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martedì 31 maggio 2016

106. RECENSIONE28: Fibonacci by Globetrotter

LISTA RECENSIONI 


   Dopo l'articolo di presentazione del duo Globetrotter (Benevento 2009) e l'intervista con i suoi fondatori (Giovanni Nazzaro e Danilo 'Damage' Peccerella) eccoci pronti a parlare di Fibonacci, il loro secondo album in studio. Un 7 pezzi per 24 minuti d'ascolto registrato in presa diretta presso The Jack Studio di Napoli ed edito, mixato e masterizzato nel medesimo studio di Benevento. Artwork ad opera di Romano "Malaciort" Monero del duo basso-batteria trentino Atacama Death Experience.
   Come l'omonimo album di debutto ci ritroviamo nel genere math-rock/math-core, ma questo solo per inquadrare in maniera generica lo sfondo dove i due sviluppano il proprio paesaggio sonoro fatto di divagazioni sperimentali. Giovanni nasce come chitarrista rock e metal ma nel corso del suo interessante iter di studi si appassiona sempre più a tutto ciò che è sperimentale e alternativo; anche Danilo, il suo compare alle pelli, ha suonato in numerose band dai generi più svariati e questa epserienza 'a ventaglio' gli permette di affiancare in maniera sciolta e competente i frequenti cambi di genere e stile proposti dal partner. In realtà il duo nasce proprio per questo, per conforntarsi e creare qualcosa di nuovo a partire dal bagaglio culturale raccolto nella carriera dei due musicisti.
   Fibonacci è quindi un album vario che ci propone spunti sonori derivanti dal metal e dal jazz, dal prog come dalla psichedelia, ma vi troviamo anche il funk, la noise, la fusion... non soltanto ogni brano risulta quindi diverso dall'altro ma anche ogni singola traccia ci propone spunti di matrice diversa, in repentini cambi di genere e stile. La tecnica di entrambi è sopraffine e il risultato è un album che scorre via piacevolmente, mitigato nella freddezza pura del genere math-rock.
   Ma scendiamo nei particolari di Fibonacci grazie all'analisi approfondita di Luca Sabata, recensore partenopeo e batterista del duo sperimentale KARAWANE.


Video:


Ascolto integrale di Fibonacci

Contatti:


FIBONACCI 2014, Autoprodotto (MathRock, Jazzcore, Sperimentale)
1.Taurina
2.Untore
3.Pachiderma
4.P___skip
5.The March of left-handed butterflies
6.Boaka
7.King Cococock


RECENSIONE
GLOBEROTTER
FIBONACCI (Autoprodotto, 2015)
Genere: math rock, sperimentale
Voto: 6,5/10

Essendo un album dall’etichetta math rock ma dall’essenza sperimentale, per entrare nel mood giusto voglio sperimentare anch’io e impostare la recensione come se fosse la trascrizione diretta del mio flusso di coscienza.

Nero e tinte di blu. La spirale di Fibonacci e il triangolo di Tartaglia. Design spartano che sembra solo un pretesto per ricalcare il nome del cd e fargli da contenitore. Come per dire: niente fronzoli, veniamo al sodo. Avvio l’ascolto, l’intuizione era giusta; Taurina, il primo pezzo, è fatto per galvanizzare, mette subito in mostra i muscoli. Dopo una rapida introduzione, esplode con una chitarra aggressiva. Un riff che a tratti mi ricorda persino il modo di fare degli Iron Maiden. Cambio di sezione. Dal metal classico a quello neoclassico. Un interessante intermezzo che comincia scarno, in palm muting, e poi acquista corpo in distorsione. Ancora un cambio sezione. Dal metal neoclassico a Larks’ Tongues in Aspic part two, un pezzo che da solo ha influenzato generazioni di musicisti. Assolo da shredder, poi corposi power chord inframezzati da un tremolo picking che mi ricorda i Rage Against The Machine. E una fine, a singhiozzi, in cui viene ripreso il primo riff. Il suono della chitarra è molto elaborato, e si sente: durante tutto il pezzo assume mille sfaccettature, ognuna pensata esclusivamente per la sezione in cui si trova. Un dettaglio che apprezzo molto. Comincia il secondo pezzo, Untore. Siamo sul jazzcore, qui le chiusure di riff si fanno ripetitive, sembra un nastro che s’incanta per qualche attimo. Secondo giro. La batteria mi appare troppo statica, ci sarebbe stato meglio un pattern latino, con la clave anziché il rullante. Improvvisamente comincia una nuova parte. Batteria in quattro, hi-hat aperto al massimo, accordi storti. L’idea è ottima, peccato però che sia molto simile al ritornello di Tuzz degli Arduo. È interessante notare che due gruppi math rock siano giunti alla stessa idea indipendentemente; in matematica questo succede spesso. Ad esempio, mi viene in mente il teorema delle contrazioni. Torniamo al pezzo. La sezione centrale termina e si chiude riprendendo di nuovo il riff iniziale. Ogni riga del triangolo di Tartaglia finisce così come comincia. Terzo pezzo, Pachiderma. Molto bello l’incastro tra lo slapping della chitarra e la batteria che prima lo accompagna e poi va in sestine. Immagino un grosso elefante africano, che a tratti marcia, a tratti barrisce infuriato. Segue una breve struttura che richiama Untore. L’oscuro ambientale nella seconda strofa non mi convince: ha un suono glaciale, del tutto estraneo all’atmosfera in cui viene inserito. È come se l’elefante passasse improvvisamente per una tundra. Buona la parte simil-samba, specie per le percussioni in secondo piano. In finale una sezione molto aperta, fatta apposta per spiazzare l’ascoltatore, e di nuovo la struttura alla Untore. Quarto pezzo, P___Skip. O meglio, un intermezzo. Il Predictive frame skipping è una efficiente modalità di codifica video, tramite la quale i dati meno significativi vengono scartati per preservare quelli più rilevanti. Delay, reverse, annunci radiofonici, tra cui persino uno in russo. Sono i frammenti più importanti di esperienze passate. I ragazzi devono aver suonato anche a migliaia di chilometri lontani da casa. In effetti, Globetrotter significa proprio giramondo. Quinto pezzo, The March Of Left-Handed Butterflies. Come in Taurina, una breve introduzione anche qui, per subito passare ad un bel riff corposo di chitarra. La distorsione ha un suono fantastico. Ma a differenza della prima traccia, le atmosfere si fanno poi delicate e vagamente dolci. Il math lascia spazio al progressive. Ci sono molte sezioni in pieno stile Canterbury, in particolare alcuni elementi mi ricordano la seconda parte di Cocomelastico dei Picchio dal Pozzo. In sottofondo si sentono estratti di un discorso; nell’ultimo riconosco una citazione del Dalai Lama. Nel finale, che prima di chiudere fa una finta, si riprende il riff post-introduzione, così come avviene nell’arrangiamento di Pachiderma. Sesto pezzo, Boaka. L’atmosfera iniziale non si distacca molto dal pezzo precedente, poi con qualche intermittenza il pezzo transita in un arpeggio di chitarra seguito quasi all’unisono dalla batteria. Ma non c’è abbastanza potenza, e il fatto che la batteria si limiti a seguire non dà il giusto impatto. Nelle parti successive tornano le influenze metal e c’è il secondo assolo da shredder, accompagnato da un pattern fisso di doppio pedale che però risulta poco efficace. Settimo ed ultimo pezzo, King Cococock. Essenzialmente un brano in due fasi: la prima è uno slap/pop che ricorda Tony Levin; la seconda ha arpeggi e accordi che ricordano invece Robert Fripp. Insomma, ancora King Crimson, ma stavolta nella formazione anni ‘80. Il pezzo si chiude con una fugace sezione drone noise, la cui dissolvenza viene interrotta da un taglio troppo brusco di editing.

