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venerdì 29 gennaio 2016

93. LISTA LIVE REPORTAGE

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Ecco qui una lista dei live ai quali hanno assistito i membri dello staff Edp e contribuito con una loro descrizione e/o intervista....


1) BOB LOG III @ Magazzino sul Po (TO) 11.3.2015 by Martino Vergnano 
2) MARK SULTAN @ L'Angolo dei 33 (TN) 13.1.2016 by Giusy Elle
3) ROPOPOROSE @ L'Angolo dei 33 (TN) 10.2.2016 by Giusy Elle
4) NADSAT @ Arci Area, Carugate (MI) 17.3.2018 by Cesare Businaro

92. Live Reportage2: MARK SULTAN/BBQ


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INTRO 
   Ho avuto la fortuna che capitasse un concerto dell'one-man band MARK SULTAN non lontano da casa mia, all'Angolo dei 33, un piacevole pub alla periferia di Trento. Il Direttore Artistico del locale, Marcello Orlandi, anche nostro recensore per i generi garage e punk, concentrato sulle band di tale filone ha portato in regione singoli, duo, full band di pazzi scatenati provenienti da tutto il mondo tra i quali anche nomi di punta quali gli Statunitensi Froth (U.S.A.), i Dignan Porch dall'Inghilterra o i Cileni Perrosky. Mi ci sono fiondata quindi, mercoledì 13 gennaio, in compagnia della mia amica Natalie, madrelingua scozzese, che ormai fa parte integrante dello staff EDP come traduttrice ufficiale per l'inglese. Come sapete qui all'EDP trattiamo di power duo per cui potrà risultarvi strano un articolo intero dedicato a una one-man band, eppure sappiate che il nostro Mark Sultan in realtà ha fondato parecchi duo nell'arco della sua carriera, ed è per questo che siamo così curiosi nei suoi confronti. Anche perché, pur essendo principalmente un batterista nelle full band, i duo che lo vedono co-fondatore sono in realtà una collaborazione, un progetto a due di un one-man e un chitarrista oppure addirittura di una coppia di polistrumentisti! Una forma originale di power duo che vogliamo proprio approfondire... Inoltre Mark Sultan, grazie anche alle sue “originalità”, è un culto e un mito vivente, un'artista da non perdere se lo trovate nelle vostre zone. Quello che suona viene definito amichevolmente "dumb rock'n'roll", ossia... Avete presente cosa significa avere un approccio grezzo e sanguigno sugli strumenti, tecnica essenziale in versione estremizzata, predilezione per il rock'n'roll più sfegatato, il tutto condito con una buona dose di sfacciata attitudine punk? E per di più vivere di tutto questo girando il mondo in perpetuo live e collaborando con l'artista del momento che entra più in sintonia? Ecco, siete entrati nella vasta schiera di one-man band che sembrano avere largo seguito negli States e molti, altrettanto scatenati, fan sparsi per il globo. Mark Sultan si rivela essere un vero re del dumb rock, poiché della sua forma sciatta e sguaiata ne riesce a fare una vera e propria forma artistica, come ci rivela in fase d'intervista... Un personaggio assolutamente interessante, questo Mark, e ancora adesso, che sto chiudendo questo articolo, vorrei chiedergli un mucchio di altre cose... conoscerlo è come avere avuto una breve visione su un mondo che pare proprio fantastico e si vorrebbe approfondire... che onore!
   Ma procediamo gradualmente con la biografia dell'artista di oggi, il reportage del suo concerto e l'interessantissima intervista con il diretto interessato, ossia il batterista (ma non solo) Mark Sultan.


BIOGRAFIA
   Mark Sultan, musicista canadese, nasce a Montreal, Quebec, nel 1973. Nel corso della sua carriera si esibisce sotto numerosissimi moniker ma all'anagrafe lo ritroviamo come Mark Antonio Pepe, nome che ci rivela una sua indubbia origine italiana. Nasce come batterista ma già nella sua seconda formazione, gli Spaceshits, inizia ad esibirsi in altri ruoli, in questo caso come cantante. Siamo a metà degli anni '90 ed è qui che al basso incontra "Blacksnake", canadese di origine indiana dal vero nome di Arish Ahmad Khan, con il quale formerà più avanti lo strepitoso duo chitarra-batteria KING KHAN & BBQ SHOW. Gli Spaceshits, furibonda garage-punk band, come per i gruppi precedenti si lascia dietro una scia di storici live al fulmicotone caratterizzati da risse su palchi, lanci di oggetti sulla platea, petardi e altri elementi disturbanti, tanto da non poter durare più di 15 minuti e da essere banditi, nel giro di poco tempo, da molti locali della città. E' ora di passare all'estero... ecco quindi organizzato il tour europeo del 1999 nel quale però perdono Blacksnake in Germania, che decide infatti di rimanere in Europa, dove si costruisce una famiglia e vive tuttora. Al rientro in Canada le Merde Spaziali si sciolgono definitivamente e dalle loro ceneri, con qualche rimescolamento (Mark Sultan ora passa alla batteria) e l'aggiunta della bella Annie alle tastiere, nascono i "Les Sexareenos, uno dei gruppi garage rock’n’roll più selvaggi e cavernicoli che il Canada abbia mai visto" secondo degna descrizione del nostro collaboratore Marsuel Papel. Il gruppo ha breve vita, giusto tre anni (ma è del 2011 la loro reunion), ed è così che nel 2002 Mark Sultan decide di fare tutto da solo: canta, 
suona la batteria (grancassa e rullante) e la chitarra in simultanea divenendo un one-man band conosciuto d'ora in poi con lo pseudonimo di BBQ; a caratterizzarlo una timbrica vocale particolare e l'attitudine musicale assolutamente grezza e selvaggia che l'accompagna fino ad oggi. Durante un tour europeo re-incontra il suo "compagno di brigata" Blacksnake che nel frattempo aveva cambiato il nome in King Khan e fondato una propria super-band, la psychedelic-garage-soul King-Khan & The Shrines, composta da ben 9 strumenti e dai suoni un po' più sofisticati grazie all'intervento dei fiati... Come non collaborare nuovamente? Ecco finalmente nato un duo incredibile che ha fatto molto parlare di sè, i KING KHAN & BBQ SHOW (originariamente partiti come BBQ and Blacksnake), dove Mark continua ad esibirsi nella sua formazione completa di one-man mentre il Gran Re di origine indiana si danna sulla sei corde. Una two-piece fantasmagorica che suona in un misto di doo-wop, punk, soul, garage espresso con grande rabbia e potente energia, suoni lo-fi e goliardia per condimento. E' una bella e lunga parentesi che dura dal 2003 al 2010, sette anni abbondanti durante i quali i due registrano tre album in studio (l’omonimo del 2003, “What’s for dinner?” del 2006 e l’ultimo “Invisible Girl” del 2009) e si esibiscono senza soluzione di continuità in giro per il mondo intero. La sfrontatezza è il loro marchio di fabbrica... si presentano innanzitutto come due personaggi: il sultano Mark, con tanto di turbante, e il collega indiano gran Khan, con gilet sul 
petto nudo e un elmo sul capo. I due si dimenano e suonano con rabbia e grezzume sfoderando tutta la loro non-tecnica musicale che tanto li ha caratterizzati. Uno stile molto in voga tra certe one-man bands, penso anche a Bob Log III, altro accanito sostenitore del selvaggio e lo-fi dumb rock, che abbiamo avuto già il piacere di incontrare e intervistare come EDP (qui) e con il quale lo stesso Sultan si è esibito in formazione a due. Interessante per noi la collaborazione del 2005 quando i KK&BBQ si fanno accompagnare in tour niente meno che dai nostri connazionali MOJOMATICS! Storico duo Garage e HillbillyBlues veneziano, conosciuto a livello internazionale, che dopo dieci anni di attività si è recentemente sciolto, a fine 2014. Per l'occasione le due 2-piece formano una band dall'irriverente nome di Ciaoculos, dalla quale nasce anche una registrazione 7".
   Si diceva che è del 2010 lo scioglimento ufficiale del duo formato da King Khan e BBQ ma in realtà i due non riescono a stare molto tempo lontani... il 2011 li vede comporre nuovi brani assieme mentre nell'anno successivo sono nuovamente su palco per un sold-out a Toronto. Il destino è quello di rivederli saldamente riuniti in duo e infatti lo fanno, consacrando la band con un nuovo nome, i BAD NEWS BOYS, un misto ancora di rock’n’roll, punk, primo r&b, garage, doo-wop e psichedelia. E' in questa formazione che i più fortunati potranno vederli esibirsi ancor oggi... Nel corso della serata live all'Angolo dei 33 a Trento, invece, incontriamo Mark Sultan nella versione da solista di BBQ.
   Ma il nostro Sultano, one-man band di professione, ha una forte attrazione per la line-up a due tanto da fondare nel tempo altre two-piece degne di nota. Non si tratta di formazioni dalla lunga durata, giusto il tempo di una collaborazione, di registrare un disco e calcare i palchi del mondo per un po'. Ricordiamo al proposito un altro one-man canadese, il famoso Bloodshot Bill, con il quale il nostro BBQ fonda nel 2010 i THE DING-DONGS, sempre nella stessa formula sonora e goliardica (suonano indifferentemente di tutto, nei video li vedete sempre con delle chitarrine in mano); un one-man conteso, questo Bloodshot, in quanto l'anno precedente lo troviamo già cofondatore di un power duo col già menzionato King Khan, gli altrettanto incredibili TANDOORI KNIGHTS... che intrecci di duo tra questi artisti! Formula apprezzata anche da King Khan stesso fin dai suoi esordi tanto che una delle sue prime band altro non è che una 2-piece chitarra-batteria, per il duo indiano black metal HARAMZADA...
   Vi lasciamo a una bella carrellata di video, tanto per farvi capire di cosa abbiamo parlato finora, mentre noi procediamo con il reportage del concerto e la profonda e piacevole intervista al nostro Sultano Marcantonio...

