Sono in due e sono convinti: Mark Jordan Mendax (Marco
Marchiori, chitarra, voce e testi) e Angelo Palma(batterista e produttore), sono i KoS -
Kings of Subhumans, vengono da Roma e ci travolgono con rimembranze soniche
anni '90. Fondati nel 2015, escono due anni dopo con un album di 10 tracce, Plastic
Sinner, registrato e suonato però con un bassista, parentesi di riflessione
per capire che la strada a due è invece possibile. Ne segue ovviamente un gran
lavoro sui suoni ed ecco pronto il materiale per l'album del 2020, The Past
is Over, ancora 10 tracce sulla scia del grunge più scuro alla Alice in
Chains.
Per saperne di
più sull'evoluzione dei Kos, sul loro incontro con Steve Albini, sul concept
dell'album e molto altro, invito alla lettura del nostro articolo di approfondimento con tanto di intervista
ai diretti interessati. Qui, a un anno di distanza dalla sua pubblicazione, vi lascio invece all'ascolto del disco, alla sua
recensione ad opera della nostra Mimmi, batterista de I-Taki Maki, nonché alla
visione del video dalla title track: un bel riassunto delle sonorità e della
filosofia alla basedell'album, interpretato con maestria dal 3D producer
Daniele Scali.
1.Gone With My Gun2.Angel Inhaler3.The
Past is Over
4.Pioneers5.Hate6.Ghost Town
7.The Upsidedown8.Kill the Drill9.Wall
10.Pretty Knives, Dirty Knives
RECENSIONE
KINGS OF
SUBHUMANS The Past is Over
Lp 2020
Autoprodotto
I KOS - Kings of Subhumans -
sono un di quei duo che ti lasciano incredulo a domandarti come tanta energia
possa derivare da due soli strumenti.Eppure è così: dal sinergico incontro fra Mark
Jordan Mendax (voce,
chitarrista e songwriter) e Angelo
Palma (batterista e produttore), deriva un sound potente,
pieno, abbellito da linee vocali che si fanno apprezzare, sia
nell'intenzione/interpretazione, sia negli interessanti sali-scendi di
dinamiche così come nelle armonizzazioni.
L'album di cui parliamo è “The
past is over”, uscito a circa tre anni dalla pubblicazione del
loro primo album, “Plastic Sinner”, del 2017.Qualche dato tecnico: il disco, anticipato dal
videoclip del brano omonimo realizzato dal 3D Producer Daniele Scali, si
compone di dieci brani registrati al Trafalgar Recording Studio di Roma
da Angelo Palma, assistito da Giovanni Illuminati.
A questo punto, prima di descrivervi con parole mie
il sapore, l'odore e la consistenza di questo album, credo sia fondamentale
tenere in considerazione la descrizione che i nostri due energici protagonisti
danno di loro stessi: “Siamo come due pugili che si sfidano all’ultimo
sangue ogni volta che proviamo” rivelano.Wow, niente male come istantanea! In effetti, anche se probabilmente la prova tangibile
di una tale descrizione la si riscontra assistendo a una loro performance live,
già ascoltando il disco si riesce a immaginarli così, rabbiosi, combattivi,
sinergici, complementari.
Il disco si apre con una sirena spiegata e dei colpi
di pistola, seguiti da un'apertura furiosa affidata a un rullante battente e
ruggiti di chitarre, fino al cambio di tempo che dona respiro al pezzo. Uno dei
pezzi più riusciti, e anche il preferito del duo stesso, come confessano in
un'intervista Mark e Angelo, è “The Upsidedown”, singolo presentato a maggio
dello scorso anno. “Sia la struttura dinamica del brano, sia il sound colgono
il nostro intento. Chiaramente un omaggio a Stranger Things, solo che nel
nostro caso il sottosopra rappresenta stati d’ansia e attacchi di panico”
rivelano.In generale, tutte le componenti sonore risultano
equamente sanguigne, presenti: i tamburi possenti, le chitarre graffianti, le
voci aggressive, convincenti.
Alternative rock si legge nella loro biografia, ma trovo la definizione
troppo generica per una band del genere: il suono complessivo, un grunge in
chiave moderna con innesti stoner, un “Seattle Sound” degli anni '90 ma
con sede a Roma ai giorni nostri, è così abbondante che, come anticipato, si
stenta a credere si tratti di un duo, e sono convinta che la stessa sensazione
la si abbia assistendo a una loro esibizione live.
Peccato che per via della ormai nota pandemia da Covid19 abbiano dovuto
rinunciare al tour di presentazione del disco, il cui primo appuntamento
avrebbe avuto luogo a fine ottobre 2020 presso il Wishlist a Roma, release party che si terrà comunque a breve (il 20 Novembre prossimo) nel medesimo Club. Non manchiamo quindi di assistere al loro vigoroso live che incendierà di sicuro il palco!
Dopo il garage demoniaco degli amici The Devils, presentati
nello scorso appuntamento (qui), cambiamo
completamente genere e periodo storico con la presentazione dei Kings of
Subhumans, duo capitolino conosciuto anche con l'acronimo KOS, che
ci travolgerà con le sue potenti sonorità anni Novanta. Li conosceremo
meglio attraverso l'analisi dei due album finora pubblicati: Plastic Sinner (2017) e il più recente The Past is Over.
RETROSPETTIVA
I Kings of Subhumans (nome ispirato al livello di
sub-umanità raggiunto dalle società moderne e alla bassezza morale dei loro
leader), un duo alt-rock che attinge a piene mani dal grunge, nasce a Roma nel
2015 dall'incontro di due conoscenti dell'underground laziale: MARK JORDAN MENDAX (voci, chitarre e
parole) e ANGELO PALMA (batterista e produttore). I loro percorsi musicali sono
differenti ma l'energia che li caratterizza, nel periodo del loro incontro, è
comune e si esprime alla perfezione nei suoni che contraddistinguono la band. Entrambi
classe '81, hanno avuto la fortuna di crescere con il rock grezzo e viscerale
degli anni '90: Marco
Marchiori porta nel cuore il grunge fin dalla band d'esordio, qand'era ancora
minorenne, per poi passare a situazioni alt-rock sempre più complesse (gli
ultimi Bless the Donkey, per esempio, erano una formazione di 5 elementi che si
scambiavano gli strumenti in completa scioltezza); il batterista Angelo porta
invece un'eredità più punk hardcore ed essendo polistrumentista ha persino
pubblicato quest'anno un album per pianoforte dal titolo Portraits.