In sostanza, l’album sale di qualità fino a raggiungere il picco con The March Of Left-Handed Butteflies, di gran lunga il pezzo migliore. Di lì in poi c’è un calo impressionante, che influenza significativamente il mio giudizio finale. In particolare, l’ultimo pezzo sembra più una sequenza di esercizi crimsoniani che altro: tecnicamente belli, ma musicalmente sterili.

La preparazione tecnica di Giovanni Nazzaro è notevole, ma in questo disco ha dato dimostrazione di essere troppo legato alle sue influenze. La sua sperimentazione deve transitare dal semplice testare le abilità acquisite alla ricerca del proprio stile. Danilo Peccerella invece l’ho trovato un po’ timido: ci sono molte occasioni nel disco in cui avrebbe potuto osare di più, sia nelle dinamiche che nelle idee. Trovo che l’idea di suonare all’unisono con lo strumento duale funzioni poco. In futuro vorrei sentirlo accompagnare di meno la chitarra, e creare soluzioni più interessanti, come nella prima sezione di Pachiderma. Per quanto riguarda il progetto in generale, credo che la direzione più originale sia quella post/progressive individuata nella parte centrale del disco; perseguendola potrebbero anche avvicinarsi alle sonorità ancora più sperimentali del progetto solista di Giovanni ed esplorare territori più nuovi, anziché battere le solite, tortuose strade del math.



Pezzo preferito: The March Of Left-Handed Butteflies.

Luca Sabata



105. GLOBETROTTER: i vagabondi matematici...


INTRO
   Come spesso accade, i duo chitarra-batteria che seguo col progetto Edp mi vengono segnalati da amici e colleghi che conoscono la mia passione per questa line-up. Nella mia regione, il Trentino-Alto Adige, non sono numerosi questo tipo di duo, tant'è che Malaciort Moreno, il bassista che mi ha segnalato i Globetrotter di oggi, è in realtà campano e ha fondato qui a Rovereto un duo basso-batteria denominato Atacama Death Experience. Era la fine del 2014, in occasione dell'uscita del loro secondo lavoro discografico "Fibonacci". Math-rock strumentale, molto tecnico ed ibrido di altre influenze, indubbiamente interessante. Mi ero ripromessa di dedicar loro un articolo, ma poi le cose cambiano, gli impegni si sommano, e il tutto è sfumato.
   Eccomi qui, un anno e mezzo dopo, legata a doppia mandata proprio con i Globetrotter! Infatti, ad un appello in ricerca di recensori per generi "core", non uno ma entrambi i musicisti di questo duo beneventano hanno dato la loro disponibilità per questo ruolo. Tra contatti epistolari e distribuzione di album non potevo infine ovviare alla mia passata manchevolezza. Eccoci allora pronti a presentarvi un duo interessantissimo, per chi si diletta di musica strumentale, riff matematici, e tante proposte sperimentali.

BIOGRAFIA
   'Globetrotter' (letteralmente 'colui che trotterella in giro per il globo') è un termine inglese per descrivere quei viaggiatori, per lo più giovani, che con pochi mezzi girano il mondo a scopo turistico. Il globo che i fondatori di questo duo intendono esplorare in ogni dove è indubbiamente quello musicale: interazione tra i generi e sperimentazione sonora sono infatti i tratti salienti di questi due musicisti sanniti.
   I GLOBETROTTER nascono nel 2009 a Benevento e sono composti dal chitarrista Giovanni Nazzaro e il collega alle pelli Danilo 'Damage' Peccerella. Ve li presento singolarmente...

Giovanni Nazzaro, classe 89, inizia a suonare la chitarra all'età di 14 anni. Come i ragazzini della sua età si appassiona in breve al rock ed inizia a studiare la chitarra elettrica con vari insegnanti privati. Subito le prime esperienze con rock band, quindi incomincia a scrivere brani originali per chitarra solista che lo portano ad esordire in tutta Italia e parte della Germania. Contemporaneamente sviluppa interessi verso la musica progressive e sperimentale, ed è proprio questa predisposizione alla ricerca sonora che lo porta alla creazione di progetti musicali caratterizzati da una forte sperimentazione tecnica e al di fuori dagli schemi del rock tradizionale. Frequenta il corso sperimentale di orchestrazione per organici jazz al conservatorio di Benevento e nell'ambiente inizia a suonare con varie big band e formazioni jazz/funk. Contemporaneamente si iscrive all'accademia Lizard e continua a studiare la chitarra elettrica rock and heavy, conseguendo il diploma di terzo livello e successivamente intraprende il corso fusion, che lo porta alla fine del corso professionale e alla specializzazione turnista/compositore/insegnante. Partecipa a numerose master class tra cui: Steve Vai, Guthrie Govan, Greg Howe, Scott Henderson, Massimo Varini, Andrea Braido, Kurt Rosenwinkel. Alla fine di questo percorso di studi è attualmente impegnato come direttore, insegnante di chitarra, armonia e musica d'insieme al laboratorio musicale Lizard di Benevento.
   Giovanni nutre un particolare interesse per la line-up a due tant'è che, oltre ai Globetrotter, presta la sua competenza chitarristica nei DROP DUO con Ettore Patrevita al sax. Proprio questa sua curiosità per le possibilità musicali che un duo può offrire, lo ha fatto scegliere il nostro Progetto Edp per la collaborazione come recensore. Suona anche come solista: notevole il suo progetto GIOVANNI NAZZARO SOLO CONCERT dove la forma canzone viene drasticamente smembrata e trasformata in un ammasso di suoni, voci e rumori, che mutano nel turbinio di ricerche sperimentali. Loop, campionamenti, textures e nuove tecnologie, incentrati sulla chitarra, il sitar e l'oud, con un uso maggiore di effettistica, fanno da matrice a molteplici ambientazioni sonore che spaziano tra il jazz, il rock e la world music. Interessante miscela sonora alla Robert Fripp fruibile e godibile da un vasto pubblico di ascoltatori.

Danilo Peccerella, detto 'Damage', è un batterista nato nel 1980. Si diploma perito meccanico e si presta a numerosi e svariati lavori prima di dedicare l'intera vita alla sua grande passione, nata già in tenera età, che è la musica. Studia per lo più da autodidatta a parte qualche parentesi: nel 1995 prende lezioni di teoria e pratica per 6 mesi da un maestro di chitarra; frequenta, in qualità di batterista, il corso base all’Università della Musica di Roma nell’anno 2003/2004 ed infine consegue il primo livello all’accademia Lizard di Benevento, nell’anno 2011. Ma la sua vera scuola sono state le esperienze nelle band, che alterna tra i generi più disparati: inizia nel 1996, urlando dietro un microfono in un gruppo Hard Rock/Punk/Heavy Metal, per poi variare line-up tra sporadiche esibizioni con voce, chitarra e basso. Inizia a suonare la batteria soltanto tra il 2002 e il 2003 con gli OMEN MORTIS, band Thrash/Technical Death Metal, per poi cercare continuamente persone con cui condividere gusti musicali sempre differenti, dai TETANO (Formazione Crust/Punk) ai DETONHATE (Grindcore/Death Metal), dallo Stoner/Doom dei TEVERTS all’Industrial/Psy-Trance/Electro/Rock dei TOXIC KARMA al Tribal/Stoner Metal dei LOST MOON (con cui, da quasi quattro anni, viaggia in Europa in qualità di turnista), fino ad un recentissimo progetto in ambito Hardcore/Sludge. Sono queste esperienze a fare di lui un batterista versatile ed interessante nonché un gran conoscitore di musica, per lo più sperimentale ed alternativa.
   Sua seconda passione è il cinema tant'è che lo ritroviamo su vari set come assistente della post produzione audio, creatore di effetti sonori e musiche.

   Giovanni e Danilo sono inoltre amici di lunga data e il duo nasce quasi per caso nel 2009, in quel di Benevento, dalla voglia di esprimere se stessi e tutto il background di ascolti, nonché di band precedenti, in cui i due avevano suonato. Una specie di incontro per confrontarsi e sperimentare, concretizzato in un vero e proprio duo quando decidono di coprire una band mancante durante un contest cittadino.
   Esordiscono nel 2012 con un album omonimo di math-rock strumentale che li contraddistingue da subito per la loro ricerca di sonorità sperimentali. Desiderano non dar limite a nessuna idea, creando un genere fuori dagli schemi del rock tradizionale, caratterizzato da una complessa ed insolita struttura ritmica, melodie angolari, da accordi dissonanti e da una grande sperimentazione tecnica. Dopo il disco d'esordio ecco uscire Fibonacci a fine 2014, un full-lenght di 7 tracce, come il precendente, registrato in presa diretta e brevissimo, in quanto si ascolta in soli 24 minuti. L'attitudine è quella dell'album d'esordio anche se con meno influenze metal a favore di un suono più sobrio ed elegante. Il genere è ancora difficilmente descrivibile: se parte dal math-core, per via delle ritmiche scomposte, è anche vero che 'viaggia' alla globetrotter verso sonorità jazz, funk, fusion, metal, noise, progressive e psichedeliche... ogni brano si presenta così diverso dal precedente rendendo meno ostico il genere math-rock, troppe volte freddo e incompreso. Ma non solo, persino ogni singolo brano risulta un collage di vari generi e stili, tant'è che in ogni traccia vi troviamo idee germinali per più di un brano. E' anche questo lo sperimentalismo a cui i Globetrotter tendono, a partire dalla destrutturazione della forma canzone. La chitarra tecnica di Giovanni, quasi sempre distorta, viaggia imperterrita mentre Danilo si dimostra abile nel seguirla e supportarla in tutti i suoi repentini cambi di direzione e nelle strutture articolate e complesse. I suoni, specie della chitarra, sono grossi e presenti, registrati con loop station e un octaver splittato su un ampli per basso per riempire così le frequenze di base.
   Fibonacci, noto matematico pisano del dodicesimo secolo, si ricorda soprattutto per la sua sequenza numerica, caratterizzata da numeri formati dalla somma dei due precedenti... non c'era titolo migliore per un album di math-rock... ad opera di due soli strumentisti...
   Attualmente Giovanni e Danilo, oltre a portare avanti il 'Fibonacci tour', stanno lavorando al loro prossimo album, con uscita prevista per l'autunno 2016 a cadenza biennale rispetto ai lavori precedenti.
   Passiamo quindi all'intervista con Giovanni Nazzaro e Danilo 'Damage' Peccerella del duo beneventano GLOBETROTTER. Nell'articolo a seguire, infine, la recensione al loro Fibonacci a firma del nostro collaboratore Luca Sabata, batterista del duo partenopeo sperimentale KARAWANE. Buona lettura e buon ascolto a tutti!

Link video:
Giovanni Nazzaro "Solo Concert"
Giovanni Nazzaro "Gentle Acoustic"




INTERVISTA
1. Carissimi Giovanni e Danilo, benvenuti nei nostri spazi Edp. Per incominciare a conoscerci, ci raccontate come siete passati dall'ascoltare e suonare musica più "comune" a quella più o meno sperimentale?
Entrambi abbiamo un background di ascolto musicale molto ampio, ascoltiamo dalla classica al deathmetal. Per quanto riguarda le nostre esperienze musicali di band ci differenzia il fatto che Danilo ha scelto quasi sempre di suonare musica alternativa anche se in varie sfaccettature. Giovanni ha avuto esperienze live più ampie (folk, jazz, rock, funk, metal ecc. ecc.). Tuttavia abbiamo sempre condiviso gli stessi gusti musicali ed è stato semplice iniziare un progetto insieme.

2. Cos'avete nell'impianto stereo in questo momento? O nel lettore mp3...
Danilo: In questo preciso momento Naked City, per il resto ora sono affezionato a tutti i vinili delle band DIY che ho a casa.
Giovanni: La mia playlist è abbastanza assurda, passo con facilità dai Karate, Bjork, Bill Frisell, Allan Holdsworth …. Bho sarebbero troppi elencarli tutti…. Forse in mezzo c’è anche Rihanna.

3. Giovanni, nella tua carriera hai suonato in innumerevoli band eppure attualmente ti sei stabilizzato nella forma solista e nella line-up a due. Suoni in duo, infatti, in un paio di progetti, nei Globetrotter con Danilo e nei DROP DUO con Ettore Patrevita al sax. Inoltre ci hai già svelato la tua passione per questa line-up ridotta durante l'intervista a Giovanni-recensore Edp. Parlaci delle tue motivazioni, come professionista, a fondare un duo oggi. Quali i pro e i contro che ci vedi?
Amo avere situazioni ridotte per una facilità logistica e organizzativa. E’ anche vero che ultimamente è molto più comodo a livello lavorativo suonare con tali situazioni. Da un lato è bello perché in situazioni ridotte la comunicazione tra musicisti è molto più veloce ma non nascondo che avere un progetto tipo Zappa sarebbe figo!

4. All'interno di questo contesto come interpreti una realtà come la nostra dell'Electric Duo Project?
E’ bello avere una realtà del genere in Italia che si dedichi ad una situazione musicale (nell’ambito duo) sempre più in crescita.

5. Come si svolgono le sessioni di prova dei Globetrotter e come nascono i suoi brani?
La fonte di ispirazione parte sempre da situazioni quotidiane di qualsiasi natura. A volte utilizziamo la musica per tradurre proprio cose che ci sono successe. La composizione in se è molto libera, basta partire da un riff di chitarra e tutto il resto viene subito vomitato sui tappeti della sala prove, dopo la prima idea ci dedichiamo agli arrangiamenti.

6. Il matematico Fibonacci vi è sembrato adatto a titolo del vostro ultimo album proprio per via della natura math della musica lì proposta?
Quale poteva essere nome migliore per il disco? Per ricordarci i brani ci affidiamo a colori e numeri.

7. Quali gli accorgimenti per rendere alla grande anche nella line-up ridotta chitarra-batteria?
Sono troppi gli accorgimenti, e sono troppi i pedali nella pedalboard, e sono troppe le parti da ricordare. A parte tutto cerchiamo di fare un lavoro al contrario, cerchiamo di pensare che chitarra e batteria siano un solo strumento ad uso del messaggio da comunicare.

8. Danilo, come ti sei trovato la prima volta nel doverti confrontare con una chitarra come unico strumento?
Già conoscevo Giovanni e le sue doti chitarristiche. Questo mi avrebbe in teoria aiutato molto in quella che è l’intesa tra noi. Dal primo momento c’è stata simbiosi nonostante l’assenza del classico organico da band, le uniche complicazioni sono state nella cura dei suoni.

9. Perchè vieni soprannominato "Damage", ossia 'danno'?
Perché faccio “danni”, ma mai a scapito altrui.

10. So che come seconda passione hai quella del cinema: quando nasce e in cosa consiste?
Nasce in un passato ormai remoto nella pornografia, posso dire di aver scoperto anche altro cinema da che ero piccolo. Avendo poi incontrato amici appassionati anch’essi di cinema tra cui registi, sceneggiatori, cast tecnici mi sono approcciato da un po’ di anni all’ambito audio.

11. Come si svolge una giornata tipica da set?
Una giornata di set è organizzata ovviamente secondo ruoli ben precisi in tempistiche esageratamente incastrate tra loro. Ogni cosa dipende da un'altra e il lavoro di squadra è fondamentale.

12. So che state ultimando i brani del vostro nuovo album la cui uscita è prevista per il prossimo autunno. Ci potete anticipare qualcosa?
Gli ultimi brani sono estremamente vari ed hanno un sound totalmente rinnovato. Per ora siamo contentissimi del lavoro che stiamo facendo e siamo curiosissimi di ascoltarlo dall’esterno. Ci sarebbero tante altre cose da dire, ma per ora non è ancora il momento. Sentiremo!

13. Un'ultima domanda per Giovanni: tu insegni e sei direttore di un laboratorio musicale Lizard nella tua città. Come vedi i giovani di adesso nel loro approccio con la musica rispetto per esempio alla tua esperienza personale? Cosa è cambiato ed eventualmente migliorato in quest'ultimo decennio?
I giovani oggi sono molto più passivi nel recepire la musica, c’è un'attenzione minore in confronto ad anni addietro. Internet ha avvantaggiato tantissimo la musica ma ne ha rovinata anche una buona fetta. Sento sempre molto più raramente tra i giovani parlare di dischi, di formare band e di mettersi in gioco. Si è perso un po’ il gusto di costruire le cose con calma. Sembra quasi diventata una gara a chi è più figo con la chitarra addosso. Ovviamente non è così per tutti, ci sono anche tantissimi ragazzi fortissimi e loro, ad oggi, hanno molti più mezzi di quanti ne avevamo noi all’età di 13 o 14 anni.

14. Vi lasciamo ora la parola a conclusione dell'intervista...
La parola è stata già divulgata pesantemente migliaia di anni fa: “Il Verbo”. Noi possiamo solo dire grazie ad EDP!
Grazie anche a voi, Giovanni e Danilo, per la vostra disponibilità in questa intervista e per la collaborazione che ci avete riservato come recensori Edp. Ci si aggiorna con il prossimo album!


Link band



DISCOGRAFIA
GLOBETROTTER 2012, Autoprodotto (MathRock, Jazzcore, Sperimentale)

1.Notes for a Nerd 2.Globetrotter 3.01000100 4.Maestro Miyagi 5.Fury (only coffee) 6.Welcome to Trotterworld 7.WiFi Zone




QUI lo ascolti

FIBONACCI 2014, Autoprodotto (MathRock, Jazzcore, Sperimentale)

1.Taurina 2.Untore 3.Pachiderma 4.P___skip 5.The March of left-handed butterflies 6.Boaka 7.King Cococock




QUI lo ascolti
QUI la nostra recensione


Link ad altre recensioni



Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle


mercoledì 18 maggio 2016

104. RECENSIONE27: Necroide by Bachi da Pietra




   Nell'articolo precedente abbiamo avuto il piacere di intervistare Giovanni Succi, il fondatore nel 2004, assieme al compare Bruno Dorella, dei BACHI DA PIETRA, ormai duo cult nel panorama musicale underground italiano. Eccoci ora a presentare il loro ultimo lavoro discografico, il sesto in studio della loro carriera, Necroide, l'album della svolta definitiva dal blues noir al cantautorato metal.
   La recensione è ad opera di Mario Caruso, loro grande estimatore, chitarrista e vocalist della band aretina blues rock Samcro.

Video:
“Black Metal il mio Folk” https://www.youtube.com/watch?v=Xn2yuFK825w

Contatti:


NECROIDE Settembre 2015
Cd/Digital: La Tempesta/Master Music
Lp: Tannen Records-Wallace/Audioglobe (Black Metal)

Ascolto integrale di "Necroide"

1.Black Metal il mio Folk
2.Slayer & the Family Stone
3.Fascite Necroide
4.Tarli Mai
5.Voodooviking
6.Apolcalinsept
7.Virus del Male
8.Feccia Rozza
9.Cofani Funebri
10.Sepolta Viva
11.Danza Macabra


RECENSIONE
BACHI DA PIETRA
NECROIDE (La tempesta/Wallace/Tannen, 2015)
Genere: alternative rock, metal.
Voto: 8,5/10

Dopo il maestoso Quintale (La tempesta, 2013) viene da pensare se i Bachi da Pietra riusciranno mai a fare un disco più riuscito di quello. Ebbene, è una domanda che suona provocatoria ed è quasi impossibile rispondere, poiché i due bachi Giovanni Succi e Bruno Dorella si chiudono a chiave nel loro Necroide (La tempesta/Wallace/Tannen, 2015) e, una volta terminato, lo buttano fuori con così tanta violenza da lasciare interdetti pubblico e critica, fino addirittura a dividerli. E’ veramente difficile riuscire a fare una comparazione con gli altri dischi, poiché questo album incarna la rivelazione di un percorso, di una lenta metamorfosi proprio alludendo – ora come non mai – ad un baco, ma non da seta, bensì da pietra: quella stessa pietra che rotola e prende forma tra il plettro e le corde di Giovanni Succi, quella che batte tra le bacchette e le pelli di Bruno Dorella, e che in questo disco – nel suo rotolare tra riff corposi e suoni taglienti – si fonde a poco a poco con i più duri tra i metalli. Da questo incontro/scontro nasce un nuovo mix letale che è Necroide: ben undici brani che trascinano all’esasperazione un concept profondo e più o meno diretto che arriva fin da subito, ma allo stesso tempo, per assimilarlo a pieno, richiede che il disco sia ascoltato per intero.
Black Metal il mio folk apre il disco con ironia (forse parodia?), in un certo senso come se i due bachi ci volessero presentare il loro percorso e ci fornissero dietro le righe la chiave stessa per comprenderlo. Seguono due brani che entrano di forza nel concept – ormai chiaro all’ascoltatore, ma che non svelerò qui onde evitare la sorpresa – Slayer & The Family Stone e Fascite Necroide: si alternano delle sonorità cupe e martellanti dove dentro aleggia lo spettro, oltre che dei chiaramente citati Slayer, della violenza dei Sepultura, fino a toccare il periodo più scuro dei Black Sabbath e le sfumature metal dei Motorhead. Tarli mai smentisce decisamente coloro che sostengono che i bachi abbiano totalmente abbandonato il rock-blues: innegabile che il riff di chitarra, come il ritmo stesso, alluda ai riffettoni con la barba degli ZZ Top. Voodooviking alza di nuovo il tiro e cade su cavalcate alla Iron Maiden, mai troppo banali, ma direi paradossalmente ricercate. Con Apocalinsect, proprio a metà del disco, abbiamo una seconda sferzata ironica, con un brano che potrebbe addirittura risultare sgradevole all’ascolto. Ma ciò che un ascoltatore serio (anzi, seriale) avrà già intuito, è la complessa e ricercata architettura di questo album: ogni cosa sta al suo posto, e soprattutto nessuna scelta è stata fatta a caso. In Necroide tutto ha un perché, anche questo brano centrale che, infatti, lancia l’ultima discesa negli inferi a partire da Virus del male, incappando nell’infiammata tripletta Feccia rozza, Cofani funebri e Sepolta viva, per finire in una Danza macabra.
Una volta ripreso fiato, non si può fare a meno di realizzare che il livello di arrangiamento musicale, come quello dei testi – dote ormai consolidata di Giovanni Succi –, ancora una volta non si smentisce di una virgola, nonostante il sottosuolo umido, fangoso e oscuro che fa da tappeto all’intero disco.
In definitiva, i Bachi da Pietra riescono a stupire ancora una volta, nel bene e nel male, nel plauso e nella più aspra critica. Più che un miglioramento, un’evoluzione, una metamorfosi, appare evidente il nuovo e coraggioso passo nella crescita di una carriera che è destinata a distinguersi e trovare gloria et onore nel melmoso panorama indipendente italiano.

Mario Caruso








Articolo ad opera di Giusy Elle
electricduoproject@gmail.com





103. Il Metallo dei BACHI DA PIETRA: Necroide

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   È sempre un piacere parlare di grandi artisti, ed oggi è proprio il caso grazie ai BACHI DA PIETRA, duo piemontese nato ad Asti nel 2004 dalla mente di Giovanni Succi e il suo collega d'avventura Bruno Dorella (OvO, Ronin).
   Un duo di professionisti che si è distinto nel panorama musicale italiano in quest'ultimo decennio grazie allo stile inconfondibile del suo fondatore. Giovanni è un gran paroliere che ama giocare con i significati e le sonorità della lingua italiana oltre ad avere un'inconfondibile voce che lo contraddistingue nel suo tipico cantato-declamato. Il suo blues d'autore, lento e avvolto in un'atmosfera noir, ha lasciato una scia di appassionati estimatori dietro alla nutrita discografia dei Bachi. Seppur monotematico, Giovanni ci ha sempre parlato della pesantezza della vita, di personaggi subdoli e ipocriti, ma anche della semplicità degli umili e del fascino dei diseredati, elevati al rango di eroi solitari ed incompresi. Per farlo ha usato il mondo animale, nello specifico quello degli insetti, mostrandoci bachi e bacarozzi, tarli e ragni. Legno, pietra e metallo sono poi gli elementi di cui ama fare gran uso nei propri testi ed infine anche nella musica stessa.
   Giovanni, col suo stile abbozzato nella band pre-Bachi, gli interessantissimi Madrigali Magri, ci ha deliziati del suo intimista blues cantautorale già dai primi album dei Bachi da Pietra, fino a quello che è considerato l'apice di questa espressione, Quarzo. È del 2013, invece, la svolta stilistica con un altro capolavoro: Quintale. Grazie anche alla nuova produzione di Giulio 'Ragno' Favero -bassista del Teatro degli Orrori e loro grande estimatore- (l'avranno scelto per il soprannome da insetto????), l'album vira verso sonorità più hard rock, dall'heavy metal più classico al metal più duro, con interventi noise; i suoni sono più distorti, la chitarra è ora suonata col pettro e anche Bruno, per l'occasione, aggiunge un charleston al suo set minimalista di batteria. Se un album come Quarzo aveva incantato, Quintale inizia a scuotere... Grazie alla virata hard rock, le sonorità cupe ed oppressive della produzione blues si vengono a disperdere in favore di sonorità più aperte come più ampio si prospetta il pubblico in ascolto.
   La strada di metallo è però aperta e non si torna indietro, anzi, si fa sempre più nera... Habemus Baco, Ep in onore della decennale carriera discografica dei due, si apre con l'omonimo brano, uno splendido black metal che vibra nelle vene. Poi, a pochi mesi di distanza, ecco comparire Necroide, sesto album in studio per loro. Si continua con il nuovo stile, che non per questo snatura l'anima del duo: metal o meno, Succi resta un cantautore e la virata hard non lo riesce a negare. Diversa, invece, la reazione del pubblico: gli affezionati si attaccano agli album precedenti, i più fedeli rifiutano quasi la svolta, suddivisa la critica (miglior album dell'anno per alcuni -Impatto Sonoro, Losthighways- peggiore per altri -Rumore). Eppure, il risultato è interessante: sebbene falsetto e screaming non manchino nell'album, la voce cavernosa e tonante di Succi ben si sposa col genere dando autorevolezza al cantato in italiano, che sul metal difficilmente ha resa. Dal noir del suo blues al black di questo metal, poi, il salto atmosferico non è così marcato. Molti comunque apprezzano, del resto Succi non ha tradito né se stesso né il pubblico di fan ma è semplicemente tornato a un certo sound che è alle sue radici, prima di avvolgersi nel bozzolo dei Bachi, prima ancora del blues: quell'heavy metal primi anni '80 che è stato la colonna sonora della sua adolescenza e del suo compare d'avventura Dorella, proposto qui nelle sue diverse fasi evolutive fino ad oggi.
   Personalmente (per quanto può valere) mi sono affezionata a Quintale. Pur amando rock e metal, la mia vena dark prende il sopravvento e rimango ammaliata dall'atmosfera strisciante e ipnotica dell'album. Sicuramente la migliore colonna sonora per le mie giornate di pioggia...
   Necroide, in versione cd per La Tempesta dei Tre Allegri Ragazzi Morti e in formato vinile per Tannen Records e la milanese Wallace (che li segue fin dagli esordi), è comunque un album vario: nelle sue undici tracce i due passano dal metal più black alle cavalcate hard rock, virano verso il trash ma rispolverano un po' di rock blues, propongono una ballad romantica e infine incedono fino ad impantanarsi in un growl super-ctonio e in un doom lento e strascicoso. Una metamorfosi verso il metallo più nero -si diceva- accentuato dal concept dell'album, tutto imperniato attorno al tema della morte, trattato, come spesso accade nei testi del Succi, in maniera tanto seria quanto ironica. Un'altra prova di bravura e coraggio per questo duo che si distingue nel panorama underground italiano: la trasformazione dei Bachi si evolve seppur nel continuo ripetersi di se stessi. I Bachi sono i Bachi sempre e comunque, qualsiasi cosa suonino li riconosci ai primi accordi, al primo rantolo della voce di Succi. La bravura -infine- nel proporsi in un genere conosciuto e sfruttato senza cadere nei suoi clichè, lasciando che la scia di bava dietro ai bachi striscianti, sia e resti quella inconfondibile del duo Succi-Dorella: parafrasando la title d'apertura, il Black Metal resta il loro folk...
   Lasciamo ora la penna nelle mani di un ottimo scrittore (ha pubblicato di recente un interessante romanzo), il chitarrista e vocalist del duo Rock Blues aretino SAMCRO, Mario Caruso. Assieme al collega batterista Nicola Cigolini, va a infoltire quella vasta schiera di estimatori dei Bachi per cui, conoscendo io la profonda reverenza verso lo stile del Succi nonché l'approfondita conoscenza della discografia dei Bachi, ho pensato buona cosa lasciargli condurre le domande dell'intervista. Abbiamo così chiacchierato con il solo Giovanni (che ci delizia con il suo stile inconfondibile) in quanto Bruno è impegnato nel tour asiatico con gli OvO. Segue poi, nel prossimo articolo, la competente e approfondita recensione di Necroide, sempre a firma Mario Caruso. 

“Black Metal il mio Folk” https://www.youtube.com/watch?v=Xn2yuFK825w


INTERVISTA
1. Necroide è un disco che caratterizza una parte fondamentale della vostra carriera. Allo stesso tempo, ha paradossalmente diviso la critica e i fans. Quali sono state le vostre reazioni a freddo?
Le nostre reazioni sono spesso simili a quelle del tafano quando cade il governo. Che Necroide abbia diviso non è poi così paradossale, anzi è comprensibile. Ti ritrovi per le mani una merda come la nostra che non sai bene come prendere e ti chiedi perché tutta ‘sta fatica quando basta scegliere un genere, seguirlo e non rompere il cazzo. Alla fine, se resisti allo sconforto, hai tre opzioni: l’assaggi e ti piace; l’assaggi e ti fa schifo; l’assaggi, non capisci e pensi di essere su Scherzi A Parte. Ma la quarta opzione in generale è la più praticata: non l’assaggi nemmeno. Non sai neanche che esiste e se lo sai temi la “nicchia”, soprannome della sfiga.

2. Lo stacco netto dagli altri album è originale e interessante se lo si guarda in ottica di evoluzione artistica. Ti chiedo: è corretto parlare di metamorfosi/evoluzione dalla quale non è possibile tornare allo stadio precedente, oppure si tratta di un’aderenza completa a un concept, purtuttavia non implicando un cambiamento radicale?
Nessuno stadio successivo può mai coincidere col precedente, perché viene dopo. Lo stacco netto sarebbe stato fare un album con le sonorità dei Duran Duran. Non puoi cambiare quel che sei veramente, ma se senti che occorre puoi almeno contorcerti, mutare pelle, per sopravvivere all'ambiente, a te stesso, per rovesciare il tavolo. Ma neppure così si cade mai troppo lontani dall'albero.

3. Le sonorità qui presentate sono il frutto di un lavoro architettato e improntato sulla nuova linea utilizzata. Tuttavia, sebbene il timbro originale dei Bachi da Pietra persista indelebile, è pienamente corretto, secondo te, dire che questo disco sia virato dalla pietra al metallo, e che abbia sepolto totalmente ogni accenno al vostro criptico blues?
Io non riesco a suonare una sola nota che ai raggi X non sia ancora Blues, quindi non saprei dove
seppellirlo senza ritrovarmelo sempre alle costole. La pietra resta pietra anche quando sembra altro. Come gli insetti sono sempre insetti, eppure ce n’è di molto diversi.

4. Parlando di sonorità, una domanda tecnica per Giovanni Succi. Il nuovo suono di chitarra pare sostanzialmente mutato rispetto all’album Quintale il quale, a mio avviso, come ho dichiarato più volte, è il più bel disco degli ultimi 10 anni in Italia. Come hai concepito il nuovo suono? È anch’esso in relazione al concept dell’album?
Un suono qualunque è perfetto per nessuna idea. Avendo un’idea precisa di album e di suono l’ho
spiegata a Giulio Ragno Favero e lui, da professionista, l’ha tirata fuori e depositata sui supporti che ascolti. Non chiedermi come. Da autore so quello che voglio, ma da lì a farlo uscire dalle casse dello stereo o del telefono c’è di mezzo un mare che si chiama ingegneria del suono o, per gli amici, fonico. Necroide riparte da Quintale con un concetto diverso e quindi con un suono diverso. Tre o quattro persone se ne sono accorte. Stiamo parlando di dettagli che interessano l’1% di chi ascolta o scrive di musica, oggi. Il nostro guaio è che noi in quel 1% ci siamo dentro dalla testa ai piedi.

5. Grazie alla vostra originalità avete rivoluzionato il concetto di duo. In tutti i vostri album si sente una grande forza di coesione che, miscelandola, ha dato vita a dischi memorabili. Ma per quanto riguarda Necroide, inteso come un nuovo esperimento, anche ambizioso se vogliamo, chi è la mente generatrice? E chi è il corpo?
Musiche e testi sono di G. Succi e credo di essere io, quindi, il sommo colpevole nonché
responsabile del decennale insuccesso di questo progetto e delle sue scomode contorsioni. Bruno
Dorella è il complice perfetto, pietra angolare indispensabile per il confronto sulle scelte, quello
eventualmente da convincere, ma che, se non è convinto lui, ti farai più di due domande e
novantanove su cento aveva ragione. Per non dire del musicista che riesce a strapparmi
un’emozione persino ad ogni maledetto soundcheck. Quindi direi che siamo due corpi e due menti a tutti gli effetti (…e di due proviamo a farne almeno uno).

6. Giovanni Succi, ad oggi sei considerato uno dei parolieri più abili della scena italiana. Ascoltando tutto il disco più volte con l’ep Habemus bacum, mi è venuta in mente una frase tratta da Le metamorfosi di Ovidio: in nova fert animus mutatas dicere formas corpora, che tradotto sarebbe “il mio animo mi spinge a cantare di forme cambiate in corpi nuovi”. Il senso di questa frase potrebbe, almeno in parte, far da proemio al concept dell’album?
“MUTO NEL DIRE”, non l’avrà detto Ovidio, ma per me può bastare. (Da “Tornare Nella Terra”,
Wallace Records 2005, traccia 05: Verme).

7. Giovanni, ti andrebbe di parlarci in maniera generale delle tue flessioni letterarie, e di quanto queste abbiano inciso nella stesura dei testi?
Flessioni? Se non ti alleni non puoi farcela. Riesci ad immaginare un cuoco che non assaggia, non esplora sapori, varietà, differenze, non conosce ricette, materie prime, piccoli trucchi, tempi di
cottura, presentazione dei piatti, abbinamenti…? La stessa cose se scrivi o componi. Detta peggio, se non mangi non puoi cagare. Siamo filtri, non angeli.

8. A integrazione della domanda sopra: qual è il grado di interazione tra te e Bruno nella scrittura e nell’arrangiamento dei testi?
I testi, come ho detto, sono obbrobri miei, di solito a Bruno piacciono. Se qualcosa mi sfugge lui è
puntualissimo a farmela notare. Nel testo di Black Metal Il Mio Folk - ad esempio - c’era una rima
“storia/memoria” che s’era intromessa nel flusso… Bruno mi ha reso un gran favore facendomi
notare quanto sia ormai abusata e ovviamente aveva ragione. Ho riscritto l’intera strofa ribaltando la frase e risolvendo con un’assonanza: “Stirpe viziata da uno scherzo del caso / hai tenuto
settant'anni questo spettro lontano”. (Belle le parole che finiscono in -ano).

9. Da sotto le luci del palcoscenico si riesce a vedere la reazione viva del pubblico. Secondo te, che tipo di impatto ha questo disco dal vivo? Suscita più emozioni un vostro testo o un vostro riff?
Chiedilo a loro. Apparentemente il livello di immobilismo sotto il nostro palco è ancora alto, sono pochi quelli che rinunciano all'approccio cognitivo, anche se stiamo suonando la musica delle scimmie. Credo sia in parte anche colpa dell’italiano che produce ansia di comprensione immediata. Per me il suono (della musica o della parola) è caduta: un’esperienza del corpo. Poi arriva la mente, con calma, con i suoi tempi. Nel frattempo io ho già sbattuto la faccia. I tempi della mia mente sono lentissimi, ho sempre avuto problemi di Ram.

10. Vi siete figurati delle aspettative concrete per questo disco, o lasciate che sia il pubblico che decida in tutto e per tutto?
Abbiamo aspettative ma è il pubblico che decide. Certo, potremmo addebitare il prezzo dei dischi
direttamente sulla bolletta della luce e farli pagare a chiunque abbia un dispositivo. Nella remota ipotesi che qualcuno non ce l’abbia, dovrà sbattersi per dimostrarcelo compilando moduli che troverà sul web, solo uno è quello giusto.

11. Ti ringraziamo per il prezioso tempo dedicatoci, Giovanni. Come ultima domanda ci piacerebbe che lasciasti un pensiero libero sul vostro nuovo disco.
Il nostro ultimo disco si chiama Necroide e parla di strani esseri sospesi tra la vita e la morte. Se ti riconosci in questa categoria, vieni al concerto: è il 2016, la musica esiste solo dal vivo. Tutto il resto è streaming.



DISCOGRAFIA
TORNARE NELLA TERRA (2005)
NON IO (2007)
TARLO TERZO (2009)
+ "Tarlo Terzo" Barbera d'Asti doc 2009
QUARZO (2010)
INSECT TRACKS LIVE 50's technologies ape recordings (2010)!
BACHI DA PIETRA/MASSIMO VOLUME Split ep (2011)
QUINTALE (2013)
FESTIVALBUG ep (2013)
HABEMUS BACO ep (2015)
+"Habemus Baco" Barolo doc 2005

NECROIDE Settembre 2015
Cd/Digital: La Tempesta/Master Music
Lp: Tannen Records-Wallace/Audioglobe (Black Metal)

1.Black Metal il mio Folk 2.Slayer & the Family Stone 3.Fascite Necroide 4.Tarli Mai 5.Voodooviking 6.Apolcalinsept 7.Virus del Male 8.Feccia Rozza 9.Cofani Funebri 10.Sepolta Viva 11.Danza Macabra

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Articolo ad opera di Giusy Elle
Intervista ad opera di Mario Caruso