THE SPACESHITS
KING KHAN & THE BBQ SHOW
BBQ/MARK SULTAN
Performance and Interview 2012 https://www.youtube.com/watch?v=TeKwfOkA3rI
THE CIAOCULOS 
“Hey Little Girl” https://www.youtube.com/watch?v=KZNVrWrqYww
THE DING DONGS
TANDOORI KNIGHTS (video 2 chitarre)


LIVE REPORTAGE 
Eccomi alle prese con il mio primo reportage per Edp! Un live dell'one-man band Mark Sultan, durante il tour italiano di promozione per il suo ultimo Ep, "BBQ" (pubblicato per la propria Sultan Records), un 4 pezzi che si aggiunge alle innumerevoli sue pubblicazioni che potete ascoltare integralmente al suo profilo Bandcamp.
Alle 20.00 la mia amica Natalie (madrelingua scozzese reclutata per una buona intervista in inglese) ed io, varchiamo la soglia dell'Angolo dei 33 Pub, un locale interessante alla periferia di Trento, fondato a fine 2014 da Paolo Cereghi e oggi affiancato dal collega Pietro Grisenti. Si tratta in realtà di un ristopub, dove si possono assaggiare piatti con materie prime slow food e godere di un'ampia scelta di birre artigianali. Inoltre, cosa non da poco in questi anni, il loro palco si anima di musicisti pazzi scatenati per ben due volte alla settimana! Il mercoledì e il venerdì...
Quando entriamo tutto è pronto, il palco allestito, il sound check appena terminato... Mark lo riconosciamo subito, ha la coppola in capo (che ci assicura far parte del suo abbigliamento quotidiano, quindi non esclusiva per il tour italiano) ed è seduto da solo su un divanetto, con una bottiglia di acqua in mano... resterà solitario per gran parte della serata, prima di esibirsi, in quanto risulta essere una persona mite, discreta, con bisogno dei propri spazi privati. Ha un volto dolcissimo, gli occhioni da tenerone, e sinceramente me lo sarei portato volentieri a casa come morbido peluche da coccolare... Gli chiediamo come mai l'acqua, se è indice di professionalità, lui ci assicura essere una questione di responsabilità, piuttosto: deve guidare, dopo il concerto, e fa tutto da solo... berrà acqua anche durante l'esibizione... Ma insomma, non ci avevano fatto credere che Mark Sultan fosse un pazzo furibondo con attitudine punk? Dove sono i calzini lanciati dal palco che ho visto fare ad altre band in questo stesso locale? Forse che i pazzi veri erano i suoi compagni di band? O forse l'età calma gli animi di chiunque, anche di lui che ora ha famiglia in Germania... Dobbiamo in realtà ancora vederlo sul palco... perché è lì che si scatena! In una saletta privata procediamo con l'intervista, che potrete sia seguire live su soundcloud (così da ascoltare la sua stessa voce parlata, così bassa di volume, quasi di persona timida, o comunque riservata...) che leggere tradotta alla fine del reportage.
Sono le 22.00 ed è l'ora della trasformazione kitch! Mark sale sul palco, toglie le scarpe (suona a piedi nudi) e inizia a cambiarsi.... i colori non c'entrano, ma quando si gira, con quel cappuccio teso, mi ricorda l'Ape Maya... Una buona dose di humour ed autoironia non manca certo al nostro Marcantonio!
Tutti si avvicinano al palco, il vocio del locale cala e si resta in muta attesa... Bene, è giunta l'ora, Mark attacca subito con grinta. Ha un tom e un rullante ai piedi, li percuote con mazzetta e cimbalo; la sua chitarrina è piccola (o è lui che è grande?), quasi scordata, sembra poco più di un giocattolo, vecchia e consumata... mentre esegue la ritmica velocemente, con un semplice e continuo uso del barrè, si accanisce sul settore piedi... E' difficile fotografarlo, a volte, perché dimena continuamente il capo, a sottolineare le ritmiche serrate con cui conduce il concerto... il tutto è agitato e furibondo... con la chitarra che impazzisce ogni tanto in impreviste accelerazioni.
I brani sono un mix di pezzi personali e cover rivisitate che lui unisce in un unico, lungo medley della durata dell'intero concerto. Una sola breve pausa per un sorso d'acqua dopo mezz'ora, nemmeno il tempo di accennare un applauso che già riparte, ancora 15 minuti e il concerto si conclude... solo tre quarti d'ora, sono volati come un lampo... abbiamo appena assaggiato la sua presenza eppure non c'è "biiiis" che tenga, nessun richiamo lo riporta sul palco, non c'è "Mark I love you" urlato a squarciagola da una fan per farlo bissare, lui è là, con la sua tenuta rosa shocking e lustrini, in zona merchandising. Non ci resta altro che raggiungerlo per una maglietta, una foto o un album autografato... Mark, sarai stato per poco con noi ma possiamo dire che abbiamo vissuto un pezzetto di leggenda... Grazie a te Mark! Alla prossima, quando ci sarà...