Angelo
cercava qualcosa di più dinamico ed espressivo, Marco desiderava sfogare le
delusioni di band concluse accanendosi su riff e distorsioni pesanti e ciò che
nasce diventa linfa nuova per entrambi: pian piano confezionano i brani che
andranno a comporre il primo album d'esordio Plastic Sinner, del 2017, registrato,
mixato e masterizzato da Alessandro Gavazzi nel suo Hell Smell Studio e uscito
insieme al videoclip del singolo "Who Shot The
Rabbit? (spread your love)”;
è dell'anno successivo, invece, il video della title track.
Sebbene
in due, per la registrazione di questo album e per i live promozionali i Kos si avvalgono del sostegno di un
bassista (Giacomo Nardelli), come capita a volte per alcune 2-piece
chitarra-batteria. Se lo andate ad ascoltare, ciò che troverete sarà dunque
l'album di un trio, eppure, invece di trasformarsi definitivamente in una band
a tre, Mark e Angelo si trovano ancora più convinti della formazione a due e
affrontano così la sfida più ardua, quella di lavorare sul suono per ottenere
una resa vincente e convincente anche solo con due strumenti.
Il
risultato è travolgente: tra volumi e settaggi corretti riescono ad ottenere un
suono pulito, potente ed aggressivo grazie anche alle idee chiare di dove voler
arrivare e alla professionalità del batterista stesso, laureato in ingegneria
del suono e già operativo nell'ambito del service. Nel 2019 sono quindi pronti
i brani per The
Past is Over,
il secondo album del duo, cucito addosso come un abito su misura, tanto nella
produzione che nelle 10 tracce che lo compongono, scure e dagli argomenti
scomodi come il periodo di incertezze che avrebbe travolto, di lì a breve, i Kos,
il comparto artistico e l'umanità intera.
Il
successo dei live prima, il buon riscontro di Plastic Sinner e le entusiastiche interviste, portano
quasi i Kos a registrare l'album a Chicago con Steve Albini, affine al sound
grezzo raggiunto dal duo e personalmente conosciuto ad un concerto degli
Shellac, ma la difficoltà di movimento causa pandemia nonchè l'entità
dell'investimento riportano i due musicisti ai confini nazionali. Non si tratta
comunque di un ripiego perchè il sound del duo era così personalizzato che
continuare a lavorarci sopra autonomamente sembra la soluzione più logica e
naturale. Entrano quindi nello storico Trafalgar Recording Studio di Roma, già
una seconda casa per loro, dove Angelo cura le registrazioni con
l’ausilio di Giovanni Illuminati per poi procedere autonomamente al mixing e
mastering nel proprio studio personale.
Inizialmente intitolato "Resiliency Sound
Department", The Past is Over è pronto
per la pubblicazione a primavera 2020 ma è chiaro fin da subito che non si tratta
del periodo migliore: è preferibile rimandare, anche a seguito della
cancellazione di varie date del tour che durante l'estate li avrebbe visti
esibirsi in giro per lo Stivale a promozione dell'album. A Maggio rilasciano intanto il singolo
"The Upsidedown" (accompagnato dal progetto fotografico di
Jean Marc Caimi e Valentina Piccinni) che, con la sua tematica incentrata sugli stati d'ansia e attacchi di panico,
trova subito risonanza in una marea di ascoltatori bloccati tra le mura
domestiche e in preda ad emozioni molto simili.
Il disco esce finalmente il primo settembre 2020, in
versione esclusivamente digitale, accompagnato dall'omonimo videoclip, ben
confezionato dal 3D producer Daniele Scali. I due musicisti sono qui astronauti
forzati all'abbandono della terra, probabilmente distrutta da una guerra
fratricida: non c'è più possibilità di ritorno, il passato è concluso e la
partita a scacchi definitivamente persa.
Il titolo dell'album è sia ispirato all'insegna di un
albergo a Berlino che a un articolo di un blog sulla salute mentale dove si
spiegava che, per procedere con la propria nuova vita, bisogna accettare la
fine del passato e della sua influenza sul presente. Ma in senso lato può anche
intendersi come fine dell'umanità a seguito di una scellerata autodistruzione,
versione ben rappresentata in questo video, da cui un fotogramma come cover del
disco.
Per la notte di Halloween il disco avrebbe dovuto
essere ufficialmente presentato al Wishlist Club di Roma ma il secondo lockdown
interrompe anche questa attività. Per la natura live dei Kos, che vivono del
pubblico sotto al palco, non resta che procedere con l'ennesimo stop.
Un album travagliato nella sua pubblicazione, quindi,
come nella stesura dei brani stessi, legati dal filo rosso di argomenti scomodi
e delicati quali depressione, attacchi di panico, misantropia e dipendenze
varie. I suoni scuri che seguono, con rimembranze alla Alice in Chains, sono il
naturale contorno al concept mentre l'energia che ci travolge durante l'ascolto
è frutto di un "duello" ad armi pari tra i due strumentisti.
Dopo aver coltivato l'immagine del duo su Spotify, con
ottimi risultati (l'album ha superato i duecentomila passaggi e molteplici sono
stati i contatti diretti con gli ascoltatori) la speranza era almeno quella di
suonare live The Past is Over questa estate,
in Italia ed Europa: della serie 'meglio tardi che mai'. Ma ecco nuovi ostacoli
all'orizzonte! Le ultime normative anti contagio (?) impongono agli eventi
culturali, anche all'aperto, un pubblico seduto, come a teatro, cosa che non
rientra proprio nelle dinamiche della band. Certi generi richiedono il sudore
del pubblico e un sano scambio di energia tra il sopra e il sotto palco, tutte
situazioni molto lontane dai nuovi obblighi concertistici: i Kos decidono
quindi di non esibirsi a queste condizioni rimandando ulteriormente i propri
live.
