INTRO
Con oggi parliamo di musica un po'
particolare quale solo quella sperimentale può essere. Siamo al Sud,
precisamente a Napoli, con il duo KARAWANE.
La capitale partenopea è già usa ai power duo e assolutamente non
estranea all'ambito sperimentale. Due sono le two-piece locali che ho
seguito fin dal periodo di Myspace, e con i cui musicisti ho
interagito per lungo tempo. Ricordiamo dapprima i MESMERICO, un trio
nato nel 2001 che si trasforma in duo quattro anni dopo. Nel 2009
l'opera prima di Fabrizio Piccolo e Luca Bottigliero, l'album
d'esordio "Magnete" (Octopus Rec), registrato in soli 2
giorni interamente in presa diretta al Blocco A di Padova da Giulio
Favero del Teatro degli Orrori e che in una traccia vede anche la
presenza al basso di Massimo Pupillo degli Zu. Una musica potente,
connubio di vari generi (Hardcore, Metal, Noise) con l'occhio puntato
all'Avant Music di Mike Patton. Una live band, più che da recording,
tra le più interessanti realtà emergenti del panorama musicale
napoletano dell'epoca, forte di un potente impatto scenico e sonoro:
numerosi i palchi da loro condivisi con nomi illustri, dagli
statunitensi No Mean No ai Cheval de Frise, da One Dimensional Band
ai già citati Teatro degli Orrori e Zu. Purtroppo anche la loro
un'esperienza conclusa per continuare il proprio viaggio in altre
realtà musicali.
Sulla falsa scia ecco comparire nel 2006 i PSYLOCIBE (anche loro
nati qualche anno prima in trio), power duo dei fratelli Giovanni e
Michele. Anche per loro un rock sperimentale di grande interesse.
BIOGRAFIA
I KARAWANE sono invece un duo partenopeo di recente formazione
risalendo la loro origine all'Ottobre del 2012; Fabrizio d'Andrea e
Luca Sabata si incontrano in rete, grazie ai loro profili Soundcloud
che all'epoca li vedevano impegnati in progetti di musica più
elettronica e digitale. Provano da subito una certa affinità
compositiva tanto da decidere di collaborare assieme on line,
senonchè, dopo lo scambio di qualche mail, scoprono di abitare molto
più vicini di quanto immaginassero! Fabrizio, il chitarrista, vive
in città mentre Luca viene dalla provincia di Napoli, precisamente
da Torre del Greco. Una volta in sala prove abbracciano strumenti più
canonici e iniziano a "provare", provare generi e stili,
esperimenti di vario tipo, in totale libertà dettata
dall'ispirazione del momento. La musica che nasce da questo incontro,
esclusivamente strumentale, è quindi molto varia e spesso ogni pezzo
differisce parecchio dagli altri: la scelta di restare un duo, alla
fine, è stata proprio a favore di questa grande libertà compositiva
che li contraddistingue. Diciamo che l'unica costante della musica
dei Karawane è una certa componente minimale che li caratterizza.
Nel 2013 registrano una demo
autoprodotta che però non trapela l'attitudine più energica che i
due dimostrano in fase live. Molto più esplicativo del loro stile è
invece "II", l'Ep ufficiale autoprodotto che vede la luce
nell'Ottobre del 2014, registrato grazie al primo premio di un
contest cittadino tenutosi al "Cellar Theory", un locale di
riferimento per cultori che a Napoli promuove musica indipendente ed
organizza parecchi eventi di spessore (alla direzione artistica,
oltre allo storico proprietario Luciano, si è affiancato anche
Marcello Giannini, chitarrista del duo Jazzcore ARDUO, e
probabilmente è per questo che molti duo si sono esibiti su quel
palco!). Tornando a "II", diciamo che si tratta di un 6
tracce con l'aggiunta di un'intro e un outro ad anticipazione della
direzione futura che i due vorrebbero intraprendere, gli altri pezzi sono stati registrati
sia in presa diretta ("nudi e crudi", a dimostrazione del
sound minimalista dei due) che in multi-traccia con sovraincisioni.