INTERVISTA
Nat: Ciao Mark, benvenuto in Italia.
Mark: Ciao, Grazie

Grazie per dedicare un po' del tuo tempo all'EDP. Prima di parlare del tuo set-up musicale vorrei chiederti qualcosa sul tuo nome: Mark Antonio Pepe. Sembra Italiano, hai antenati in questo paese?
Sì, tecnicamente il mio nome è Marco Antonio Pepe, i miei nonni paterni, da quello che posso capire, sono originari dall’Italia del Sud, forse Roma e Sicilia, ma non conosco nessun parente qui. Non ho idea. Mi ricordo che mia nonna provava a insegnarmi l'Italiano quando ero bambino ma mi faceva schifo per cui non l'ho mai imparato. E adesso che vengo in Italia una volta all’anno, che ho gli amici qui e amo l’Italia, non riesco a comunicare nella loro lingua. Tornando al nome: siccome sono nato in Canada, hanno cambiato solamente la prima parte in Mark, neanche Anthony, perciò sono solo un ragazzo Canadese.

Mark, hai girato il mondo, tanto, quante volte sei venuto in Italia?
Ho girato l'Italia un sacco di volte, non sempre per un tour completo, ci sono state delle volte che sono atterrato qua per fare un singolo show con una band, per esempio. Vengo circa dal 1997, ma non sempre. Diresti che vieni una volta all'anno? Sì, con questa frequenza negli ultimi anni ma prima non venivo da parecchio tempo.

Che cosa pensi del pubblico italiano?
Mi piace suonare in Italia perché penso che gli Italiani capiscano, cioè, che quando suono, anche se sto suonando dumb rock'n'roll, ci sto mettendo l'anima, sto dando tutto. Gran parte è improvvisazione, c'è roba strana che salta fuori e in un paese come l’Italia o la Francia, anche se la gente non sa nulla di rock'n'roll, sembra che prenda in considerazione e apprezzi l’aspetto artistico della cosa.
Sì, sono d’accordo, pensi che riescano a capirti da un punto di vista artistico.
Sì e lo apprezzo. Potrei fare una versione totalmente dumb, sarebbe divertente, ma non so se ci riuscirei, è da vedere. Ciò che faccio è un po' sciatto, e anche un po' strano, qualche volta, perché sembro bi-polare o anche mentalmente ritardato, ma non lo è, è tutto un'espressione artistica.
E' quindi un’improvvisazione ed espressione di ciò che senti in quel momento?
Si, è quello che spero, no, non lo spero, so che è così, perché lo faccio onestamente. Anche se ci sono dei must nel rock'n'roll e la gente vorrebbe vedere i costumi e sentire la musica come se l'è sempre immaginata mentalmente, nel suo ideale.
Immagino quindi che la risposta della gente non sia sempre positiva...
Infatti, ci sono persone che mi odiano proprio.

Mark, EDP è una pubblicazione dedicata al set-up chitarra-batteria. Tu, come solista, suoni entrambi gli strumenti in simultanea. Spesso suoni però anche in duo: potresti parlarci di queste scelte?
Sono stato in varie rock band standard con la batteria, il basso, la chitarra e il canto, e quando ho iniziato a fare l'one-man band era più come, guarda, "non me ne frega tanto di questa cosa". Ci sono musicisti che vogliono proprio fare rock'n'roll da one-man band, io no, l’ho fatto per necessità. Volevo vedere come potevo comporre brani in questa maniera e volevo viaggiare. Volevo soprattutto viaggiare. Ero una batterista prima, perciò avevo già una buona coordinazione e ho visto che potevo suonare tutti e due gli strumenti contemporaneamente, potevo farlo e così è stato. E poi ho visto che era un modo per minimizzare e far diventare tutto iper primitivo. Come one-man non hai tante scelte di ciò che puoi fare per creare il suono che ti piace. Un’idea si realizza molto diversamente da ciò che pensavi perché hai dei limiti logistici.
In duo ho iniziato a suonare con un amico che era in una band con me anni prima. Al tempo viveva in Germania con la moglie e andavo a visitarlo quando suonavo da solista e viaggiavo. Anche lui al tempo aveva una one-man band e abbiamo iniziato a suonare a Berlino e Amburgo. All'inizio suonavamo sul palco come due one-man band, abbiamo iniziato a divertirci, a bere, forse a fare qualcos'altro ma poi pian piano tutto si è trasformato: lui suonava solo la chitarra e io facevo le mie cose da one-man; entrambi cantavamo e armonizzavamo, era così. E' simile a ciò che faccio oggi da solo ma anche completamente diverso, con un'altra energia. Con il mio amico King Khan, che è una persona molto estroversa (soprattutto una volta), io mi chiudo perché voglio essere il suo completo opposto, creare proprio un ying-yang. In questo modo l’energia che creiamo diventa come quella dei poli opposti. Preferisco così piuttosto che avere due personaggi sul palco che si sfidano a chi fa più il matto. Quello stufa proprio. Per me la cosa classica è avere un foglio. Lo sai cos'è un foglio? Allora, nel duo io faccio sempre la parte del cattivo perché sono il più calmo. Sul palco sono sempre un po' aggressivo, dico stronzate, quello è il mio ruolo e lo amo.
Allora, è un ruolo che assumi quando fai parte del duo?
Sì, deve esserci un aspetto positivo e uno negativo e io sono il "Bad Boy"... E' quello a far la differenza. Per me è un personaggio reale quello che adotto nel duo. Non negativo nel vero senso della parola, semplicemente l’opposto di ciò che fa lui.
Pensi che sia proprio quello a far la differenza nel suonare in due? Adotti un personaggio specifico che devi mantenere invece come solista sei più libero?
Penso che fosse assolutamente naturale finire in quel ruolo nel duo. In questo mondo musicale la gente è più attratta dall'estetica che dalla musica in sé, cosa che a me invece non frega proprio niente. Sono tutto sulla musica, sull’espressione, come chiudere gli occhi e far finta di essere in un altro posto. King Khan invece, che è comunque un grande musicista, era più abile nel curare l'estetica. Lui si occupava di quello per prima cosa: attirare l’attenzione della gente, e poi che si godano anche la musica. Hai capito? Non c'era mai bisogno di essere quel personaggio nel duo perché esisteva già. Non era che ho pensato di dovermi scegliere un ruolo. Semplicemente sembrava la cosa giusta da fare per il duo: diventare un gioco degli opposti.

