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mercoledì 1 luglio 2015

70. I BETTIE BLUE e il loro treno per YUMA


INTRO E BIOGRAFIA


   I BETTIE BLUE sono un duo AltRock/GarageBlues da Torino composto dagli amici Bettie alla batteria e Blue alla chitarra e voce (all'anagrafe li ritroviamo come Emanuela Consuelo Virone e Fabio Mascolo, entrambi classe '79).
   I due si conoscono già da ragazzini ma in adolescenza si perdono di vista: Blue si dedica ad attività musicali terapeutiche e Bettie alla scultura. Poi, così come si erano persi, per puro caso si ritrovano a trascorrere di nuovo molto tempo insieme: condividono viaggi, case, animali, film, libri, dischi. Per puro gioco Bettie inizia a picchiare le pelli della batteria e si ritrovano a condividere anche la musica. Fabio aveva invece iniziato a suonare la chitarra molti anni prima passando per svariate band; ultima sua esperienza musicale un progetto da solista nel quale proponeva inediti in italiano stile delta blues anni '30 ma con reinterpretazione moderna e un po' psichedelica.
   A primo acchito mi hanno ricordato molto un altro duo con i quali condividono molte analogie: I-TAKI MAKI da Frosinone, duo del quale abbiamo parlato da poco (qui). Questi sono in realtà una coppia nella vita (Luca alla chitarra e voce e Maria alla batteria) ma similmente lui musicista navigato mentre lei alle prime esperienze alle pelli (percorso seguito anche dai So.Lo o da I Cospiratori, per esempio); anche il genere musicale si incastona in un filone simile, quello delle sonorità western all'italiana, con eco delle colonne sonore morriconiane, che I-Taki Maki hanno da poco abbandonato, ma non proprio del tutto. Procediamo però con ordine per arrivare anche allo stile proposto dal duo di oggi.
   L'attività dei Bettie Blue inizia nel 2011 con il loro primo demo, senza titolo, composto da 5 brani registrati autonomamente in presa diretta in un paio d'ore. Segue un lungo e intenso periodo di gavetta tra club e centri sociali torinesi e molto presto arrivano anche le prime trasferte.
   Nell’estate 2013 il sound è cambiato e i Bettie Blue si registrano da soli con un TEAC 8 piste a bobina da 2 pollici e mixer analogico anni ’70, presi in prestito da un amico. In due giorni partoriscono “StoneSelvatique”, Ep composto da cinque brani in lingua inglese. Le poche copie vengono esaurite rapidamente nei concerti estivi dove il duo si trova a calcare palchi sempre più impegnativi come Nofest!, Sisley Independent Tour, Spaziale Festival, Paratissima, Frassibeer Festival, Sommergem Festival... La musica proposta è un rock ruvido, di reminiscenze garage blues, ma con un sapore di sottofondo che ricorda certi echi proprio da film western...
   Il nome gira tra i musicisti e gli addetti ai lavori e presto il duo entra in contatto con Omid Jazi, musicista, produttore e collaboratore dei Verdena nel tour del loro disco “Wow”. Omid ha ascoltato con molto interesse “StoneSelvatique” e vorrebbe sviluppare con i due del materiale inedito. Nella primavera del 2014 i Bettie Blue sbarcano quindi a Londra all’Hackney Road Studio di Omid e in due giorni registrano le 8 tracce di “Yuma”, il loro primo Lp, autoprodotto, uscito in Italia il 17 marzo 2015 e del quale vi proponiamo la recensione, opera prima, ad opera di Martino Vergnano del duo I Cospiratori, concittadino dei Bettie Blue di quest oggi. Le riprese sono affidate al sound engineer Shuta Shinoda (Primal Scream, My Bloody Valentine, Hot Chip) mentre Omid Jazi cura produzione artistica, mix e mastering e si esibisce al piano sulla traccia "No Doubts".
   Le sonorità di "Yuma" si rivelano un logico continuum dell'Ep precedente, sebbene qui compaiano anche testi in italiano, un alternarsi nelle due lingue come spesso capita per i brani dello stesso Omid. La voce acuta di Fabio non è mai predominante mentre campeggia su tutto un bel chitarrone a grana grossa, così da conferire all'insieme un sound roccioso seppur minimale. Oltre l'immaginario western, che qui troviamo riproposto, compaiono anche atmosfere psichedeliche a sottolineare i tormenti e i conflitti umani, ai quali le tematiche dell'album tendono.
   Yuma è una località desertica ai confini con il Messico come "Quel treno per Yuma" è un mitico film western di Delmer Daves, girato nel 1957 e interpretato da Glen Ford. Stranamente l'album non vuole ispirarsi apertamente alle due fonti di cui sopra, eppure i rimandi ne tradiscono l'ombra: il film si sviluppa a partire da un conflitto tra i due protagonisti proprio durante l'attesa di quel treno, e similmente lo Yuma dei Bettie Blue parla di conflitti e sodalizi tra i due strumentisti, e, per usare le loro stesse parole, "è una dimensione interiore in bilico tra il maschile e il femminile"... tutti argomenti che andremo ad approfondire in fase di intervista.
   Dal primo estratto dell'album, la penultima traccia "Everything but You", viene anche realizzato un'originalissimo video sempre basato sul concetto di dualismo, ideato dal regista Nicola Martini e prodotto da Paolo Maria Pedullà; qui una descrizione ad opera del regista stesso: «Il pezzo è una sorta di "botta e risposta" e la cosa mi ha incuriosito: l'idea per il video è nata subito dopo il primo ascolto: volevo un gioco, una tecnica semplice da applicare ad un'idea altrettanto lineare. Poca cura nei dettagli, fotografia praticamente assente. Massimizzare l'attenzione sui loro comportamenti, sulle loro facce, sui vestiti: sulle due situazioni interiori, specchiate poi in atmosfere diverse. Loro sono stati perfettamente al gioco, e anzi, la cosa che più mi affascina è non riuscire ancora a capire quale sia il loro vero vestito». 
   Passiamo ora all'intervista con Bettie e Blue che, in maniera corale, ci fanno dono della loro esperienza musicale con le risposte alle nostre domande.