Volutamente vario, non segue per niente le linee guida in genere
adottate a livello professionale: nella loro intenzione, infatti,
l'album non doveva suonare "tutto uguale" dall'inizio alla
fine ma ogni pezzo doveva avere il proprio suono, in quanto concepito
in tempi e con intenzioni diverse. Anche in fase di recording un po'
di sperimentazione non guasta! Quello che di sicuro possiamo dire dei
Karawane è che si tratta di un duo purista, nel vero senso del
termine, minimalista e sempre alla ricerca di nuove soluzioni sonore.
La chitarra di Fabrizio è molto essenziale, i suoi spunti sono
chiari e precisi e si muovono tra riff ed arpeggi, mentre il
batterista Luca ama arricchire molto le composizioni, giocando sulle
sfumature e sui continui cambi ritmici. Un'opera varia, come si
diceva, sperimentale ma ancora melodica ed altamente fruibile. Un
album originale del quale abbiamo il piacere di presentare la
recensione (
qui) ad opera del nostro
collaboratore Giac Drummer.
Fabrizio e Luca (classi '88 e '89) sono
attualmente due studenti universitari (ingegneria edile/architettura
l'uno, informatica l'altro) con interessi culturali di vario tipo e
con alle spalle parecchi anni di gavetta in band dai generi più
variegati: Fabrizio è passato da un primo gruppo strumentale alla
classica cover band rock per poi sviluppare un progetto folk-acustico
di inediti; attualmente suona la chitarra in un gruppo
alternative-folk denominato Lamansarda. Luca invece si è mosso da
una cover band dei System of a Down a un progetto reggae roots; da
una banda da parata per feste di paese ad un quartetto di jazz
standards, passando anche per gruppi da pub e innumerevoli, quanto
inevitabili, progetti rock/metal. E' proprio quest'esperienza
variegata ad aver arrichito il bagaglio musicale dei nostri due che
ora hanno tutti gli strumenti per poter "giocare" a
piacimento con i vari stili e sonorità. Il progetto Karawane è
portato avanti in maniera assolutamente DIY (Do It Yourself) con
autoproduzioni, poche presenze sui social network, nessuna agenzia di
booking, di promozione o casa discografica per le loro pubblicazioni.
Non curano l'immagine del duo tant'è che non avendo foto "ufficiali"
di posa ne' scatti professionali dei loro live, questo articolo
mantiene un profilo basso e minimale, ad eco della musica da loro
proposta. Non ci sono rcensioni ai lavori dei Karawane ne' interviste
ai due dedicate ma ci pensiamo noi dell'EDP a presentare debitamente
questo duo! una valida band formata da due validi musicisti che hanno
idee da sviluppare e maestria da vendere. Sono solo agli inizi della
loro carriera e si stanno costruendo pian piano un suono e una
miscela di generi del tutto personale, per cui teniamo pure
sott'occhio Fabrizio e Luca perchè ce ne faranno ascoltare, di cose
interessanti! Intanto parliamo di questo e altro con i diretti
interessati nell'intervista a seguire mentre rimandiamo alla
recensione dell'Ep "II" nell'articolo appositamente
dedicato (
qui).
INTERVISTA
1.
Ciao Fabrizio e Luca, benvenuti nei nostri spazi EDP. Ci raccontate
com'è iniziato il vostro percorso musicale personale? Come vi siete
approcciati ai vostri strumenti?
Fabrizio: Ciao Giusy, ciao EDP. Io personalmente ho iniziato ad
avvicinarmi alla chitarra sin da piccolo, quando a casa di mia nonna
scovai una vecchia Eko Ranger 12 corde appartenente a mio zio. La
cosa iniziò ad incuriosirmi, ma non sapendo suonare la usavo solo
per giocare. Poi con il tempo e con l'aiuto di mio cugino,
cantautore, iniziai ad imparare i primi accordi. Poi un po' di
lezioni private con vari maestri e studio parallelo da autodidatta,
che tuttora cerco di portare avanti.