E la differenza come solista?
Come solista puoi essere veramente ciò che sei. Se per esempio sono di mal umore allora resterò così anche sul palco. Ho invece un po' di problemi con i più giovani che non arrivano a capire tante cose, ovviamente. Io sono un libro aperto e se sono di mal umore non posso far finta di non esserlo. Mi piacerebbe che la gente apprezzi che uno mostri le proprie emozioni. Qualcuno mi dice: “E' il tuo lavoro, perché non fai finta di essere allegro?”. Ma perché l’effetto non sarebbe lo stesso!
Allora non è la musica che ha un'emozione in sé ma è il tuo sentimento che esce in quel momento con la tua musica...
Assolutamente esatto... e penso che così si renda al meglio. Se mi vedi in 5 gig, una dietro l’altra, ogni una è completamente diversa. Sfortunatamente sono una persona molto emotiva e sensibile, perciò cambio sempre. In questo rock'n'roll spazzatura, che mi piace immensamente, c'è tutta una serie di percezioni, di regole che la gente ha sul genere, di come dovrebbe essere, e di come un musicista dovrebbe suonarlo, ma io non lo faccio mai.
Com'è suonare sul palco tra due one-man band, voglio dire, con doppia strumentazione?
E' strano, però mi piace. Penso, come abbiamo detto prima sulle limitazioni musicali, che quando hai due one-man band che lavorano con due diverse costrizioni, fa ridere perché, più entrano in comunione e diventano un qualcosa, più hai sempre due scatole dentro un'unica scatola. Non è la cosa più fluida del mondo, non è come in una standard band quando tutto si armonizza assieme. Succedono cose strane perché usiamo due set limitati. Si crea un'altra dinamica e penso che questo sia cool, mi piace.

Adesso tu e King Khan siete di nuovo assieme, in una reunion, “The Bad News Boys”, come sta andando?
Sì, alla grande, ci siamo fermati per 3 o 4 anni ma poi abbiamo riniziato a suonare assieme. Fortunatamente per noi facciamo ancora tour, per lo più negli States, qualche volta andiamo nel Regno Unito, qualche altra volta andiamo nelle "grandi" città come Parigi, e poi ovviamente Berlino, e va ancora molto bene.
Il King Khan & BBQ Show aveva molto successo già prima...
Sì era così però il problema di oggi è che le cose non durano. La nostra società è molto usa e getta. Poteva essere che facevamo la riunione e a nessuno fregava niente. Fortunatamente alla gente piaciamo ancora, quindi ci va bene. Possiamo godere la nostra musica e nel contempo ci sono anche altri che la apprezzano, ragazzi più giovani, gente più adulta, sì, è grande, è cool.
Perché avete cambiato nome?
Fammi provare a spiegarlo bene. Abbiamo la tendenza a scherzare con la gente, a far gli scemi e a sparar cazzate. E una delle idee che ci erano venute in mente una volta era quella di cambiare il nome e crearci sopra una storia. Ci eravamo stufati. Avevamo deciso di informare la stampa che eravamo in causa in un tribunale a Berlino per via del nostro vecchio nome che corrispondeva a quello di un ristorante di kebab, e che Bad News Boys fosse veramente il nostro primo nome come duo. Abbiamo pensato che tutta la faccenda facesse ridere. Poi invece la gente ci ha creduto, ci siamo divertiti e siamo andati avanti così. Mi piace la confusione, il caos. Potrebbe andar bene o meno perché confondi troppo la gente. Oppure la gente trova lo scherzo simpatico. Comunque ha funzionato pur essendo ancora la stessa band di prima. Quando eravamo pronti a pubblicare il primo nuovo album, dovevamo solo stare attenti a ricordarci di non usare più il vecchio nome.

Nel 2005, il King Khan Show ha girato in tour con i nostri connazionali MOJOMATICS. Come vi siete incontrati?
Li ho incontrati io per primo, forse era nel 2004. Abbiamo girato suonando assieme, tutti dentro una macchina, siamo andati in Croazia e Cossovo e tutti quei posti lì. Loro mi piacciono un sacco, andiamo molto d’accordo. Fanno ridere, abbiamo lo stesso senso dell’umorismo e li adoro. E' alla fine di quel tour che Khan ci ha raggiunti e abbiamo fatto qualche spettacolo assieme, poi ci siamo mantenuti in contatto. E' solo in un secondo momento che abbiamo fatto il tour con lo Show. Siamo veramente molto simili. Sai, quando incontri qualcuno e c'è un istinto che ti dice di sì. Successivamente abbiamo suonato anche altre volte assieme dopo quel tour. Del resto uno dei ragazzi, Matteo, verrà al mio concerto domani. Gli ho parlato poco fa e mi ha detto che voleva venire e gli ho risposto che va bene, è cool.

L'EDP è un progetto dedicato alla line-up chitarra e batteria. In Canada avete qualcosa di simile?
No, non credo proprio. Forse qualcosa sulle one-man band. Le one-man band, sfortunatamente, stanno diventando una cosa superficiale… ok, la gente oggi (questo è il parere di un vecchio come me), pensa che soltanto perché sei in grado di fare qualcosa rendi alla grande, ma non è così. In tanti pensano di poter fare qualsiasi cosa e allora, per quanto riguarda l'one-man band, dicono, ah, posso farlo anch'io… vorrei dire, basta, smettila, perché non stai facendo proprio niente, non stai dando nulla, stai solo battendo e niente più. Per me questo è uno dei problemi di questo set-up. Ah sì, c'è in Canada, a Montreal (io vengo da lì), un festival ma non penso che ci sia qualche pubblicazione come Edp. Non ho mai visto niente, specialmente per le two-man band… two-people band.

