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mercoledì 13 maggio 2020

205. RECENSIONE72: Molto poco zen by Rough Enough




ROUGH ENOUGH: un duo siciliano che omaggia il bel garage punk degli esordi dei power duo, dagli storici White Stripes ai nazionali BSBE così come certe sonorità della band concittadina Uzeda mentre, con il cantato in italiano, si inserisce appieno nella tradizione Altrock nostrana. Loro sono Fabiano Gulisano (chitarra e voce) e Raffaele Auteri (batteria e cori).
Due gli Lp già sfornati, di cui il secondo, Molto poco zen, è quello di cui trattiamo in questa sede. Frutto di un intenso percorso di crescita personale, raccoglie e sviluppa, in chiave punk, suoni sporchi, ritmiche viscerali e testi provocatori. Un bel 12 tracce da 46 minuti (compresa un outro ghost track) in bilico tra rock, punk e suggestioni blues. I loro testi, piuttosto intensi, parlano di una società in preda ad ansie, paure e preoccupazioni, un mondo che può cambiare solo se si abbandonano tutti gli alibi. Esce il 18 gennaio 2019 per OverDub Recordings mentre viene anticipato da un primo video tratto da "Mackie", la prima traccia dell'album; al suo interno anche una piccola chicca di Ufo dei The Zen Circus.
Per tutti i dettagli sul disco, sulla band e per gli approfondimenti con la loro intervista, rimando all'articolo appena pubblicato; qui a seguire, invece, l'ascolto guidato di Molto poco zen con l'esaustiva recensione del nostro Cesare Businaro. A voi i suoni grezzi e ruvidi dei catanesi Rough Enough, un duo da tener d'occhio, perchè ci sta già preparando una nuova vagonata di rock!

Video:

Contatti Band: Facebook / Bandcamp / Soundcloud / Spotify / Instagram


Molto poco Zen credits:
Scritto e suonato da Rough Enough: Fabiano Gulisano (chitarra, voce, testi) e Raffaele Auteri (batteria e cori)
Registrato e mixato da Davide Iannitti @Sonic Fun House (CT)
Masterizzato da Filippo Strang @VDSS (Roma)
Pubblicato il 18 Gennaio 2019
Formato Cd e digitale
A&R: Marcello Venditti
Label & Management: Overdub Recordings
Distribuzione: Code7/Plastic Head
Ufficio Stampa: Purr Press


Qui lo ascolti

Molto poco zen 2019
OverDub Recordings
(AltRock, GaragePunk)

1- Mackie
2- Una lunga serie di scelte sbagliate
3- Finchè morte non ci separi
4- Non è colpa mia
5- Il quarto stato
6- Polvere
7- U.F.O.
8- Kairo
9- Ode ai relitti
10- Noia
11- Esercizio di stile
12- Molto poco zen


RECENSIONE
ROUGH ENOUGH "Molto poco zen"
Lp 2019 OverDub Recordings / Code7/Plastic Head

Degni del loro nome, i catanesi Rough Enough propongono in “Molto poco zen”, un indie/rock “abbastanza grezzo”, pregno com’è di un punk re-interpretato, complice la struttura minimale del duo, in maniera tanto essenziale, ruvida e tagliente, da render merito altresì alla loro provenienza geografica. Ogni riferimento ai concittadini Uzeda (e così ai Fugazi, per quanto li ispirarono), non è per niente casuale, mentre per i frangenti più melodici della loro proposta e soprattutto per l’approccio vocale – con liriche in italiano, fatta eccezione per qualche verso in dialetto (“picchì tu si spettu, u fai ppi campari”) – sembra lecito (e nemmeno troppo azzardato), accostarli a formazioni del calibro di C.S.I., Marlene Kuntz o Verdena.

