti suoni elettronici che condiscono una buona parte delle tracce, in una qualche misura riescono a stemperare la crudità della chitarra distorta e la batteria martellante, restituendo un'aria scherzosa e paradossale a tutto il disco. 
Se si approfondisce l'ascolto è possibile trovare nelle pieghe delle trame compositive una lucida follia, un guizzo creativo in grado di governare un caos apparentemente disordinato.

D'interesse è la direzione intrapresa, tutto sembra confluire verso una personale visione nichilista di quello che potrebbe o dovrebbe essere la musica, probabile conseguenza di un lavoro di sintesi mentale e stilistica che getta lo sguardo al di là dello steccato. È difficile però, al contrario di quello dichiarato dai due musicisti, percepire i luoghi che hanno ispirato le composizioni: campagne, boschi, pianure afose e osterie affollate; l’impresa è veramente ardua.

Malgrado l'album sia di fugace durata, meno di un quarto d’ora in tutto, risulta sufficientemente compiuto. Tuttavia considerando anche l’esordivo “Anemici/Sangue dalle Rape” del 2010 e gettando uno sguardo globale sulla discografia completa della band, purtroppo l’impressione generale che si ha è che fino a questo momento non ci sia stato quell’atteso “passaggio chiave”, nessun “cambio sostanziale di rotta”, gli ingredienti della ricetta sembrano essere gli stessi, a differenza delle parti elettroniche che forse risultavano più convincenti nelle due precedenti pubblicazioni. Il rischio che si corre è quello dell’autoreferenzialità. Ciò che poteva essere una interessante intuizione 8 anni fa potrebbe non esserlo più oggi…

Mali Yea

Articolo ad opera di Giusy Elle

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