Che cosa dobbiamo aspettarci dal tuo live di stasera?
Non ho idea… Potrebbe essere la cosa peggiore possibile o potrebbe essere molto simpatico… non lo so, vedremo. Ok, restiamo in attesa... Cool, awesome, spero che vada bene e che la gente venga… In Italia torno spesso, qualche volta suono per quasi nessuno, ma anche quell'unica persona che c'è, se gli lasci qualcosa, allora è grande. Non penso di aver tanti fan in Italia, non ho mai pubblicato la mia musica qui. Vengo dall’America del nord perciò i miei contatti sono principalmente là. Qualche volta è dura, ho girato tutto il mondo, letteralmente, e spesso sono considerato più oggetto di curiosità, come un vaso rotto, ma va bene anche così, perché no, mi piace.

Mark, da EDP grazie mille, è stato un piacere conoscerti e un onore parlare con te.
Grazie anche a voi.




BBQ Ep 2015, Sultan Records

1. The Other two
2.Broken Arms
3.Agitated
4.Rock Me





Qui lo ascolti


Articolo ad opera di Giusy Elle
Intervista e traduzione ad opera di Giusy Elle e Natalie Puchetti



mercoledì 13 gennaio 2016

91. RECENSIONE23: "Dust... and it will be forever" by I-Taki Maki




   "Dust... and it will be forever" è l'ultimo lavoro discografico di quell'instancabile duo ciociaro de I-Taki Maki. Sempre impegnati in composizioni, registrazioni o live, oltre che a seguire personalmente, in pieno spirito DIY, tutto ciò che concerne la band, strAw e Mimmi si presentano ultimamente con molte novità. Dapprima presentano il video ufficiale dell'album (qui), l'undicesima omonima traccia che funge anche da teaser, quindi si spostano a Berlino, per la presentazione dell'album e per iniziare un nuovo capitolo sia della loro carriera musicale che della vita a due (qui l'articolo di aggiornamento). 
   "Dust…" è un album di 13 tracce che si protraggono per 37 minuti, un AltRock caratterizzato da brani lenti e profondi alternati ad altri più energici dove sebbene entrambi gli strumentisti cantino, la voce di Mimmi è la più presente. Novità questa, visto che finora era il chitarrista strAw a dare maggiore impronta vocale al duo, come è una novità l'aver lasciato spazio a testi in lingua inglese dopo un'intera discografia cantata in italiano. Un duo in continuo sviluppo, quello de I-Taki Maki, pur mantenendo uno stile di base che li caratterizza nel tempo. Anche la passione dei suoi fondatori per i classici della letteratura e del cinema è argomento riconfermato visto che molti testi di "Dust..." prendono il via da citazioni di queste fonti. L'atmosfera che essi creano è introspettiva e scura, sognante a volte, "come la vita stessa", commentano i due...
   L'album viene registrato e missato allo Yattaman studioZ di Alatri e masterizzato ai VDSS Studios di Morolo (FR) mentre viene rilasciato il 12 Ottobre 2015 per La Valvola (etichetta dello stesso chitarrista del duo) e ufficialmente presentato all’Heim(e)lich di Berlino pochi giorni dopo.
   Il video teaser dell'album, girato ad Alatri (FR) dalla riconfermata film-maker Viola Pantano, è caratterizzato da una fotografia e ambientazione desertica, e ci presenta due bimbi in corsa verso la telecamera mentre schivano dei colpi di fucile a loro indirizzati. Col procedere dei fotogrammi i due protagonisti lentamente si trasformano nei fondatori del duo come a rappresentare il percorso difficile e tortuoso che porta, tutti noi, dall'infanzia a ciò che siamo...
   Vi lasciamo all'ascolto integrale di "Dust... and it will be forever" e alla sua analisi guidata dalla vivace penna del nostro recensore Martino Vergnano.

"Dust": Video ufficiale e album teaser





DUST... AND IT WILL BE FOREVER 2015 Lp, La Valvola

1. Catherine 
2. Trapped 
3. Women’s faces 
4. How can I resist? 
5. So walk, walk with me 
6. Black autumn sun 
7. …and i twill be forever 
8. Leers 
9. Three sisters of mine 
10. Try, hope & start again 
11. Dust 
12. A movie to fall in love 
13. Between night & sunrise






RECENSIONE
I-TAKI MAKI "Dust... and it will be forever"
Lp 2015, La Valvola Records

“Canzoni fuori dal tempo e dallo spazio"

Era dal "lontano" 2015 che non scrivevo più sulle colonne dell’Electric Duo Project,
rieccomi  dunque: anno nuovo dischi nuovi. Archiviati i bruciori di stomaco che mi hanno accompagnato per tutto l’autunno e raggiunto ormai il ventesimo trasloco, dalla ridente stanza dietro al cimitero in pianura eccomi in montagna; riesco a mettere degli strappi di scottex alle finestre al posto delle tende che non trovo, ad accendere la stufa e a tirare fuori dal mucchio degli scatoloni il mio vecchio fidato giradischi e mi metto subito all’opera con il nuovo album dei I-Taki Maki dal titolo “Dust... and it will be forever”, un duo sicuramente elettrico, da Alatri -Frosinone, terre a me care per via di parenti e amici che stanno più o meno da quelle parti. Ma oggi vi risparmio la rubrica “amici e parenti di Martino"... Restiamo sul pezzo, anzi sui pezzi. Teniamo a mente il concetto di duo, l’Italia e I-Taki Maki perché questi tre elementi ricorreranno spesso da qui in poi nella narrazione.
Siamo al cospetto di un album di 13 tracce, totalmente cantato in inglese dalla metà femminile del duo “Go-Mimmi-Go”, immagino nome d’arte. Con l’anno nuovo salta il veto che mi sono
autoimposto sui paragoni con altre band, inizio con un elenco sparpagliato di ciò che mi sembra di sentire qua e là nell’album… vi sono echi di L7, Siouxsie and the Banshee, Patty Smith... una PJ Harvey quando non fa la pazza a tutti i costi... Mercury Rev e qualcosa dei primi Blonde Redhead… questo per quel che riguarda certe sfumature della voce. Vorrei anche scomodare i R.E.M. per via della costruzione di certe linee melodiche ma non vorrei portarvi troppo fuori strada... I-Taki Maki hanno ovviamente la loro forte personalità stilistica ma riecheggiano appunto alcune cose che mi portano in qualche modo ai sopra citati mostri sacri.
“Dust...” è l’opera di un duo autentico e genuino alle prese con canzoni rock, un rock fuori dal tempo, non vintage, non moderno, non post qualcosa... un rock che salta da un'Inghilterra primi anni ’80 che forse non esiste più a un’America che forse non è mai esistita, le canzoni viaggiano una dietro l’altra, non c’è margine o spazio per ingenuità o sbavature e questo mi spiace un pò ma è un problema tutto mio. Aleggia un clima di serietà e professionalità nell’esecuzione, l’inglese è credibile, tutto l’insieme ci porta lontano dall’Italia, anzi mi viene il dubbio siano un duo che arriva da qualche parte oltre le colonne d'Ercole che si è fermato a produrre l’album in Italia perché si mangia e beve bene.
L’apertura dell’album “Catherine” è affidata alle poche note di piano e voce che mi portano subito fuori dal mio paesino di montagna, non che io possegga un paesino di montagna ma ci sono dentro fino al collo e I-Taki Maki mi sollevano e fanno fluttuare lontano.
C'è delicatezza e determinazione nelle tracce a seguire; alla fine di questo viaggio tra le polveri di “Dust...” mi rimarranno sicuramente le linee melodiche e le atmosfere non eteree, mettiamoci anche una vaga attitudine punk che forse rivela un passato in quelle lande, stiamo comunque parlando di un album che usa e non abusa del rock come base…
C’è una Donna dietro al microfono e non una bambolina che vuole sedurre con facili gorgheggi. In pezzi come “Women’s faces” questo è piu che mai evidente... i tamburi e la chitarra la accompagnano... 
I 40 secondi di "..and it will be forever “ vorrei durassero per sempre in questo inverno che si annuncia rigido, in quei pochi secondi di autoharp e vocalizzi riverberati risiedono a parer mio i semi fondamentali dell’intero album che poi germogliano e prendono varie strade nel corso dell’album.
I brani che seguono mantengono le promesse fatte nella prima parte del disco senza però lasciare nulla di scontato.
Vari strumenti musicali fanno la loro comparsa qua e là, non vi è mai uno strumento che primeggia su altri, stanno tutti al loro posto, fanno il loro dovere e nulla mi porta a inquadrare i Taki come il classico duo “chitarra e batteria”, seppur presenti e forse strumenti principali non sono predominanti ma creano la tela, il fondo sul quale espandere colori di altri strumenti: micro piano, glockenspiel, autoharp... i Taki non esagerano con sovraincisioni, gli arrangiamenti non sono mai ridondanti, ogni cosa è essenziale ed è lì per durare...
Sono da anni fissato con un album per me fondamentale degli anni “10”: “Dark Night of the Soul”. Ecco, un paio di canzoni de I-Taki le vedrei bene in un eventuale capitolo due di quel capolavoro.