Dall'album Yuma, Official Video: "Everything but you"
Dall'Ep StoneSelvatique: “Carl Gustav”





INTERVISTA
1. Eccoci finalmente qui negli spazi EDP per questo incontro. Benvenuti quindi Fabio ed Emanuela. Parlateci del percorso musicale che vi ha portato fino ai Bettie Blue.
In primo luogo ambedue siamo insaziabili di musica, sotto varie fruizioni di essa, da sempre. E’ la benzina per anche il più semplice approccio di quotidianità.
Arriviamo da percorsi differenti; quello di Fabio prettamente musicale, con progetti e ruoli differenti, mentre quello di Emanuela legato ad altre espressioni artistiche quali la danza e la scultura su marmo.
Letteralmente per un gioco pomeridiano ci siamo trovati a produrre suoni congiuntamente, e quindi a comporre canzoni. Da li in avanti, Bettie Blue.

2. Fabio, so che ti sei anche dedicato ad attività musicali terapeutiche, ce ne vuoi parlare? Quale il loro apporto, se eventualmente c'è, nel tuo essere musicista in generale?
Non sono o sono stato un musicoterapeuta (seppur dovrebbe essere davvero un bel lavoro), lo inseriamo nella biografia ma per intendere quel periodo della mia vita in cui ho lavorato dando lezioni di chitarra a dei ragazzini... Diciamo che, come sopra, la musica per me è effettivo carburante fondamentale a poter letteralmente approcciare alla vita, o anche solo giustificare l’esistenza.
Nell’incipit del celebre Moby Dick di Melville, Ismaele afferma:
“Ogni volta che m'accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell'anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto”.
Ecco, in un certo qual senso per me è lo stesso con la musica. Dà sempre e sempre di più.