Sebbene delusi, in alternativa ci sono comunque molte
altre cose da fare: verrà lanciato un terzo singolo, alcuni remix e
probabilmente anche un altro video; s'è deciso per la stampa in vinile di The
Past is Over in attesa di registrare il terzo album in studio, frutto del
nuovo materiale composto in quest'ultimo anno eche, ci anticipano, sarà decisamente più sperimentale e miscelato
all'elettronica; infine a gennaio è programmata la pubblicazione di un mini
live registrato al Red Couch Studio da Leonardi Ceccarelli (chitarrista e
produttore dei K_mono). Notizia dell'ultima ora è che si riprova col release parti al Wishlist di Roma, questa volta il 20 Novembre prossimo.
In attesa di tutto ciò ci mettiamo intanto in contatto
con i diretti interessati, Marco Marchiori e Angelo Palma, per un
approfondimento attraverso le domande in fase di intervista. D'obbligo un
ascolto alla bomba sonica che è The Past is Over, meglio
ancora con la guida della recensione ad opera
della nostra Mimmi (batterista de I-Taki Maki) che da Berlino ci guida tra le
pieghe cupe ma potenti del duo laziale Kos.
1. Benvenuti nei nostri spazi per
questa intervista, Marco e Angelo. In quanto community dedicata ai power duo
chitarra-batteria siamo interessati a tutto ciò che ruota attorno a questa
line-up. La nostra domanda, per iniziare, riguarda quindi il vostro essere duo
per scelta, non soltanto per caso o necessità. Siete partiti in due, nella
composizione dei brani e per le prove, ma poi per la registrazione dell'album e
i vari live vi siete avvalsi del contributo di un bassista. Perché questa
scelta e cosa vi ha fatti poi tornare indietro anziché trasformarvi
definitivamente in trio?
M: Innanzitutto
grazie per l'ospitalità. Grazie a voi abbiamo avuto la possibilità di conoscere
tanti duo di valore e ci ha fatto sentire meno soli in questo strano periodo.
Per quanto riguarda noi, nasciamo come duo ed è esclusivamente per una mia
esigenza che questo progetto si sia sviluppato a pieno solo in una seconda
fase. Mi spiego: quando sono nati i Kos, io venivo da progetti (Neurotika,
Bless the Donkey, Biorn) in cui ero sì cantante e chitarrista, ma con compiti
che mi permettevano di concentrarmi maggiormente sulle parti cantate. Con i KoS
è stato come tornare alle origini, quando da adolescente ero una piccola
macchina di riff pesanti. Con angelo ci siamo trovati alla grande e ad essere
sincero lui era convinto da subito della fattibilità del duo. Io ero invece un
po' scettico ed è per questo che abbiamo coinvolto l'ottimo Gicaomo Nardelli al
basso, anche perché alcuni pezzi di Plastic Sinner non potevano e non
possono essere seguiti senza basso. Poi, una volta scelto di procedere in due,
ho avuto bisogno di un po' di tempo per riadattarmi e convincermi che avrei
potuto reggere gran parte della baracca sonora anche da solo. E' senza dubbio
una sua vittoria.
A: Ahahaha, è vero! Avevamo, ed abbiamo ancor di più adesso,
una maggiore intensità in duo che in trio, Di certo avevamo ed abbiamo un
obiettivo comune sia del progetto che dal punto di vista sonoro. Il nostro
percorso è abbastanza lineare. Questo non ci preclude in futuro di collaborare
con bassisti o altri musicisti in generale, ma diciamo che con The Past is Over
si è fortificata la nostra alchimia sonore rendendola granitica.
2. Riarrangiare i brani per due
e trovare una soluzione credibile e potente, visto anche il genere, ha di
sicuro messo alla prova le vostre abilità tecniche. Come avete trovato la
quadra per il giusto sound con i soli vostri due strumenti?
A: Lavoro, lavoro, lavoro. Capire cosa funziona cosa
no. Quale pezzo sì, quale no. The Past is Over è il risultato della
nostra ricerca in tal senso. Ovviamente Marco ha dovuto lavorare
sull’effettistica di par misura al modo di arrangiare, al tipo di accordatura
etc…L’obiettivo nostro, ma soprattutto mio in quanto ho curato le riprese, il
mix ed il master, era quello di rendere il più fedelmente possibile il nostro
live sound nell’album.
M: L’importante è che fosse brillantemente scuro ahahhaha.
Scherzi a parte non ci siamo posti molto il problema del riarrangiare in quanto
avevamo ed abbiamo molto materiale nuovo su cui lavorare. Possiamo senza dubbio
dire che comporre per un progetto a due può risultare più complicato di un
progetto a 5, ma questo è il bello. P.S. il pulsante del pedalePOG mi ha denunciato per maltrattamenti.
3. L'album che nasce in questo
assetto, The Past is Over, era pronto per la pubblicazione a primavera 2020.
Spostata la release in autunno, per ovvi motivi, ma egualmente saltata, questo
è uno di quei dischi che non è mai stato realmente presentato su palco, tant'è
che non è nemmeno stato fisicamente stampato per la vendita ai live. Non avete
quindi mai avuto modo di suonare in duo a un concerto dal vivo, mi pare di
capire. Se sì, com'è stata la reazione del pubblico, secondo voi, rispetto alle
performance in trio? Se no, come vi aspettate la risposta del pubblico?A: Sì purtroppo ancora non abbiamo potuto
presentare The Past is Over, è vero, ci siamo andati vicino due volte,
come è vero che non suoniamo dal vivo da Luglio 2019 e ci manca terribilmente. Come ci dispiace non aver ancora potuto stampare il vinile
con il progetto grafico per il quale abbiamo tanto lavorato, ma prima o poi
succederà. Fortunatamente abbiamo avuto modo di sperimentare la formazione a
due in diversi live prima di chiuderci in studio e prima del Covid19. E’ stato
fondamentale per testare e darci convinzione. Le reazioni, molto positive,sotto
ogni punto di vista ci hanno dato sicuramente una spinta in più.