Per quanto riguarda l’architettonico packaging del cd, farebbe impallidire U2, Cold Play e altre band mainstream. Un packaging che racchiude un lavoro magistrale, magistrale nella produzione del disco, la registrazione, il mix, il mastering... suona come un disco vero, non vi è traccia di cantina, di autoproduzione come si intendeva ai miei tempi, non è vino fatto in casa nella vasca da bagno, nè il vino del contadino, venduto a brevi mani dal vecchio Bepin magari con le unghie listate a lutto segno di operosità e garanzia di un prodotto agricolo. E’ un vino di classe, raffinato, che arriva da lontano, con una sua storia tutta da scoprire... e’ una grande produzione e come tale va rispettata e ascoltata; pur non essendo musica cinematografica, lo vedrei bene in qualche film e si fa ascoltare bene ora che fuori inizia a fare buio e forse nevicherà…
Spero di non rimanere incastrato con l’auto da qualche parte nella neve questo inverno ma se mi dovesse succedere vorrei accadesse mentre ascolto “Dust...” de I-Taki Maki... forse perché la neve e la polvere sono in qualche modo parenti... forse perché la loro musica e qualche bel bicchiere di Barbera accanto alla stufa mi suggeriscono questo tipo di pensieri... chissà...
Il 2016 inizia bene con I-Taki Maki e il loro nuovo album “Dust... and it will be forever” al quale do un bel dall’8 al 9; cercateli ed ascoltateli dal vivo e su disco perché ne varrà la pena...
Semper voster Martino Vergnano... da Coazze è tutto a voi studio EDP.

P.S. Per stare al passo coi tempi e coi più giovani le mie recensioni saranno seguite da una traduzione al volo con Google Traslate di una canzone dell’album in questione; ecco quindi “Dust” la title track tradotta bislaccamente da una fredda macchina...

"Polvere
Si sente amato ed è bello sentire ingannato ed è così male sei vermi cibo e ti piace,
sei da solo o semplicemente la morte
Ma la gente come te fanno di questo mondo peggiore ricordare l'uomo che sei polvere e quando fino alla polvere si torna il vento dormire lontano..."

8,5/10
Martino Vergnano



Articolo ad opera di Giusy Elle



90. I-TAKI MAKI 3: "Dust" e la trasferta berlinese




INTRO
   Eccoci qui ad inaugurare un nuovo anno con la presentazione dei duo dell'Electric Duo Project! Andate bene le feste? Sopravvissuti ai bagordi del Capodanno? Pronti per un anno di quotidianità??? Noi dopo una breve parentesi nel mondo della letteratura con la presentazione de "Il grande buio", romanzo d'esordio di Mario Caruso, chitarra e voce del duo Samcro, torniamo ora a parlare di musica con l'uscita ufficiale di "Dust… and it will be forever", il nuovo lavoro in studio del duo ciociaro I-TAKI MAKI. Nel loro articolo di presentazione abbiamo parlato della nascita del power duo, del significato del suo nome, dell'attenzione di strAw per questa line-up, vista la precedente militanza in altri duo chitarra-batteria, come anche della forza motrice di Mimmi, la batterista de I-Taki Maki: rimandiamo quindi all'articolo primo per ogni approfondimento e curiosità sul duo.
   Caratteristica della band è anche una certa predisposizione alla registrazione di album, tant'è che la loro discografia, dal 2012 ad oggi, è assai nutrita. Non ci meravigliamo quindi che a distanza di un anno dall'uscita dell' Lp "Western Monamour – The West Way [Of Life]” il nuovo, recentissimo album "Dust...", era già registrato. Per l'occasione i due lanciano un video di presentazione all'album grazie alla title track ed è questo il punto dove abbiamo reincontrato I-Taki Maki nel nostro articolo d'aggiornamento. Intanto l'autunno è arrivato, "Dust… and it twill be forever" è ora disponibile su tutti i maggiori canali di distribuzione mentre altre novità sono intercorse dalla nostra ultima intervista. Vediamo quindi di restare al passo con le avventure di Mimmi e strAw...
   La novità di quest'album è soprattutto quella di aver aggiunto brani cantati in inglese mentre i precedenti lavori erano caratterizzati da liriche in italiano. Forti di questa "internazionalità" decidono così di dedicarsi completamente alla musica e di trasferirsi in quel di Berlino... partono a Luglio, suonano nei pub, da buskers per le strade della città (in versione per lo più acustica) e... non la lasciano più... Infatti ciò che era nato come un semplice passaggio in terra teutonica si rivela invece una vera e propria esperienza di vita che lega i due alla città. E' qui che li raggiungiamo via mail per un racconto di questa piacevole avventura che sta facendo conoscere il nostro duo nazionale anche in terra straniera.
   Per quanto riguarda "Dust… and it will be forever" possiamo poi finalmente svelarne i minimi particolari: si tratta di un 13 tracce per 37 minuti totali d'ascolto che rivela sia conferme che svolte nella tradizione musicale de I-TAKI MAKI. Innanzitutto l'atmosfera "spaghetti western all'italiana", ben espressa nel concept album precedente, non viene del tutto abbandonata ma lasciata in sottofondo come marchio di fabbrica dell'alt-rock del duo, mentre i testi in italiano si lasciano sostituire, come si diceva, da brani in inglese, cantati ora dalla batterista Mimmi che determina così la nuova impronta vocale del duo. Con il rilascio di "Dust..." il duo laziale amplia quindi i propri confini di comunicazione preparandosi per il gran passo dell'avventura europea.
   L'album, registrato e missato allo Yattaman studioZ di Alatri e masterizzato ai VDSS Studios di Morolo (FR), esce il 12 Ottobre 2015 per La Valvola, etichetta dello stesso chitarrista del duo, mentre viene ufficialmente presentato all’Heim(e)lich di Berlino pochi giorni dopo. I brani sono caratterizzati da sonorità essenziali, pezzi profondi alternati ad altri più energici e testi che si ispirano, come spesso accade nella produzione de I-Taki Maki, ai maestri del cinema e della letteratura mondiale. Ma lasciamo la parola di approfondimento all'album a Martino Vergnano, che con la sua recensione per EDP ci svelerà il suo punto di vista sull'album intero, mentre noi procediamo con l'intervista a Mimmi e strAw del duo da Alatri (FR) I-TAKI MAKI.