Senza prendersi eccessivamente sul serio, tanto da poter fare della sana e divertente auto-ironia, inserendo “a metà disco spaccato” la registrazione di una telefonata con un presunto mentore dall’accento toscano (“U.F.O.”), che pretende di elargire consigli su come scrivere testi più “ganzi” per piacere alla gente, il duo, quasi cercando un approccio confidenziale con l’ascoltatore, al quale in effetti – dai rumori di sottofondo, che si percepiscono in apertura alla prima traccia (“Mackie”) – sembra voler offrire una birra e una sigaretta in compagnia, canta lo sfogo di una generazione (presumibilmente l’ultima), che stenta a riconoscersi nel mondo attuale, a cui rinfaccia la pretesa di distruggere la propria “idea di normalità” (“Non è colpa mia”), manipolandola con il “quarto potere” (“Il quarto stato”) e al cui modello (o prodotto stereotipato) di persona, arriva nella title track ad augurare, con sadico umorismo, una morte – tutto sommato – “molto dolce”: quella cioè di soffocarsi con il Nesquik, qui forse preso a simbolo della globalizzazione e del modello di consumismo, dal quale il nostro narratore ribelle e “molto poco zen”, vuol prendere le distanze.

Musicalmente, il duo non abusa di effetti o stratagemmi particolari, per supplire alla mancanza di altri strumenti nel proprio organico, oltre alla chitarra di Fabiano Gulisano e alla batteria di Raffaele Auteri; qua e là compare, a rinforzarne il sound, la cui dinamica è sostanzialmente rimessa al livello di saturazione della seicorde, un uso comunque moderato del pitch shifting, vuoi per toccare le frequenze più basse (vd. il riff di “Polvere”, tanto fuzzoso e roboante, da suonare stoner), vuoi per armonizzare la chitarra come fosse un organo (vd. l’interludio melodico di “Non è colpa mia”), ma senza in ogni caso snaturare la semplicità della proposta, che unita all’efficacia delle liriche (incisive e orecchiabili), è ciò che si apprezza fin dal primo ascolto del platter.

Degni di menzione a parte, l’ipnotico – seppur breve – assolo della già citata “Polvere” (forse l’unico di tutto il disco) e l’introduzione di “Ode ai relitti” (sullo stile – romantico – degli Afghan Whigs).

Cesare Businaro
7/10


Articolo ad opera di Giusy Elle

204. ROUGH ENOUGH: rudi quanto basta



INTRO
Ci capita spesso di presentare duo del Nord Italia, molto meno dalle altre regioni. Come dimostra la mappatura dei duo chitarra-batteria nazionali dell'archivio Edp, è evidente la diversa presenza di combo lungo lo Stivale, ma questa suddivisione non tiene conto di quanti giovani musicisti meridionali, al Nord per lo più per studio, fondano delle interessantissime band nella nuova sede di residenza. Non è però il caso del duo di oggi, catanese d'origine, che nella propria Sicilia milita, studia, lavora e tiene alto il nome delle 2-piece nazionali. Andiamo a vedere come si muove l'onda grezza del rock nella bella isola trinacria.

BIOGRAFIA
I ROUGH ENOUGH sono un duo alt-rock catanese composto da due giovani attivi nel sociale: il chitarrista Fabiano Gulisano, psicologo classe '89, e il collega alle pelli Raffaele Auteri ('94), studente di sociologia. Un duo fortemente voluto ma dagli esordi complessi, che si stabilizza finalmente in questa formazione soltanto nel 2017.

Fabiano, dopo militanze in band poco durature, inizia a comporre materiale personale con il preciso intento di creare un duo chitarra-batteria, ed è nel 2014, con Danilo Bonfiglio, che riuscirà a concretizzare su palco la decina di pezzi fino ad allora abbozzati. La demo dei brani giunge anche a  Daniele Grasso della Dcave Records che, per primo, coglie il potenziale della band proponendo un contratto per la pubblicazione di quel materiale con la succursale The Kids Are All Right. Sembra una bella notizia! Ma il batterista non si sente di firmare... sarà Gabriele Sinardi a prendere il suo posto al Cave Studio di Catania per registrare Get Old and Die(2016), opera prima di ben dieci tracce grintose, con la quale i Rough Enough si presentano nella scena musicale locale; purtroppo anche questo batterista misteriosamente sparisce, lasciando sospesa la promozione dell'album. Sarà l'incontro fortuito ma decisivo con Raffaele Auteri, infine, a salvare il duo, portando finalmente il bell'album sui palchi e attraendo la giusta attenzione sulla band: i loro live sono energici e incandescenti, un fresco mix di corpose distorsioni di chitarra e drumming dall’attitudine punk, un ottimo omaggio a duo come gli storici White Stripes o i nostrani BSBE ma anche a certe sonorità della band concittadina Uzeda.

Dopo gli opening act per One Dimensional Man e Giungla, vari festival e un tour di presentazione, i due si apprestano a comporre il materiale per rientrare in studio di registrazione. Ne nasce un altro Lp (12 le tracce), dal titolo Molto poco zen, cantato completamente in italiano, a differenza dei brani misti con l'inglese dell'opera precedente. La sua musica è  travolgente e positiva ma i testi ci rivelano un duo che medita, come molti ormai, sulle problematiche di questo mondo: non è la politica il tema principale, nemmeno lo scompiglio ecologico, ma l'uomo in sé e il suo sentire, soprattutto il suo soffrire. Molto poco zen è la risposta a piccole crisi personali e raccoglie pensieri in bilico tra la metariflessione, la paura della morte, l'illusione e la noia ma è anche una forte critica al giornalismo sensazionalistico o all'inciviltà del cittadino medio. E' sì uno spaccato di quotidianità appesantita da un generale mal di vivere, ma anche "una sorta di 'urgenza sociale', il bisogno di ritrovare la collettività che non riesce a trovar pace e diventa rabbia mista a delusione [...] la necessità di un cambiamento in positivo, la voglia di fare nonostante la complessità degli eventi", un'incitazione a migliorare che rivela una luce di speranza, come riportato nel comunicato stampa della band.

Molto poco zen viene registrato e mixato da Davide Iannitti (Loveless Whizzkid, Stash Raiders, Cambogia) presso la Sonic Fun House di Catania e, con il mastering di Filippo Strang, viene pubblicato il 18 Gennaio 2019 dall'Overdub Recordings di Marcello Venditti. Anticipato dal video della prima traccia "Mackie", contiene anche una piccola chicca di Ufo dei The Zen Circus: un simpatico dialogo telefonico con Fabiano, mentre elargisce alcuni improbabili suggerimenti... A pochi giorni dalla pubblicazione esce anche un secondo video, tratto dalla title-track, la ballad che conclude l'ascolto del disco. A proposito di video: dopo il live per la data Catanese del festival itinerante "Rocketta Summer Live 2019", un loro brano viene scelto per la realizzazione di un videoclip in pellicola 8mm, che viene infine presentato nella manifestazione cittadina "Terre di Cinema".

E' ora di ascoltare un po' di musica: qui in calce i due video tratti dall'album e nell'articolo a seguire l'ascolto e la recensione di Molto poco zen a firma Cesare Businaro. Qui procediamo con una breve presentazione dell'etichetta prescelta per la pubblicazione e con l'intervista ai nostri Fabiano Gulisano e Raffaele Auteri. Buona lettura e buon ascolto, quindi, poi mi farete sapere... i Rough Enough sono rudi abbastanza?

 
Link video: "Mackie" / "Molto poco Zen"
Ascolto integrale di Molto Poco Zen


LABELS
OverDub Recordings http://www.overdubrec.com
L'Overdub Recordings è un'etichetta discografica indipendente fondata nel 2013, tra Firenze e Benevento, da Marcello Venditti. Nasce come branchia della più nota Worm Hole Death, nell'ottica di esplorare nuovi territori sonori. L'alternative rock è il genere prediletto, ma ciò che accomuna le pubblicazioni di questa label è soprattutto lo spirito e l'attitudine delle sue band: spiccate qualità artistiche e attitudine ben precisa, che vengono quindi supportate nello sviluppo di progetti immediatamente riconoscibili dal punto di vista sonoro e comunicativo. I ROUGH ENOUGH sono il primo power duo con cui l'etichetta si sia approcciata finora.
https://www.facebook.com/OverdubRecordingsLabel



INTERVISTA
1. Fabiano e Raffaele, benvenuti a questo nostro appuntamento dell'Edp. Conosco meno la scena musicale della vostra regione, volete introdurci alle sonorità isolane? Com'è l'underground dalle vostre parti, quali i generi prediletti e com'è la realtà dei locali? Quali le città più ricettive, in tal senso, e nello specifico nel catanese?
R.- La Sicilia ha una storia importante negli anni '80 e '90, grazie soprattutto a band di calibro internazionale come gli Uzeda, che inevitabilmente hanno condizionato le sonorità tipiche catanesi negli anni a venire, prediligendo il post rock, l'alternative rock e tutto il filone anni '90. Negli ultimi anni i gusti si sono allargati, complice internet e la sempre maggior presenza di progetti meno chitarristici, creando un'interessante amalgama di musicisti. Fortemente presente una componente per ogni genere, dall'elettronica all'hardcore punk, dall'indie pop al metal, dallo shoegaze al post rock. Ovviamente, non tutti riescono a esibirsi con la stessa frequenza, complice il gusto degli spettatori e i locali, che per la maggior parte prediligono progetti più soft, ma non mancano festival e rassegne importanti (Ypsigrock, Rocketta) o locali storici che continuano a proporre concerti di qualità (Candelai a Palermo, Retronouveau a Messina, Zo a Catania).
In questo momento storico, Catania si è un po' affievolita: pochi locali e, purtroppo, pochi spettatori, che preferiscono dj set e serate dance alla musica live. Si resiste, ma sarebbe bello percepire più curiosità nell'ascoltatore medio; spesso si vedono sempre le stesse facce ai concerti undergorund.

2. Fabiano, avevi in mano un repertorio personale, per chitarra e voce, che volevi concretizzare proprio con la sola batteria. Il duo è quindi una scelta ben ponderata: vuoi illustrarci le motivazioni di questa tua decisione? Avevi in mente qualche duo di riferimento?
F. Dopo disastrose esperienze in formazioni di tre o più elementi puntavo all’essenziale: un “partner in crime” con il quale condividere le esperienze ed una botta sicura di energia ai live, cercavo la comodità di prendere decisioni, organizzare prove e spostamenti in maniera “snella”. Come tanti, mi sono sentito incoraggiato dai White Stripes, dai BSBE, per poi scoprire tante altre formazioni non solo chitarra e batteria, ma anche basso e batteria. Ovviamente essere in due ha anche aspetti meno positivi, come il carico delle spese che risulta leggermente più pesante.

3. A livello tecnico, come risolvete la presenza del suono scaturito da due soli strumenti?
F. Negli anni abbiamo costruito ed integrato il nostro set up (specifici effetti in pedaliera, segnale sdoppiato su amplificatore per chitarra e per basso) nell’ottica di creare un muro di suono e giocare dinamicamente con momenti di riempimento e svuotamento. Al di là di questo, conta l’energia che mettiamo in ballo quando suoniamo!

4. Il vostro prodotto finale è in forma-canzone ma so che partite dall'improvvisazione. Come si sviluppa quindi un vostro brano?
F. Ci sono riff improvvisati durante le jam in sala e idee che nascono fuori. Si tratta sempre di qualcosa di viscerale e spontaneo che poi elaboriamo tenendo d’occhio la classica forma della canzone. Selezioniamo, limiamo e togliamo il superfluo, finchè il risultato piace ad entrambi e reputiamo abbia una sua coerenza interna.

5. Molto poco zen, il vostro secondo disco, si potrebbe definire un concept album. I testi seguono una tematica comune e ci mostrano una società indifesa, emotivamente debole, in preda a timori e insicurezze. E' semplicemente un guardarsi in giro, Fabiano, oppure queste figure vengono ispirate dalla tua professione di psicologo? E in quale misura questo 'quadro' vi pare così poco Zen?
F. Guardarsi in giro è fondamentale, guardarsi dentro pure, saper coniugare entrambe le cose e imparare a fare esperienza di quel che ci accade è un’abilità che va allenata: sicuramente in questo la psicologia mi ha dato una mano. Il messaggio dell’album ruota intorno alla difficoltà di connettersi emotivamente con se stessi e con il mondo nel qui ed ora, per vari motivi: rabbia, tristezza, angoscia, paura. Emozioni che, nonostante i buoni propositi, non sempre riusciamo ad accettare e comprendere: in questo senso siamo “molto poco zen”.

6. Fortunatamente l'album non è solo il ritratto di un mondo in difficoltà, si sente anche l'urgenza di una soluzione, parlateci del messaggio positivo che si cela dietro le tante debolezze dei giorni nostri.
R. Il messaggio positivo è quello che il cambiamento parte sempre dal basso. L'idea di un disco sociale e, inevitabilmente, politico (seppur non esplicitamente) rimarrà sempre quella di far porre domande a chi lo ascolta. Prendere atto che c'è un problema nella società moderna, nei modi di fare, di porsi con gli altri. Capire che finché si resta solo a guardare, allora resteremo per sempre a lamentarci. Forse, più di tutti, far capire che non si è soli, abbandonati in una società di cui non vorremmo far parte. Credo che, in fondo, dietro ci sia il più primordiale senso di comunità dell'uomo sociale di raggrupparsi e convivere secondo valori comuni e consolidati, che non ritroviamo nella maggior parte dei componenti della società.

7. Il vostro genere musicale si presta bene all'inglese, tant'è che molti dei testi del primo album erano scritti in tale lingua. Già comparivano i primi pezzi in taliano, però... Con questo secondo disco vi siete completamente vocati alla lingua nazionale. Certo, c'è una bella tradizione di Alt-rock italiano, ma visto il messaggio delle canzoni, è stata anche una scelta dettata dalla necessità di comunicazione, nel desiderio di far arrivare più direttamente il messaggio proposto?
F. L’inglese è stato un primo approccio per comunicare senza esporsi troppo. In qualche modo usare una lingua diversa dalla nostra dà una sensazione di protezione dal giudizio altrui, quando non si è pronti a mettersi “a nudo” di fronte al pubblico. Poi ho preso sicurezza, ho scelto di scrivere i testi in italiano e mi è piaciuto sempre di più, proprio per l’immediatezza del messaggio. Fare musica è comunicare, anche se continuo a combattere comunque contro un’altra mia difesa, l’ermeticità, quando tratto argomenti che mi stanno particolarmente a cuore, e non sempre vinco.

8. Due dischi e due etichette discografiche. Ci raccontate di queste realtà da voi selezionate?
R. Sono stati due approcci totalmente diversi, dettati da dinamiche compositive differenti. Nel primo disco la produzione assunse un ruolo di guida “artistica”, che da un lato forse permette di lavorare meglio in produzione, ma dall'altro finisce con lo smontare il prodotto. Il primo disco ha un'essenza live totalmente diversa, si discosta moltissimo dall'impacchettamento che ha ricevuto in registrazione. Il secondo disco è nato in maniera opposta, ci riamo ritrovati a comporre tra il 2017 e il 2018 in maniera spontanea; essendoci appena formati, ci è venuto quasi naturale buttarci su canzoni nuove, che fossero di entrambi. Quindi la registrazione con Davide Iannitti al Sonic Funhouse Studio, esperienza che ci ha molto formato in ottica di musicisti di professione. Abbiamo da subito avuto piena libertà, potendo gestire come meglio credevamo il sound, i suoni e la composizione. Davide è stato poi una guida importantissima, ha preso davvero a cuore il progetto e siamo felicissimi del lavoro svolto. L'idea era dal principio quella di un disco “live”, sporco, ruvido, viscerale. Volevamo che l'impatto del concerto venisse cristallizzato nelle canzoni registrate. A disco finito ci siamo messi in contatto con Overdub Recordings che ha amato il prodotto e si è deciso di collaborare per la produzione effettiva, trovando un'etichetta professionale e molto affine al genere che suoniamo e, soprattutto, a una ricerca continua di qualità ed emozione punk. Ci è da subito piaciuto l'atteggiamento di Marcello Venditti, che ha sempre seguito il progetto lasciandoci sempre la libertà necessaria e cercando sempre un punto d'incontro, senza mai imporsi solo per il ruolo che ricopriva. E' bello trovare persone che riescono a capire i musicisti.

9. Ben due video tratti dall'album. Come si sono sviluppate le riprese?
R. Le riprese dei due videoclip sono state affidate a Mauro Sodano, che non possiamo che ringraziare. Ci piaceva l'idea di ricalcare visivamente le emozioni del disco: il set di Mackie risultava perfetto, essendo anche il luogo in cui è stata scattata la foto che divenne copertina dell'album e dando continuità visiva al progetto. Poi per una serie di circostanze ci siamo ritrovati sempre a girare video in luoghi dissestati, andando sempre più a ricalcare visualmente questa sensazione di decadenza di cui cantiamo nelle nostre canzoni. Metaforicamente, vederci suonare in una città come Catania o vederci suonare in un rudere abbandonato, a noi risulta quasi la stessa cosa.

10. Dopo quasi un anno e mezzo dalla pubblicazione di Molto poco zen, quali i progetti futuri dei Rough Enough?
R. Sicuramente il primo tour fuori dalla Sicilia. Era già in programma per Marzo, ma ovviamente abbiamo dovuto rimandare il tutto a un momento più felice per l'Italia. Speriamo di poter tornare presto a suonare, cercando anche di capire come si gestiranno nell'imminente futuro i concerti dopo l'emergenza coronavirus.
Già da tempo stiamo lavorando al nuovo disco, abbiamo composto molte canzoni e aspettiamo di avere le idee chiare sulle ultime composizioni prima di prepararci alla registrazione effettiva. Cercheremo di alzare ancora l'asticella: le canzoni nuove, a nostro avviso, sono un grandissimo passo in avanti a livello tecnico e compositivo rispetto a Molto Poco Zen, senza che comunque snaturino quella che è l'essenza del progetto. Molto poco zen è un disco punk nell'anima, ci piace per quello, ma con questo terzo disco cerchiamo di raggiungere una maturità musicale che sentiamo di dover mostrare da tempo. Sarà un disco più cattivo e intenso, vicino alle sonorità post rock/noise anni 90.

Bene Fabiano e Raffaele, siamo giunti alla conclusione di questa piacevole intervista. Non ci resta che ringraziarvi ed augurarvi un meritato proseguio di carriera! Grazie anche a voi! Ci si vede ai Live!
 


DISCOGRAFIA
MOLTO POCO ZEN 2019, Overdub Recordings (Altrock, GaragePunk)

1.Mackie  2.Una lunga serie di scelte sbagliate  3.Finchè morte non ci separi  4.Non è colpa mia  5.Il quarto stato  6.Polvere  7.U.F.O.  8.Kairo  9.Ode ai relitti  10.Noia  11.Esercizio di stile  12.Molto poco zen


Qui lo ascolti
Qui la nostra recensione

GET OLD AND DIE 2016, The Kids Are Alright (Dcave Records), (Altrock, GaragePunk)

1.Blob  2.#42  3.Vite sbagliate  4.19.05  5.Face the Day  6.Big All  7.Sala d'attesa  8.Bisturi  9.Call My Name  10.The Day is My Enemy (The Prodigy)




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Articolo e intervista ad opera di Giusy Elle