Luca: Il mio approccio è stato tra i più banali possibili: alle
superiori si stava formando la band di classe, mancava solo il
batterista. Colsi l’occasione per avere una valvola di sfogo, ma in
seguito scoprii di avere una vera passione per la musica. Per anni ho
studiato con un grande maestro e mentore, mentre adesso continuo da
solo, in tutte le direzioni possibili.
2.
Quando vi siete conosciuti in rete stavate sviluppando delle idee di
musica elettronica, com'è che uan volta incontrati "dal vivo"
avete optato per una strumentazione più canonica?
F: Penso prima di tutto per un fatto di praticità. Poi personalmente
io uscivo da una serie di gruppi fallimentari e avevo molta voglia di
avviare qualcosa di serio e magari anche più personale, di diverso
dalle solite cover band. E sin dal primo groove di Luca ho pensato
che potesse nascere qualcosa di serio.
L: Per quanto siano grandi le potenzialità dei computer nella
musica, non c’è davvero niente come il feeling degli strumenti
tradizionali. Suonare insieme dal vivo avviene in primis così.
3.
Karawane... da cosa è stata dettata la scelta del vostro nome? Una
carovana fa pensare a una moltitudine di persone, non certo a un
duo...
F: Sì, tradotto con Google, quello è il primo significato. Ma in
realtà non ha un vero e proprio senso, anzi, karawane è un suono.
Di per sè la parola deriva da una poesia dada di Hugo Ball, e a noi
ci suonava molto "musicale".
L: Come l’omonimo poema, il nostro progetto non ha un’intenzione
precisa: non c’è alcun senso né direzione prestabilita. Tutta
questa libertà non è una scelta, ma un bisogno che ci nasceva da
dentro: eravamo stufi di “comportarci” in un determinato modo o
di fare “certe cose”. Per una volta volevamo suonare, punto e
basta.
4.
Come funzionano le vostre prove? Come nascono i brani targati
Karawane?
F: Nascono da un vero flusso, da pura improvvisazione, quasi mai
prepariamo cose a casa. Quello che facciamo di solito a casa è
cercare di sistemare le registrazioni e riassumere il tutto. Poi
torniamo in sala, risuoniamo le parti e cerchiamo di dare una
struttura ai pezzi.
L: Il grande beneficio di registrarsi è che puoi sentire, oltre al
cosa, come stai suonando: alle volte quello che in sala sembra
grandioso, ad un ascolto più freddo non si rivela granché; altre
volte troviamo piccole gemme che non credevamo così efficaci.
5.
Mi sono sempre chiesta come si fa a dare dei titoli ai brani
strumentali (a parte attingrndo al feeling che li ha ispirati)... nel
vostro caso come scegliete i nomi per i vostri pezzi strumentali?
L: A caso, o anche solo per divertimento. Un pezzo si chiama
Hic
perché ci sembrava che suonasse a singhiozzi;
Wilde si chiama
così perché era in stile Into The Wild, ma un po’ cervellotico,
dunque Wild → Wild
e (Oscar). Alcuni sono solo indicativi
(
Tema), altri sono anagrammi (
Meta), altri ancora
anagrammi malriusciti, come
Orsom Atlac, ispirato da
Corso Malta, un futuro pezzo che dovrà essere più
ingarbugliato dell’infernale tratto di tangenziale.
F: Un’altra cosa curiosa è legata a due brani, Marte e
Pneumi, nati dal martello pneumatico che un paio di anni fa mi
sono dovuto subire tutte le mattine a causa dei lavori al piano di
sopra.
6.
Fabrizio, in "II" hai un suono molto caldo e sempre scuro, nelle
tonalità grevi: come intendi il suono della chitarra in una
two-piece con batteria? Quale strumentazione usi?
Premesso
che mi sono sempre considerato un chitarrista "ritmico" e
non un "solista", sono sempre alla ricerca di un buon suono
caldo e corposo che possa essere "presente" anche con poche
e semplici note, cosa che in un contesto a due trovo fondamentale. La
strumentazione che uso è abbastanza semplice, un overdrive, un
octave, un fuzz e un delay per quello che riguarda i pedali, mentre
quello di cui non posso fare a meno è l'utilizzo di due
amplificatori, in stereo, di cui uno è per il basso. Credo che quel
suono scuro a cui ti riferivi provenga proprio da lì. Una
soluzione spesso usata dai duo chitarra e batteria puristi, in
effetti...
7.
Luca, tu hai alle spalle esperienze musicali molto diverse tra loro
che ti hanno conferito un drumming vario e sofisticato. Come ti
approcci, da batterista, alla chitarra di una line-up a due?
Adesso
che ho piena libertà di suonare a modo mio, cerco di fare quello che
"non si fa", ovvero evitare pattern fissi, andare
controtempo, cambiare il timing, alternare dinamiche. E poi, se
Fabrizio è il "ritmico" tra i due, io sono il "solista":
tendo a suonare melodicamente, improvviso, faccio assoli. Il mio
obiettivo è essere imprevedibile, cambiare le prospettive, cercare
efficacia in nuovi metodi. Le mie più grandi influenze sono Bill
Bruford, Jamie Muir e Rodney Holmes, mentre sono molto attratto dalla
primordialità delle percussioni africane, che ho intenzione di
introdurre nei pezzi futuri.
8.
In questo vostro Ep avete aggiunto un Intro e un Outro ad
anticipazione del percorso musicale che state prendendo. La musica
dei Karawane è quindi in evoluzione e avete ben chiaro dove si sta
dirigendo, volete descriverci questo percorso?
L: Dopo un primo approccio “sanguigno”, siamo pronti ad inglobare
quelle sonorità attraverso le quali siamo entrati in contatto la
prima volta, e che ci serviranno ad estremizzare ancora di più il
nostro modo di suonare e la musica che ne può nascere. Personalmente
non vedo l’ora!
F: Ora ci siamo procurati un po’ di strumentazione nuova sulla
quale sfogare le nostre nuove idee, ma credo che sia difficile
anticipare qualcosa, o cercare di definire un percorso.
9.
La copertina del nuovo Ep "II" cosa rappresenta? Mi ricorda
qualcosa di biologico visionato al microscopio...
L: Infatti. È una fotografia microscopica di bolle, risultato di
chissà quale test. L’ho trovata per puro caso al lavoro,
dimenticata in un vecchio
NAS,
e mi è subito piaciuta, specie per la composizione.
F: Per noi quell’immagine rappresenta qualcosa di minimale ed
essenziale, ed è proprio quello a cui vorremo aspirare musicalmente.
10.
I vostri progetti futuri?
F: Riuscire a fare quanti più live possibili. Siamo comunque un
gruppo emergente quindi vorremmo riuscire a farci conoscere e
soprattutto a farci ascoltare. La dimensione live, per il tipo di
musica che facciamo, è il modo più diretto per riuscire in questo.
L: Oltre a farci le ossa, suonare dal vivo serve a rafforzare
l’intesa che c’è tra noi. Essere un duo in un contesto
sperimentale richiede un livello ancora più alto di affiatamento. La
cosa non è facile, ma ce la stiamo mettendo tutta.
11.
Il vostro approccio di gestione del duo è tutto DIY: quali sono le
finalità specifiche della vostra band, gli scopi che vi siete
prefissati e che desiderate raggiungere?
F: Il DIY nasce per necessità: purtroppo oggi non si può pensare di
poter fare semplicemente il musicista, quindi cerchiamo di fare di
tutto un po', appunto in modo DIY. Cerchiamo di curare anche gli
altri aspetti al di là della musica. Magari non ci riusciamo bene,
ma almeno possiamo prendere decisioni autonomamente. Insomma ci
prendiamo anche un po' di responsabilità così.
L: Con la cultura di Internet, del resto, non c’era altro modo per
cominciare che autopromuoversi. Ma se ci pensi, è anche il punto
forte della faccenda: chiunque può ascoltare i tuoi pezzi online, la
tua musica si può diffondere liberamente e questo può farti
conoscere nel mondo.
12.
Mi pare di capire che apprezzate al meglio la formazione a due, ci
volete dire quali sono per voi i punti di forza e le difficoltà di
questa line-up?
F: Di sicuro un punto di forza è l'organizzazione, insomma non ci
vuole molto a mettere d'accordo due teste, almeno fino ad ora ci
siamo riusciti. Forse un punto debole potrebbe essere la mancanza di
un basso o di una voce, ma abbiamo scelto di andare avanti così e
per noi va bene e ci piace.
L: Cerchiamo di compensare gli strumenti “mancanti” con tutta
l’energia di cui siamo capaci. E prossimamente anche con le nuove
sonorità che vogliamo introdurre.
13.
Avete suonato con altri power duo?
F: Purtroppo non abbiamo ancora avuto modo, ma qui a Napoli ci sono
già altri duo all'attivo, sarebbe bello poter condividere lo stesso
palco un giorno. Ma abbiamo ancora molta strada da fare.
L: In effetti, qui c’è gente davvero forte e noi ancora non siamo
un duo veramente “power”. Ma è anche vero che il nostro progetto
è ancora acerbo, sebbene in costante mutazione.
14.
Com'è la scena musicale partenopea, al momento? Quali i generi
musicali più diffusi e com'è la realtà dei locali cittadini che
promuovono la musica udnerground?
F: Ora che stiamo suonando più frequentemente dal vivo siamo
riusciti a conoscere altri musicisti molto validi. Forse l'unica
pecca è che qui al Sud non è molto diffusa la musica strumentale.
Sono pochi i gruppi strumentali, soprattutto quelli emergenti, ma
siamo riusciti ad entrare in contatto con qualcuno di questi e
speriamo di poter crescere assieme. Diciamo che per ora sono
fiducioso. Per quanto riguarda i locali, noi siamo molto legati al
Cellar Theory, che oltre ad averci battezzato musicalmente è uno, se
non l'unico, locale capace di proporre musica interessante e sempre
di altissimi livelli.
L: Riguardo al Cellar Theory, vorrei menzionare in particolare
Luciano Labrano, Luca Paolella e Carlo Doino. Persone che, nonostante
le mille difficoltà, hanno sin da subito avuto fiducia in noi, e ci
sostengono da sempre. Ho dei bellissimi ricordi del contest tenutosi
nella storica sede del locale in via Bonito, vicino la collina su cui
sorge la
certosa di San Martino. Quei luoghi rimarranno una parte
indelebile della mia vita musicale, verso la quale il mio ricordo va
ogni volta che suoniamo l’introduzione di
Testa.
Bene,
siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata. Vi auguro di
vivere ancora tante emozioni con la vostra musica e vi lascio
concludere quest'intervista con parole vostre. Lunga vita al duo
Karawane!
Fabrizio & Luca: Grazie mille del supporto! Ricambiamo il
saluto, e lunga vita all'EDP! :)
DISCOGRAFIA
KARAWANE
2013, Demo autoprodotta
1.
(Ansia di suonare)
2.Kai
3.Hic
4.Anti
5.Pneumi
II
2014, Ep autoprodotto
Intro: Tema
1.Aaw
2.Mass
3.Marte
4.Testa
5.Wilde
Outro: Meta
Qui
lo ascolti, lo scarichi, lo acquisti...
Articolo e intervista
ad opera di Giusy Elle