Video ufficiale e album teaser:
Video che testimoniano l'attività live a Berlino:



INTERVISTA
1. Bentornati negli spazi EDP Mimmi e strAw! Vogliamo oggi con voi approfondire l'argomento della vostra esperienza berlinese e dell'uscita del vostro ultimo full lenght "Dust... and it will be forever". Innanzitutto diteci, quale la molla che vi ha fatti uscire dai confini nazionali? Perché avete scelto proprio Berlino? I brani cantati in inglese hanno avuto il loro peso?
Mimmi: Ciao Giusy, e grazie a te della solita calorosa accoglienza e ospitalità negli spazi EDP. Essere tuoi ospiti è sempre un piacere.
In molti ci hanno fatto questa domanda… a partire dalle persone a noi più vicine, come amici e parenti, fino ad arrivare al curioso di turno. I primi, ad ogni modo, siamo stati proprio noi stessi. Le risposte sono molteplici. Proveremo a farne un sunto leggibile in poche righe. L’Italia è un paese meraviglioso e terribile, “un posto bello e inutile, destinato a morire”, per citare il saggio e pessimista professore de “La meglio gioventù”. Noi siamo d’accordo con lui. Meditavamo (o sarebbe più corretto dire, sognavamo) questa fuga da anni. Ne abbiamo parlato da sempre, da quando ci conosciamo (5 anni circa). Il peggioramento della situazione lavorativa di entrambi ha avuto un effetto propulsore sulla decisione finale, presa nell’arco di 2 o 3 mesi… il necessario per organizzare e concretizzare la fuga (e per metabolizzare, sia noi che le persone a noi care). Riguardo l’aver scelto proprio Berlino… è sempre stato il nostro sogno. Ed ancora adesso certe volte fatico a realizzare… solo in alcuni frangenti, guardando fuori dalla finestra della nostra stanzetta, o al mattino appena sveglia, passeggiando tra clubs e locali, facendo la spesa, suonando nelle U Bahn, la mia consapevolezza si accende. Il nuovo disco non nasce in inglese finalizzato a questo trasferimento, così come il trasferimento non dipende dal fatto di aver iniziato a scrivere in inglese: ci saremmo trasferiti cmq, anche se il nuovo lavoro fosse stato in italiano.

2. Come vi siete organizzati per il trasferimento? Vi siete dati un periodo di prova oppure resterete lì ad oltranza? Avete deciso di vivere di sola musica e abbandonato il lavoro in Italia?
strAw: Sarebbe figo rispondere che abbiamo mollato tutto all’improvviso e fatto le valigie in una notte… ma dobbiamo essere sinceri con i lettori EDP! Non si è trattato affatto di un colpo di testa, di una partenza avventurosa, il tutto è stato pensato lungamente, ponderato, SCELTO. Chiaramente non si può parlare di una vera e propria programmazione, un’esperienza del genere è talmente fondata sull’imponderabile, che un’enorme fetta di “avventura” c’è stata e c’è tuttora… però diciamo che siamo stati lungamente sui vari argomenti connessi ad una scelta di vita del genere.
M: Questa affermazione anticipa un pochino la risposta alla seconda domanda… il periodo di prova è stato il primo mese di esperienza qui a Berlino, che ci è servito per capire se poteva davvero piacerci la città, il contesto culturale, l’ambiente generale. Ovviamente la seconda componente fondamentale è stata quella economica: se Berlino non ci avesse concesso di guadagnarci da vivere, la nostra permanenza non si sarebbe potuta protrarre a lungo. Se le condizioni rimarranno quelle attuali, in cui riusciamo a sbarcare il lunario prevalentemente facendo musica, più altri piccoli lavoretti nei vari ristorantini/localini berlinesi, o anzi, come speriamo, dovessero migliorare, l’avventura Berlinese continuerà, finché ne avremo voglia. Riguardo l’Italia, la situazione che abbiamo lasciato era già piuttosto precaria dal punto di vista lavorativo, per entrambi: abbiamo abbandonato, ma non era poi un granché. Quello che abbiamo lasciato, e che ci manca come l’aria, è ben altro… tutti gli affetti, i contesti, i luoghi di vita, che non saranno mai rimpiazzabili, neanche nell’altrove più interessante del mondo.

3. Descriveteci Berlino secondo la vostra esperienza, so che state anche imparando la lingua...
M: Berlino è pazzesca. Nel vero senso profondo della parola. Ed in tutte le sue sfaccettature. Non c’è modo, credo, di incasellarla in uno o mille aggettivi. Come alcune altre grandi città europee, in alcuni quartieri è profondamente caratteristica, caotica, un giovane ribelle ed incontrollabile. In altri è tranquilla, pacata, una vecchia zia accogliente e serena. Noi viviamo qui da ancora troppo poco tempo per poter avere un’idea complessiva della metropoli, ci sono mille e mille angoli da visitare, ognuno con la sua enorme ricchissima esperienza da regalare a chi si presenta a braccia spalancate. La decisione di frequentare il corso di lingua è arrivata quasi subito… al secondo mese di trasferimento eravamo già iscritti.
S: Conoscere il tedesco è fondamentale per integrarsi, per comunicare agevolmente, per sentirsi un po’ più a casa propria. Nonostante sia una lingua estremamente complessa, è davvero bellissima! (Non avrei mai immaginato di poterlo affermare)… Ci vorrà parecchio tempo per assimilarla per bene… ma ci prendiamo il tempo necessario. Adesso abbiamo sospeso la frequenza del corso, per avere più tempo da dedicare alla musica… ma vogliamo riprendere presto. Il nuovo anno ci suggerirà cosa fare.