3. Il sound dei Bettie Blue era un po' diverso agli inizi, all'epoca del vostro primo demo. Ci raccontate come si è evoluto e ha acquisito quella sfumatura western tanto tipica del vostro duo? Mi sembra che in questo senso ci sia continuità tra "StoneSelvatique" e "Yuma", è così?
Il primissimo demo lo abbiamo registrato dopo un mese di attività (e per Emanuela dopo un mese di approccio alla batteria), in presa diretta in un paio d’ore.
Sono 5 brani istintivi, nervosi e viscerali; con la chitarra direttamente all’ampli senza passare in alcun effetto. E tamburi primitivi.
Avevamo voglia di ascoltare le nostre prime composizioni e null’altro. Anche se è venuto meglio del previsto, e peraltro ci è stato molto utile per tutto il primo anno di “svezzamento” live in club/circoli/centri sociali.
Dopodiché non è cambiato molto…nel senso che l’approccio compositivo è comunque istintivo e viscerale. Con in più un po’ di maggior ricerca relativa al suono che vogliamo ci contraddistingua.
Di conseguenza si, “Stonselvatique” e “Yuma” hanno un filo conduttore. Che comunque non manca nemmeno al primo demo. O a ciò che in futuro verrà, se anche fosse completamente diverso.

4. E' sempre difficile e limitante ridurre la sonorità di una band all'interno di un genere specifico, però mentre nei Bettie Blue ci sento un'anima blues, e un certo garage, stento a riconoscerci lo stoner (uno dei miei generi preferiti...). Voi invece lo ponete al primo posto nel descrivere la vostra musica; lo trovo un po' fuorviante, credo che un più generico AltRock vi definisca meglio. Da dove arriva questa vostra identificazione con lo stoner?
In realtà tutto ciò che riguarda l’identificazione all’interno di un genere è “farina del sacco” di amici/conoscenti/fan ai quali noi stessi abbiamo chiesto (proprio per la difficoltà, soprattutto in prima persona, di definire il genere di una band) l’opinione in merito.
Credo semplicemente che tutto ciò che venga richiamato (dal Blues, al Garage, allo Stoner, ecc…) sia la restituzione di quei generi dei quali, per la maggiore o per un periodo/i di tempo più ricorrente, ci siamo nutriti.
Per tale ragione, nel percorso di crescita, cerchiamo e cercheremo sempre di più di tendere le orecchie a tipologie di generi e sonorità molto differenti tra loro.

5. Fabio, parlaci del suono che addotti nei Bettie Blue. Quella chitarrona ruvida a grana grossa è proprio bella!
Grazie!
E’ il suono che avevo in testa e desideravo per quanto fatto fin’ora.
Nello specifico poi non è altro che la mia telecaster in un combo valvolare ed alcuni fuzz sporcaccioni+un octaver ;)

6. Com'è stato l'incontro con Omid Jazi, cantante, produttore e collaboratore dei Verdena? E la vostra esperienza londinese?
E’ stato un bell’incontro. Ancor prima di parlare di collaborazioni, ecc... ci siamo trovati a livello umano; ed è una base fondamentale.
L’esperienza a Londra intensa ed intensiva! Soli 2 giorni di registrazioni serrati, dopodiché birre e perdersi per i quartieri in compagnia di Omid.

7. Dite che nel vostro album "Yuma" non si parla nè della località americana che ne porta il nome, nè del film must "Quel treno per Yuma": da dove quindi la scelta del titolo? Ne è stato comunque ispirato?
Il titolo della pellicola è un po’ emblema, innanzitutto, di immaginari iconografici western. Immaginari che ci affascinano da sempre.
Tale fascino induce, quasi per un automatismo inconscio, il suono che creiamo (pur non essendo sonorità Morriconiane, sacre) ad avere un sapore che ha molti rimandi a tali immaginari.
Di conseguenza Yuma era il titolo più rappresentativo. Senza escludere la bellissima battaglia psicologica tra i due protagonisti del film, il buono e il cattivo per eccellenza. Che ha un sapore di Yin e Yang.

8. "Yuma" è inteso come un concept album, ma i testi sono piuttosto criptici: ci volete guidare nell'interpretazione della sua tematica? Quali sono il segno e il messaggio che volete lasciare con quest'album?
In realtà non ha la pretesa del concept album. Seppur legato dal filo conduttore di cui sopra.
I testi risultano criptici in quanto concepiti avvalendosi molto della metafora. Ci piace però che per ora, a seconda di chi li legga/ascolti, vengano interpretati in modo diverso, totalmente personale, ma comunque sempre con una coerenza stretta rispetto all’intima idea originale.
Più che voler lasciare un messaggio vi è di base una necessità esternativa, legata ad una ricerca personale e crescita intellettuale; proprie di qualunque essere umano.

9. Il video a presentazione dell'album, tratto dal brano "Everything but You", è simpatico e originale, nella sua semplicità. Parlatecene un po'...
E’ il nostro primo video. Volevamo appunto fosse semplice (e quindi scelto un brano di Yuma, come primo singolo, altrettanto semplice nella propria struttura), e abbiamo chiesto all’amico Nico Martini di farsi venire un’idea carina. Il video ne è il risultato. Ed è riuscito esattamente come lo abbiamo immaginato mentre lo studiavamo assieme.
Abbiamo già pronto un secondo video, del singolo “Un processo attento” (è in via di definizione la data di uscita), che sarà invece completamente diverso, con una sceneggiatura di base, e diretto e girato a due passi dall’Atlantico….

10. Dove vi possiamo trovare per ascoltare live il nuovo album? Siete in tour nazionale? Avete qualche data all'estero?
Il tour è in via di definizione; per ora ci sono date già chiuse il 15 Agosto a Livorno, il 22 a Leverano nel Salento, e il 28 in Serbia (non mi chiedere il nome del paese ;)).
Stiamo iniziando a collaborare con delle agenzie di booking, quindi è auspicabile si definisca in un futuro prossimo un tour completo.

11. Avete già progetti per il futuro post-Yuma?
Per ora la progettualità post Yuma si delinea all’interno del suono (da dove poi tutto parte). Nel senso che nei momenti di relax facciamo comunque le prove, e stanno maturando già nuove idee; con dei nostri capisaldi sonori ma nuovi elementi sperimentativi.

12. Emanuela, mi piace sempre analizzare la vena creativa dei personaggi che intervisto e so che tu hai coltivato anche la passione per la scultura. Parlacene un po'!
L’idea di imparare a scolpire arriva da una piccola testa di donna, modellata con la creta da mia madre. Che era pittrice.
Mi iscrissi così all’accademia, e in quegli anni di studio imparai a disegnare dal vero, modellare la creta, scolpire la pietra - in particolare il marmo - e ad eseguire stampi per metalli e gesso.
Studiai l’anatomia artistica, la storia dell’arte moderna e contemporanea, e fotografia (sviluppo in negativo e stampe in monocromatico).
Per motivi personali, nel momento in cui cominciavo ad entrare in questi mondi fantastici, dovetti allontanarmi.

Ottimo, direi che per questo incontro abbiamo finito. Avete qualcosa da aggiungere in chiusura?
Noi dell'EDP intanto vi auguriamo una felice carriera musicale, lunga quanto... quel treno per Yuma! Grazie a voi di EDP per il lavoro che svolgete, e la passione con la quale lo fate!



DISCOGRAFIA
STONESELVATIQUE 2013, Ep Autoprodotto


1.Twist of Cold 2.D-devil 3.Right in the Middle 4.Carl Gustav 5.Lotus





Lo ascolti su Soundcloud

YUMA 2015, Lp Autoprodotto


1.Un processo attento 2.Il mio personale mostro di Lochness 3.La persistenza della memoria 4.Mamba surf 5.No doubts 6.Opera tua 7.Everything but you 8.Yuma



Lo ascolti su Spotify 
QUI la nostra recensione



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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle



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