M: Io ho un pessimo ricordo della nostra ultima esibizione
legata ad una serie di problemi tecnici che ha caratterizzato il mio finale di
performance. Provo nostalgia anche di quei momenti però! Ahahahhha. Per quanto
riguarda The Past is Over, nonostante avessimo già portato live la
maggior parte dei pezzi, possiamo parlare tranquillamente di coito interrotto.
Reso meno doloroso dalla distribuzione digitale che ci ha portato una fettina
di visibilità e feedbacks positivi che non ci aspettavamo ed in parte ha appagato
il nostro desiderio di arrivare fuori dalle mura amiche/nemiche.
4. A proposito di digitale...
quanto ha aiutato, in questa fase di stop forzato dai live, la promozione sul
web? L'epoca del cd è quasi finita, appannaggio di una schiera di nostalgici presto
attempati mentre i giovani prediligono la fruizione rapida, del momento, scevra
dall'acquisto fisico di un oggetto; avete quindi puntato sulla distribuzione
digitale e in particolar modo su Spotify, con un discreto successo visto che
avete superato i 200.000 ascolti. Volete spiegare ai nostri colleghi non ancora
avvezzi a questo social, come si fa a raggiungere tali risultati? E a che pro
visto le irrisorie royalties che il colosso concede agli artisti? Si riesce a
collezionare quindi pubblico anche restando lontano dai palchi ma saranno loro
il pubblico ai live di domani? Saranno loro ad acquistare i nostri supporti
fisici?
M: E’ stato fondamentale, come lo sarebbe stato anche senza
pandemia. Per una realtà indipendente ma ambiziosa come la nostra la distribuzione
digitale è la chiave per aprirti a tanti possibili fan. Spotify è solo una
delle tantissime piattaforme digitali su cui ascoltare la musica ma credo sia
quella che paghi di “più” ed è quella più utilizzata insieme ad I tunes. Dietro
ai nostri risultati c’è un duro lavorodi mesi legato al mondo delle playlist e dei loro curatori in previsione
delle releases e soprattutto la collaborazione con alternative rock band
indipendenti da tutto il mondo come i Fried in Salt, Mulberry Sky, Blacklava, Hollin
Kings, Atrio, Odd Lottery etc.e poi
tante, tante e-mail e tanta pazienza. Se c’è una cosa che ho imparato durante
il Lockdown è quanto sia importante il lavoro che precede la release di un
singolo, un album, un videoclip o qualsiasi prodotto tu voglia far uscire. Con
questo non dico di aver scoperto l’acqua calda ma almeno ho trovato risposte a
quesiti che per noia o superba ignoranza mi ero attardato a cercare.
A: Marco ha svolto un ottimo lavoro in un campo del quale
non sapevo quasi nulla e mi ha invogliato ad interessarmi e a cercare metodi
alternativi per riuscire ad ottenere in prospettiva quella visibilità che oggi
viene prima di qualsiasi cosa per far in primis ascoltare la tua musica, creare
una fan base e poi dulcis in fundo far acquistare la tua musica e far venire
gente ai tuoi concerti dove acquistare il tuo merchandising. Ovviamente parlo
di un mondo pre e post Pandemia e soprattutto parlo di una realtà indipendente
a 360 gradi.
5. The Past is Over stava quasi per essere prodotto da Steve Albini. Lo avete
conosciuto a un concerto degli Shellac, come siete riusciti ad arrivare a lui e
com'è stato l'incontro? La difficoltà di movimento e l'investimento economico
importante vi ha fatto registrare in casa, grazie anche al punto di forza di avere
un sound engineering in seno al duo. Alla fine siete più che soddisfatti di
questa scelta, mi pare; un nome così importante legato al vostro album, però,
non avrebbe potuto essere una svolta per la band? Una specie di lasciapassare
per concerti e festival come una marcia in più nella vendita del disco?
M: Che giornata epica quella dell’incontro con Albini!
Eravamo in piena promo di Plastic Sinner: avevamo suonato a RadioRock,
fatto uscire il videoclip di "Who Shot the Rabbit?" e proprio dopo
un’intervista a Radio Godot abbiamo deciso di andare a sentire gli Shellac, dei
quali siamo dei grandi fan, al Monk a Roma. L’idea di lavorare con Albini è
quel qualcosa che tutti gli amanti dell’alternative rock bramano, spesso più
per concetti legati all’immagine che per questioni tecniche legate al sound e
questo venne confermato dal concerto stesso, dove in un paio di occasioni dei
fan tra il pubblico hanno colto l’occasione data da Albini per porgli domande
inquietanti sul come svoltare le loro vite. Io personalmente camminavo a 20 cm
da terra in quei giorni e già stavo lavorando sui brani di The Past is Over.
"The Upsidedown" in particolare per me era perfetta e lo è tuttora
per essere registrata e prodotta da Albini. Quindi a fine concerto e all’apice
dell’ubriacatura, dopo aver contagiato Angelo con la mia visione e forte del
mio tatuaggio della copertina di In Utero sulla spalla (“I think i know
that picture” S.Albini), siamo andati da Steve che insieme al resto della band
era sceso tra il pubblico a vendere il merch degli Shellac e a farsi foto.
Abbiamo avuto l’onore di presentarci, scambiare due parole e dargli un paio di
copie del nostro primo album Plastic Sinner che fortunatamente avevamo
con noi, gli abbiamo esposto il nostro desiderio di lavorare con lui in futuro,
un bel selfie controluce e tutto qui. La cosa l’avevamo anche presa sul serio
così da farci un preventivo. Avevamo anche visto dei posti dove dormire nei
pressi dell’Electrical Audio di Chicago. Solo che poi a sangue freddo abbiamo
deciso di investire di più su noi stessi, nel senso che abbiamo deciso di
sfruttare a pieno la nostra confort zone dove nel mentre stavamo già lavorando
sul set a due.
A: Il nostro progetto ha avuto la fortuna di nascere e
crescere all’interno di uno studio storico come il Trafalgar Recording Studio
di Roma - praticamente una seconda casa - e sicuramente la possibilità di
registrare lì mi aveva sempre stuzzicato come d’altra parte la possibilità di
lavorare con Albini. Abbiamo valutato bene tutti i pro ed i contro, personalmente
avevo una riserva sulla registrazione in analogico puro di Albini che, secondo
me, sarebbe stata perfetta per alcuni brani mentre per altri meno. Diciamo che
alla fine ha prevalso soprattutto il voler curare personalmente tutte le fasi
sia della registrazione che del mixaggio e del master senza fretta, in modo da
entrare nei brani a 360 gradi e sperimentare alcuni tipi di ripresa e mixaggio
che in futuro rappresenteranno un prezioso bagaglio di esperienza per me e per
i KoS. Per me è stata una sfida in quanto, nonostante le tante esperienze come
studio manager allo StarStudios di Roma e gli anni come backliner ad Emergenza
Rock,The Past is Over rappresenta la mia prima vera produzione e della
quale andiamo orgogliosi per tantissimi motivi: di certo il fatto che sia
nostro al 100% è un valore aggiunto.
6. Molte band sono
ripartite coi live questa estate. In maniera contingentata, ovviamente, secondo
le normative vigenti. Voi avete rinunciato a questi compromessi perchè suonare
di fronte ad un pubblico seduto va al di là della vostra concenzione di
esibizione live come momento di condivisione attiva con le persone presenti.
Avete in programma di ripartire a settembre-ottobre, nei locali al chiuso. Non
temete che l'ennesima ondata virale renderà impossibile questi eventi? Di
fronte al rischio di restare fermi per anni, a conti fatti non è preferibile
esibirsi anche se in condizioni limitanti?
M: Siamo rimasti un po’shockati dal primo lockdown in quanto
ha mandato all’aria il nostro tour che ci avrebbe portato per la prima volta a
Milano, Firenze, Bologna etc. e per il quale avevo lavorato parecchio. Ci
abbiamo riprovato ad Ottobre scorso ma visto l’incombere di un altro lockdown
abbiamo deciso di metterci l’anima in pace, lavorare sugli ascolti, preparare
il terzo album ed attendere la riapertura dei “nostri” liveclub innanzitutto
per solidarietà, poi per principio. Credo che ogni tipo di musica abbia il suo contesto, il suo
teatro, non so se mi spiego. Personalmente non trovo molta differenza nell’esibirmi
in sala prove di fronte ad un muro e di fronte a 20 persone sedute a distanza.
D’altro canto siamo però anche stanchi di regalare le nostre migliori
performance al nulla ed è per questo che se ci fossero state le condizioni
giuste avremmo suonato quest’estate.
A: Super news: abbiamo da pochissimo fissato l'ennesima data del release party al Wishlist Club che sarà sabato 20 Novembre prossimo, sperando che sia la volta buona! Nel mentre siamo già molto
dentro al terzo album ed andremo avanti così.
7. I temi delle vostre canzoni
riguardano il disagio del vivere espresso in tutti quegli squilibri psichici
tanto diffusi in questa società moderna: dall'ansia e attacchi di panico di
"Upsidedown"a dipendenze varie, misantropia, degenerazioni sociali...
Tematiche affrontate prima dell'avvento del Covid eppure assolutamente attuali
nell'incertezza di questi ultimi fenomeni. Come mai la scelta di questo
concept?
M: Sinceramente sia "The Upsidedown" che "The
Past is Over" nascono dagli abissi più profondi della mia anima e del mio
disagio personale di quel periodo, al quale abbiamo cercato di trovare un senso
universale e, dove nonera possibile
con le parole, abbiamo cercato di farlo attraverso l’immagine vuoi con le
fotografie di Valentina Piccinni e Jean Marc Caimi per quanto riguarda
"The Upsidedown", vuoi con il videoclip di Daniele Scali per
"The Past is Over". Inizialmente "The Upsidedown" non
doveva essere il singolo anticipatore dell’album ma proprio la situazione che
si è venuta a creare ci ha portati a fare questa scelta ed è andata bene. Per
la prima volta ho sentito di essere arrivato a qualcuno con i miei stessi
problemi, le mie stesse paure e questo senso di empatia amplificato dalla
pandemia ha generato benessere sia in me che in chi ha ascoltato e condiviso la
nostra musica. Inoltre credo di essere cresciuto molto in questi ultimi 3 anni
e sicuramente questo sta influenzando parecchio il mio modo di comporre e
soprattutto i contenuti che ci terranno ancor più lontani dal mainstream e
probabilmente ci creeranno problemi. Ma a noi piace così.
8. Il passato è finito, è passato
appunto. Cosa dobbiamo attenderci per il futuro di questo mondo complesso? Il
futuro espresso nell'immagine di copertina, rivolto verso lo spazio, può essere
una soluzione? Oppure si tratta solo di un'immagine che esprime il desiderio di
fuga da questa realtà?
A: Domande importanti. Noi abbiamo cercato solo di
rappresentare uno dei paradossi della storia recente del genere umano unendola
alla nostra situazione attuale. Più che una soluzione, se non fanno seriamente
qualcosa, è una possibilità che può trasformarsi in realtà molto prima del
previsto.
M: La copertina trasuda nichilismo e nello stesso tempo ci
pone di fronte al fallimento stesso ed inevitabile dell’uomo, direbbe un mio
caro amico. C’è chi fa a gara a chi ce l’ha più lungo nello spazio mentre il
mondo intero affronta la crisi globale più grande dai tempi della seconda
guerra mondiale, è un dato di fatto.
9. Nuovo materiale è già in
cantiere, cosa ci potete anticipare? Continuità o evoluzione rispetto a Past
is Over? Il titolo dell'album sarà The Future is Here?
A: Come dicevo prima siamo già in preproduzione del terzo
album che parte già con il vantaggio di un bagaglio di esperienza importante
dal punto di vista della effettiva produzione oltre al desiderio di affrontare
anche forme diverse di struttura dei brani e di farli suonare ancora più
aggressivi, dove necessario. Abbiamo già un nucleo importante di brani ma come
saprete in questa fase possono sempre uscire cose interessanti ed improvvise.
Non vediamo l’ora di suonare dal vivo anche per testarli Live visto che Marco
ha introdotto una loop machine ed ha ampliato parecchio il suo set. Per quanto riguarda il titolo chiedetelo a Marco visto che
cambia 1000 volte prima di decidere!
M: Ahahhhahahah è vero, mai come in questi ultimi due anni
ho cambiato idea. Mi deve essere venuta la crisi dell’ultima pennellata.
Scherzi a parte, dal punto di vista della ricerca sonora questo è stato per me
un periodo incredibile visto che il lockdown mi ha dato l’opportunità di
sperimentare molta elettronica, quindi anche ritmiche differenti da quelle pure
rock 100%, oltre a lavorare con la loop station e creare delle atmosfere
importanti. C’è da lavorare ma siamo a buon punto anche dal punto di vista dei
testi e del concept dell’album oltre che ovviamente il titolo che però non vi
diremo… Di sicuro argomenti scomodi come Julian Assange o la Palestina non ci
faranno vincere il premio simpatia ma d’altra parte non sono i premi il motivo
per cui siamo i Kings of Subhumans.Stiamo prendendo delle decisioni importanti per il futuro e speriamo
vada tutto bene e che soprattutto si possa tornare ad organizzare eventi sicuri
senza l’ansia e la delusione di vederli annullati.
Grazie mille per la vostra
preziosa testimonianza a nome di Edp tutto. Vi lascio concludere con parole
vostre, mentre attendiamo il magico momento di riappropriarci delle nostre vite
e delle nostre passioni, musica e concerti dal vivo in primis!
Grazie ancora a voi per l’interesse e per lo spazio
concessoci. Che dire... lasciamoci con l’augurio di rivederci sottopalco felici
e sudati e con tanti progetti nuovi da condividere con l’universo ma in primis
qui sul pianeta Terra.
DISCOGRAFIA
THE
PAST IS OVER
2020, Autoprodotto (Grunge, Stoner)
1.Gone With
My Gun2.Angel Inhaler3.The Past is Over 4.Pioneers5.Hate6.Ghost Town7.The Upsidedown
8.Kill the Drill9.Wall10.Pretty Knives, Dirty Knives
1.Plastic
Sinner2.Be Careful with the Pigs
Cech3.Who Shot the Rabbit? (Spread
Your Love)4.New Model Hero5.Freedom, Prison, Threesome6.Kings of Subhumans7.Vondelpark (Psychedelic Star)8.Mayday (Application Mind control)9.Endelssy10.Without You
The Devils, un nome e una garanzia di diavoli su palco. Loro
sono Switchblade Erika e
Gianni Blacula (rispettivamente batteria /voce e chitarra), sfacciatamente
brutali col loro trash'n'roll e audaci nei testi come soprattutto nell'immagine
blasfema che danno di sé. Ma sono anche la dimostrazione di come sapendo osare
-imprescindibile però l'ottima proposta di base- si possa far carriera a
livello mondiale pur partendo dal più oscuro underground. La loro storia parte
infatti dall'interland napoletano nel 2015 per approdare ai giorni nostri al
terzo album in studio con la produzione di Alain Johannes e un duetto con Mark
Lanegan. Tutto quello che c'è in mezzo lo potete approfondire nel nostro articolo appena pubblicato; intanto buon ascolto dei
due demoni partenopei, guidati dalla recensione del nostro collaboratore di
fiducia Bob Cillo (Dirty Trainload).
RECENSIONE
THE
DEVILS "Beat Must Regret Nothing"
Lp 2021
Goodfellas
Il titolo della
overture “Roar”, mantiene quanto promette e questo “Beast Must Regret
Nothing” dei napoletani “Devils”, inizia a ruggire già dalle prime note.
Aggiungo subito che una volta carpita l’attenzione dell’ascoltatore, il
rock’n’roll sanguigno del duo non molla la presa. Per la sua intera durata, il
lavoro procede serrato ed incisivo fino all’ultima battuta, senza perdere un
colpo.
Il biglietto da
visita è dei più lusinghieri: la produzione è firmata da Alain Johannes che ha
collaborato, sia in veste di musicista che di producer, con Queens of The Stone Age, Chris Cornell, PJ Harvey,
Mark Lanegane Them Crooked Vultures.
A detta dei Devils,
la collaborazione con Johannes non si limita alla cabina di regia: “ha
allargato i nostri orizzonti musicali partecipando anche agli arrangiamenti e
suonando tutti gli strumenti presenti nello studio”. Ne scaturisce un’alchimia
palpabile che regna sovrana su tutto l’album.
Il sound è potente
e accattivante, richiama subito alla mente riferimenti culturali di gran
classe: Cramps, Alan Vega, Jon Spencer. Il timbro delle chitarre di Gianni
Blacula è ottimo, con fuzz pedal spiegato al vento ma sempre ben dosato. La
batteria di “Switchblade” Erika pompa con grande potenza e precisione, forte
anche di un sapiente aiuto di post-produzione. Erika ricopre brillantemente
anche il ruolo di “lead vocalist”, come dimostrato dal bluesaccio “Real Man”,
primo singolo tratto dall’album. Il brano è accompagnato da un video-clip in
cui Erika veste i panni della “sexy-panterona”.
Altro momento clue
del disco è “Devil Whistle, Don’t Sing”, per la quale si è scomodato
nientemeno che il “Big Daddy” Mark Lanegan. Il vocione di Lanegan fa da
contrappunto ad un riff di grande efficacia.
Sempre a proposito
di eccellenti riferimenti culturali, segue una brillante reinterpretazione
della strepitosa versione di Link Wray di “Ain’t That Lovin’ You Babe”,
scritta da Jimmy Reed. Purtroppo nel press kit inviatomi mancano le note di
copertina ma, andando a naso, credo che si tratti dell’unica cover presente nel
lavoro.
La linea di basso
di “Roll With Me” evoca addirittura lo spettro di Tracy Pew, spina
dorsale dei leggendari Birthday Party di Nick Cave.
Chiude la maestosa
title track, proverbiale “ciliegina sulla torta”. Qui Alain Johannes imbraccia
una cigar box guitar ad 8 corde. La componente acustica delle sue droning
notes, conferiscono al suono una forma compiuta e matura creando un perfetto
blend con la fuzz guitar di Gianni. Anche questo brano è accompagnato da un
riuscito video-clip.
In conclusione,
questo “Beast Must Regret Nothing” è un’opera di grande fattura; ci
restituisce senza riserve l’immagine di una band in florido stato di salute
creativa.Feeling ed energia dei due
musicisti sono supportati da una produzione dalla tecnica impeccabile, in un
riuscito connubio.
Ho visto in un paio
di occasioni i Devils esibirsi dal vivo, tra cui sul prestigioso palco del Beat
Festival di Salsomaggiore. Il pericolo era che i due si affidassero troppo alla
pantomima un po’ fasulla del prete satanico e della suora-bagascia. Questo
album dimostra inequivocabilmente che la sostanza c'è. Spero che il nuovo
lavoro possa rappresentare per la formazione un deciso e definitivo salto di
qualità e che il duo partenopeo riesca ad affermare la propria personalità
senza lasciarsi imprigionare in cliché stantii e ruoli angusti.
1.Roar2.I Appeared To The Madonna3.Real Man4.Life Is A
Bitch5.Time Is Gonna Kill Me6.Don’t Call Me Any More7.Whistle Don’t Sing (feat. Mark Lanegan)8.Ain’t That Lovin’ You Babe9.Devil’s Tritone10.Roll With Me11.Beast Must Regret Nothing (feat. Alain Johannes)
Provengono direttamente da qualche girone dantesco e dopo
aver firmato un patto di sangue con Satana in persona, ottengono fama e
successo. Jim Diamond, Alain Johannes, Mark Lanegan, i personaggi con cui hanno
collaborato; Jon Spencer, The Sonics, Mudhoney, i musicisti con cui hanno
suonato. Dai bassifondi partenopei ai palchi mondiali, ecco un excursus sulla
carriera dei nostrani THE DEVILS. L'occasione, l'uscita del loro terzo album in
studio, Beast Must Regret Nothing.
DAGLI
ESORDI AI GIORNI NOSTRI
Loro sono Erica Toraldo e Gianni Vessella, due
napoletani che del rock'n'roll più verace e blasfemo hanno fatto un credo di
vita. Già musicisti, si incontrano nel 2015, anno in cui formano il duo The
Devils, nome ispirato al leggendario film horror di Ken Russel del 1971; ciò
che li accomuna è un background musicale fatto di note selvagge: una passione
nata per entrambi in giovane età nei sobborghi malfamati della città, dove
tutto ciò che è ribelle alimenta l'energia pulsante che circola da quelle
parti.
Erica al tempo suonava il basso in una band punk ma
per l'occasione passa alla batteria con il nome di Black Sticks Killer
mentre il nostro Gianni si accanisce sulla sei corde con lo pseudonimo di Elvis
Fucking Christ. I Cramps e The Sonics sono le loro muse ispiratrici e la musica
che nasce in quel garage dell'hinterland napoletano è fatta di canzoni brevi e
riff furiosi in un mix tra punk e blues, per un garage rock primitivo e
martellante. Da subito si delinea anche la loro estetica, l'immagine con cui si
presentano su palco e che li caratterizza come personaggi: si attinge da un
serbatoio torbido e blasfemo, dove sex and rock'n'roll vanno a braccetto, le
suore sono sodomizzate e gli eccessi all'ordine del giorno; i testi non sono da
meno e l'irriverenza la fa da padrona.
Foto by Didier Vanspranghe
E' con questa formula ed urgenza che vengono creati e
pubblicati i primi due album dei The Devils: Sin, You Sinners del 2016 e
Iron Butt dell'anno successivo, entrambi registrati e mixati in non più di
tre giorni ed ascoltabili sul profilo Bandcamp del duo. Cattivissimi e
trasgressivi, il reverendo e la suora sono così pronti per la crociata
evangelica, dove il crocefisso viene sostituito da un fallo e le allusioni
sessuali sono più che esplicite.
Un po' perché in Italia il rock'n'roll verace non ha
mai avuto grandissimo seguito ma anche perché la nazione bacchettona avrebbe
avuto sicuramente qualcosa da ridire sulla proposta estetica del duo, i Devils
puntano da subito all'estero, per una decisione che risulterà più che vincente,
a partire dall'idea di proporsi a Jim Diamond (il produttore dei primi White
Stripes, The Sonics e Dirtbombs), una volta saputo che si era trasferito in
Francia. La demo non passa inosservata e il genio di Diamond viene ad arricchire
la proposta già vincente del duo. Per la pubblicazione del primo album viene
poi scelta l'etichetta svizzera Voodoo Rhythm Records, fondata dall'One Man
band Reverendo Beat-Man nonché leader della band psycobilly The Monsters e in
breve i due si ritrovano sui palchi di mezza Europa e a seguire anche in
Canada, per un tour on the road di oltre 400 date. All'interno si inserisce Iron
Butt, il secondo lavoro con la riconferma delle due collaborazioni, un
album che è ancor più brutale di quello d'esordio e dove i brani si alternano
al ritmo di un paio di minuti all'uno in quello che ormai si può definire
Trash'n'roll mentre lo spirito peccaminoso del duo diventa sempre più
sfacciato.
Nel frattempo nasce il materiale per il nuovo album e
improvvisamente assistiamo a dei sostanziali cambiamenti: gli abiti talari
finiscono in soffitta e un'aderentissima tutina di lattice (alternata a una in
pizzo) è tutto ciò che rimane a definire la silhouette di Erica, assestando
così il look nel filone motor sexy, mentre i due musicisti si fanno ora
chiamare Gianni
Blacula e Switchblade Erika. Le canzoni che escono in questa fase, e
che vengono raccolte nell'album Beast Must Regret Nothing,
segnano però la svolta più rilevante essendo molto più sobrie e pensate, a sottolineare la
maturità espressiva del duo: si va a perdere la frenesia e l'isteria dell'album
precedente per dare spazio a sonorità più soft, di matrice blues, mentre il
metronomo si assesta su battiti più sostenibili. Durante un tour in Spagna dei
Devils a settembre del 2019, saputo che in zona c'era anche Alain Johannes (sì,
proprio lui, colui che ha seguito artisti del calibro degli Arctic Monkeys,
Queen of the Stone Age, PJ Harvey, Mark Lanegan, Chris Cornell...), non esitano
a proporre il materiale ancora grezzo al noto produttore e, magicamente, anche
questa volta la palla va in buca. Il talento del duo viene riconosciuto e
valorizzato con questa nuova collaborazione: lo stesso Alain, infatti,
collabora attivamente alla produzione dell’album partecipando anche agli
arrangiamenti e suonando vari strumenti, interviene cantando nella title track
e suggerisce infine un duetto nientemeno che con Mark Lanegan che presta la sua
voce su "Whistle Don't Sing", la traccia numero sette dell'album.
Il cambio di rotta prevede anche una nuova
collaborazione editoriale e il 23 aprile 2021 il disco esce per l'italianissima
Goodfellas, già precedentemente in collaborazione col duo seppur in veste di
distributore. L'album in realtà era stato registrato già nell'autunno del 2019
(in due settimane allo storico Auditorium Novecento di Napoli, dove lavora
anche Fabrizio Piccolo, il chitarrista del rinomato duo
chitarra-batteria Mesmerico) e pronto per la pubblicazione, dopo i lavori
di rifinitura a Los Angeles, aprimavera successiva, quando però l'esplosione della pandemia da Covid19
ferma ogni attività. L'album resta quindi in stand by per un anno quando, visto
che ormai nuovi brani stavano facendo capolino sulla scaletta del duo, si
intuisce che non si può più rimandare e viene quindi ufficialmente pubblicato.
La release dell'album viene anticipata da alcuni
video: "Real Man" apre le danze a gennaio 2021, assieme all'Official
Audio del featuring con Mark Lanegan; a febbraio è l'ora della title track con
tanto di comparsa di Johannes in persona, infine, un mese dopo e a pochi giorni
dall'uscita dell'album stesso, è il turno di "I Appeared to the
Madonna". Qui a seguire i link d'ascolto mentre per l'approfondimento
dell'album, con la meticolosa recensione del nostro Bob Cillo, rimando a uno spazio dedicato (qui). Come non
rivolgermi a lui x parlare di questo disco, visto che la passione per il blues grezzo e verace di Hound
Dog Taylor lo accomuna alla band? Ricordiamo che Gianni ha pure la mano
polidattile del bluesman tatuata sull'avambraccio...
Buon viaggio all'inferno, quindi, con i nostri demoni partenopei.
Nata nel 2000 dall'incontro di addetti ai lavori con
numerose esperienza alle spalle, Goodfellas si impone da subito per
l'accuratezza e la qualità delle sue proposte fino a diventare, oggi, tra le
più rispettate realtà indipendenti internazionali. Le attività di
distribuzione esclusiva e promozione -oltre al lavoro di scouting sul
territorio nazionale come etichetta discografica- ne caratterizzano
l'operato. Ad oggi, il grosso del lavoro è rappresentato ancora dalla
vendita dei Cd con il download digitale in continua ascesa ed il vinile come
zoccolo duro; grande attenzione, infatti, è sempre stata rivolta nel corso
degli anni al formato vinile, rilanciato anche attraverso un puntuale programma
di ristampe di titoli classici e non. Goodfellas è impegnata
parallelamente anche nel lavoro di sincronizzazione, valorizzando alcuni degli
artisti in catalogo ed introducendoli allo sterminato mondo della cinematografia
e della pubblicità. Più di ogni altro cenno biografico parlano però i
titoli in catalogo e le prestigiose realtà indipendenti con cui da anni
collaborano.
DISCOGRAFIA
BEAST
MUST REGRET NOTHING(GarageBlues)
1.Roar2.I Appeared To The Madonna3.Real Man4.Life Is A
Bitch5.Time Is Gonna Kill Me6.Don’t Call Me Any More7.Whistle Don’t Sing (feat. Mark
Lanegan)8.Ain’t That Lovin’ You
Babe9.Devil’s Tritone10.Roll With Me11.Beast Must
Regret Nothing (feat. Alain Johannes)
IRON
BUTT 2017, Voodoo
Rhythm Records (Trash Rock'n'roll)
1.Put Your
Devil into my Ass2.Red Grave3.Pray You Parrots4.Guts is Enough5.White
Collar Wolf6.Don't tell Jesus7.Big is our Sin8.Radio Maria Anthem9.The Devil's Trick is not a Treat10.The People suite
SIN
YOU SINNERS
2016, Voodoo Rhythm Records (GaragePunk, Rock'n'roll)
1.Puppy
Nun2.Coitus Interruptus (From a
Priest)3.Magic Sam4.Drunk Town5.Don't Look in the Basement6.Misery7.Azazel8.Sin, You Sinners!9.Hell's Gate10.Shaking Satan's Balls