4. Avete suonato molto per le strade della città prima della presentazione ufficiale dell'album, ma anche in vari pub: come si atteggia il pubblico tedesco rispetto ai nostri fan italiani e inoltre, avete notato reazioni diverse tra il pubblico casuale della strada e quello invece giunto ai pub apposta per ascoltarvi?
M: Suonare per strada è una delle esperienze più formative che io abbia mai fatto. Ti mette davanti ad un pubblico estremamente variegato, accogliente ed esigente. Per diversi aspetti differente rispetto al pubblico dei music clubs. Per strada trovi tutti, madri e padri, nipoti, nonni, zii, figli, fratelli, bambini!!! Loro non hanno chiesto di ascoltare la tua musica, non hanno pagato alcun ingresso per ascoltarti, non si aspettavano neanche di trovarti dietro l’angolo, all’uscita da scuola o dall’ufficio, o di ritorno dal supermarket. Essere accolti, apprezzati, ripagati con ogni mezzo immaginabile da un pubblico così, è una sensazione che non sono in grado di descrivere. Ciò non vuol dire che sia migliore o maggiormente appagante… quando la tua missione è comunicare attraverso la musica, ogni mezzo utile si rivela ugualmente desiderabile… ma la risposta della “strada” è sicuramente più inaspettata, rispetto a quella che si può avere in un music club. In generale, il pubblico berlinese è piuttosto caldo e accogliente, un po’ ovunque.

5. Passando all'album: "Dust... and it will be forever" è nato, come da consuetudine, a pochi mesi di distanza dall'opera precedente, eppure ci sono novità nelle sue atmosfere, ce ne volete parlare?
M: Volentieri, in effetti, come anticipato nel precedente articolo che ci riguarda, in cui presentammo il teaser del disco, ci sono diverse "nuove atmosfere", seppur adagiate su importanti conferme. Non si può prescindere di certo dal considerare che, nel passaggio dall'Italiano all'Inglese, due lingue notevolmente diverse nella loro adattabilità al suono, ci siamo adeguati alla maggiore "musicalità" della lingua inglese. A questo si somma il passaggio dalla prevalenza della voce maschile a quella femminile, altro elemento che "stravolge" il risultato "sonoro" finale. Per quanto concerne, infine, le atmosfere racchiuse nelle tematiche, quindi nei testi, anche qui ti confermiamo una modifica profonda, più che altro nel passaggio da argomentazioni narrative contestuali ("Western Mon Amour" è stato un disco profondamente filmico, legato ad una trama e a dei personaggi), a contenuti intimi, radicati nel profondo di alcuni e di tutti, a stati d'animo causati da sofferenze e sentimenti contorti. D'altra parte la fonte d'ispirazione -anche questa volta- sono stati autori che narrano contenuti cupi...

6. Avete quindi confermato una vostra formula compositiva che è quella di ispirarvi ai Grandi della letteratura e del cinema. In che misura ne avete preso spunto per realizzare "Dust..."?
M: Come al solito, in misura sostanziosa! Del resto, non si prescinde, nella realtà stessa, dal consumo di prodotti culturali che ci interessano, che ci fanno vibrare, sognare. Abbiamo divorato, negli anni e in misura maggiore nei mesi della scrittura/composizione di "Dust...", pellicole appartenenti alla corrente "Nouvelle Vague", ma anche capolavori di registi come Bunuel e Bergman, nonché i romanzi di Cormac McCarthy. Qualcuno afferma che "siamo quello che mangiamo"... ci sono molte vie per nutrirsi. Quello che ingurgitiamo con gli occhi e le orecchie, lo digeriamo e assimiliamo nell'anima.... e restituiamo per mezzo di un'altra forma d'arte.

7. Molto interessante.... Avete fatto anche un tour nazionale, per la promozione dell'album.
S: Sì, abbiamo realizzato un mini tour Laziale in occasione delle vacanze natalizie. Purtroppo gestire altre date in Patria sarà complicato, ma non lo escludiamo affatto.

6. Riassumendo: quali i progetti per l'immediato futuro?
S: Ad essere sinceri, non ne stiamo facendo. La fase di programmazione, quella precedente alla partenza, è finita. Siamo semplicemente pronti ad abbracciare il buono che verrà, impegnandoci al massimo in quello che ci piace ed in quello che può favorire la nostra permanenza qui. Il resto si vedrà.

Per concludere mi internazionalizzo anch'io: Viel Glück für euch in Berlin!
Vielen Dank!!



DISCOGRAFIA
MAGNETO 2012 CD, La Valvola
Qui lo ascolti

1.Snooz 2.La rapina 3.Shotaro 4.La Scatola di Julien e Sophie 5.L’imprevedibile bomba-H 6.Amy Winehouse 7.Qualcosa è cambiato 8.Shambalababa





CASELLI/BATTISTI 2013, Tributo Cd 3 pollici, La Valvola
Qui lo ascolti

1.Nessuno mi può giudicare 2.L'aquila







RICICLAGGIO DI CANZONI SPORCHE 2013 Ep, La Valvola
Qui lo ascolti

1.La scatola di Julien e Sophie 2.La Rapina 3.Qualcosa è cambiato 4.Snooz 5. After Hours (the Velvet Underground cover)






TANK-MAN 2013 Ep, La Valvola
Qui lo ascolti

1.Bucuresti Gara de Nord 2.Senza far rumore 3.Lo sconosciuto di Piazza Tienanmen 4.L'orrore della globalizzazione 5.La luce dell'abat-jour





WESTERN MONAMOUR – THE WEST WAY [OF LIFE] 2014 Lp, La Valvola,

1.Intro 2.Luis El Misionero La Boca (il cacciatore di taglie) 3.John Steeldust (il venditore di armi) 4.Garrincho Monamour Steeldust (il pistolero mezzosangue) 5.Penèlope Keller (la cowgirl della prateria) 6.Il Bottaio (la memoria del paese delle croci) 7.Butch Patterson (lo sceriffo) 8.Todd, Red e Sonny Buscaglia (i tagliagole) 9.Trixie Monroe (la ballerina di Can-can) 10.Morgan Monsanto (il cattivo padrone) 11.Dalidà Blueberry (la signora del West) 12.Outro

Qui lo ascolti: 
Qui la nostra recensione:

DUST... AND IT WILL BE FOREVER 2015 Lp, La Valvola,

1. Catherine 2. Trapped 3. Women’s faces 4. How can I resist? 5. So walk, walk with me 6. Black autumn sun 7. …and i twill be forever 8. Leers 9. Three sisters of mine 10. Try, hope & start again 11. Dust 12. A movie to fall in love 13. Between night & sunrise



Qui lo ascolti
Qui la nostra recensione



Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle